Ancora sulla canonizzazione di Madre Teresa. Il comandamento più importante è quello di amare Dio … Mi limito a guardare la realtà e giudicare quella … Allora, guardo e vedo il tantissimo bene che Madre Teresa ha fatto a migliaia di uomini, di donne, di bambini … Guardo e vedo la sua scandalosa equivalenza tra le religioni. Guardo e vedo che l’immagine di questa suora diventa gradita agli occhi del mondo come icona del culto dell’uomo…
Giovedì 15 settembre 2016
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È pervenuta in Redazione:
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Caro Gnocchi,
ho letto la sua rubrica di settimana scorsa sulla santificazione di Madre Teresa e ho seguito i commenti di tanti lettori. Però adesso mi sento confuso, perché se è vero che Madre Teresa aveva fatto tante dichiarazioni proprio strane sulle varie religioni e se è vero che non si preoccupava di battezzare i morenti, però è anche vero che ha dedicato tutta la sua vita ad aiutare i poveri e i malati. Possibile che questo non le porti merito? Io le chiedo, se può, di dire ancora qualcosa su questo.
La ringrazio molto.
Ivo Lopopolo
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Caro Ivo,
la domenica appena trascorsa, nella Santa Messa in Vetus Ordo si cantava il Vangelo di Matteo (22, 34-46), che tradotto in italiano suona così:
“In quel tempo: I Farisei si avvicinarono a Gesù, e uno di essi, dottore della legge, lo interrogò per tentarlo: Maestro, qual è il grande comandamento della legge? Gesù gli disse: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo comandamento. Il secondo poi è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. In questi due comandamenti è racchiusa tutta la legge e i profeti. Ed essendo i Farisei radunati insieme, Gesù domandò loro: Che cosa vi pare del Cristo? Di chi è figlio? Gli risposero: Di Davide. Egli disse loro: Com’è allora che Davide in spirito lo chiama Signore, dicendo: Dice il Signore al mio Signore, siedi alla mia destra, sino a tanto che io metta i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, com’è egli suo figlio? E nessuno sapeva rispondergli: né da quel momento in poi vi fu chi ardisse interrogarlo”.
Senza essere grandi esegeti, da questo brano si comprende che il comandamento più importante è quello di amare Dio. L’amore per il prossimo viene dopo. Persino dopo la necessità di amare se stessi, che, anche con priorità logica, indica la misura e il modo con cui volere bene agli altri.
Ma l’amore per Dio non è un generico sentimento adatto a tutte le gradazioni di credenza e non credenza. Impegna il cuore, che non è quello delle rime baciate in auge nelle preghiere dei fedeli e nei consigli matrimoniali di Bergoglio, l’anima e la mente e deve quindi essere ragionevole e razionale. Non a caso, Nostro Signore non si ferma all’enunciazione dei due comandamenti più grandi, ma indica l’oggetto di quello principale, che riassume tutta la legge e la spiega: “Che cosa vi pare del Cristo? Di chi è figlio?”.
Caro Ivo, tutto dipende dalla risposta che si dà a questa domanda. E quando dico tutto, intendo ogni attimo della nostra esistenza, perché altro è amare con tutto il proprio cuore, tutta la propria anima e tutta la propria mente l’unico vero Dio incarnato in Gesù, e altro è amare con tutto il proprio cuore, tutta la propria anima e tutta la propria mente un idolo inventato da aspirazioni umane più o meno nobili o più o meno ignobili.
Non occuparsi di questo aspetto della vita di una persona, definire idealmente e programmaticamente una scissione tra l’assistenza materiale e quella spirituale, mi pare una scelta che contravvenga tanto al primo quanto al secondo comandamento enunciati da Gesù nel Vangelo. Presupporre l’equivalenza di tutte le credenze non è cosa diversa dalla risposta dei Farisei che vedono nel Figlio di Dio un semplice figlio di Davide. Significa dire che tutte le religioni sono ugualmente buone perché nascono dal cuore dell’uomo. Invece, la religione cattolica, e solo la religione cattolica, ha origine nel cuore di Dio, il quale, anche se Bergoglio nominandolo invano lo nega, è cattolico.
A questo punto, caro Ivo, lei mi può sempre chiedere chi sia io per giudicare Madre Teresa. Ma io non usurpo il ruolo che spetta solo a Dio, l’unico che conosce fin nell’ultima piega le coscienze di ciascuno di noi. Mi limito a guardare la realtà e giudicare quella, senza cadere nel solito mantra farlocco secondo cui bisogna separare il fatto da chi lo compie, dimenticando che senza chi lo compie il fatto non esisterebbe. Allora, guardo e vedo il tantissimo bene che Madre Teresa ha fatto a migliaia di uomini, di donne, di bambini, un bene che io non saprei neanche concepire. Guardo e vedo la sua scandalosa equivalenza tra le religioni. Guardo e vedo che l’immagine di questa suora diventa gradita agli occhi del mondo come icona del culto dell’uomo. Guardo e, alla fine, dico che la santa immagine di Madre Teresa non mi piace. E dico pure che le affermazioni di Madre Teresa, non della sua santa immagine, sull’equivalenza delle religioni mi scandalizzano. Sbaglia chi, in questo ragionamento, mi oppone le eventuali buone intenzioni con cui quei principi sono stati enunciati perché, allora sì, ci si mette al posto di Dio, l’unico che conosce veramente i nostri veri intendimenti.
Caro Ivo, io non giudico il cuore di nessuno e spero, anzi, che tutti vadano in Paradiso. Ma non posso non dirmi scandalizzato da un cattolico che equipara Cristo a un qualsiasi idolo. Vede, io sono un povero cristiano che lungo la giornata prega il Signore perché abbia misericordia dei suoi peccati recitando quanto più possibile l’invocazione “Domine Iesu Christe, Fili Dei, miserere mei, peccatoris”. È un affidamento ispirato a quanto insegna il Salmo 91 “Bonum est confitéri Dómino: et psállere nómini tui, Altíssime. Ad annuntiándum mane misericórdia tuam: et veritátem tua per noctem”, che in una traduzione giù di moda suona: “È bene dar lode al Signore: e inneggiare al tuo nome, o Altissimo. Per celebrare al mattino la tua misericordia e la tua verità nella notte”. Perché solo a Nostro Signore Gesù Cristo possiamo chiedere il perdono, ma prima bisogna riconoscerlo e confessarlo come unico nostro salvatore.
Insomma, sono un povero peccatore che continua a dare alle parole lo stesso significato che hanno sempre avuto e sempre avranno, anche se questa Chiesa le sta avvelenando con la propria apostasia. Fino a qualche decennio fa, le affermazioni di Madre Teresa sarebbero state un serio ostacolo alla sua canonizzazione, oggi sono il viatico che fa passare in secondo piano anche le contestazioni sulla veridicità dei miracoli, come è avvenuto per la beatificazione. Questi sono fatti, non sono mie opinioni.
Non più tardi di ieri, Bergoglio ha spiegato che Gesù non sarebbe altro che “il primo martire”, sottraendogli di fatto il ruolo di redentore dell’umanità e dunque la natura divina. Un altro passo verso la costruzione della Nuova Religione della Casa Comune edificata con sapiente arte muratoria. Una casa mostruosa in cui ci si appresta volentieri ad accogliere i corpi umani costruiti in laboratorio assemblando contronatura agglomerati di cellule e, intanto, si preparano le corrispondenti anime create assemblando immagini di idoli diversi prendendo un po’ dal buddismo, un po’ dall’islam, un po’ dal confucianesimo, un po’ dal protestantesimo e, bontà degli apprendisti stregoni dello spirito, persino un po’ di cattolicesimo. Che piaccia o no, il santino di Madre Teresa confezionato da una Chiesa senza fede, si affaccia a una finestra di questo terribile fabbricato.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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È pervenuta in Redazione:
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Caro Gnocchi,
ho letto la sua rubrica di settimana scorsa sulla santificazione di Madre Teresa e ho seguito i commenti di tanti lettori. Però adesso mi sento confuso, perché se è vero che Madre Teresa aveva fatto tante dichiarazioni proprio strane sulle varie religioni e se è vero che non si preoccupava di battezzare i morenti, però è anche vero che ha dedicato tutta la sua vita ad aiutare i poveri e i malati. Possibile che questo non le porti merito? Io le chiedo, se può, di dire ancora qualcosa su questo.
La ringrazio molto.
Ivo Lopopolo
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Caro Ivo,
la domenica appena trascorsa, nella Santa Messa in Vetus Ordo si cantava il Vangelo di Matteo (22, 34-46), che tradotto in italiano suona così:
“In quel tempo: I Farisei si avvicinarono a Gesù, e uno di essi, dottore della legge, lo interrogò per tentarlo: Maestro, qual è il grande comandamento della legge? Gesù gli disse: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo comandamento. Il secondo poi è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. In questi due comandamenti è racchiusa tutta la legge e i profeti. Ed essendo i Farisei radunati insieme, Gesù domandò loro: Che cosa vi pare del Cristo? Di chi è figlio? Gli risposero: Di Davide. Egli disse loro: Com’è allora che Davide in spirito lo chiama Signore, dicendo: Dice il Signore al mio Signore, siedi alla mia destra, sino a tanto che io metta i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, com’è egli suo figlio? E nessuno sapeva rispondergli: né da quel momento in poi vi fu chi ardisse interrogarlo”.
Senza essere grandi esegeti, da questo brano si comprende che il comandamento più importante è quello di amare Dio. L’amore per il prossimo viene dopo. Persino dopo la necessità di amare se stessi, che, anche con priorità logica, indica la misura e il modo con cui volere bene agli altri.
Ma l’amore per Dio non è un generico sentimento adatto a tutte le gradazioni di credenza e non credenza. Impegna il cuore, che non è quello delle rime baciate in auge nelle preghiere dei fedeli e nei consigli matrimoniali di Bergoglio, l’anima e la mente e deve quindi essere ragionevole e razionale. Non a caso, Nostro Signore non si ferma all’enunciazione dei due comandamenti più grandi, ma indica l’oggetto di quello principale, che riassume tutta la legge e la spiega: “Che cosa vi pare del Cristo? Di chi è figlio?”.
Caro Ivo, tutto dipende dalla risposta che si dà a questa domanda. E quando dico tutto, intendo ogni attimo della nostra esistenza, perché altro è amare con tutto il proprio cuore, tutta la propria anima e tutta la propria mente l’unico vero Dio incarnato in Gesù, e altro è amare con tutto il proprio cuore, tutta la propria anima e tutta la propria mente un idolo inventato da aspirazioni umane più o meno nobili o più o meno ignobili.
Non occuparsi di questo aspetto della vita di una persona, definire idealmente e programmaticamente una scissione tra l’assistenza materiale e quella spirituale, mi pare una scelta che contravvenga tanto al primo quanto al secondo comandamento enunciati da Gesù nel Vangelo. Presupporre l’equivalenza di tutte le credenze non è cosa diversa dalla risposta dei Farisei che vedono nel Figlio di Dio un semplice figlio di Davide. Significa dire che tutte le religioni sono ugualmente buone perché nascono dal cuore dell’uomo. Invece, la religione cattolica, e solo la religione cattolica, ha origine nel cuore di Dio, il quale, anche se Bergoglio nominandolo invano lo nega, è cattolico.
A questo punto, caro Ivo, lei mi può sempre chiedere chi sia io per giudicare Madre Teresa. Ma io non usurpo il ruolo che spetta solo a Dio, l’unico che conosce fin nell’ultima piega le coscienze di ciascuno di noi. Mi limito a guardare la realtà e giudicare quella, senza cadere nel solito mantra farlocco secondo cui bisogna separare il fatto da chi lo compie, dimenticando che senza chi lo compie il fatto non esisterebbe. Allora, guardo e vedo il tantissimo bene che Madre Teresa ha fatto a migliaia di uomini, di donne, di bambini, un bene che io non saprei neanche concepire. Guardo e vedo la sua scandalosa equivalenza tra le religioni. Guardo e vedo che l’immagine di questa suora diventa gradita agli occhi del mondo come icona del culto dell’uomo. Guardo e, alla fine, dico che la santa immagine di Madre Teresa non mi piace. E dico pure che le affermazioni di Madre Teresa, non della sua santa immagine, sull’equivalenza delle religioni mi scandalizzano. Sbaglia chi, in questo ragionamento, mi oppone le eventuali buone intenzioni con cui quei principi sono stati enunciati perché, allora sì, ci si mette al posto di Dio, l’unico che conosce veramente i nostri veri intendimenti.
Caro Ivo, io non giudico il cuore di nessuno e spero, anzi, che tutti vadano in Paradiso. Ma non posso non dirmi scandalizzato da un cattolico che equipara Cristo a un qualsiasi idolo. Vede, io sono un povero cristiano che lungo la giornata prega il Signore perché abbia misericordia dei suoi peccati recitando quanto più possibile l’invocazione “Domine Iesu Christe, Fili Dei, miserere mei, peccatoris”. È un affidamento ispirato a quanto insegna il Salmo 91 “Bonum est confitéri Dómino: et psállere nómini tui, Altíssime. Ad annuntiándum mane misericórdia tuam: et veritátem tua per noctem”, che in una traduzione giù di moda suona: “È bene dar lode al Signore: e inneggiare al tuo nome, o Altissimo. Per celebrare al mattino la tua misericordia e la tua verità nella notte”. Perché solo a Nostro Signore Gesù Cristo possiamo chiedere il perdono, ma prima bisogna riconoscerlo e confessarlo come unico nostro salvatore.
Insomma, sono un povero peccatore che continua a dare alle parole lo stesso significato che hanno sempre avuto e sempre avranno, anche se questa Chiesa le sta avvelenando con la propria apostasia. Fino a qualche decennio fa, le affermazioni di Madre Teresa sarebbero state un serio ostacolo alla sua canonizzazione, oggi sono il viatico che fa passare in secondo piano anche le contestazioni sulla veridicità dei miracoli, come è avvenuto per la beatificazione. Questi sono fatti, non sono mie opinioni.
Non più tardi di ieri, Bergoglio ha spiegato che Gesù non sarebbe altro che “il primo martire”, sottraendogli di fatto il ruolo di redentore dell’umanità e dunque la natura divina. Un altro passo verso la costruzione della Nuova Religione della Casa Comune edificata con sapiente arte muratoria. Una casa mostruosa in cui ci si appresta volentieri ad accogliere i corpi umani costruiti in laboratorio assemblando contronatura agglomerati di cellule e, intanto, si preparano le corrispondenti anime create assemblando immagini di idoli diversi prendendo un po’ dal buddismo, un po’ dall’islam, un po’ dal confucianesimo, un po’ dal protestantesimo e, bontà degli apprendisti stregoni dello spirito, persino un po’ di cattolicesimo. Che piaccia o no, il santino di Madre Teresa confezionato da una Chiesa senza fede, si affaccia a una finestra di questo terribile fabbricato.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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