IL SUICIDIO DELL'EUROPA
Tagliando le proprie radici cristiane l’Europa si è votata al suicidio. La sua scristianizzazione è il frutto di un disegno pianificato a tavolino gestito dai massimi poteri finanziari. Stupisce l'autolesionismo della Chiesa
di Francesco Lamendola
L’Europa, oggi, intesa non solo come l’Unione europea, ma proprio come il continente europeo, con la sua storia, la sua cultura, la sua tradizione, è una realtà geopolitica in avanzata fase di dissoluzione: e questo perché ha reciso, scientemente e deliberatamente, le proprie radici cristiane, a cominciare dall’illuminismo, e poi, sempre più freneticamente, sino ai giorni nostri, quando (per fare un esempio) un innocuo predicatore di strada viene arrestato e portato in prigione, a Londra, perché ha osato leggere in pubblico la Lettera ai Romani di San Paolo, nella quale si definisce l’omosessualità come uno dei disordini che si accompagnano alla perdita della fede in Dio e alla superbia dell’intelligenza che vuol fare tutto da sé.
La scristianizzazione dell’Europa non è stata dunque, semplicemente, il risultato di una tendenza “naturale” della cultura e della sensibilità europee, avviate, per una serie di ragioni storiche, sulla strada della laicizzazione e della secolarizzazione, ma il frutto di un disegno stabilito e pianificato a tavolino, e gestito un tempo dalle consorterie massoniche, oggi dai massimi poteri finanziari internazionali, che ne hanno ereditato metodi e prospettive di fondo, perseguendo l’obiettivo di sradicare e cancellare anche il ricordo del passato religioso, per instaurare un Nuovo Ordine Mondiale, ove tutte le culture e le identità specifiche siano confuse e mescolate, e sorga una nuova umanità globalizzata, atomizzata, psicologicamente e intellettualmente etero-diretta, alienata, condizionata, manipolata, decerebrata, onde imporre il totalitarismo incontrastato dei mercati finanziari, la dittatura delle banche e delle borse, e la folle, incessante rincorsa del “benessere” consumistico, mediante la quale tenere i singoli individui e le nazioni intere sotto il costante ricatto del debito, pubblico e privato.
Parte di questo disegno mondiale è stata la gestione sapiente, e subdolamente orchestrata, del fenomeno delle migrazioni, specialmente delle migrazioni/invasioni di provenienza islamica in Europa, al preciso scopo di islamizzare il Vecchio continente e di assestare il colpo finale alla sua identità, alla sua cultura, al suo senso di una comune appartenenza. Si vuole far credere, anche in questo caso, che si tratta di flussi spontanei e inarrestabili, mentre sono stati messi in movimento ad arte, da forze a ciò interessate, che vedono una inconfessabile convergenza d’interessi fra gli sceicchi del petrolio, interessati ad espandere il dominio del fondamentalismo islamico, e i poteri finanziari occidentali, interessati a disporre di manodopera a basso costo e di nuovi consumatori dalle alte potenzialità d’incremento del mercato, stante il tasso di crescita demografica degli immigrati/invasori, più che doppio rispetto a quello dei “decadenti” e “sterili” europei (e dunque non più utili alle logiche del consumo e del mercato). Gli sceicchi sono interessati a un’Europa islamizzata e arabizzata; i potentati finanziari, ad un aumento del numero dei suoi abitanti, indipendentemente dalla loro razza, religione, cultura; gli Stati Uniti vedono con favore una Europa sempre più impotente, lacerata, dimentica di sé, culturalmente, spiritualmente e politicamente insignificante; e i nostri bravi intellettuali e uomini politici progressisti, ecumenismi, mondialisti, buonisti, internazionalisti, pacifisti, scientisti, materialisti, laicisti, femministi, razionalisti, omosessualisti (e chi più ne ha, più ne metta, di siffatti -isti), gongolano all’idea di una futura Europa (ormai neanche tanto futura) e di una futura Terra, in cui vedranno il trionfo delle loro idee e dei loro dogmi liberali e radicali: utili idioti che svolgono, di fatto, il compito servile di preparare il terreno per la caduta finale di una civiltà millenaria.
Per quel che riguarda l’immigrazione/invasione islamica, il semplice buon senso dovrebbe suonare la sveglia ai paciosi e bene intenzionati progressisti di casa nostra, tutti molto politically correct, i quali fingono di non vedere alcune semplici, palesi verità: che se gli islamici rifiutano a propri qualunque idea di conversione, e perciò d’integrazione, nella società ospitante; se, viceversa,non riconoscono ai cristiani alcun diritto di reciprocità; se proibiscono in modo assoluto i matrimoni misti, mentre ciò non accade da parte cristiana; se un cristiano che si converta all’islam viene, forse, disapprovato moralmente dai suoi correligionari, ma certo nessuno si sogna di torcergli un capello, mentre un islamico che si converta al cristianesimo diviene il bersaglio permanente della rabbia illimitata dei suoi ex correligionari, e qualche autorità religiosa lo può anche condannare a morte; se gli islamici proibiscono, de jure o de facto, qualunque proselitismo nei loro Paesi di provenienza, qualunque costruzione di nuove chiese, qualunque diritto all’esistenza di un associazionismo e di un semplice culto pubblico cristiani; se codesti immigrati non chiedono, ma pretendono di essere accolti, spacciandosi tutti per profughi; se gli immigrati, i loro figli e i figli dei loro figli restano più che mai disponibili ad ascoltare le sirene del terrorismo fondamentalista, che semina morte e terrore nelle nostre città; se, in breve, neppure nell’arco di tre generazioni, l’Europa è stata minimamente capace di assimilare questi nuovi cittadini, di legarli a sé, di farsi amare da loro, o, almeno di non farsi ciecamente odiare, allora vuol dire che seguitare ad accogliere sempre nuove ondate di migranti/invasori significa correre scientemente verso il suicidio.
Stupisce, in tutto questo, il buonismo cieco, forsennato, autolesionista della Chiesa, o di parti significative di essa, e del mondo del volontariato di matrice cattolica: quasi che solo ora, con l’affacciarsi di questi immigrati/invasori, si scoprisse il dramma della povertà: come se milioni di italiani e di europei non fossero già ridotti in miseria, da quasi un decennio, a causa delle spietate e ciniche manovre della grande finanza, la stessa che sta ora gestendo i flussi dei migranti/invasori, secondo modalità che un giorno, forse, saranno meglio conosciute, ma che già oggi, a quel che ne sappiamo, presentano molti, troppi lati oscuri. Noi sappiamo, ad esempio, che il reddito medio di un abitante della Nigeria, è di un dollaro al mese; eppure, per traversare il Mediterraneo a bordo delle imbarcazioni fatiscenti e sovraccariche, il costo a persona si aggira sui duemila dollari. Ora, chi mette tutto questo denaro? E, soprattutto: se davvero è denaro di provenienza “pulita”, se davvero è il frutto dei risparmi dei migranti e dei loro familiari e parenti, come mai essi non acquistano un normalissimo biglietto aereo e atterrano negli aeroporti europei, in tutta sicurezza, senza rischio di fare naufragio, senza contorno di bambini che annegano, di madri che piangono, di uomini che urlano, pregano, si strappano i capelli? Forse perché, in quella maniera, essi farebbero meno compassione, e non scatterebbe il ricatto morale per cui gli Europei si sentono in dovere di accogliere i “disperati”, che come tali si presentano, e come tali sono chiamati, senz’altro, in tutti i telegiornali e su tutta o quasi tutta la cosiddetta “libera” stampa?
Il calcolo dei governi europei, di fronte a questa invasione, non è del tutto chiaro. Ciascun governo se ne va per conto suo, con buona pace dell’Unione europea; e, come sempre, i governi dei Paesi di maggior peso pensano di poter giocare un gioco tutto loro, battendo in astuzia i loro sprovveduti vicini, cioè scaricando costi e inconvenienti sugli altri, e tenendo per sé solo i vantaggi (apparenti), primo fra tutti la disponibilità di manodopera a basso costo. La Gran Bretagna, come sempre, sfruttando la sua posizione insulare, pensa ormai a fare parte per se stessa, a ritirare le passerelle e i ponti levatoi, e a stringersi ancor più, semmai, con gli Stati Uniti e con il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda. La Francia insegue, fuori tempo d’un paio di secoli, il suo vecchio e mai sopito sogno di grandeur, in chiave neo-gollista: ma riesce solo a provocare danni catastrofici, come si è visto sulla scena internazionale – Siria, Libia – e anche sul piano interno, con l’islamizzazione di intere città e d’intere periferie, e con l’accensione di focolai permanenti di rivolta e di terrorismo. La Germania ha mostrato di non aver imparato nulla dalle due guerre mondiali e dal dramma, vissuto sulla propria pelle, della divisione nazionale, e durato per quasi mezzo secolo: in compenso, la sua attuale classe dirigente (Frau Merkel in testa) sembra avere imparato molto dai metodi della vecchia nomenklatura comunista e, ancor più, della famigerata polizia politica della D.D.R. L’Italia, che avrebbe i numeri per pesare anch’essa, politicamente non conta nulla, come al solito: non ha una politica estera e non ha alcuna idea su come gestire i problemi politici, sociali e finanziari interni; la sua classe politica vive alla giornata, legifera sul nulla, si occupa dei diritti delle coppie omosessuali, mentre il pericolo batte alle porte e la città è sul punto di cadere.
Gli unici che hanno un po’ le idee chiare sono i dirigenti dei Paesi di nuovo ingresso nella Unione, come l’Ungheria e la Slovacchia: essi hanno capito che è in atto un suicidio e vorrebbero opporsi, ma come fare? Il loro peso politico è pari a zero, e i media di tutto il mondo li dipingono come razzisti, fascisti e nazisti. In passato, vi era un antichissimo stato europeo che aveva trovato la maniera più ponderata di relazionarsi con il mondo islamico, dai cui commerci in larga misura dipendeva: la Repubblica di Venezia; la quale, appunto perché ben conosceva quel mondo, e lo rispettava, pretendeva anche, però, altrettanto rispetto per se stessa, ed era gelosissima della propria sovranità: al punto che mai, nei tredici secoli della sua gloriosa storia, essa consentì che venisse edificata anche una sola moschea nel suo territorio. È un caso che nel 1815, quando il Congresso di Vienna tentò d’imporre la Restaurazione ai popoli d’Europa, proprio la Repubblica di Venezia non venne “restaurata”, e solo per essa il principio di legittimità venne disatteso, avallando, di fatto, la brutale spoliazione napoleonica attuata col Trattato di Campoformio del 1797?
Resterebbe la Chiesa cattolica. La Chiesa ha una tradizione due volte millenaria; è stata la principale artefice della nascita dell’Europa stessa, della sua civiltà, della sua cultura; ha avuto a che fare, in pace e in guerra, con tutte le altre tradizioni e tutte le altre religioni, imparando a distinguerle, a riconoscerle, a comprenderle. Ci si sarebbe potuti aspettare, da essa, pertanto, un grado di lucidità, di saggezza, di lungimiranza assai maggiori di quelli che stanno mostrando le classi dirigenti politiche dei vari Paesi. Invece non è stato così. Anche se singoli esponenti della Chiesa cattolica, come il vescovo Tadeusz Pieronek, ex segretario della Conferenza episcopale polacca, hanno suonato la sveglia con molta lucidità, i vertici, a cominciare da papa Francesco, mostrano di pensarla in tutt’altro modo: predicano il dovere dell’accoglienza, dicono quanto è brutto costruire muri e quanto è bello gettare ponti: e non si rendono conto, a quanto sembra, che, secondo tutte le proiezioni demografiche, nel 2050 il numero dei musulmani comincerà a superare quello dei cristiani a livello mondiale; e che l’Europa è fatalmente destinata a islamizzarsi nel giro di pochi anni, continuando così, e a diventare sempre meno sicura, sempre meno ospitale, sempre meno tollerante, non già verso gli stranieri, ma proprio verso i suoi figli i quali avranno la testardaggine di voler rimanere saldamente ancorati alla loro religione cristiana. In Africa settentrionale e nel Medio Oriente i cristiani, che erano, nel VI secolo dopo Cristo, il 100% della popolazione o giù di lì, verso il 1.000, dopo la conquista islamica, erano scesi al 50%; ai primi del Novecento ve n’erano ancora diversi milioni, specialmente in Egitto, Turchia, Libano, Siria e Iraq: mentre oggi ne restano forse un milione o poco più. Interi gruppi etnici cristiani, come gli Armeni, nel 1915-116, sono stati sterminati; oggi sono ovunque in fuga, perseguitati, minacciati di morte, costretti a convertirsi. I fatti di Lahore, in Pakistan, il giorno di Pasqua del 2016, con decine di cristiani morti ammazzati, fra i quali moltissimi bambini, mostrano una cosa che molti occidentali si rifiutano di vedere: che l’odio anti-cristiano è stato, forse, accresciuto dalle infelici guerre statunitensi in Afghanistan, Iraq, Siria e Libia, ma non è nato come reazione ad esse; esisteva già, e le minoranze cristiane che vivono nei Paesi islamici lo sanno da moltissimo tempo.
Tagliando le proprie radici cristiane, l’Europa si è votata al suicidio. I philosphes del XVIII secolo e i loro nipoti e nipotini della rive gauche dei nostri giorni, credevano e credono che, una volta eliminato il cristianesimo, nascerà un mondo nuovo e luminoso, fatto di ragione, fratellanza e felicità universali. Tutto lascia presagire, invece, che, una volta distrutto quel poco che resta del cristianesimo e della Chiesa cattolica, andremo verso un mondo islamizzato, a partire dal suo nuovo centro strategico, che sarà l’Europa. Non sappiamo se il calcolo dei centri finanziari internazionali, di convertire un po’ alla volta anche gli islamici della futura Eurabia al nuovo Vangelo edonista e consumista, per trasformarli in consumatori instancabili e obbedienti del mercato globale, riuscirà effettivamente ad attuarsi. Certo, se si andrà verso l’appiattimento omologante di ogni cultura e religione, ci vorrà del tempo, e l’Europa dovrà prima passare per la fase della violenta sottomissione all’islam. Vedremo allora che ne penseranno gl’intellettuali progressisti gay e le ardite femministe...
Tagliando le proprie radici cristiane l’Europa si è votata al suicidio
di Francesco Lamendola
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.