Barbarin, cardinale alla gogna
La violenta caccia mediatica all'arcivescovo di Lione, accusato d’aver coperto due preti pedofili
Il cardinale Barbarin
Roma. Ribatte colpo su colpo il cardinale Philippe Barbarin alle accuse di aver coperto sacerdoti pedofili quando era un semplice prete e la sua designazione ad arcivescovo di Lione (e primate delle Gallie) non era neppure nei pensieri papali.
Risponde anche alle intemerate giacobine del primo ministro Manuel Valls, che invitava il porporato – dalle frequenze radiofoniche nazionali – “ad assumersi le proprie responsabilità, parlando e agendo”. L’accusa mossa a Barbarin è di aver punito Bernard Preynat – il sacerdote che tra il 1986 e il 1991 ha abusato di alcuni minori facenti parte di un gruppo scout – nel 2015, tredici anni dopo aver assunto la guida della diocesi. L’accusato ha risposto che solo nel 2007 ha appreso della vicenda da persone non direttamente coinvolte nel caso e che la prova, ricevuta tramite testimonianza di una vittima, l’ha avuta sette anni più tardi. A quel punto ne ha disposto l’immediata sospensione e rimozione da ogni incarico. Preynat dice invece quasi compiaciuto che tutti sapevano delle sue “inclinazioni sessuali” e che nel 1991 la diocesi francese già era a conoscenza della sua condotta perversa. Nella marea montante di indignazioni corali e tribunali del popolo improvvisati reclamanti la messa ai ceppi del cardinale, è arrivata la seconda denuncia contro Barbarin. Questa volta a firmarla è un “alto funzionario del ministero dell’Interno”, abusato da un altro prete lionese, tale Jérôme Billioud. La vicenda è stata portata a galla dal Figaro che racconta come l’uomo abbia denunciato il porporato per “aver messo in pericolo la vita altrui” e per aver “istigato al suicidio” non si sa bene chi.
ARTICOLI CORRELATI Caso Pell, le vittime degli abusi alzano il tiro e attaccano il Papa Peccati di stampa Strane coincidenze nella nuova strategia comunicativa del VaticanoIl problema – come ha ricordato Barbarin – è che lui quest’alto funzionario statale lo ha incontrato già nel 2009, quando analoga denuncia contro Billioud fu archiviata per sopraggiunta prescrizione. “Voglio dire che mai, mai, mai ho coperto il minimo caso di pedofilia. Valls dice che devo prendermi le mie responsabilità? Ha ragione, ed è quello che sto facendo”, ha detto il cardinale presentandosi davanti ai giornalisti, affiancato dal presidente della Conferenza episcopale francese: “Due volte in diciassette anni sono stato messo a conoscenza di fatti di questo tipo da parte di persone che sono venute a parlare con me, nel 2007 e nel 2014. E la polizia in entrambi i casi ha sottolineato come io abbia agito tempestivamente. La domenica dopo, i due preti già non celebravano messa e ancora oggi sono sospesi dal ministero”. In tempi come questi, dove i cardinali (George Pell, ad esempio) sono costretti a leggere foglietti di scuse e precisazioni fuori dagli hotel romani dopo video conferenze notturne con commissioni reali australiane, non poteva mancare la richiesta dell’associazione delle vittime degli abusi locali (nel caso transalpino si chiama “La parole libérée”) di incontrare il Pontefice, per chiedere la destituzione di Barbarin e il consueto mea culpa vaticano. “Ci sia permesso di osservare che di solito un’udienza privata del Papa non viene chiesta tramite una pubblicazione ovviamente mirata a esercitare una forte pressione mediatica”, ha subito detto padre Federico Lombardi, rispedendo al mittente la supplica più o meno filiale e confermando “stima e rispetto” per l’arcivescovo di Lione.
Che la campagna sia prettamente mediatica e scandalistica lo scrive in un editoriale anche il direttore del giornale cattolico francese la Vie, Jean-Pierre Denis: “Non ho alcun problema a scriverlo. La caccia a Barbarin è violenta. Il panorama mediatico si riempie di esagerazioni e approsimazioni. Occorre ricordare cos’è la presunzione d’innocenza? Supponendo che segua il suo corso, una denuncia non rende una persona colpevole, né complice. Ma quando si tratta della chiesa cattolica, bersaglio troppo comodo, ogni tentativo di fornire una risposta o una sfumatura sarà denigrato, ridicolizzato, presentato come uno scivolone o con disprezzo. Si mescoleranno il passato e il presente. Si imputeranno a questo arcivescovo gli errori commessi sotto il regno del predecessore del predecessore del suo predecessore, in un contesto completamente diverso sia per la chiesa che per la società. Si trascurerà ciò che il cardinale ha fatto in altri affaire simili. Si ometterà di dire che qualche anno fa una giornalista aveva provato a incastrarlo, sostenendo di essere stata vittima di un abuso: Philippe Barbarin l’aveva incitata a sporgere denuncia”.
È arrivato nelle sale Spotlight e in Francia puntuale è riesplosa la questione dei preti pedofili. Con nel mirino uno degli uomini più in vista della Chiesa d'Oltralpe, l'arcivescovo di Lione Philippe Barbarin. Peccato però che la vicenda in questione sia emblematica delle procedure da gogna mediatica più che di rigorose inchieste giornalistiche. E nelle ultime ore abbia avuto un corollario quanto meno discutibile, con il premier francese Manuel Valls sceso in campo con un'intervista all'emittente radiofonica Rmc nella quale ha chiesto al porporato di «assumersi le sue responsabilità» (frase elegante che chiunque interpreta come una richiesta di dimissioni).
Ma quali sono le responsabilità di Barbarin?
Tutto è partito dalle denunce di un gruppo di ex scout nei confronti di un sacerdote, padre Bernard Preynat, che ha ammesso di essersi reso responsabile di abusi contro alcuni minori tra gli anni Settanta e il 1991. A quel tempo l'allora arcivescovo di Lione Albert Decourtray - chiamato in causa già allora da una delle famiglie delle vittime - l'aveva inviato in un convento per un periodo di ritiro e poi riammesso al ministero in un'altra parrocchia. Va detto che allora le accuse erano più circoscritte rispetto al quadro emerso oggi dopo una denuncia presentata all'autorità giudiziaria; e che quella era la prassi seguita all'epoca in molte diocesi.Sta di fatto che dopo Decourtray a Lione sono passati altri tre arcivescovi e nel mirino ora è finito Barbarin, in carica solo dal 2002. L'attuale arcivescovo - non essendo tuttora noto alcun fatto attributo a padre Preynat successivo al 1991 - ha confermato la decisione dei suoi predecessori, ritenendo che il sacerdote avesse chiuso con quel passato scabroso.
Nei giorni scorsi, poi, è spuntata fuori una seconda denuncia; ne ha parlato Le Figaroattribuendola a un funzionario quarantenne del ministero degli Interni che sostiene di essere stato molestato da un altro sacerdote lionese, padre Jérôme Billioud, sempre all'inizio degli anni Novanta. Nel 2009 questa seconda vittima aveva già presentato denuncia all'autorità giudiziaria che aveva però ritenuto di archiviare il caso per prescrizione. Ora però il funzionario ha comunque depositato un esposto contro Barbarin per non avere sospeso dal ministero il prete in questione. E lo accusa addirittura di «istigazione al suicidio».
Da Lourdes - dove è in corso l'Assemblea della Conferenza episcopale francese -l'arcivescovo di Lione si è difeso: «Mai, mai e poi mai ho coperto un qualsiasi atto di pedofilia», ha detto. E a suo sostegno sono intervenuti sia il presidente dei vescovi francesi Georges Pontier sia il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Solo che Barbarin continua a ripetere anche un'altra cosa che, quanti stanno raccontando la vicenda, si dimenticano spesso di riferire: «Sono venuto due volte a conoscenza di fatti di questo tipo da persone che sono venute da me a denunciarli - ha detto Barbarin -. È successo nel 2006 e nel 2014. La polizia stessa in quelle occasioni mi ha detto: “Non si può dire che non abbia agito immediatamente”. La domenica successiva non celebravano Messa in parrocchia e sono tuttora sospesi dal ministero». Dunque: nella furia giustizialista di oggi se anche un vescovo denuncia all'autorità giudiziaria i suoi preti accusati di pedofilia e li sospende dal ministero sacerdotale non basta più; deve assumersi la responsabilità anche per le scelte dei suoi predecessori e prendere provvedimenti per preti oggi ultrasettantenni.
Sulla vicenda ieri c'è stata la presa di posizione emblematica di Jean-Pierre Denis,direttore del settimanale cattolico francese La Vie, foglio non certo reazionario e per nulla timido su questi temi: già nel 2001 realizzò un'inchiesta sulla pedofilia nei conventi che suscitò parecchio scandalo in Francia. Pur sostenendo che nella lotta agli abusi la Chiesa avrebbe potuto fare di più, Denis stesso parla di «una caccia violenta nei confronti di Barbarin», con i media pronti «a nutrirsi di esagerazioni e approssimazioni».
Ma c'è soprattutto un punto che La Vie ricorda: «Manuel Valls era ministro degli interni all'epoca del Marriage por tout. Oggi chiede le sue dimissioni. Sembra un atteggiamento più gallicano che laico. Il fatto poi che un alto funzionario dello stesso ministero sia coinvolto in questa battaglia aggiunge ulteriori domande».
Il riferimento alla Manif por tous non è casuale: il cardinale Barbarin è stato il presule francese che più si esposto nelle manifestazioni di piazza contro la legge Taubira, sui matrimoni e le adozioni gay. Ai cortei partecipava insieme all'imam della regione di Rhone Alpes. Lo stesso movimento che si scontrò duramente con l'allora ministro degli Interni Manuel Valls quando nella primavera del 2013 i cortei vennero caricati coi lacrimogeni sui Campi Elisi. Ma Barbarin è un personaggio difficilmente catalogabile: è lo stesso cardinale che più volte si è schierato in favore dei rom a Lione. Altra questione non proprio facilmente digeribile per un ex ministro degli Interni. «Non vogliamo certo parlare di resa dei conti con il cristianesimo...», scrive Jean-Pierre Denis. Che assomiglia molto all'andreottiamo: «A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca».
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