Questa edizione sancisce il cambiamento pilotato da don Julián Carrón. Zero ostentazione e meno enfasi sull’identità
Rimini - Nel programma ufficiale del Meeting il suo nome nemmeno compare tra i relatori ma don Julián Carrón, il successore di don Giussani, sta pilotando con sicurezza un profondo cambiamento di pelle di Comunione e liberazione. Passeggiando per i viali della Fiera di Rimini o frequentando gli affollati dibattiti non è facile — almeno per gli osservatori esterni — capire con precisione cosa stia succedendo.
Quali siano le discontinuità che si celano dietro i riti di sempre o solo dietro il contagioso sorriso di oltre 2 mila volontari che continuano a rinunciare alle vacanze per far decollare la manifestazione. Da cronisti si è più portati ad annotare come quest’anno una parte degli sponsor abbia avuto il braccino corto e ridotto i contributi, come le aziende di giochi-scommesse non compaiano più nella lista dei finanziatori e come invece sia sostenuta con maggiore vigore l’operazione di fundraising. Sempre da cronisti si è indotti ad aspettare con curiosità il debutto al Meeting del comico Gene Gnocchi, che sorprendentemente si è fatto precedere da un’intervista al quotidiano Avvenire nella quale ha ricordato di essere laureato in filosofia del diritto e di considerarsi addirittura un discepolo di Hans-Georg Gadamer, il pensatore tedesco allievo di Heidegger.
Ma al di là dei dettagli di colore Rimini 2016 sancisce la nascita di una Cl tutt’altro che sovraesposta, meno portata all’ostentazione e che, soprattutto, per supportare le sue ragioni non ha bisogno di trovare a tutti i costi un avversario. Per un movimento nato per proporre con vigore l’originalità dell’esperienza cristiana nell’Italia degli anni 60, che già appariva a don Giussani cinica e secolarizzata, spostare oggi l’accento dall’«io» al «tu» — che campeggia ovunque a Rimini — non è un’operazione da poco (il presidente Sergio Mattarella infatti ha mostrato di apprezzarla). C’è il rischio di lasciare per strada anche un pezzo di identità. Però nell’estrema confusione di una modernità che ha perso il suo senso di marcia, Carrón non vuole aggiungere ulteriore rumore di fondo proponendo una Cl troppo piena di sé e della propria capacità di calamitare il consenso. Predilige invece mettere l’accento su tutto ciò che può unire. Ponti, cuciture e dialogo sono le parole del momento al posto di conflitti, contrapposizioni e alternative. «Tu sei necessario perché io esista» è la frase che forse meglio sintetizza il mutamento di cui parliamo. E mentre il movimento si riposiziona e assapora i vantaggi del buonismo vanno in buca però altre due opzioni che stanno molto a cuore al successore di don Giussani: si stempera la centralità politica-organizzativa di Milano e si realizza un silenzioso rinnovamento generazionale del gruppo dirigente che porterà in prima fila nomi per ora sconosciuti al grande pubblico. Non è poco, e il popolo ciellino, per sua natura obbediente, sta via via metabolizzando una svolta che avviene, per altro, in piena sintonia con il Vaticano. Senza voler fare confronti con il richiamo dei suoi predecessori papa Francesco è un punto di riferimento importante per il movimento e una bussola per la navigazione di Carrón.
A rendere più complessa la quadratura del cerchio c’è però il mutamento della gerarchia delle contraddizioni che oggi proietta in primo piano il rischio di una nuova guerra mondiale. Comunione e liberazione nega in questa fase la centralità della questione islamica e Davide Rondoni, scrittore e poeta vicino al movimento, nell’editoriale dell’Avvenire di ieri è arrivato a scrivere che «c’è un io sottomesso tanto nel radicalismo islamico quanto nell’occidente neocapitalista». La frase fa sobbalzare e non può essere rubricata come licenza poetica ma a Rimini onestamente non ha fatto scandalo. È palese per altro che il movimento non abbia alcuna voglia di arruolarsi, che ai proclami bellici preferisca invece il sogno di un’integrazione assoluta con i migranti, di un allargamento della comunità basata sul mero riconoscimento del bisogno. Senza la necessità di teorizzare alcun modello né tantomeno di abbracciare il verbo del multiculturalismo. Il tutto in piena sintonia con l’itinerario scelto da papa Francesco.
Dario Di Vico
19 agosto 2016 | 22:35
CL, il Meeting e il tradimento di San Francesco
A inizio del Meeting di CL non si può che essere turbati e addolorati del trend di molti esponenti ciellini.
Fra tanti, uno dei loro leader, Giorgio Vittadini che ha appena fatto una vergognosa intervista al Corriere (vedi QUI) dove si esibisce in un pazzesco ruffianamento del nuovo corso ecclesiale, mettendo anche in mezzo il povero San Francesco (che si rivolterà nella tomba...).
Di seguito due interessanti commenti (una è una Preghiera di Camillo Langone), sull'argomento.
L
Camillo Langone, Il Foglio, 18-8-2016
San Francesco, in Cl ho sempre sentito dire che Giorgio
Vittadini, che di Cl è da tempo immemorabile uno dei capi, non è capace
nemmeno di allacciarsi le scarpe: per dirne l’inettitudine. Questo poteva
spiegare tante cose ma io, che per non sbagliare porto i mocassini, ho cercato
di resistere alle chiacchiere e ho fatto bene: leggendo l’intervista del
Corriere ho appena scoperto che Vittadini è furbissimo. Perché ti ha tradito.
Tradire Cristo è un classico ecclesiastico però tradire te è una moda
recentissima, abbracciata dalle vecchie volpi di sacrestia per non finire in
pellicceria: garantisce consenso sociale, mediatico, gerarchico. Al meeting
ciellino di Rimini si riuniranno monsignori e muftì e “lo spirito”, dice
Vittadini, sarà "quello dell’incontro tra San Francesco e il Sultano”.
Sarà invece il solito salamelecco sincretista: il tuo spirito, Francesco, era
tutt’altro, tu non facevi politica né lobbying, tu ardevi di fede in Cristo e
ti presentasti al Sultano per convertirlo. Il capo ciellino ha rincarato: “La
vita della Chiesa ha sempre avuto dentro San Francesco e i guerrafondai”.
Fingendo di ignorare che tu fosti crociato e al Sultano osasti dire: “I
cristiani giustamente attaccano voi e la terra che avete occupato, perché
bestemmiate il nome di Cristo e allontanate dal suo culto quelli che potete”.
Niente di straordinario: Vittadini, per il successo del Meeting, è capace di
fingere di ignorare anche l’Ave Maria.
Antonio Gurrado, Il
Foglio, 18-8-2016
"La vita della Chiesa ha sempre avuto dentro sia san Francesco sia i guerrafondai”, ha dichiarato al Corriere Giorgio Vittadini in vista del Meeting di Rimini, a riprova del fatto che sotto le parvenze dell'odierna guerra di religione si nasconde una lotta di potere ideologica ed economica. Questa contrapposizione fra chi anela alla pace francescana e gli egemonisti rimestatori di conflitti è talmente radicata nella visione cristiana che, sulle prime, l'ho data per scontata; rimuginando però mi sono insospettito e sono andato a controllare le fonti. Tommaso da Celano dice che san Francesco s'imbarcò clandestino per la Siria pur d'intervenire lì dove “ogni giorno si combattevano dure battaglie tra cristiani e pagani”, cioè musulmani; e che, giunto al cospetto del Sultano, non gli propose di far cessare le ostilità con una cerimonia interreligiosa ma volle parlare con fermezza e coraggio “a coloro che facevano ingiuria alla legge cristiana”.
I Fioretti riferiscono poi che questo “Soldano di Babilonia”, l'egiziano Melek-al-Kamel, avrebbe gradito convertirsi ma non poté per via della propria gente: “Se costoro il sentissono”, disse al missionario, “eglino ucciderebbero me e te con tutti i tuoi compagni”. Si trattava infatti di “sì crudeli uomini, che niuno cristiano che vi passasse potea scampare che non fosse morto”; a San Francesco e ai suoi andò bene poiché vennero soltanto “presi, battuti e legati”. Sia per i Fioretti sia per fra' Tommaso, San Francesco andò a fronteggiare l'islam “arso dal desiderio di sacro martirio”, perifrasi che, per quanto siano passati più di settecento anni, resta quanto meno singolare per indicare una lotta di potere ideologica ed economica.
"La vita della Chiesa ha sempre avuto dentro sia san Francesco sia i guerrafondai”, ha dichiarato al Corriere Giorgio Vittadini in vista del Meeting di Rimini, a riprova del fatto che sotto le parvenze dell'odierna guerra di religione si nasconde una lotta di potere ideologica ed economica. Questa contrapposizione fra chi anela alla pace francescana e gli egemonisti rimestatori di conflitti è talmente radicata nella visione cristiana che, sulle prime, l'ho data per scontata; rimuginando però mi sono insospettito e sono andato a controllare le fonti. Tommaso da Celano dice che san Francesco s'imbarcò clandestino per la Siria pur d'intervenire lì dove “ogni giorno si combattevano dure battaglie tra cristiani e pagani”, cioè musulmani; e che, giunto al cospetto del Sultano, non gli propose di far cessare le ostilità con una cerimonia interreligiosa ma volle parlare con fermezza e coraggio “a coloro che facevano ingiuria alla legge cristiana”.
I Fioretti riferiscono poi che questo “Soldano di Babilonia”, l'egiziano Melek-al-Kamel, avrebbe gradito convertirsi ma non poté per via della propria gente: “Se costoro il sentissono”, disse al missionario, “eglino ucciderebbero me e te con tutti i tuoi compagni”. Si trattava infatti di “sì crudeli uomini, che niuno cristiano che vi passasse potea scampare che non fosse morto”; a San Francesco e ai suoi andò bene poiché vennero soltanto “presi, battuti e legati”. Sia per i Fioretti sia per fra' Tommaso, San Francesco andò a fronteggiare l'islam “arso dal desiderio di sacro martirio”, perifrasi che, per quanto siano passati più di settecento anni, resta quanto meno singolare per indicare una lotta di potere ideologica ed economica.
Ecco come il Meeting di CL prova a sfatare i miti sull’immigrazione
Pensavo che la frase "Tu sei necessario perché io esista" si riferisse a Gesù Cristo.
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