ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 16 luglio 2016

L’inferno si sceglie..

L’importanza dell’inferno 

La “misericordia” che somiglia molto alla giustificazione per “sola fide” luterana (ma va anche oltre in un ecumenismo sfrenato) annulla il libero arbitrio, cancella la giustizia e diventa iniquità. In questo sfrenato dominio, però, perde anche se stessa poiché senza giustizia, senza distinzione netta tra bene e male, senza peccato da espiare, che cosa ci sarebbe da perdonare?

di Matteo Di Benedetto
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znfrndrComincia a dominare inesorabilmente, in ambiente cattolico, l’idea che l’inferno non esista o, al massimo, ammesso e non concesso che esista, che sia necessariamente vuoto. Come mai Dio buono e misericordioso condannerebbe qualcuno ad una eternità di tormento? È davvero necessario per un cattolico credere all’esistenza dell’inferno? Ho sentito diverse argomentazioni per giustificare l’esistenza della pena eterna. Ad esempio, che si offende l’infinita maestà di Dio e dunque anche la pena deve essere altrettanto infinita. A mio giudizio, vi sono altre ragioni ben più stringenti che vanno sicuramente pensate e considerate nella fede, prima di poter dubitare dell’esistenza dell’inferno. Vediamole in quattro punti.
Senza Inferno, niente Libero Arbitrio
L’inferno si sceglie. Come fu per Adamo ed Eva che scelsero liberamente di mangiare il frutto, così avverrà davanti a Dio nel giorno del Giudizio. Allora, tanti oggi si rassicurano, chi sceglierebbe mai di andare all’inferno? Molti purtroppo. Perché, infatti, non si può mentire a Dio, e, se non si ama Dio, lo si odia. Pertanto, se non si entra in Dio, per sempre, amandolo, si entra in Dio, per sempre, odiandolo. La scelta ultima sarà la più vera che abbiamo mai fatto e scaturirà dal nostro cuore per come lo avremo costruito in questo viaggio sulla terra. Libero arbitrio significa poter disporre liberamente della propria vita, avere nella propria volontà il potere di scrivere la propria storia. Ogni nostra scelta ha un suo effetto positivo o negativo, che si ripercuote su di noi e sul nostro prossimo. Tuttavia, se ci pensiamo bene, le scelte che facciamo qui sulla terra non sono mai scelte definitive. O meglio, lo sono tutte, ma solo perché, tutte zdntinsieme, vanno a costruire la nostra persona e il nostro cuore, preparandoci, così, all’unica vera scelta definitiva, che compiremo alla fine dei tempi: la scelta tra Paradiso e Inferno. Questa nostra vita ha senso soltanto se in essa ci si gioca l’eternità. È nell’eternità che ogni gesto acquista importanza assoluta e diventa irripetibile. Ogni istante di questa vita temporale si sostanzia e prende corpo perché affonda le radici nell’eternità, viene scritto nel libro della vita che appartiene a Dio. Ma affinché ci sia una scelta devono esserci queste due possibilità di bene e male. Come il libero arbitrio per poter esistere ha bisogno che si apra anche la possibilità del male così l’avventura della vita per poter esistere ha bisogno della possibilità del fallimento. Immaginate un romanzo in cui un gruppo di eroi parte per un viaggio al fine di svolgere un compito molto importante, e, tuttavia, fin dalla partenza essi sanno già che raggiungeranno inevitabilmente la loro méta. Supponiamo che tutti sapessero già che nulla potrà impedirgli di raggiungere il loro scopo. Quando è già tutto scritto, quando c’è la certezza matematica di riuscire a compiere la propria missione, che cosa distingue il viaggio dall’andare a fare shopping? Che cosa distingue questo viaggiare dal vagare senza senso? Se fossimo già tutti destinati al Paradiso, senza alcuna possibilità di rifiutarlo, nessuno sarebbe, in verità, libero. Tutte le nostre scelte non avrebbero il minimo potere di modificare questo esito eterno e nessuna nostra scelta avrebbe davvero valore eterno. Anzi, sarebbe, al massimo, un’accelerazione o ritardo sulla tabella di marcia del destino che, inevitabilmente, farà il suo corso. Anche ipotizzando la possibilità di un po’ di Purgatorio in più o in meno, a seconda di come ci siamo comportati, il male rappresenterebbe comunque solo una deviazione dall’inevitabile percorso. Saremmo come un cane legato a un carro che viaggia da sé. Il cane può anche spostarsi a destra o a sinistra, può credere di variare il suo tragitto ma è, in realtà, il carro a decidere dove andrà. Se non vi fosse alcuna scelta eterna richiesta all’uomo, sulla quale si giocasse la sua Salvezza o la sua Perdizione eterna, tutte le sue altre scelte non avrebbero alcun potere sulla sua vita. Non sarebbe affatto utile pregare per qualcuno e intercedere o predicare, o, in definitiva, nulla di tutto ciò che l’uomo può fare, ai fini della salvezza eterna delle anime, perché questa sarebbe già stata ottenuta comunque automaticamente per tutti. Nessun atto ha quindi più senso: comportarsi bene o male, essere santi o malvagi, non farebbe alcuna differenza poiché la méta definitiva del viaggio è già stata scelta dal carro e noi, in fondo, non siamo altro che un cane legato.
Senza Libero Arbitrio nessuna identità umana
Come appena compreso, nessuna nostra scelta sarebbe, in ultima analisi, nostra. Il Cielo, allora, diventa una soffocante cappa che schiaccia l’uomo nel nulla. Perché senza questa libertà Dio sarebbe come un tiranno che costringe i suoi servi ad adorarLo. Questo Dio avrebbe costruito delle marionette, dei robot che obbediscono automaticamente ai suoi comandi e non delle persone che liberamente scelgono ed amano. È più violento un Dio che punisce chi si rende responsabile del male o un dio che ti entra nella testa e ti fa il lavaggio del cervello finché non lo adori? Tutto questo inficia gravemente la dignità dell’uomo che, in quanto essere morale, è capace di porsi in relazione a Dio ed essere davanti a Lui responsabile del suo cammino. È davvero qualcosa di così sacrificabile questo nostro libero arbitrio? O valeva la pena per Dio aprire la possibilità del male e correre questo rischio, in nome della libera volontà, che rende l’uomo molto più perfetto, creato ad immagine e somiglianza del suo Creatore? Come potremmo essere diversi da un sasso che rotola lungo il fiume se non fossimo liberi di determinare il nostro futuro eterno? E come potremmo essere liberi se l’inferno non esiste e, quindi, se vi è un unico esito possibile? Vi sono solo due modi di essere al di là del bene e del male: o si è Dio, o si è una bestia. Il desiderio di essere Dio fu eccitato dal demonio ed è ciò da cui scaturì il Peccato Originale. Rifiutando la propria condizione creaturale l’uomo pretende di essere il dio di se stesso e soffre talmente tanto da desiderare di abbassarsi al grado di bestia (proprio come il figliol prodigo desiderò le carrube dei porci).
Senza Inferno nessun giudizio e nessun pentimento
Assistiamo chiaramente, oggi, all’inesorabile frutto di morte nato dall’esaltazione di una misericordia iniqua. Le persone non vanno più a confessarsi e cresce sempre più l’ingratitudine verso Dio, muore il senso del peccato. Come mai accade tutto ciò?
Figuriamoci nella mente un uomo colpevole di omicidio che deve essere giudicato in tribunale per ciò che ha commesso. Viene condannato all’ergastolo e sa che dovrà spendere tutta la sua vita in prigione. Improvvisamente si presenta un suo amico che si offre per subire al suo posto la pena, pagando il suo riscatto. La gratitudine del colpevole sarà immensa perché sa che il suo giusto destino era di finire in carcere ed è stato risparmiato. Immaginiamo ora lo stesso uomo che però già sa, in anticipo, che l’amico si ripresenterà a pagare il riscatto della sua pena ogni volta che lui dovesse finire nei guai. Egli non sarà mai davvero grato, né gli importerà mai di alcun processo perché non ci sarebbe mai, per lui, nemmeno un vero processo: sa di potersi comportare come più gli piace, andando realmente al di là della legge. Se volesse quest’uomo potrebbe picchiare, violentare, uccidere anche cento volte al giorno (come disse Lutero) e nessuno potrebbe mai condannarlo. Se questo reo non rischiasse mai di subire la pena definitiva, vivrebbe sapendo che tanto sarà un giorno per sempre libero, indipendentemente dalle sue azioni. Una salvezza automatica, che funziona come un ingranaggio, non conduce a nessun pentimento autentico bensì distrugge i presupposti della giustizia e abbatte lo stesso tribunale. Senza pena eterna non c’è nessun vero giudizio, poiché tutte le pene temporali diventano un mero ritardo della libertà eterna. Cade, inoltre, la ragione per cui si dovrebbe scegliere il bene piuttosto che il male dato che il male stesso non esiste se non come “bene in ritardo” e, quindi, il bene e il male sono la stessa cosa.
Senza Giusto Giudizio niente misericordia
Dio Padre ha rivelato in Gesù Cristo il suo volto giusto e misericordioso. Il nome di Dio non può essere solo misericordia ma anche giustizia così come non può essere solo giustizia ma anche misericordia. La misericordia è quella caratteristica di Dio che prova compassione per il cuore del peccatore, è lo strumento di grazia e di perdono mediante il quale il Signore ci salva e ci trasforma, concesso attraverso il Sacrificio di espiazione della Passione di Gesù Cristo Nostro Signore. Il perdono in sé, tuttavia, prevede l’esistenza di una legge, di un giudizio, di un’ira, scampati. Senza la possibilità del fallimento, dell’ergastolo, dell’Inferno, allora a che è servito il Sacrificio dell’Agnello senza macchia? Perché mai Dio ha deciso di salvarci tutti in questo modo? Per dare spettacolo? Se la Croce non è anche la manifestazione del patibolo che noi stessi dovevamo meritare, che ragione aveva Dio di salvarci in un modo simile? E soprattutto, se non ci fosse alcun giudizio, non ci sarebbe nulla da perdonare. Se il perdono fosse sempre gratuito e automatico, e non richiedesse la partecipazione della libertà con il pentimento, sarebbe davvero perdono? O non sarebbe altro che la cancellazione totale della giustizia? Senza un parametro di giustizia con il quale misurare, in base al quale giudicare, non ci potrebbe essere, infatti, alcuna misericordia. Questa misericordia che somiglia molto alla giustificazione per “sola fide” luterana (ma va anche oltre in un ecumenismo sfrenato) annulla il libero arbitrio, cancella la giustizia e diventa iniquità. In questo sfrenato dominio, però, perde anche se stessa poiché, infatti, come detto, senza giustizia, senza distinzione netta tra bene e male, senza peccato da espiare, che cosa ci sarebbe da perdonare? La giustizia è il parametro, la causa finale, la perfezione in vista di cui Dio, attraverso la Sua Misericordia, modella l’uomo. Oggi si sono invertiti questi parametri: è come se la figura di statua finale fosse diventata meno importante dello scalpello. E così, a forza di fissare lo scalpello, ci siamo dimenticati quale doveva essere la figura della statua. Lo scalpello senza statua non ha senso. La statua senza scalpello non si può modellare. La misericordia senza giustizia è un non senso. La giustizia senza misericordia di Dio ci è impossibile.

– di Matteo Di Benedetto




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