La reazione dei belgi all’attentato di Bruxelles? I gessetti colorati, come le femminucce alle scuole elementari. La reazione dei “cattolici” belgi dell’Università di Lovanio? Le note di Imagine suonate dalla campane, un inno dove si esalta un mondo senza frontiere e senza religione (cioè esattamente l’attuale Belgio, in definitiva)!
Il Belgio è uno dei Paesi più corrotti e imbelli d’Europa, e per “corrotti” non intendo parlare di tangenti e mazzette, ma di una corruzione morale e culturale molto più profonda e sostanziale. Il Belgio, solo per dirne una, è il Paese dove è legalizzata l’eutanasia infantile. O dove il “dottor morte” può fare la sua visita domiciliare a un paziente per inoculargli il veleno di cui ha fatto richiesta. È la “dolce morte”, come chiamano il suicidio legale assistito. E questo senza che il clero cattolico belga abbia quasi mai lottato apertamente per frenare questi processi.
È anche uno dei Paesi in cui l’immigrazionismo dei politici, dei media, del clero modernista e degli intellettuali da salotto ha impedito qualsiasi dibattito sull’immigrazione di massa e naturalmente qualsiasi misura restrittiva all’ingresso di milioni di immigrati. Forse qualcuno non l’ha ancora capito, ma le due cose sono strettamente legate: il rifiuto della propria identità si accompagna alle frontiere spalancate. Il Belgio è quindi l’emblema della fine della nostra civiltà. Ed è quello che ci aspetta se non sapremo reagire.
Tra vent’anni, infatti, forse anche meno, anche qui Italia si sarà affermata completamente la Quarta Rivoluzione con tutto quello che si porta dietro: omosessualismo, eutanasia, esperimenti di ogni tipo su embrioni umani, pedofilia dolce, poligamia di fatto, eccetera. E tra vent’anni, forse anche meno, avremo anche qui, nelle nostre città, una maggioranza di stranieri e una prevalenza numerica della religione musulmana. Quindi il Belgio è la fine. La nostra fine. Ma è anche la fotografia quasi perfetta di ciò che ci attende.
Il nostro destino è quello, non si sfugge. Possiamo evitarlo solo se Dio vorrà, ma in ogni caso possiamo da ora, da subito, testimoniare il nostro orrore per due nichilismi speculari: quello dell’autodissoluzione della città opulenta che ha fatto di Mammona il proprio Dio, e quello del fanatismo salafita di chi si uccide per il gusto di uccidere. Non possiamo accettarli. Né il Vitello d’oro e il mondialismo dissolutorio e sradicatore, né l’islamismo feroce e macellaio che ci vuole invadere e sottomettere. Né la Quarta Rivoluzione né Allah Akbar. Bensì: tradizione, cristianesimo, comunità, identità. E lotta sia. Facendo nostro il motto del grande vescovo von Galen: Etiamsi omnes, ego non. Anche se tutti, io no.
Sul Corriere è comparsa l’intervista dell’ex premier socialista italo-belga Elio Di Rupo. Non una parola di autocritica sull’immigrazionismo folle che ha riempito il Belgio di nordafricani. Non una parola di critica sul multiculturalismo, né sul “meticciato”, né sull’arrendevolezza all’islam salafita e saudita. Di Rupo invece rivendica con orgoglio di aver contribuito a rendere il Belgio un Paese di estrema “libertà”: cita espressamente la libertà di abortire, la libertà di eutanasia, la libertà di blasfemia. Naturalmente non dice che per ognuna di queste libertà puramente individualistiche ed edonistiche (e quindi nichilistiche) corrisponde il divieto di mettere in discussione il pensiero unico, pena la disapprovazione e l’emarginazione sociale, e in molti casi addirittura alcune sanzioni penali.
Per non parlare della completa sottomissione collettiva alle logiche della finanza e della tecnocrazia, che i socialisti alla Di Rupo assecondano indecentemente. Purtroppo il socialismo massonico alla Di Rupo (che si è definito in passato “ateo, razionalista e massone”) è questo: autodissoluzione nichilistica e autocompiacimento del proprio nulla.
È di tutta evidenza che la decadenza etica, religiosa, civile della nostra società (o per meglio dire “dis-società”, come diceva un altro belga, il grande De Corte) è strettamente legata alla nostra incapacità – o per meglio dire all’assenza di volontà politica – di frenare e disciplinare l’immigrazione. Alla nostra arrendevolezza. Alla nostra incondizionata apertura che sfiora e spesso supera l’autodistruzione. È l’ultimo stadio della società postbellica, consumista, opulenta, edonista e ultraindvidualista. Ma è anche probabilmente l’ultimo o il penultimo stadio di qualcosa che viene da più lontano
Se il consumismo di massa del boom economico postbellico e il nichilismo sessantottino hanno inoculato la dose decisiva di veleno alla società europea, se l’american way of life e l’americanismo senz’anima hanno fatto tabula rasa di quello che rimaneva di una società in parte ancora sana fino agli anni Cinquanta-Sessanta del XX secolo, molto più da lontano viene quel processo secolare di allontanamento da Dio e di dissoluzione delle comunità che ci ha portato dove siamo. È un processo secolare di anti-Tradizione che parte dall’Umanesimo e dal Rinascimento e che trova il suo culmine nel laicismo illuminista e nelle Rivoluzioni. Esso corrisponde all’affermazione del naturalismo, cioè della progressiva esclusione del sovrannaturale dalla vita e dalla coscienza dell’uomo. I vettori più significativi ne sono stati l’affermazione dell’economia monetaria, del primato del denaro, dell’ascesa della classe borghese, della formazione dello Stato moderno centralizzato e burocratico con conseguente distruzione delle comunità locali e naturali, che davano un senso alla vita dell’uomo radicandolo alla terra dei padri.
E poi la Rivoluzione industriale. Si affermò una visione antropocentrica, naturalistica, appunto, strettamente legata all’ideologia economica di cui parla Louis Dumont. È facilmente constatabile storicamente (Simmel, Thibon, Dumont, Rosanvallon e altri) che l’affermazione del mercato e del proto-capitalismo è stata propedeutica all’individualismo egualitario, di cui espressione primaria è stato il giusnaturalismo moderno, cioè la dottrina antropocentrica e individualistica dei diritti umani, partorita dalla fervida fantasia di Locke e pochi altri, e ora indiscussa religione civile del mondialismo atlantista quanto di quello terzomondista. Il progressivo primato della “trascendenza pratica” (capitalismo e tecnoscienza) sulla “trascendenza teoretica” (religione e metafisica classica), ci ha spiegato Ernst Nolte, ci ha condotto fin qui. Sicuramente ci ha dato un maggior benessere materiale, al costo della perdita della dimensione spirituale. Ma l’esito finale oggi sembra essere il primato assoluto degli usurai e dei pornografi.
Hannah Arendt diceva che non va bene voler rifare il mondo, bisogna accontentarsi di impedire che vada a pezzi. Prendiamola in parola. Oggi il mostro sta andando davvero a pezzi. O perché qualcuno lo vuole distruggere (i fanatici di Allah) o perché qualcun altro lo vuole rendere una landa desolata di merci e “bombardamenti umanitari” (il mondialismo atlantista) o perché c’è chi si impegna a disfarlo lentamente sin dal suo nucleo familiare e biologico primario (la Quarta Rivoluzione ultracapitalista e postcomunista al contempo). E i tre processi convergono. Preghiamo e lottiamo perché non sia troppo tardi.
Può darsi che sia ancora presto per trarre giudizi conclusivi sugli attentati terroristici di Bruxelles. Tuttavia, a quarantott’ore dai fatti l’evento si è già tinto di surreale, come peraltro ormai accade regolarmente con fatti del genere nel Mondo Nuovo dell’Occidente. Il capo dei servizi segreti ucrainitiene ad informarci che “non si stupirebbe” se dietro agli attentati di Bruxelles ci fosse la Russia. Questa è la gente a cui i giornalisti occidentali danno regolarmente credito per spiegarsi che cosa stia accadendo da due anni in Ucraina. Tenetene conto la prossima volta che sui giornali si (s)parlerà della crisi Ucraina.
Il presidente turco Erdogan si dichiara pronto ad aiutare Bruxelles a combattere il terrorismo,pochi giorni dopo avere dichiarato che “non ci sono motivi perché le bombe esplose ad Ankara non possano esplodere a Bruxelles”. Immagino che a questo punto il passo logico successivo sia non ci sono motivi perché la democrazia non si possa abolire a Bruxelles così come è stata abolita in Turchia (l’uso della parola “democrazia” è qui da intendersi esclusivamente come licenza poetica, naturalmente). E per esclusive ragioni di alto surrealismo dobbiamo anche ricordare che in un’intervista a Bel-RTL del 26 aprile 2013 a proposito dei jihadisti belgi il ministro degli Esteri belga Didier Reynders aveva dichiarato: “Forse gli faremo un monumento come eroi di una rivoluzione”. Qualcuno dovrebbe ora chiedergli:Quel momento è venuto?
La CNN ed i media di tutto il mondo hanno subito fatto a gara per mostrarci i video dell’esplosione nell’aeroporto, ripreso dalle telecamere di sicurezza — peccato che fossero falsi. Si trattava in realtà dei video dell’attentato terroristico all’aeroporto di Mosca nel 2011, evento che peraltro a suo tempo la stampa occidentale trattò ben diversamente da quello simile di Bruxelles. Interessante il tentativo di riversare la colpa di questo clamoroso falso dei grandi media sui social network (ecco gli esempi dell’Independent e di Rainews24). Sorge il sospetto che a partire dai giornalisti della CNN e scendendo giù giù fino ai nostri, senza consultare facebook e youtube ci sia una certa difficoltà a capire cosa accada nel mondo… Ma in verità in tali alte sfere giornalistiche un errore del genere non è soltanto colposo, bensì certamente doloso — quelli che si fanno gabbare sono solo gli sciocchi giornalisti nostrani. Se ci fossero stati video per davvero originati dalle telecamere di sorveglianza di Bruxelles, la CNN lo avrebbe certo saputo prima di qualche anonimo utente di twitter dal quale ora sostiene di averlo copiato (non venitemi a raccontare che loro non hanno fonti privilegiate!) ed inoltre il secondo video dell’esplosione da essi mostrato era anche difficile da trovare, prima che lo diffondessero loro. Eccolo qua, su un sito russo. Non è certo la prima volta che la CNN viene beccata a falsificare le notizie, quindi stupirsi ora o invocare l’errore sarebbe curioso. C’è qualcuno che si ponga la domanda su cosa abbiano in effetti filmato le telecamere di sorveglianza di Bruxelles? Ma ormai negli occhi e nella mente del pubblico abbiamo le immagini false e lì rimarranno, il resto non importa. In un altro video un uomo sopravvissuto pare regga fra le mani un bambolotto piuttosto che un vero bambino. Nel Mondo Nuovo Surrealista non ci si può più interamente fidare neppure dei propri occhi.
Nel rispetto della sempre più affermata tradizione surrealista occidentale l’attentato di Bruxelles è ricco di pane per i denti dei teorici delle coincidenze. Scopriamo infatti che una delle mancate vittime era già stata una mancata vittima a Parigi, al Bataclan, il 13 novembre 2015. Si tratta di tal Lahouani Ziahi, francese, che con tutti i posti che ci sono nel mondo ha avuto la sfiga di trovarsi per due volte esattamente là, dove i terroristi colpivano. E, naturalmente, anche la fortuna di rimanere illeso entrambe le volte. Una bella coincidenza, ma, d’altra parte, ogni tanto qualcuno che vince alla lotteria esiste pure. E della serie chi troppo chi niente, troviamo anche chi del surrealismo esagera ad approfittarne, riuscendo a vincere alla lotteria della sfiga (e a quella della fortuna nella sfiga) addirittura due volte e mezza. E’ il caso infatti del mormone Jason Wells, 19 anni, che prima di rimanere ferito a Bruxelles nell’esplosione all’aeroporto Zaventem, il 15 Aprile 2013 si era trovato anche alla maratona di Boston ad un isolato di distanza da dove esplose una bomba. Mason Wells si trovava anche a Parigi il giorno dell’attentato al Bataclan, secondo il Corriere rimase ferito anche lì, secondo fonti più attendibili si trovava in altra parte della città, quindi il terzo miracolo al massimo vale solo a metà. D’altra parte, anche uno dei feriti sopravvissuti al Bataclan era una vittima recidiva, essendosi già fatto nientemeno che l’11 settembre a New York. Si trovava sotto la Torre Sud quando “si schiantò il primo aereo.” Questa proliferazione di vittime recidive che balzano più o meno illese di strage in strage farebbero risuonare un campanello di allarme in qualsiasi persona razionale. Ma nel Mondo Nuovo Surrealista ci pare tutto normale. L’impressione che traiamo da questa inflazione di abitué della strage è che la probabilità di ritrovarsi vittime di un attacco terroristico sia altissima. Guarda a quanta gente è accaduto più di una volta! La prossima volta potrebbe accadere a te! A te che non è successo neppure una volta! Ma non è vero. La probabilità è infinitesimale. Contempliamo dunque l’estremamente improbabile senza battere ciglio. E se volessimo spingerci ad osservare criticamente altri eventi interamente americani come la strage di Sandy Hook o di San Bernardino scopriremmo di ritrovarci addirittura nel Paese delle Meraviglie di Alice.
Mentre nel mondo normale qualsiasi cosa succeda nove persone su dieci sfoderano il loro telefonino ed iniziano a filmare o a farsi i selfie che poi si riversano su facebook e youtube, nel Mondo Nuovo Surrealista i giovani rigorosamente dimenticano di comportarsi così, le appsdegli smartphone rigorosamente omettono di infestare i social network delle immagini scaraventate online in tempo reale. Sto attendendo, per ora invano, che filmati e fotografie di Bruxelles si riversino sui social network. A Parigi non accadde mai. Forse non accadrà neppure stavolta. I teorici delle coincidenze curveranno la bocca nel sorrisetto saccente e beffardo di chi per sapere le cose non ha bisogno di abbassarsi a pensare e tanto meno a dubitare della versione dominante. Quanto più improbabili le coincidenze, tanto più essi gongolano per la loro abilità di accettarne la normalità senza alcun turbamento.
Mi sovviene che subito dopo i fatti di Parigi, insospettito dal fatto che a parte poche eccezioni nessun giornalista “avvoltoio” intervistasse le centinaia di famigliari delle vittime, delle quali in buona percentuale nessuno neppure pubblicava le foto, provai a scoprire qualcosa di più su di loro cercandone i profili su facebook. Per la mia sorpresa una buona percentuale delle vittime, forse addirittura metà, non ce l’avevano. Questo in un’epoca dove trovare un giovane che non sia su facebook è quasi impossibile. D’altra parte, quando misi il naso nel US Social Security Death Index, che si può consultare online, alla ricerca dei morti negli attentati dell’11 settembre 2001, scoprii che oltre l’80% di essi non c’erano. In altre parole per lo stato americano essi non sono mai morti. Non prendetevela con me, io vi sto solo mettendo davanti a dei fatti, come poi decidete di interpretarli sono affari vostri. A chi fosse interessato ai misteri dell’11 settembre e dintorni posso solo raccomandare la lettura del mio corposo libro The Myth of September 11. In questa sede voglio solo sottolineare come il Mondo Nuovo Surrealista venga da lontano, e per inciso ha radici anche più lontane.
Vittime che pare quasi non esistano contrapposte a quasi-vittime che pare esistano anche troppo — come la studentessa 22enne Cordelia Bowdery la quale della sua esperienza al Bataclan scrisse un breve post su facebook, struggente, commovente, perfetto, così da manuale da parer scritto da un professionista (“a pensar male si fa peccato, ma…”) e che rapidamente totalizzò tre milioni di likes e quasi 800.000 condivisioni. Contrasti assurdi del Mondo Nuovo Surrealista ove nulla è ciò che sembra. D’altra parte, anche il fatto che il nome del miracolato Mason Wells tradotto in italiano voglia dire Fonti Massoniche deve essere solo una curiosa coincidenza, così come il fatto che uno dei tre feriti italiani si chiami Chiara Burla non ci deve insospettire.
Se queste cose vi confondono, sappiate che state rispondendo bene agli stimoli. Il fine era questo. Il Mondo Nuovo Surrealista è architettato in modo da mettere in stato permanente di dissonanza cognitiva i propri cittadini, poiché è noto in psicologia che chi è in stato di smarrimento e confusione, non potendo contare sul giudizio di se stesso diviene molto più disposto a sottomettersi a quello dell’autorità.
I presunti terroristi di Bruxelles — così ci informa il MinCulPopEU — sono fratelli (“i fratelli el-Bakraoui”). Tanto per cambiare. Da qualche tempo a questa parte uno non può fare il terrorista se non in coppia con suo fratello. Su questo canovaccio ci si butta anche un media russo rivelando (falsamente) che gli attentatori suicidi sarebbero due fratelli bielorussi (i quali hanno prontamente contattato la stampa per chiedere come fanno ad essere ancora vivi dopo essersi fatti esplodere). Per gli attentati di Parigi a novembre 2015 c’erano “i fratelli Abdeslam”. Per la strage di Charlie Hebdo “i fratelli Kouachi”. Per l’attentato di Boston “i fratelli Tsarnaev”. Va bene che i film di Hollywood seguono sempre gli stessi canovacci, ma qui non dovremmo trovarci nel mondo reale? Sospendere la nostra incredulità diventa sempre più arduo. Uno dei fratelli el-Bakraoui, peraltro, a sentire Erdogan sarebbe stato arrestato in Turchia a giugno 2015, poi spedito in Belgio avvertendo le autorità belghe che avrebbe legami col terrorismo. Anche questa è ormai una una costante fissa, uno standard. Gli attentatori “già noti alle forze di sicurezza“. Cose simili sono state riferite anche per molti altri attentati, a partire da Londra nel luglio 2005. Si alimenta il mito dell’inefficienza dei servizi di sicurezza creando così il pretesto per aumentarne i poteri. Nessuno viene mai punito per questi “errori”, al contrario. Dopo l’11 settembre i vertici militari e di intelligence americani che avevano “fallito” a prevenire gli attacchi, anziché licenziati vennero tutti promossi. I budget per la “sicurezza” vengono raddoppiati, triplicati. Esiste qualcuno che ancora abbia il cervello acceso? Qualcuno si ricorda cosa significhi cui prodest?
Come in un film di Hollywood, la strage di Bruxelles segue di pochi giorni un colpo di scena nel quale “i buoni” pareva avessero vinto — l’improbabile scenografica cattura del cattivissimo Salah Abdeslam, additato a “cervello” della strage di Parigi, esibito al pubblico con un sacco in testa come se ci dovessero proteggere dal suo sguardo letale, in grado di impietrirci come Medusa. E come in un film di Hollywood, ad un climax positivo a metà storia segue “inaspettato” il contro-colpo di scena — un climax negativo, la strage. La differenza fra tutto ciò è il cinema è che qui il prezzo del biglietto lo pagheremo in seguito.
Il canovaccio prevedeva anche il ritrovamento del solito passaporto, che il terrorista modello scrupolosamente porta sempre con sé quando va ad attentare e poi invariabilmente dimentica in auto o comunque a portata di investigatori, possibilmente assieme ad un Corano. (L’11 settembre assieme a passaporti e Corano c’era anche la videocassetta su come pilotare un Boeing, utilissima in auto prima di salire sull’aereo). Ma poiché a furia di abusare delle soluzioni surreali queste finiscono per farsi solo noiose, stavolta il kamikaze si autodenuncia lasciando il suo “testamento” su un computer gettato nella spazzatura. E a capire dove abitavano i terroristici è bastato chiedere al tassista. Altra variazione di sceneggiatura: manca per ora la scoperta dell’esercitazione antiterrorismo, presente in tutti gli attentati terroristici precedenti, intenta a svolgersi nello stesso esatto momento e negli stessi luoghi dove poi per caso gli scenari immaginati divengono reali. Tuttavia abbiamo una grande esercitazione profetica di reazione a catastrofe a fine febbraio, con centinaia di partecipanti, a 400 metri dalla fermata del metrò di Maelbeek. Insomma, praticamente lo stesso posto dove ora c’è stato l’attentato. E scusatemi se è poco. O i terroristi hanno in qualche modo coordinato la logistica delle loro azioni con quella dell’esercitazione, oppure i teorici delle coincidenze hanno messo a segno la lora ennesima vittoria consecutiva alla lotteria delle improbabilità. Più appariscente l’esercitazione consumatasi qualche mese fa a Londra, talmente curata nei dettagli che viene da chiedersi se stessero preparandosi a reagire ad una crisi oppure a realizzare un film. Se credete che questa sia una battuta, riflettete più a fondo.
A ragionare col senno di poi siamo capaci tutti, ma la cosa si fa interessante quando qualcuno prevede correttamente ciò che accadrà in seguito. No, stavolta non parlo di Erdogan, ma del giornalista americano David Chase Taylor, caporedattore di Truther.org autoesiliatosi in Svizzera, che con una settimana di anticipo ha previsto un attentato a Bruxelles fra il 16 e il 23 marzo. Ma c’è addirittura chi ha previsto un attentato nel giorno esatto, il 22 marzo 2016, anche se non in grado di specificare dove. Il fatto è che pare che il numero 322 (3/22 è il 22 marzo per gli anglosassoni che sono usi anteporre il mese al giorno) sia uno di quei numeri “speciali” ai quali certi circoli di potere riconoscerebbero un valore particolare. Cercando in rete si scopre che sul 22 marzo negli anni è stato scritto di tutto e di più. Un po’ come il numero 11, un altro numero molto in voga in certi circoli e che ci ha regalato esperienze indimenticabili l’11 settembre 1973, l’11 settembre 2001, l’11 marzo 2004, l’11 marzo 2011 — e la lista non si ferma qui, ma, per non deludere troppo i teorici delle coincidenze, mettiamoci dentro anche la menzione dell’evento dell’11-11-1919, non fosse altro perché avvenne alle 11 del mattino.
Per chi non sia ancora pago di coincidenze aggiungeremo ancora una macabra chicca. Della strage di Parigi al Bataclan esiste una sola foto, che mostra un paio di dozzine di corpi nel teatro (a proposito, ne mancano un centinaio all’appello, ma questi trascurabili dettagli poco interessano ai giornalisti mainstream). A giudicare dalle ampie strisce rosse per terra parrebbe che alcuni corpi siano stati trascinati aventi e indietro senza alcun motivo apparente. Una delle scie addirittura compie un arco tornando assurdamente al punto di partenza. Ma in realtà c’è da dubitare che il trascinamento di corpi sanguinanti possa produrre scie così nette. Parrebbe piuttosto che che qualcuno abbia voluto intenzionalmente disegnare qualcosa col sangue sul pavimento. Ma cosa? E perché? La risposta più incredibile ci perviene dopo i fatti di Bruxelles. Il disegno col sangue per terra al Bataclan assomiglia in modo impressionante al simbolo dell’aeroporto di Bruxelles. Per i teorici delle coincidenze ecco giunto il momento del trionfo assoluto! Alternativamente, qualcuno di quelli che nell’ombra muovono i fili non è scevro di un certo macabro senso dell’umorismo.
Cosa ci regalerà stavolta il terrorismo surrealista? Una invasione NATO in Siria? Una fusione delle forze di sicurezza delle diverse nazioni europee? Ulteriori perdite di sovranità? Nuove leggi contro la libertà di stampa e di espressione? Di tutto un po’? Inutile avere fretta. Presto lo scopriremo. L’ex capo del Mossad in un’intervista a Repubblicasuggerisce per noi un Patriot Act europeo. Accipicchia che sorpresa! Proprio quello che ci mancava…
In conclusione, sul piano fattuale l’evento di Bruxelles si presenta come l’ennesimo remake di una situazione già vista un sacco di volte. Pena e nausea destano i commenti a riguardo della gente che si accorge della politica solo in queste occasioni. Nulla di nuovo sul fronte occidentale. Sul piano artistico-filosofico, invece, è un altro importante passo verso il Mondo Nuovo Surrealista, il traguardo verso cui a grandi passi siamo diretti e che in molti erroneamente ancora confondono con l’obsoleta etichetta Nuovo Ordine Mondiale.
Per un’analisi politica dell’evento di Bruxelles vi rimando al video sottostante con la lettura che ne ha dato Giulietto Chiesa intervistato da Claudio Messora, un giudizio che condivido pienamente, in tutte le sue parti.
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Giulietto Chiesa intervistato da Claudio Messora.
Un commento di Pino Cabras su Pandora TV, con le false immagini diffuse dai media.
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