Di quale ideologia si è fatto banditore il signor Enzo Bianchi
Il 21 Marzo si è tenuto ad Ancona il primo incontro del ciclo di conferenze “Inscindibili: verità, giustizia, misericordia. Se mancano le prime due l’ultima non è tale”, organizzato dall’associazione oriente occidente. In questa serie di conferenze (quila locandina e qui il programma) si tratteranno argomenti di attualità nel dibattito ecclesiale e culturale, italiano e non solo, con la volontà di dare un contributo alla discussione sull’errore e l’eresia di chi non coglie il rapporto strettissimo tra misericordia, verità e giustizia, le quali non possono essere contrapposte o separate. Nel prossimo post che scriverò darò ulteriori informazioni su questa iniziativa culturale, che merita molta attenzione.Il primo incontro è stato tenuto da mons. Antonio Livi, decano della facoltà di filosofia della Pontificia Università Lateranense, fondatore dell’unione apostolicaFides et Ratio, e autore di moltissimi saggi filosofici. In questa conferenza si è voluto spiegare in maniera scientifica che il signor Enzo Bianchi, ben lungi dall’essere un teologo, è unicamente il banditore di una ideologia. Per capire la tesi, si è data la definizione del termine ideologia: una retorica del tutto non scientifica, che porta “argomenti” non giustificabili razionalmente, e che nasconde i principi di partenza.
Le tesi di Bianchi non sono per nulla nuove e non nascono con lui: nelle sue parole si nasconde unicamente il modernismo, una ideologia che vuole essere un miscellaneo tra cattolicesimo, protestantesimo e ateismo massonico. L’interesse di questo movimento (ed anche di Bianchi) consiste nel rimuovere dal cattolicesimo ciò che è esposto come dottrina autentica e Rivelazione di Gesù Cristo, per ridurre tutto quanto ad una “religione naturale”, ossia uno sforzo dell’uomo per conoscere il divino – o una deformazione del divino. Nel cattolicesimo la Rivelazione divina per opera di Nostro Signore impedisce il relativismo, pur con il rispetto dei semina verbi, ossia della manifestazioni di sapienza umana che portano al vero Dio; questo secondo aspetto discende dalla stessa Rivelazione, la quale è il termine di paragone per vagliare le varie forme culturali e religiose e trattenere di esse ciò che è vero, buono e giusto. Entrambi gli aspetti hanno però senso unicamente se la dottrina cattolica non è una “opzione” come le altre, per quanto contraddittorie o contrarie alla Rivelazione: ciò renderebbe Cristo non la risposta, ma una domanda tra le altre.
Alcuni lettori potranno chiedersi se la teologia è anch’essa una scienza, poiché comunemente questo termine è usato dal mainstream in senso positivistico e riferito unicamente alle scienze empiriche. Ebbene, anche la teologia è una scienza, poiché è lo studio sistematico della dottrina rivelata che avanza proposte di interpretazione del Dogma. Abbiamo quindi un punto di partenza ben chiaro (la Rivelazione) e una intenzione altrettanto chiara: spiegare ed esporre i contenuti che la Rivelazione comporta. Come in tutte le scienze, esistono tanti modi di procedere e linguaggi differenti tra loro: il metodo di sant’Anselmo è diverso da quello di san Tommaso d’Aquino, ed entrambi sono distinguibili dalla teologia di sant’Agostino. Nella teologia vi è quindi una pluralità di espressione di ipotesi, alcune delle quali sono fondate sul dogma, mentre altre sono improprie deduzioni o estrapolazioni fallaci di alcuni aspetti, anche se si tratta di interpretazioni della Bibbia, la quale da sola non è punto di riferimento scientifico, poiché un libro non può interpretare sé stesso e – per dirla con Karl Jaspers, citato nella conferenza – dalla Bibbia si può tirare fuori tutto e il contrario di tutto.
E’ quindi necessario un criterio di interpretazione che permetta di prendere scientificamente i contenuti rivelati. Da solo il libro (qualsiasi libro) non è nulla.
Per comprendere il kerigma (ossia la dottrina Rivelata) occorre un’ermeneutica adeguata: in primis occorre l’analogia scripturae: comprendere la genesi letteraria, la lingua, l’intenzione degli autori; il tutto applicato alla sinopsi dei libri biblici, presi nella loro interezza. Oltre a ciò è necessaria anche l’analogia fidei, ossia interpretare il kerigma tramite i garanti della Rivelazione: gli apostoli, i quali hanno utilizzato la scrittura come uno strumento didattico per poter predicare meglio ciò che è stato ricevuto e trasmesso oralmente da Gesù. E’ quindi del tutto chiaro che la Bibbia vada interpretata all’interno del contesto della Tradizione apostolica, e non viceversa. Per formulare delle ipotesi scientifiche da controllare occorre partire da principi razionali dai quali dedurre tali formulazioni teologiche del dogma. Se tali principi non sono dichiarati, semplicemente non si fa scienza, ma ideologia. Il metodo scientifico della teologia non può essere eluso in nome di una presunta “deellenizzazione” o di qualche moda culturale occidentale: se non si è scientifici, la Rivelazione è lasciata alla coscienza soggettiva, e quindi non può essere comunicabile ad un’altra coscienza umana, la quale è per definizione aliena dalla coscienza altrui. Il libero esame delle Scritture è il modo migliore per non fare scienza, poiché non permette di distinguere le tesi di un ciarlatano da quelle di un teologo rigoroso.
Quest’ultimo, oltre ad avere un metodo chiaro e dichiarato, conosce i limiti di credibilità di alcune affermazioni e l’ambito di applicazione delle ipotesi che formula, pur permanendo il nucleo certissimo che costituisce la base di ogni disciplina. E il cuore della Rivelazione cristiana è la cosa più importante per l’essere umano: la Salvezza eterna, ossia ciò in base al quale orientare tutta la propria persona e tutti gli aspetti della propria vita. Enzo Bianchi si inserisce in questo ambito, ma non è né un religioso (non appartiene ad alcun ordine o congregazione religiosa eretta canonicamente dall'autorità ecclesiastica), né un sacerdote (non essendo stato ordinato), né un teologo (non ha studiato teologia, ma ragioneria); eppure si presenta come interprete della Rivelazione, ma spacciando per dottrina cattolica ciò che in realtà è frutto unicamente di sue personali teorie sulla pagina biblica. L’intenzione dietro a tutto ciò è volere togliere le distinzioni tra cattolicesimo e protestantesimo, snaturando la dottrina rivelata (degli ortodossi parla poco: hanno troppo chiaro il dogma). Gli interventi di Bianchi sono del tutto invalidi dal punto di vista delle giustificazioni razionali, e nega apertamente dei dogmi fondamentali del cristianesimo, quali il sacerdozio, la gerarchia e i sacramenti. Una delle sue ultime velleità è il voler aprire l’amministrazione della Chiesa alle donne, ma per lui la gerarchia non è fondata sul sacerdozio sacramentale, e quindi quando parla di “amministrazione ecclesiastica aperta alle donne” non fa altro che dire “la gerarchia ecclesiastica non è altro che l’amministrazione e il sacerdozio non è un sacramento”: l’intento è quello modernista di ridurre il cattolicesimo ad una setta protestante dove i “pastori” sono dei semplice amministratori delegati.
Questa è una delle tante eresie che si possono ascrivere a Bianchi, ma il nucleo della conferenza non è l’enumerazione delle censure teologiche che infrange, ma il voler mettere in guardia da costui, il quale si presenta come teologo (e si ritiene pure autorevole) quando non fa altro che retorica: uno dei presenti alla conferenza è stato anche presente ad un incontro tenuto da Enzo Bianchi, e negli interventi finali – riporto la parole testuali – ha dichiarato “avrà [sc. Bianchi] ripetuto 50 volte il termine misericordia senza dire nulla su di essa, e me ne sono andato dopo mezzora”.
Non solo: si fa passare anche come colui che “fa” la dottrina cattolica, cosa del tutto falsa e irrazionale. Ecco ciò da cui occorre stare sempre in guardia.
Le tesi di Bianchi non sono per nulla nuove e non nascono con lui: nelle sue parole si nasconde unicamente il modernismo, una ideologia che vuole essere un miscellaneo tra cattolicesimo, protestantesimo e ateismo massonico. L’interesse di questo movimento (ed anche di Bianchi) consiste nel rimuovere dal cattolicesimo ciò che è esposto come dottrina autentica e Rivelazione di Gesù Cristo, per ridurre tutto quanto ad una “religione naturale”, ossia uno sforzo dell’uomo per conoscere il divino – o una deformazione del divino. Nel cattolicesimo la Rivelazione divina per opera di Nostro Signore impedisce il relativismo, pur con il rispetto dei semina verbi, ossia della manifestazioni di sapienza umana che portano al vero Dio; questo secondo aspetto discende dalla stessa Rivelazione, la quale è il termine di paragone per vagliare le varie forme culturali e religiose e trattenere di esse ciò che è vero, buono e giusto. Entrambi gli aspetti hanno però senso unicamente se la dottrina cattolica non è una “opzione” come le altre, per quanto contraddittorie o contrarie alla Rivelazione: ciò renderebbe Cristo non la risposta, ma una domanda tra le altre.
Alcuni lettori potranno chiedersi se la teologia è anch’essa una scienza, poiché comunemente questo termine è usato dal mainstream in senso positivistico e riferito unicamente alle scienze empiriche. Ebbene, anche la teologia è una scienza, poiché è lo studio sistematico della dottrina rivelata che avanza proposte di interpretazione del Dogma. Abbiamo quindi un punto di partenza ben chiaro (la Rivelazione) e una intenzione altrettanto chiara: spiegare ed esporre i contenuti che la Rivelazione comporta. Come in tutte le scienze, esistono tanti modi di procedere e linguaggi differenti tra loro: il metodo di sant’Anselmo è diverso da quello di san Tommaso d’Aquino, ed entrambi sono distinguibili dalla teologia di sant’Agostino. Nella teologia vi è quindi una pluralità di espressione di ipotesi, alcune delle quali sono fondate sul dogma, mentre altre sono improprie deduzioni o estrapolazioni fallaci di alcuni aspetti, anche se si tratta di interpretazioni della Bibbia, la quale da sola non è punto di riferimento scientifico, poiché un libro non può interpretare sé stesso e – per dirla con Karl Jaspers, citato nella conferenza – dalla Bibbia si può tirare fuori tutto e il contrario di tutto.
E’ quindi necessario un criterio di interpretazione che permetta di prendere scientificamente i contenuti rivelati. Da solo il libro (qualsiasi libro) non è nulla.
Per comprendere il kerigma (ossia la dottrina Rivelata) occorre un’ermeneutica adeguata: in primis occorre l’analogia scripturae: comprendere la genesi letteraria, la lingua, l’intenzione degli autori; il tutto applicato alla sinopsi dei libri biblici, presi nella loro interezza. Oltre a ciò è necessaria anche l’analogia fidei, ossia interpretare il kerigma tramite i garanti della Rivelazione: gli apostoli, i quali hanno utilizzato la scrittura come uno strumento didattico per poter predicare meglio ciò che è stato ricevuto e trasmesso oralmente da Gesù. E’ quindi del tutto chiaro che la Bibbia vada interpretata all’interno del contesto della Tradizione apostolica, e non viceversa. Per formulare delle ipotesi scientifiche da controllare occorre partire da principi razionali dai quali dedurre tali formulazioni teologiche del dogma. Se tali principi non sono dichiarati, semplicemente non si fa scienza, ma ideologia. Il metodo scientifico della teologia non può essere eluso in nome di una presunta “deellenizzazione” o di qualche moda culturale occidentale: se non si è scientifici, la Rivelazione è lasciata alla coscienza soggettiva, e quindi non può essere comunicabile ad un’altra coscienza umana, la quale è per definizione aliena dalla coscienza altrui. Il libero esame delle Scritture è il modo migliore per non fare scienza, poiché non permette di distinguere le tesi di un ciarlatano da quelle di un teologo rigoroso.
Quest’ultimo, oltre ad avere un metodo chiaro e dichiarato, conosce i limiti di credibilità di alcune affermazioni e l’ambito di applicazione delle ipotesi che formula, pur permanendo il nucleo certissimo che costituisce la base di ogni disciplina. E il cuore della Rivelazione cristiana è la cosa più importante per l’essere umano: la Salvezza eterna, ossia ciò in base al quale orientare tutta la propria persona e tutti gli aspetti della propria vita. Enzo Bianchi si inserisce in questo ambito, ma non è né un religioso (non appartiene ad alcun ordine o congregazione religiosa eretta canonicamente dall'autorità ecclesiastica), né un sacerdote (non essendo stato ordinato), né un teologo (non ha studiato teologia, ma ragioneria); eppure si presenta come interprete della Rivelazione, ma spacciando per dottrina cattolica ciò che in realtà è frutto unicamente di sue personali teorie sulla pagina biblica. L’intenzione dietro a tutto ciò è volere togliere le distinzioni tra cattolicesimo e protestantesimo, snaturando la dottrina rivelata (degli ortodossi parla poco: hanno troppo chiaro il dogma). Gli interventi di Bianchi sono del tutto invalidi dal punto di vista delle giustificazioni razionali, e nega apertamente dei dogmi fondamentali del cristianesimo, quali il sacerdozio, la gerarchia e i sacramenti. Una delle sue ultime velleità è il voler aprire l’amministrazione della Chiesa alle donne, ma per lui la gerarchia non è fondata sul sacerdozio sacramentale, e quindi quando parla di “amministrazione ecclesiastica aperta alle donne” non fa altro che dire “la gerarchia ecclesiastica non è altro che l’amministrazione e il sacerdozio non è un sacramento”: l’intento è quello modernista di ridurre il cattolicesimo ad una setta protestante dove i “pastori” sono dei semplice amministratori delegati.
Questa è una delle tante eresie che si possono ascrivere a Bianchi, ma il nucleo della conferenza non è l’enumerazione delle censure teologiche che infrange, ma il voler mettere in guardia da costui, il quale si presenta come teologo (e si ritiene pure autorevole) quando non fa altro che retorica: uno dei presenti alla conferenza è stato anche presente ad un incontro tenuto da Enzo Bianchi, e negli interventi finali – riporto la parole testuali – ha dichiarato “avrà [sc. Bianchi] ripetuto 50 volte il termine misericordia senza dire nulla su di essa, e me ne sono andato dopo mezzora”.
Non solo: si fa passare anche come colui che “fa” la dottrina cattolica, cosa del tutto falsa e irrazionale. Ecco ciò da cui occorre stare sempre in guardia.
di Riccardo Zenobi
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