I promoter delle sovversioni padovane
Sempre all’avanguardia nella demolizione del cattolicesimo, la diocesi di Padova (che tra i suoi padri spirituali annovera Enzo Bianchi) ora ci ammannisce una conferenza per insegnarci quanto è bello accogliere gli omosessuali “nella loro totalità”. Che fine hanno fatto i quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio?
di Cristiano Lugli
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Siamo ormai stati abituati a non stupirci più di nulla da quando la mentalità americanista – e quindi laicista per eccellenza – ha preso dominio su tutto il suolo sociale, depravando le mode, i costumi, il linguaggio e creando nuove generazioni di ossessi costruiti a suon di frastuoni mass-mediatici.
L’assuefazione collettiva è ad uno stato ormai troppo elevato per poter sperare in un risveglio: sentiamo parlare in ogni momento di morti ammazzati, di violenze, di omicidi-suicidi, eppure la nostra sensibilità è talmente anestetizzata che non si crea nessun contraccolpo, solo un annichilimento davanti a tanto male che l’uomo si è costruito intorno una volta allontanatosi da Dio.
Già, perché il nocciolo è sempre lo stesso, l’allontanamento da Dio: dove Egli non regna, regnano morte, dolore, carestia, desolazione.
Non servono ospedali da campo, non servono “ermeneutiche della continuità” se non c’è la fede nell’Unico Salvatore che è Gesù Cristo, e se nella Chiesa non viene più professata la Dottrina di sempre, immutabile ed infallibile per volere divino. Se non è Dio a regnare nella società e nei cuori di ciascuno tutto è vano, e il male diventa un Male ineluttabile.
Cristo stesso ha ricordato in una semplice circostanza quale sia l’essenziale: “Porro unum est necessarium” (Lc. 10,42).
In mezzo a tutta questa catarattica miopia però, un cattolico – forse per ingenuità o forse perché ancora troppo sognatore di false speranze – può essere tuttavia in grado di sgranare gli occhi davanti ad un’immagine posta alla sua attenzione: siamo sempre nella solita Padova, in cui forse troppo spesso ci si dimentica delle virtù che porta ad esempio il Santo Patrono.
Siamo in quella diocesi che abitudinariamente invita il “profeta” New-Age Enzo Bianchi, “teologo” di niente e proclamato dalla stessa curia “padre”, forse honoris causa.
Meno di un mese fa fu inviata alla diocesi padovana una mail dove venivano richieste spiegazioni in merito alla “lectio divina” che il “pater” Enzo avrebbe tenuto in Cattedrale (scusate s’è poco) , orando e docendo dal pulpito senza il men che minimo diritto, il Nostro non essendo un consacrato.
Sarà meglio sorvolare sulla risposta che ci è stata inoltrata, per non voler far ribollire il sangue a nessuno. Può essere però interessante far notare CHI ci ha dato risposta; purtroppo lo faremo invertendo il principio che porta solitamente a dire il peccato ma non il peccatore: epperò oggi va di moda non parlare più di peccato, e dirlo o non dirlo in confessionale ci pare di aver capito che ai pastori poco importa. Di conseguenza invertiamo pure il detto.
Ebbene, rispose il Direttore del Centro Universitario di via Zabarella 82 ( Padova ) , il quale prese drasticamente le difese di Bianchi titolando l’oggetto della mail con “quoad Entium Bianchi”, ed elencando tutte le lecità che il capo- associazione di Bose avrebbe per predicare.
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Tutto questo per arrivare a dire che circa un mese dopo ci troviamo davanti ad una locandina la quale invita a partecipare venerdì 6 maggio alla presentazione del libro “L’amore omosessuale – saggi di psicanalisi, teologa e pastorale, in dialogo per una nuova sintesi” , dove interverranno gli stessi autori, con il contributo di uno psichiatra/psicoterapeuta e ovviamente (come farselo mancare) il prete di turno, perlopiù teologo e docente universitario.
Dove avrà mai luogo la splendida conferenza? È fuori discussione: al Centro Universitario di via Zarbella 82.
L’evento è promosso dal “gruppo Emmanuele di Padova” e dall’ “associazione La Parola di Vicenza”, ambedue facente parte della “categoria” persone omosessuali credenti.
Qualcuno potrebbe obiettare che incontri come questi incentivino a creare una critica seriamente costruttiva, volta a far comprendere che l’unica possibilità per portare una croce come questa sia un’assoluta e totale vita di castità. E invece no, come potevasi immaginare si parlerà di tutt’altro: si parlerà di “una chiesa che è alla ricerca di nuove analisi e di proposte pratiche innovative” – come dice una della tante recensioni fatte al libro in questione.
Lo stesso autore Damiano Migliorini dice: “Ci stiamo chiedendo se siamo noi a poter offrire alla Chiesa una pastorale speciale“.
E non smentisce le nostre insinuazioni nemmeno Beatrice Brogliato, coautrice del libro:
“Ritengo che le persone omosessuali subiscano una forma di fobia sociale (omofobia) molto particolare. Non essendo la loro preferenza sessuale una caratteristica “evidente” – come può essere il colore della pelle – sono spesso indotti a pensare di risolvere il loro problema nascondendola, non condividendo le proprie emozioni amorose e, anzi, fingendo di essere attratti dall’altro sesso.
Se questo all’inizio sembra essere la via migliore per stare bene, dopo un certo periodo di tempo la persona ha bisogno – un bisogno vitale – di emergere nella sua totalità come essere interagente, con tutte le sue peculiarità. (…) L’esperienza clinica mi ha portato a considerare, con ragionevole certezza, che le persone omosessuali nel momento in cui si sentono accolte nella loro totalità, e quindi portando tutte se stesse nella relazione con l’altro – anche la propria identità di genere – vivono in pieno equilibrio psichico e in loro non vi è nulla di patologico.
Ho voluto, pertanto, condividere con un pubblico più vasto questa esperienza maturata. Ecco perché, riflettendo sulla sofferenza condivisa con queste persone, ho ritenuto essenziale far chiarezza su ciò che è veramente l’omosessualità, considerando quanto ancor oggi, in ambito psicologico, non vi è chiarezza sul fatto che omosessualità non significa patologia, ma diversità!”
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Facendo invece qualche breve ricerca circa le posizioni delle due “associazioni di persone omosessuali credenti”, non risulta difficile capirne l’impostazione: nei loro circoli promuovono film come “Freeheld – amore, giustizia, uguaglianza“, storia di due conviventi lesbiche con il solito finale puerilmente mieloso, dove una delle due partner muore per cancro ai polmoni senza poter far godere delle sua pensione alla compagna, a causa dei “diritti” negati; le suddette “persone omosessuali credenti” hanno organizzato raduni di preghiera per l’approvazione del ddl Cirinnà; appoggiano e propagandano i Gay-Pride del Triveneto. E con queste poche informazioni crediamo non vi sia bisogno di aggiungere altro.
Sennonché una diocesi intera cammina a braccetto con questa visione blasfema e contro-naturale della fede, e invece che gridare dai pulpiti quali sono i 4 peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio cerca il dialogo laddove non vi può essere. E non è tutto, ci vogliono financo obbligare a credere che queste persone hanno molto da offrire alle comunità parrocchiali.
Gli prestano università, si fanno promotori di chi vuole (insieme a loro evidentemente) sovvertire ancor più di quello che in cinquant’anni è già stato fatto a ciò che FU Cattolicesimo.
Si inviano “teologi” a dialogare di tematiche in nome della solenne ed onnipresente “apertura”.
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Ora è più nitida la risposta che fu data in merito alle contrarietà mosse sulla “lectio divina” di Enzo Bianchi, tutti i conti infatti tornano pur sapendo che Padova è solo una delle tante realtà esistenti.
Così, mentre a Torino si boicottano senza valide motivazioni le conferenze su una tematica tanto inquinata quanto mostruosa come la teoria del gender, a Padova in nome della Misericordia tout de suite si offrono cattedre e amboni a chi, ricolmo di superbia – questa sì, farisaica – si erge al di sopra di Dio volendo cambiare i Suoi comandamenti, con la presunzione di crearne dei migliori.
“(..) et non solum qui ea fáciunt, sed étiam qui conséntiunt faciéntibus.” (1Rm. 1,32)
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Siamo ormai stati abituati a non stupirci più di nulla da quando la mentalità americanista – e quindi laicista per eccellenza – ha preso dominio su tutto il suolo sociale, depravando le mode, i costumi, il linguaggio e creando nuove generazioni di ossessi costruiti a suon di frastuoni mass-mediatici.
L’assuefazione collettiva è ad uno stato ormai troppo elevato per poter sperare in un risveglio: sentiamo parlare in ogni momento di morti ammazzati, di violenze, di omicidi-suicidi, eppure la nostra sensibilità è talmente anestetizzata che non si crea nessun contraccolpo, solo un annichilimento davanti a tanto male che l’uomo si è costruito intorno una volta allontanatosi da Dio.
Già, perché il nocciolo è sempre lo stesso, l’allontanamento da Dio: dove Egli non regna, regnano morte, dolore, carestia, desolazione.
Non servono ospedali da campo, non servono “ermeneutiche della continuità” se non c’è la fede nell’Unico Salvatore che è Gesù Cristo, e se nella Chiesa non viene più professata la Dottrina di sempre, immutabile ed infallibile per volere divino. Se non è Dio a regnare nella società e nei cuori di ciascuno tutto è vano, e il male diventa un Male ineluttabile.
Cristo stesso ha ricordato in una semplice circostanza quale sia l’essenziale: “Porro unum est necessarium” (Lc. 10,42).
In mezzo a tutta questa catarattica miopia però, un cattolico – forse per ingenuità o forse perché ancora troppo sognatore di false speranze – può essere tuttavia in grado di sgranare gli occhi davanti ad un’immagine posta alla sua attenzione: siamo sempre nella solita Padova, in cui forse troppo spesso ci si dimentica delle virtù che porta ad esempio il Santo Patrono.
Siamo in quella diocesi che abitudinariamente invita il “profeta” New-Age Enzo Bianchi, “teologo” di niente e proclamato dalla stessa curia “padre”, forse honoris causa.
Meno di un mese fa fu inviata alla diocesi padovana una mail dove venivano richieste spiegazioni in merito alla “lectio divina” che il “pater” Enzo avrebbe tenuto in Cattedrale (scusate s’è poco) , orando e docendo dal pulpito senza il men che minimo diritto, il Nostro non essendo un consacrato.
Sarà meglio sorvolare sulla risposta che ci è stata inoltrata, per non voler far ribollire il sangue a nessuno. Può essere però interessante far notare CHI ci ha dato risposta; purtroppo lo faremo invertendo il principio che porta solitamente a dire il peccato ma non il peccatore: epperò oggi va di moda non parlare più di peccato, e dirlo o non dirlo in confessionale ci pare di aver capito che ai pastori poco importa. Di conseguenza invertiamo pure il detto.
Ebbene, rispose il Direttore del Centro Universitario di via Zabarella 82 ( Padova ) , il quale prese drasticamente le difese di Bianchi titolando l’oggetto della mail con “quoad Entium Bianchi”, ed elencando tutte le lecità che il capo- associazione di Bose avrebbe per predicare.
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Tutto questo per arrivare a dire che circa un mese dopo ci troviamo davanti ad una locandina la quale invita a partecipare venerdì 6 maggio alla presentazione del libro “L’amore omosessuale – saggi di psicanalisi, teologa e pastorale, in dialogo per una nuova sintesi” , dove interverranno gli stessi autori, con il contributo di uno psichiatra/psicoterapeuta e ovviamente (come farselo mancare) il prete di turno, perlopiù teologo e docente universitario.
Dove avrà mai luogo la splendida conferenza? È fuori discussione: al Centro Universitario di via Zarbella 82.
L’evento è promosso dal “gruppo Emmanuele di Padova” e dall’ “associazione La Parola di Vicenza”, ambedue facente parte della “categoria” persone omosessuali credenti.
Qualcuno potrebbe obiettare che incontri come questi incentivino a creare una critica seriamente costruttiva, volta a far comprendere che l’unica possibilità per portare una croce come questa sia un’assoluta e totale vita di castità. E invece no, come potevasi immaginare si parlerà di tutt’altro: si parlerà di “una chiesa che è alla ricerca di nuove analisi e di proposte pratiche innovative” – come dice una della tante recensioni fatte al libro in questione.
Lo stesso autore Damiano Migliorini dice: “Ci stiamo chiedendo se siamo noi a poter offrire alla Chiesa una pastorale speciale“.
E non smentisce le nostre insinuazioni nemmeno Beatrice Brogliato, coautrice del libro:
“Ritengo che le persone omosessuali subiscano una forma di fobia sociale (omofobia) molto particolare. Non essendo la loro preferenza sessuale una caratteristica “evidente” – come può essere il colore della pelle – sono spesso indotti a pensare di risolvere il loro problema nascondendola, non condividendo le proprie emozioni amorose e, anzi, fingendo di essere attratti dall’altro sesso.
Se questo all’inizio sembra essere la via migliore per stare bene, dopo un certo periodo di tempo la persona ha bisogno – un bisogno vitale – di emergere nella sua totalità come essere interagente, con tutte le sue peculiarità. (…) L’esperienza clinica mi ha portato a considerare, con ragionevole certezza, che le persone omosessuali nel momento in cui si sentono accolte nella loro totalità, e quindi portando tutte se stesse nella relazione con l’altro – anche la propria identità di genere – vivono in pieno equilibrio psichico e in loro non vi è nulla di patologico.
Ho voluto, pertanto, condividere con un pubblico più vasto questa esperienza maturata. Ecco perché, riflettendo sulla sofferenza condivisa con queste persone, ho ritenuto essenziale far chiarezza su ciò che è veramente l’omosessualità, considerando quanto ancor oggi, in ambito psicologico, non vi è chiarezza sul fatto che omosessualità non significa patologia, ma diversità!”
.
Facendo invece qualche breve ricerca circa le posizioni delle due “associazioni di persone omosessuali credenti”, non risulta difficile capirne l’impostazione: nei loro circoli promuovono film come “Freeheld – amore, giustizia, uguaglianza“, storia di due conviventi lesbiche con il solito finale puerilmente mieloso, dove una delle due partner muore per cancro ai polmoni senza poter far godere delle sua pensione alla compagna, a causa dei “diritti” negati; le suddette “persone omosessuali credenti” hanno organizzato raduni di preghiera per l’approvazione del ddl Cirinnà; appoggiano e propagandano i Gay-Pride del Triveneto. E con queste poche informazioni crediamo non vi sia bisogno di aggiungere altro.
Sennonché una diocesi intera cammina a braccetto con questa visione blasfema e contro-naturale della fede, e invece che gridare dai pulpiti quali sono i 4 peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio cerca il dialogo laddove non vi può essere. E non è tutto, ci vogliono financo obbligare a credere che queste persone hanno molto da offrire alle comunità parrocchiali.
Gli prestano università, si fanno promotori di chi vuole (insieme a loro evidentemente) sovvertire ancor più di quello che in cinquant’anni è già stato fatto a ciò che FU Cattolicesimo.
Si inviano “teologi” a dialogare di tematiche in nome della solenne ed onnipresente “apertura”.
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Ora è più nitida la risposta che fu data in merito alle contrarietà mosse sulla “lectio divina” di Enzo Bianchi, tutti i conti infatti tornano pur sapendo che Padova è solo una delle tante realtà esistenti.
Così, mentre a Torino si boicottano senza valide motivazioni le conferenze su una tematica tanto inquinata quanto mostruosa come la teoria del gender, a Padova in nome della Misericordia tout de suite si offrono cattedre e amboni a chi, ricolmo di superbia – questa sì, farisaica – si erge al di sopra di Dio volendo cambiare i Suoi comandamenti, con la presunzione di crearne dei migliori.
“(..) et non solum qui ea fáciunt, sed étiam qui conséntiunt faciéntibus.” (1Rm. 1,32)
ma se Sodoma e Gomorra furono incenerite,quale futuro ci si paventa?
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