I casi di coscienza contro la verità rivelata
Così s'afferma il ribaltamento della morale cattolica
Pubblichiamo in esclusiva per l'Italia un breve
saggio di monsignor Michel Schooyans ("Dalla casuistica alla
misericordia - Verso una nuova arte di piacere?"), dedicato all'eclissi
della morale cattolica perseguita da teologi e pastori della Chiesa.
Monsignor Schooyans è professore emerito dell'Università di
Louvain-la-Neuve (Belgio), membro della Pontificia Accademia di Scienze
Sociali e consulente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. È autore
di numerosi libri e saggi su bioetica, demografia, politiche globali
dell'ONU. Su richiesta personale di Giovanni Paolo II, che lo volle come
collaboratore della Santa Sede, ha scritto anche una Via Crucis per le
famiglie (2001). Data la lunghezza del saggio lo pubblicheremo in tre
parti.
Si potrebbe pensare che la casuistica sia morta e sepolta. Le controversie del XVII secolo definitivamente superate. Pochi sono quelli che leggono ancora le Lettere Provinciali e gli autori che Pascal (1623-1662) critica.
Questi autori sono i casuisti, vale a dire i moralisti che si adoperano a risolvere i casi di coscienza senza cedere al rigorismo. Rileggendo le celebri Lettere,
siamo rimasti colpiti dalla vistosa somiglianza tra uno scritto di
controversia del XVII secolo e le posizioni difese oggi dai pastori e
dai teologi che aspirano a cambiamenti radicali della pastorale e della
dottrina della Chiesa. Il recente Sinodo sulla famiglia (ottobre 2014 –
ottobre 2015) ha messo in evidenza una combattività riformatrice che le Lettere provinciali
consentono oggi di comprendere meglio. Ecco che Pascal comincia a
essere conosciuto in una luce inaspettata! Le pagine che seguono
vogliono semplicemente suscitare la curiosità del lettore e aiutarlo a
scoprire una nuova arte di piacere.
IL TESORO DELLA CHIESA
Il Sinodo sulla famiglia ha messo in evidenza - se ce ne fosse stato
bisogno – un profondo malessere della Chiesa. Senza dubbio crisi di
crescita, ma anche dibattiti ricorrenti sulla questione dei divorziati
«risposati», i «modelli» di famiglia, il ruolo della donna, il controllo
delle nascite, la gestazione per altri, l’omosessualità, l’eutanasia.
Inutile chiudere gli occhi: la Chiesa è sfidata sui fondamenti. Questi
si trovano nell’insieme della Sacra Scrittura, nell'insegnamento di
Gesù, nella effusione dello Spirito Santo, nell’annuncio del Vangelo da
parte degli Apostoli, nella comprensione vieppiù affinata della
Rivelazione, nell’assenso di fede della comunità credente. La Chiesa s’è
vista affidare da Gesù la missione di accogliere queste verità, di
mettere in luce la loro coerenza, di farne memoria. La Chiesa non ha
ricevuto dal Signore né la missione di modificare queste verità né la
missione di riscrivere il Credo; è la custode del tesoro; deve studiare
queste verità, spiegarle, approfondire la loro comprensione e invitare
tutti ad aderirvi per fede.
A partire dagli Atti degli Apostoli, la Chiesa
riconosce e proclama di essere una, santa, cattolica e apostolica.
Queste sono le sue «note» distintive. La Chiesa è una, perché ha un solo
cuore, quello di Gesù. ? santa, ossia invita alla conversione al
Signore, alla preghiera, alla contemplazione del Signore. L'uomo non ha
alcun potere di santificare se stesso, ma tutti sono chiamati a
rispondere alla chiamata universale alla santità. È cattolica, cioè ha
ricevuto dallo Spirito Santo il dono delle lingue: è universale.
Comprensione delle lingue significa unità nella diversità, frutto dello
Spirito Santo. La Chiesa è anche apostolica, vale a dire fondata sugli
apostoli ed i profeti. La successione apostolica significa che un nesso
ininterrotto ci collega alla sorgente stessa della dottrina degli
apostoli.
Per offrire al mondo la Buona Novella che è venuto a portare,
il Signore ha voluto associare alla sua opera uomini che ha scelto
perché rimanessero con lui e andassero a insegnare a tutte le genti (cfr
Mc 3, 13-19). Questi uomini recano testimonianza delle parole che hanno
raccolto dalla bocca stessa di Gesù e dei segni che egli ha operato.
Questi testimoni sono stati chiamati dal Signore per garantire, di
generazione in generazione, la fedeltà alla dottrina che egli stesso ha
impartito. A loro compete il dovere di approfondire la comprensione
delle testimonianze che lo riguardano e di autenticarne la tradizione.
L'insegnamento del Signore comporta una dimensione morale esigente.
Questo insegnamento invita certamente a una adesione di ragione alla
regola d'oro, che i grandi saggi dell'umanità hanno meditato lungo i
secoli. Gesù porta questa regola alla perfezione. Ma la tradizione della
Chiesa comporta precetti di condotta propri, in cima ai quali figura
l'amore a Dio e al prossimo. «Tutto quanto volete che gli uomini
facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa è la Legge ed i Profeti »
(Mt 7, 12). Questo doppio comando è il riferimento di base per l'agire
del cristiano. Costui è chiamato ad aprirsi all’illuminazione dello
Spirito, che è amore, e a corrispondere a questa illuminazione con la
fede che opera per mezzo dell’amore (cfr Gal 5, 6).
Tra questo - l'amore - e quella - la fede - il legame è indissolubile.
Se – è l'insegnamento della Chiesa - questo legame è rotto, la morale
cristiana sprofonda in diverse forme di relativismo o scetticismo. Si
arriva ad accontentarsi di opinioni soggettive e fluttuanti. Si
stabilisce una frattura tra verità e azione. Non c’è più riferimento
alla verità, né all’autorità che la garantisce. La morale cristiana non è
più donata da Dio agli uomini. L’uomo – si arriva a pensare - non ha
nemmeno bisogno di amare Dio per salvarsi, né di credere nel suo amore.
Spezzata da una cesura fatale, la morale vede spalancarsi, grande, la
porta del legalismo, dell'agnosticismo e del secolarismo. Le regole di
vita insegnate dai Profeti, dal Signore, dai Padri della Chiesa vengono a
poco a poco disattivate. Quelle che prevalgono allora sono le
prescrizioni dei nuovi specialisti della legge, eredi degli scribi e dei
farisei. La morale diventa così una forma di positivismo gnostico
riservato agli iniziati. Questo sapere non trova «legittimità» se non
nelle decisioni puramente discrezionali di coloro che si concedono il
privilegio di enunciare una nuova morale, mutilata del riferimento
fondante alla verità rivelata.
Nel suo insegnamento, San Paolo ci invita a evitare le insidie di una morale privata di radicamento nella rivelazione. Ecco come esorta i cristiani:
«Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi
rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò
che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12, 2)
«E perciò prego che la vostra carità si arricchisca ancora e sempre
più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate
distinguere sempre il meglio» (Fil 1, 9s; cfr 1 Tim 5,19-22)
IL RITORNO DELLA CASUISTICA
? qui che si può percepire il ritorno della casuistica. Ciò dovrebbe
consentire ai moralisti di esaminare e di risolvere i casi di coscienza.
Alcuni moralisti si impegnano a fornire soluzioni che aggradano a
persone che ricorrono ai loro lumi. In questi casuisti di ieri e di
oggi, i principi fondamentali della morale sono eclissati dai giudizi
spesso divergenti emessi da questi gravi consulenti spirituali. Il
disinteresse da cui è afflitta la morale fondamentale lascia campo
libero all’instaurazione di un diritto positivo che dei codici di
comportamento mette al bando ciò che insiste a riferirsi alle regole
fondamentali della morale. Il casuista, o neocasuista, è diventato
legislatore e giudice. Coltiva l'arte di disorientare i fedeli. La
sollecitudine per la verità rivelata e accessibile alla ragione perde il
suo interesse. Al limite, ci s’interesserà solo alle posizioni
"probabili". Grazie al probabilismo, una tesi potrà dar luogo ad
interpretazioni contraddittorie.
Il probabilismo permetterà di suggerire ora il caldo ora il freddo,
il pro e il contro. Si dimentica l'insegnamento di Gesù: «Quando
parlate, dite “sì” o “no”, tutto il resto viene dal Maligno» (Mt 5, 37;
Gc 5: 12; cfr 2 Cor 1, 20). Nondimeno, ciascun neocasuista si muoverà
secondo la propria interpretazione. La tendenza è alla confusione delle
tesi, alla doppiezza, alla doppia o tripla verità, a una valanga di
interpretazioni. Il casuista ha un cuore diviso, ma intende restare un
amico del mondo (cfr Gc 4, 4-8).
A poco a poco appassiranno le regole di condotta fissate dalla volontà del Signore
e trasmesse dal magistero della Chiesa. La qualificazione morale degli
atti può dunque essere modificata. I casuisti non si accontentano di
addolcire questa qualificazione; vogliono trasformare la legge morale
stessa. Questo sarà il compito dei casuisti, dei confessori, dei
direttori spirituali, a volte di alcuni vescovi. Tutti dovranno avere la
preoccupazione di piacere. Di conseguenza, dovranno ricorrere al
compromesso, adattare il loro discorso alla soddisfazione delle passioni
umane: non bisogna respingere nessuno.
La qualificazione morale di un atto non dipende più dalla sua conformità alla volontà di Dio
quale la rivelazione ci fa conoscere. Dipende dall’intenzione
dell’agente morale e quest’intenzione può essere modulata e modellata
dal direttore di coscienza che «accompagna» i suoi assistiti. Allo scopo
di piacere, il direttore dovrà allentare il rigore della dottrina
trasmessa dalla tradizione. Il pastore dovrà adattare le sue parole alla
natura dell’uomo, che le passioni portano naturalmente a peccare. Da
qui l’accantonamento progressivo dei riferimenti al peccato originale e
alla grazia. L'influenza di Pelagio (monaco d’origine bretone, V secolo)
è evidente: l'uomo deve salvare se stesso e prendere tra le mani il
proprio destino. Dire la verità non fa più parte del ruolo del casuista.
Questi deve accattivare, presentare un discorso affascinante, fare il
piacione, rendere la salvezza facile, incantare coloro che aspirano a
«farsi solleticare le orecchie» (cfr 2 Tm 4, 3).
In breve, l'eclissi del contributo decisivo della rivelazione alla morale
apre la strada per l'inaugurazione della casuistica e crea lo spazio
favorevole per l'instaurazione di un governo delle coscienze. Si
restringe lo spazio per la libertà religiosa, quale la Scrittura propone
ai piccoli figli di Dio, cioè inseparabile dall’adesione di fede nel
Signore. Dobbiamo quindi esaminare alcuni esempi di settori in cui
l’operato dei neocasuisti d’oggi appare chiaramente. (1. continua)
12-06-2016
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-i-casi-di-coscienza-contro-la-verita-rivelatacosi-safferma-il-ribaltamento-della-morale-cattolica-16453.htm
Michel Schooyans è un modernista fatto e finito, e Pascal, oltreché ignorante in teologia, era un eretico giansenista. La casuistica non c'entra un bel nulla colla morale di situazione; la prima, se ben intesa, cerca di ientificare casi tipici di dilemma morale, cioè casi in cui sia oscura la riconducibilità alla norma morale (comandamenti); la morale di situazione invece cerca di aggirare la norma morale (i comandamenti)pur avendo ben chiaro che il determinato caso è riconducibile a una determinata norma morale generale (comandamento); la morale di situazione fu ben definita da Papa Pio XIII: «Il segno distintivo di tale morale è costituito dal fatto che essa non si basa in alcun modo sulle leggi morali universali come ad esempio i Dieci Comandamenti, ma sulle condizioni o circostanze reali e concrete nelle quali si deve agire, e secondo le quali la coscienza individuale è tenuta a giudicare ed a scegliere; questo stato di cose è unico ed è valido una sola volta per ciascuna azione umana. Perciò la decisione della coscienza, affermano coloro che sostengono tale etica, non può essere imperata dalle idee, dai principî e dalle leggi universali.» (Discorso ai partecipanti al Congresso della Federazione Cattolica Mondiale della Gioventù Femminile, 18 aprile 1952.)
RispondiEliminaSi comprenderà così che la casuistica in sé, se ben interpretata (come in sant'Alfonso), è un aiuto all'agire morale; mentre la morale di situazione è assolutamente NON cattolica.
Data l'importanza della materia in oggetto, chiedo scusa per i refusi del messaggio precedente che di seguito correggo.
RispondiEliminaMichel Schooyans è un modernista fatto e finito, e Pascal, oltreché ignorante in teologia, era un eretico giansenista. La casuistica non c'entra un bel nulla colla morale di situazione; la prima, se ben intesa, cerca di identificare casi tipici di dilemma morale, cioè casi in cui sia oscura la riconducibilità alla norma morale (comandamenti); la morale di situazione invece cerca di aggirare la norma morale (i comandamenti) pur avendo ben chiaro che il determinato caso è riconducibile a una determinata norma morale generale (comandamento); la morale di situazione fu ben definita da Papa Pio XII: «Il segno distintivo di tale morale è costituito dal fatto che essa non si basa in alcun modo sulle leggi morali universali come ad esempio i Dieci Comandamenti, ma sulle condizioni o circostanze reali e concrete nelle quali si deve agire, e secondo le quali la coscienza individuale è tenuta a giudicare ed a scegliere; questo stato di cose è unico ed è valido una sola volta per ciascuna azione umana. Perciò la decisione della coscienza, affermano coloro che sostengono tale etica, non può essere imperata dalle idee, dai principî e dalle leggi universali.» (Pio XII, Discorso ai partecipanti al Congresso della Federazione Cattolica Mondiale della Gioventù Femminile, 18 aprile 1952.)
Si comprenderà così che la casuistica in sé, se ben interpretata (come ad esempio in sant'Alfonso), è un aiuto all'agire morale; mentre la morale di situazione è assolutamente NON cattolica.