Riportiamo due notizie che ci sembrano degne di un’attenta riflessione, poiché possono aiutare a comprendere meglio che cosa riserva il prossimo avvenire a noi e soprattutto ai nostri figli, nel quadro dell’affermazione sempre più generalizzata e sempre meno avvertita del nuovo assetto del mondo “globalizzato” all’insegna della gloriosa democrazia e della sublime libertà, sotto l’egida di quello che ormai tanti hanno imparato a conoscere come “Nuovo Ordine Mondiale” (NOM).
Sappiamo che ci sono ancora dei cattolici che nutrono ingiustificate illusioni circa il futuro che ci attende, soprattutto dopo che a concorrere all’affermazione di tale NOM si sono industriati i nuovi preti della nuova Chiesa conciliare, non a torto etichettata da tanti come contro-Chiesa.
E’ ovvio che non si tratta di diffidare ad ogni costo di tutto ciò che produce il mondo moderno, quasi per partito preso, come di continuo si predica oggi in Vaticano, ma occorre porre mente al fatto, vecchio come il mondo, che la familiarità con il male e il disordine induce gli uomini a considerarli come bene e ordine.
Solo gli irresponsabili negano che questo sia un processo già in atto da decenni e che negli ultimi anni ha assunto dimensioni macroscopiche.
Chi ricorda più il divorzio come fattore dirompente per la famiglia o la riprovazione dell’omosessualità in quanto elemento di corruzione per la gioventù o la “famiglia allargata” quale esempio di disgregazione sociale? Chi fa più caso al fatto che sono stati “anche” dei cattolici a sostenere le iniziative legislative corrispondenti fino alla più recente “esortazione” papalina che certuni si affannano perfino a difendere?
Come spesso accade, anche qui non è un caso che le due notizie provengano da due regioni dell’Europa note un tempo per la loro diffusa e radicata fede cattolica: la felix Austria e ildevoto Veneto.
La prima è una notizia del febbraio 2011, già allora riportata da Corrispondenza Romana, ma che oggi è tornata alla ribalta perché la persona interessata è ricorsa alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) per ottenere giustizia (!?).
La seconda è di questi giorni e si lega in certo modo alla prima sia per il fatto in sé sia perché non abbiamo finora trovato un rigo che indichi l’intervento diretto della “giustizia”.
Ecco la prima, con l’indicazione dei fatti accaduti come riassunti nell’istanza presentata alla CEDU.
Il 15 febbraio 2011, la signora Elisabeth Sabaditsch-Wolff è stata riconosciuta colpevole di aver pubblicamente «denigrato una persona che è oggetto di venerazione» e cioè «Maometto, profeta dell’Islam», in un modo «suscettibile di suscitare una giustificata indignazione», in violazione dell’art. 188 del Codice Penale austriaco.
Il fatto sarebbe accaduto nel corso di un ciclo di conferenze intitolato «Conoscenza di base dell’Islam» svoltosi presso il Bildungsinstitut der Freiheitlichen Partei Österreichs (Istituto per l’educazione del FPÖ - Partito Austriaco della Libertà [di destra - NDR]) alla presenza di una trentina di persone.
A Sabaditsch-Wolff è stato rimproverato di aver detto che Maometto aveva tendenze pedofile (amava farlo con le ragazzine) visto che aveva sposato una ragazzina di sei anni con la quale consumò il matrimonio quand’ella aveva nove anni. Nella sua esposizione ha detto che la cosa non era di poco conto visto che «il più alto comandamento per un uomo musulmano è imitare Maometto», aggiungendo anche che in generale «i musulmani entrano in conflitto con la democrazia e il nostro sistema di valori».
La procura di Vienna ha avviato un’azione penale in seguito alla denuncia presentata da una rivista austriaca che si era preoccupata di registrare la conferenza, non tanto per difendere la reputazione di Maometto, quanto per agire politicamente contro l’FPÖ.
Il tribunale regionale, distinguendo tra matrimonio con minore e pedofilia, ha considerato che Sabaditsch-Wolff avesse avuto l’intenzione di accusare a torto Maometto di tendenze pedofile e che le sue dichiarazioni non esponevano dei fatti, ma dei giudizi spregiativi che superavano i limiti ammissibili, non esposte con l’intenzione di presentare l’argomento in maniera oggettiva, ma allo scopo di denigrare Maometto.
Sanzionare tali dichiarazioni era «necessario» per proteggere la sensibilità religiosa dei fedeli musulmani e la «pace religiosa» in Austria.
Nel 2011, la Corte d’Appello di Vienna ha rigettato l’appello presentato della condannata ritenendo che le sue dichiarazioni dimostrassero la sua intenzione di denigrare e ridicolizzare inutilmente i musulmani, superando i limiti ammissibili della libertà d’espressione riguardo ad una credenza religiosa o ad una persona oggetto di culto.
Nel 2013, la Corte Suprema ha confermato il giudizio della Corte d’Appello, ritenendo che essa avesse lo scopo legittimo di assicurare la protezione della pace religiosa e dei sentimenti religiosi altrui. Essa ha anche precisato che le dichiarazioni non avevano lo scopo di aprire un dibattito serio, ma solo quello di diffamare Maometto per dimostrare che non era degno di ricevere un culto: pertanto la condanna doveva essere considerata come una misura necessaria in una società democratica, ai sensi dell’art. 10 della Convenzione.
Sabaditsch-Wolff è stata condannata a pagare un’ammenda di 480 Euri o in caso di mancato pagamento a subire 60 giorni di prigione.
A titolo informativo segnaliamo che Elisabeth Sabaditsch-Wolff, è figlia di un diplomatico in pensione. Ha trascorso parte della sua infanzia in Iran durante la rivoluzione islamica. Ha poi vissuto in Iraq e in Kuwait, dove nel 1990 è rimasta rinchiusa nell’ambasciata insieme ad altri austriaci durante l'invasione irachena del Kuwait. Dal 1995 al 1997 è stata membro del gruppo di lavoro del Vice Cancelliere Wolfgang Schüssel. E’ stata impiegata nelle ambasciate austriache in Kuwait (1997-2000) e in Libia (2000-2001). Dal 2001 ha insegnato in un istituto inglese di Vienna. Dal 2007 si batte contro l’islamizzazione dell’Europa ed è membro della sezione viennese dell’Associazione austriaca degli accademici
La seconda notizia è dei primi di agosto e riguarda alcune deliberate e impunite blasfemie compiute da musulmani – uomini e donne – nelle nostre chiese contro Nostro Signore.
Ecco come l’ha riportata Il Giornale del 8 agosto 2016
Islam sfrontato: vanno in chiesa e sputano sul Crocefisso
Entrano in chiesa e vilipendiano il crocefisso. Quattro donne musulmane, con il velo, pochi giorni fa sono entrate nella chiesa di San Zulian a Venezia, pochi passi da piazza San Marco, e hanno sputato sul simbolo sacro, sotto gli occhi del sorvegliante.
A raccontarlo il parroco don Massimiliano D’Antiga che ha informato la curia e ha chiesto ai carabinieri di tutelare il tempio. Dopo il gesto, le islamiche si sono allontanate confondendosi tra i turisti. L’ultimo episodio, invece, sabato mattina, sempre nella chiesa di San Zulian. Due giovani orientali, dopo aver assistito alla funzione religiosa celebrata dal parroco, si sono messi in fila con i fedeli per ricevere la Comunione. Dopo averla presa, hanno sputato, davanti agli occhi del parroco e degli altri presenti, la particola, allontanandosi dalla chiesa in fretta.
A raccontarlo il parroco don Massimiliano D’Antiga che ha informato la curia e ha chiesto ai carabinieri di tutelare il tempio. Dopo il gesto, le islamiche si sono allontanate confondendosi tra i turisti. L’ultimo episodio, invece, sabato mattina, sempre nella chiesa di San Zulian. Due giovani orientali, dopo aver assistito alla funzione religiosa celebrata dal parroco, si sono messi in fila con i fedeli per ricevere la Comunione. Dopo averla presa, hanno sputato, davanti agli occhi del parroco e degli altri presenti, la particola, allontanandosi dalla chiesa in fretta.
Gli episodi giungono a poco meno di un mese di distanza dal magrebino che aveva staccato un braccio a un crocefisso, sempre a Venezia all’interno della chiesa di San Geremia. Il 12 luglio il magrebino di 25 anni, con permesso di soggiorno francese, ora espulso dall’Italia, era entrato nel luogo sacro e aveva cominciato a urlare: «Qui c’è qualcosa che non va, ve la do io la verità, la porto io la verità». Poi si era diretto verso un Cristo settecentesco, alto tre metri e largo due e aveva cominciato a scuoterlo, fino a farlo cadere e a danneggiarlo mentre il sacrestano tentava inutilmente di fermarlo.
Questi non sono i soli episodi accaduti ultimamente nelle chiese veneziane. C’è anche chi entra in chiesa per pregare con il rito islamico.
Due settimane fa, sempre nella chiesa di San Zulian, due musulmani sono entrati nell’edificio, hanno steso il tappetino tipico e si sono messi a pregare tranquilli, invocando Allah. Quando il sacrestano ha mostrato loro qualche disappunto, questi hanno risposto: «Possiamo farlo, il Papa ci ha dato il permesso». Stessa scena l’altro giorno, in Piazza San Marco, un’intera famiglia islamica si è messa a pregare in piazza, inchinata sul «classico» tappetino, rivolta verso la Mecca. Il tutto sotto gli occhi delle centinaia di turisti che hanno cominciato a fare foto e a postarle nei social.
Questi non sono i soli episodi accaduti ultimamente nelle chiese veneziane. C’è anche chi entra in chiesa per pregare con il rito islamico.
Due settimane fa, sempre nella chiesa di San Zulian, due musulmani sono entrati nell’edificio, hanno steso il tappetino tipico e si sono messi a pregare tranquilli, invocando Allah. Quando il sacrestano ha mostrato loro qualche disappunto, questi hanno risposto: «Possiamo farlo, il Papa ci ha dato il permesso». Stessa scena l’altro giorno, in Piazza San Marco, un’intera famiglia islamica si è messa a pregare in piazza, inchinata sul «classico» tappetino, rivolta verso la Mecca. Il tutto sotto gli occhi delle centinaia di turisti che hanno cominciato a fare foto e a postarle nei social.
Ed ecco come l’ha riportata Libero del 8 agosto 2016
Venezia, orrore di 4 islamiche in chiesa: sputano su Cristo, e il parroco sul Papa...
Nella chiesa di San Zulian, a Venezia, a due passi da piazza San Marco, sputi islamici su un crocifisso. Il tutto sotto gli occhi del sorvegliante. Autrici del gesto quattro donne velate, che dopo lo sfregio si sono allontanate confondendosi tra i turisti. Un ultimo episodio di intolleranza, dopo che ieri due orientali hanno fatto la fila per la comunione per poi sputare a terra la particola. Una chiesa sotto assedio, tanto che c’è chi entra per pregare Allah. Il parroco, don D’Antiga, spiega che alle sue rimostranze i provocatori spiegano: “Possiamo, il Papa ci ha dato il permesso di farlo”. Una lunga scia di provocazioni, alle quali si aggiunge il braccio spezzato pochi giorni fa al Cristo settecentesco di San Geremia: autore un franco-magrebino che è stato espulso dall’Italia.
Perché ci siamo dilungati su quest’ultima notizia?
Per far notare un elemento emblematico che lega le due notizie.
Mentre in Austria si ricorre alla magistratura per far punire chi si ritiene abbia oltraggiato Maometto e offeso la sensibilità religiosa dei musulmani, nella stessa “Europa”, in Italia, non c’è alcun laico “per bene” che intraprenda iniziative giudiziarie per l’oltraggio al Crocifisso e l’offesa alla sensibilità religiosa dei cattolici.
Nel primo caso è bastata la denuncia di un giornale, nel secondo caso le denuncie dei giornali non hanno prodotto alcun effetto concreto.
Intendiamoci, non ci stiamo appellando alla moderna “giustizia” laica, dalla quale sappiamo che non dobbiamo aspettarci nulla che non sia in linea col corrente pensiero anticattolico e filo-islamico, ci limitiamo semplicemente a segnalare i fatti e a dedurne lo stato miserevole in cui si trova la moderna “civiltà” occidentale.
Non pretendiamo certo che questo mondo che ha preteso di dichiarare guerra a Dio, recuperi i valori della Cristianità, ma auspichiamo che i cattolici si scrollino di dosso la cappa di piombo apposta loro dalla moderna gerarchia neo-cattolica e aprano gli occhi su questa realtà che subiamo, che ci spinge in tutti i modi ad accettare come normale la difesa ad oltranza della falsa religione maomettana insieme all’offesa continua della vera religione cristiana.
Vero è che Nostro Signore ci aveva avvertiti (cfr. Mt. 5, 11-12), ma questo non significa che possiamo tranquillamente esimerci dal reagire com’è doveroso e necessario… anche di questo ci verrà chiesto conto al momento del giudizio particolare.
di Belvecchio
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1632_Belvecchio_Avvisaglie_NOM.html
Siamo noi i criticoni a oltranza, o ci sono i fatti che parlano da soli? Un vero inno al sincretismo in un significativo articolo sul “Quotidiano Meeting”.24/8/2016
Meeting di Rimini. Si chiude l’edizione 2016, in coerenza con l’apertura – di Paolo Deotto
Siamo noi i criticoni a oltranza, o ci sono i fatti che parlano da soli? Un vero inno al sincretismo in un significativo articolo sul “Quotidiano Meeting”.24/8/2016
di Paolo Deotto
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Come era inevitabile, dopo la pubblicazione dell’articolo Meeting di Rimini. Chi mal comincia è a metà dell’opera, sono arrivate alcune lettere in cui si accusa Riscossa Cristiana di critiche preconcette a Comunione e Liberazione, di totale chiusura ai grandi cambiamenti che sono avvenuti nella società e nella chiesa, e così via. Naturalmente sulla faccenda della statua della Madonna “nascosta”, siamo stati noi a “travisare”. Eccetera.
Non è ben chiaro perché dovremmo avere una posizione critica “preconcetta”, quando ci sono i fatti che parlano da soli, e noi ci limitiamo a guardare i fatti e, se necessario, a criticarli. E fedeli al principio che “repetita iuvant”, ribadiamo che se ci sforziamo di fare analisi e critiche è perché sappiamo bene quante persone di sani sentimenti cristiani siano coinvolte in CL e quante di loro vivono un disagio profondo in un movimento che non si sa più cosa sia. O forse lo si sa fin troppo bene. Non pretendiamo certo di farci “portavoce” di queste persone; siamo però convinti di fare una cosa utile se almeno forniamo un’analisi critica sulla degenerazione di un movimento che non ha più alcun collegamento con ciò che iniziò nel lontano 1954 con Don Giussani, che constatò, come insegnante al liceo Berchet di Milano, quanto era superficiale e formale l’adesione dei giovani alla Fede cattolica. Ripetiamo: Fede cattolica.
Comunque, facciamo parlare i fatti. Riportiamo in calce un articolo pubblicato a pagina 3 del numero odierno del “Quotidiano Meeting”, il giornale ufficiale del Meeting, che potete aprire cliccando qui. Abbiamo sottolineato in rosso alcuni passaggi che ci sembrano significativi, ma comunque è istruttiva la lettura dell’intero articolo.
Una frase sarebbe già sufficiente per qualificare tutto l’articolo: la protagonista della vicenda che viene narrata si sente in dovere di scusarsi, proprio così, scusarsi, perché “istintivamente” ha fatto il segno di croce sedendosi a cena con un’islamica.
In questa frase – del resto anticipata poche righe sopra dalla sottolineatura che la protagonista “non fa propaganda religiosa” – c’è tutta la sintesi della degenerazione. C’è la sovrana preoccupazione di confermare la rinuncia all’apostolato, definito anzi con la parola un po’ sprezzante di “propaganda”, termine che ben si adatta al commercio o alla politica.
Ma non vogliamo fare troppi commenti. La lettura dell’articolo è, ripetiamo, molto istruttiva. Ci limitiamo a notare che sul finale si arriva a una curiosa definizione della fede: “una fede giocata come esperienza nel rapporto tra un tu e un io”. Una “fede” che non si sa più cosa sia, in cui ovviamente Nostro Signore Gesù Cristo non viene citato neppure en passant (in compenso prima si è sottolineato che la “follia fondamentalista” si impadronisce facilmente dei giovani “che non hanno mai messo piede in una moschea”. Moschea, si noti bene…). Tutto ciò che dovrebbe essere la Fede, si perde in una definizione cervellotica, con una melassa di buoni sentimenti, di “ci vogliamo tutti bene”. Ma in nome di cosa o di chi ci vogliamo bene? Mistero. C’è la definizione, cervellotica e suggestiva, e de hoc satis.
Domani il Meeting 2016 chiude, e non ne sentiremo la nostalgia. Un’ultima notazione: scorrendo il programma del Meeting, da cima a fondo e da fondo a cima, non abbiamo trovato traccia della S. Messa di apertura del Meeting che, se ben ricordiamo, fino a qualche anno fa si celebrava. È solo un caso?
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