Verità e parole…parole
di Giovanni Tortelli
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1- Sul volo che da Roma lo portava a Cracovia per la Gmg, papa Francesco ha dichiarato: “Quando parlo di guerra parlo di guerra sul serio, non di guerre di religione. Non esiste la guerra di religione: ci sono guerre per interesse, per soldi, per le risorse naturali o per il dominio dei popoli”.
Due osservazioni: la prima, è che per il Papa le guerre di religione non sono «guerre sul serio»; la seconda, che esistono solo le guerre sul serio cioè per interesse, soldi, risorse naturali e dominio dei popoli. Le guerre di religione non rientrano in nessuna di quelle categorie e pertanto non esistono in quanto guerre.
Il Presidente Mattarella al Tg1, a distanza di poche ore: “(…) basta vedere come la grande maggioranza delle vittime sia di religione islamica per far comprendere che non si tratti di una guerra di religione”.
E’ vietato parlare di “guerra di religione”, eppure tutti i giorni la evochiamo nel suo concetto e nel suo significato quando parliamo o leggiamo di “jihad” o di “jihadisti”, termine ampio nella lingua originale ma che in Occidente si è ristretto nel senso preciso di azione armata per la diffusione dell’islam.
Se così è, le stragi di questi ultimi tempi compiute in nome di un dio, rispondono esattamente al concetto e al lessico di una guerra di religione. Ma questo non si vuole ammettere – ad onta del principio che pensiero ed essere si appartengono l’uno all’altro e si manifestano nella loro identità, e ad onta della specificità di un linguaggio che trascende la sua elementare accezione glottologica – per non dover ammettere che l’islam è una religione violenta. Ciò che sarebbe “religiosamente” scorretto, in una Chiesa chiamata oggi in modo particolare all’autoflagellazione e alla misericordia a senso unico.
Un sacerdote subisce il martirio durante la sacra liturgia per mano di empi che scelgono accuratamente il luogo consacrato, il ministero sacerdotale della vittima e il preciso momento liturgico, ma perfino la Voce della divina Istituzione (che dovrebbe seguire la tradizionale via maestra: Veritas, Lógos, Verbum, Parola, Magistero, comunicazione) ci dice che non è guerra di religione.
La stampa rincara dicendo che no, è “solo” un atto terroristico quindi “solo” un atto politico di un paio di pazzi criminali o poco più, autorimbecillitisi sul web tramite un indottrinamento rudimentale, insomma nulla di formale o di succhiato con il latte.
Quindi la matrice religiosa di questi assassini risulterà sempre inadeguata a connotare le loro stragi con motivazioni religiose. Delinquenti e basta, solo, con una recentissima storia di affiliazione religiosa alle spalle, tale da non incidere sulla natura politica del loro gesto. Si finirà così col far passare l’empietà per comune delinquenza politica – eversiva quanto si vuole – ma pur sempre solo politica.
Invece questa è guerra di religione, e l’Europa soccombe perché non capisce più cos’è la religione; perché – ormai essiccata in tutte le sue radici dal veleno laicista della nihilitas che è frammentazione, in perenne opposizione alla religio che è «ri-unione» – non intende più il senso religioso né in via ordinaria e positiva né quando esso si esprime nella sua forma violenta.
Un’Europa riduzionista e «riduttivista» per necessità. Un’Europa che si è vergognata delle proprie radici cristiane, nasce per forza senza senso religioso ma anche senza speranza, senza una progettualità che esca dalle semplici contingenze dell’immediato e dell’utile, senza un’identità forte e capace di riportarla dall’attuale nullità politica a protagonista di quei valori unitari di cui si nutrì nelle sue origini grazie ai grandi movimenti religiosi benedettini e degli ordini mendicanti.
Nel martirio di don Hamel dove sono gli ingredienti della “guerra seria”? O non si tratta piuttosto di un atto empio, iniquo e scellerato, cioè di un atto contro la pietà, contro l’integrità più sacra dell’uomo in quanto uomo, cioè contro la sua natura «religiosa»? In interiore homine est Deus.
La religio sta all’umanità come la forma sta alla materia, così come il rito è forma rispetto ad ogni altro atto umano, poiché il rito, il culto, è il protendersi dell’umanità verso la forma, verso la religione, verso ciò che unisce. Religione è la dynamis che Aristotele pone come essenza della vitalità dell’essere, e siamo ai fondamenti della civiltà occidentale.
Eppure un tempo la Chiesa aveva parlato con le parole degne e autorevoli del grande padre Agostino: “E’ maggior gloria uccidere la stessa guerra con la parola, che gli uomini in guerra” (Epist. 229). Non ammettere, anzi negare natura religiosa a una guerra che c’è ma in una forma non conclamata e per così dire abortiva, significa negare l’evidenza. Significa fermarsi a guardare le cause prossime del fenomeno e non quelle remote e vere.
2- Di ritorno da Cracovia, e con l’autorevole avallo del priore di Bose, è parola del Papa e della Chiesa che “Non è giusto né vero parlare di Islam violento e di terrorismo islamico“.
Si tratta del degno corollario a quanto detto in precedenza: se esistono solo guerre “serie” fatte per solo per sete di potere e di sfruttamento, e non esistono invece guerre di religione, nessuna religione può esser violenta.
Si tratta di un sofisma, basato sulla erranza di entrambe le premesse. Basterebbe ricordare il Vangelo di Matteo: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma la spada” (Mt. 10,34). E Giovanni: “Io vi do la mia pace, ma non come ve la dà il mondo” (Gv. 14,27). E il solito Agostino: “Se poi vincono coloro che combattevano per una giusta causa, chi dubita che la vittoria non sia da gradirsi e che non ne venga una desiderabile pace? Queste cose sono buone e senza dubbio sono dono di Dio” (De Civitate Dei, 15). Mentre il maestro di Agostino, Ambrogio, aveva già ammonito: “Chi infatti non protegge il suo prossimo contro l’ingiustizia, quando lo può fare, è degno di reprensione come se la commettesse lui stesso” (I Doveri, I,40).
Senza contare San Francesco d’Assisi che in Terra Santa ci andò davvero nel 1219, al tempo della Quinta Crociata, e se anche non vi si recò di certo con spirito bellicoso, riuscì comunque a fronteggiare il Sultano d’Egitto… .
Ciò non significa certo inneggiare ad una contro-guerra di religione, ma solo richiamare il potere di verità e salvifico della «parola», tenendo a mente il monito di Agostino: “E’ maggior gloria uccidere la stessa guerra con la parola, che gli uomini in guerra”.
«Forma» è il linguaggio della «Sostanza» e Lógos, Verbum, Parola, Verità (Sostanza) ed Imago, Volto e Bellezza (Forma) sono alcuni dei Nomi del Figlio di Dio (s. Th., De Trinitate, quae. 34 e quae. 35), anzi «sono» il Figlio di Dio: il potere della parola e la sua comunicazione dipendono direttamente dalla Verità e hanno la medesima origine in Dio e coincidono e sono entrambe perfette in Gesù Cristo. La parola è dunque salvifica.
Chi ha una responsabilità magisteriale, secondo l’ordine che gli conviene, la eserciti dunque per ristabilire la Verità, che èLógos, che è Verbum, che è Imago, che è Splendor.
– di Giovanni Tortelli
http://www.riscossacristiana.it/verita-e-paroleparole-di-giovanni-tortelli/
Una storia di otto anni fa, accaduta a Buenos Aires, aiuta a capire la posizione adottata da papa Francesco nei confronti dell’Isis, lo «Stato islamico» che ha intrapreso una spietata caccia ai cristiani. Evitando come sempre di nominare l’islam e i fanatici islamisti, Jorge Mario Bergoglio ha invitato a «fermare l’aggressore ingiusto», ma senza «bombardare» né «fare la guerra».
Una scelta che non sembra lasciare salvezza alle vittime e per questo è giudicata sterile da molti: credenti (incluso, su queste colonne, Antonio Socci) e non (è il caso di Massimo Cacciari).
In realtà questo intervento è perfettamente in linea con le idee che Bergoglio ha espresso in tanti anni: sempre improntate all’ appeasement, all’accomodamento con quelli che il papa, anche di recente, ha chiamato «i nostri fratelli musulmani». L’episodio più clamoroso risale appunto al 2006, subito dopo il discorso tenuto da Joseph Ratzinger nell’aula magna dell’università di Ratisbona, il 12 settembre. In quell’occasione il papa tedesco aveva citato una frase dell’imperatore bizantino Manuele II: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava». Parole, spiegò poi Ratzinger, che gli servivano per «evidenziare il rapporto essenziale tra fede e ragione», e che non implicavano identica condanna dell’islam da parte del papa. Ma questa sottigliezza accademica e teologica non fu colta dal mondo islamico, che si scagliò compatto contro Ratzinger, il quale fu anche minacciato di morte.
A colpire il pontefice, però, furono soprattutto le accuse che gli lanciarono alcuni esponenti della Chiesa. Tra questi, l’allora arcivescovo di Buenos Aires. Il futuro papa non parlò in prima persona. A intervenire fu padre Guillermo Marcó, portavoce di Bergoglio. Parlando con l’edizione argentina del settimanale <Newsweek, usò toni durissimi: disse che quella di Ratzinger era stata una dichiarazione «infelice». E ancora: «Le parole del Papa non mi rappresentano, io non avrei mai fatto quella citazione». Concludendo: «Se il Papa non riconosce i valori dell’islam e tutto resta così, in venti secondi avremo distrutto ciò che è stato costruito in vent’anni».
Parlava Marcó, ma tutti sapevano che quelle frasi rappresentavano il pensiero del suo superiore. Così, mentre il papa difendeva le proprie ragioni dinanzi al mondo islamico, una delle voci più influenti della Chiesa latinoamericana, di fatto, si schierava dalla parte dei musulmani. Parole «inaudite», quelle del portavoce di Bergoglio, tanto che dentro le mura leonine «per un pezzo non si è parlato di altro», ha riferito un monsignore al Clarín, uno dei principali quotidiani argentini. Messo di fronte allo scandalo, Marcó sostenne di aver detto quelle cose non come addetto stampa di Bergoglio, ma in qualità di presidente dell’Istituto per il dialogo inter-religoso, altro incarico da lui ricoperto. Giustificazione poco credibile, tant’è che da Roma partirono pressioni sull’arcivescovo affinché lo sconfessasse. «Come è possibile che il suo portavoce abbia fatto simili dichiarazioni e Bergoglio non si senta obbligato a smentirlo e rimuoverlo immediatamente?» domandò al Clarín una fonte vaticana. Il sacerdote, però, rimase al proprio posto. Fu sostituito qualche mese dopo, quando a chiederne la testa, per altre ragioni, fu il ministro dell’Interno argentino, evidentemente ritenuto più importante di Benedetto XVI.
Nel frattempo il Vaticano aveva tolto uno degli uomini di Bergoglio, il gesuita Joaquín Piña, dall’incarico di arcivescovo di Puerto Iguazú: Piña aveva rilasciato alla stampa dichiarazioni simili a quelle di Marcó. Il quotidiano inglese The Telegraph, ricostruendo la vicenda, racconta che da Roma avvisarono Bergoglio che sarebbe stato rimosso anche lui, se avesse continuato a delegittimare Ratzinger. E che Bergoglio reagì cancellando il viaggio che avrebbe dovuto portarlo al sinodo convocato dal papa. La cosa non finì lì. Il 22 febbraio 2011 il nunzio apostolico in Argentina, l’arcivescovo Adriano Bernardini, proprio a Buenos Aires pronunciò un’omelia di fuoco contro i nemici di Ratzinger. Il Santo Padre, disse, è vittima di una «persecuzione», è stato «abbandonato dagli oppositori alla Verità, ma soprattutto da certi sacerdoti e religiosi, non solo dai vescovi». Molti di quelli cui si riferiva erano lì, in chiesa, davanti a lui. Bernardini, oggi nunzio in Italia, non è annoverato tra le simpatie di papa Bergoglio.
di Fausto Carioti
http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/11676232/Quando-Bergoglio-filo-islamico-attaccava-Ratzinger.html
Il duello dopo Ratisbona
Quando Bergoglio filo-islamico attaccava Ratzinger
Una storia di otto anni fa, accaduta a Buenos Aires, aiuta a capire la posizione adottata da papa Francesco nei confronti dell’Isis, lo «Stato islamico» che ha intrapreso una spietata caccia ai cristiani. Evitando come sempre di nominare l’islam e i fanatici islamisti, Jorge Mario Bergoglio ha invitato a «fermare l’aggressore ingiusto», ma senza «bombardare» né «fare la guerra».
Una scelta che non sembra lasciare salvezza alle vittime e per questo è giudicata sterile da molti: credenti (incluso, su queste colonne, Antonio Socci) e non (è il caso di Massimo Cacciari).
In realtà questo intervento è perfettamente in linea con le idee che Bergoglio ha espresso in tanti anni: sempre improntate all’ appeasement, all’accomodamento con quelli che il papa, anche di recente, ha chiamato «i nostri fratelli musulmani». L’episodio più clamoroso risale appunto al 2006, subito dopo il discorso tenuto da Joseph Ratzinger nell’aula magna dell’università di Ratisbona, il 12 settembre. In quell’occasione il papa tedesco aveva citato una frase dell’imperatore bizantino Manuele II: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava». Parole, spiegò poi Ratzinger, che gli servivano per «evidenziare il rapporto essenziale tra fede e ragione», e che non implicavano identica condanna dell’islam da parte del papa. Ma questa sottigliezza accademica e teologica non fu colta dal mondo islamico, che si scagliò compatto contro Ratzinger, il quale fu anche minacciato di morte.
A colpire il pontefice, però, furono soprattutto le accuse che gli lanciarono alcuni esponenti della Chiesa. Tra questi, l’allora arcivescovo di Buenos Aires. Il futuro papa non parlò in prima persona. A intervenire fu padre Guillermo Marcó, portavoce di Bergoglio. Parlando con l’edizione argentina del settimanale <Newsweek, usò toni durissimi: disse che quella di Ratzinger era stata una dichiarazione «infelice». E ancora: «Le parole del Papa non mi rappresentano, io non avrei mai fatto quella citazione». Concludendo: «Se il Papa non riconosce i valori dell’islam e tutto resta così, in venti secondi avremo distrutto ciò che è stato costruito in vent’anni».
Parlava Marcó, ma tutti sapevano che quelle frasi rappresentavano il pensiero del suo superiore. Così, mentre il papa difendeva le proprie ragioni dinanzi al mondo islamico, una delle voci più influenti della Chiesa latinoamericana, di fatto, si schierava dalla parte dei musulmani. Parole «inaudite», quelle del portavoce di Bergoglio, tanto che dentro le mura leonine «per un pezzo non si è parlato di altro», ha riferito un monsignore al Clarín, uno dei principali quotidiani argentini. Messo di fronte allo scandalo, Marcó sostenne di aver detto quelle cose non come addetto stampa di Bergoglio, ma in qualità di presidente dell’Istituto per il dialogo inter-religoso, altro incarico da lui ricoperto. Giustificazione poco credibile, tant’è che da Roma partirono pressioni sull’arcivescovo affinché lo sconfessasse. «Come è possibile che il suo portavoce abbia fatto simili dichiarazioni e Bergoglio non si senta obbligato a smentirlo e rimuoverlo immediatamente?» domandò al Clarín una fonte vaticana. Il sacerdote, però, rimase al proprio posto. Fu sostituito qualche mese dopo, quando a chiederne la testa, per altre ragioni, fu il ministro dell’Interno argentino, evidentemente ritenuto più importante di Benedetto XVI.
Nel frattempo il Vaticano aveva tolto uno degli uomini di Bergoglio, il gesuita Joaquín Piña, dall’incarico di arcivescovo di Puerto Iguazú: Piña aveva rilasciato alla stampa dichiarazioni simili a quelle di Marcó. Il quotidiano inglese The Telegraph, ricostruendo la vicenda, racconta che da Roma avvisarono Bergoglio che sarebbe stato rimosso anche lui, se avesse continuato a delegittimare Ratzinger. E che Bergoglio reagì cancellando il viaggio che avrebbe dovuto portarlo al sinodo convocato dal papa. La cosa non finì lì. Il 22 febbraio 2011 il nunzio apostolico in Argentina, l’arcivescovo Adriano Bernardini, proprio a Buenos Aires pronunciò un’omelia di fuoco contro i nemici di Ratzinger. Il Santo Padre, disse, è vittima di una «persecuzione», è stato «abbandonato dagli oppositori alla Verità, ma soprattutto da certi sacerdoti e religiosi, non solo dai vescovi». Molti di quelli cui si riferiva erano lì, in chiesa, davanti a lui. Bernardini, oggi nunzio in Italia, non è annoverato tra le simpatie di papa Bergoglio.
di Fausto Carioti
http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/11676232/Quando-Bergoglio-filo-islamico-attaccava-Ratzinger.html
in riferimento all'articolo su Riscossa Cristiana è utile prendere atto che è in corso una vera e propria guerra di religione,cioè una guerra contro la religione cattolica,che è l'unica vera in quanto l'unica rivelata da l'Unico Dio in Tre Persone.Gli aggressori?I fondatori di questa barlocca Europa che usano gli uomini politici tra cui anche Renzi per distruggere tutti i valori morali ed etici trasmessi in duemila anni di cristianesimo continuando a varare leggi sempre più insulse e disgustose(vedi aborto divorzio eutanasia droghe libere matrimoni tra lo stesso sesso e porcherie varie);finanziano tutti i movimenti integralisti e non islamici che hanno in odio il cristianesimo e l'hanno sempre combattuto,favorendo anche questa assurda immigrazione di mussulmani in Europa in maniera di trasferire tale odio nel cuore di questa terra ex cristiana(nessun politico è rimasto vittima di attentati avvenuti in questi mesi in Europa)e dulcis in fundo appoggiando in toto il peggior nemico che la Chiesa Cattolica abbia mai avuto:il signor Bergoglio o OMISSIS,il quale dall'interno sta sgretolando duemila anni di Verità a noi trasmessa dalla Tradizione ed a lunghi passi prepara questa nuova falsa religione umanistica accozzaglia di tutte le religioni fasulle(vedi la preghiera comunitaria nelle chiese cattoliche dei mussulmani)dove l'UNICA VERA FIGURA A CUI FARE RIFERIMENTO PER LA SALVEZZA DELL'ANIMA CIOE' CRISTO,RE DELL'UNIVERSO,DEVE ESSERE ELIMINATA.Chi sarà il nuovo dio d'adorare in questa pseudoreligione è colui che è conosciuto come la scimmia di Dio,cioè satana.Quello che conferma la nostra fede è che tutte queste"alleanze"erano state predette da S.Giovanni nell'Apocalisse e che il Vincitore comunque(anche se in questo momento sembra difficile affermarlo)sarà proprio COLUI che vogliono eliminare(COME SEMPRE VOLGERANNO LO SGUARDO AL TRAFITTO)IN HOC SIGNO VINCES.Sia lodato Gesù Cristo
RispondiEliminaSe dopo Ratisbona i fatti si sono svolti come descritto nell'articolo, se ne deduce per forza di cose che i primi nemici della Chiesa cattolica sono i cardinali elettori di Bergoglio in conclave, ossia quel che si dice 'fuoco amico' e che la Chiesa deve guardare ad essi come alle proverbiali serpi coltivate in seno.
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