ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 27 settembre 2016

Così é se gli pare..!



Quando il pastore lascia che il gregge si disperda…


Papa Bergoglio, invece di raccogliere le pecore, pare disperderle… Quanto è vero?
Non siamo noi a parlare di numeri, noi lo condividiamo, e con immenso dolore, non certo con gioia. Ad esprimere questo dolore, che condividiamo, è uno dei primi siti, seri, in campo cattolico ed ecclesiale, il social Totus tuus, vedi qui, che riporta l’articolo di un quotidiano, con la fonte ufficiale del Vaticano.
Noi vogliamo andare oltre i numeri perché, come ben sappiamo, il cattolicesimo non è fatto di numeri, ma di persone e di qualità, di santi. Certo, è come quando si dice “i soldi sono lo sterco del diavolo”, però poi si comprende che senza non si vive, non ti fanno vivere, e che quando speso bene, anche il danaro serve… Così si fa presto a dire che i numeri non contano, soprattutto quando un Pontificato viene giornalmente usato per un marketing ad effetto, mentre a farne le spese è proprio la fede in Cristo Signore.
A noi vengono a mente alcune scene del Nuovo Testamento in cui il concetto di “folle”, cioè, di gente che andava per ascoltare Gesù, generalmente si convertiva… Gesù aveva “compassione” di queste folle di persone, perché “erano senza pastore”, e Lui le accoglie, parla loro in parabole, compie per loro miracoli e, si legge: “si convertivano”. Oggi la prima domanda che ci viene a mente è: “perché dovrei convertirmi”? Se per salvarmi (da che cosa poi, o da chi, la pastorale della Chiesa non lo dice più) mi basta fare la carità, perdonare chi mi offende, fare una carezza a qualcuno, a cosa mi serve “convertirmi”?
Per noi più anzianotti sembra vivere un dejavù, quello degli anni Sessanta, o il 68 se preferite quando, Nostro Signore Gesù Cristo veniva presentato come un “figlio dei fiori”, un compagnone, un simpaticone, solidale con una gioventù presa dall’euforia della libertà, delle canne libere, dell’amore libero! Un nuovo Jesus Christ Superstar che, a differenza del musical del 1973, qui c’è l’aggravante che dalla storia non abbiamo imparato proprio nulla, anzi, stiamo peggiorando. Nell’immagine di questo Pontificato, tale immagine di Gesù, è stata un tantino ripulita: capelli corti, barba curata, niente canne, almeno all’apparenza, niente amore libero ma, più gravemente, l’amore libero è stato legalizzato, imposto per legge, scalzando il vero matrimonio, abusando dei Sacramenti. La Chiesa stessa vorrebbe imporre, con la nuova prassi, una grave forma di poligamia… e sì! Da una parte non risolvendo il primo e vero matrimonio contratto in Chiesa dal quale i due hanno divorziato, dall’altra ammettendo alla comunione divorziati risposati finirebbe così per riconoscere quello stato adulterino, un secondo matrimonio e per di più civile!
Un film già visto nelle moderne società con l’avvento del divorzio legalizzato, con l’aggravante che a dirigere la regia sembra essere proprio il Vaticano con il suo marketing ad oltranza. Se il vero Gesù dei Vangeli lascia le novantanove pecore, al sicuro, per andare a recuperare quella perduta, e se fonda la Chiesa per andare a recuperare le pecorelle smarrite, da cinquant’anni a questa parte, questa Chiesa, e spiace dirlo soprattutto in questo Pontificato, sembra aver capovolto le priorità. Intanto le novantanove pecore che erano “al sicuro” sono state spinte fuori dall’Ovile, e di quelle che erano perdute, neppure l’ombra, anzi, la pastorale di oggi sembra dire loro: “non c’è bisogno che ritorniate nella Chiesa, l’importante è che siate buoni e che facciate la raccolta differenziata!”.
La Chiesa in uscita? Sì certo, ma verso un baratro perché, come dice Gesù stesso: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt’e due in una buca?»(Lc.6,40). Assistiamo al dejavù degli anni del concilio quando, non pochi sacerdoti, laici, vescovi, tutti erano come ubriacati dal mosto dello spirito del concilio, lo testimonia persino unDon Divo Barsotti, che dovette fare marcia indietro e rendersi conto, piuttosto, di come quella euforia, di cui egli stesso ne fu assorbito in un primo tempo, stesse spingendo la Chiesa verso quella che, lo stesso Paolo VI, definì L’AUTODEMOLIZIONE DELLA CHIESA.
Intendiamoci, troppo facile dare la colpa ad un Papa o ad un Pontificato specifico, l’autodemolizione avviene con astuzia strategica, demolendo mattone per mattone, Sacramento dopo Sacramento, dottrina dopo dottrina, dogma dopo dogma. Lo sapeva bene Giovanni Paolo II che seppur anch’egli influenzato dall’euforia dei nuovi cambiamenti, seppe tuttavia costruire dei muri “antisbandamento” attraverso il magistero scritto, le encicliche per esempio, o i vari Documenti fatti insieme al Prefetto Ratzinger per difendere la vera Dottrina della Chiesa. Sbarramenti che oggi, puntualmente, non solo non vengono citati, ma vengono letteralmente fatti a pezzi, inficiati, dalla nuova pastorale alla quale non interessa nulla del “piccolo gregge”, ma interessa i grandi numeri affinché possano essere esibiti, come in un circo, alla piazza mediatica. Se volete un esempio chiaro andatevi a leggere la Ecclesia de Eucharistia dove egli, poco prima di morire, vietò l’intercomunione con i protestanti mentre, a breve, assisteremo ad un suo successore che, calpestando questa enciclica, chiuderà un occhio, e pure l’altro, affinché ciò possa avvenire. E non certo “modificando la dottrina, no! Dottrinalmente non cambierà nulla, ma quella “prassi”, pastorale, applicata, la cambierà in modo tale che le nuove generazioni non noteranno più le differenze, vedi qui le prove concrete di ciò che diciamo.
Se non credete a noi leggete allora quest’altro passo dalla Esortazione apostolica di Benedetto XVI Sacramentum Caritatis, anche questa completamente dimenticata, dove si legge letteralmente: “Il Sinodo dei Vescovi ha confermato la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (cfr Mc 10,2-12), di non ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati, perché il loro stato e la loro condizione di vita oggettivamente contraddicono quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata nell’Eucaristia…. (…) Il culto gradito a Dio, infatti, non è mai atto meramente privato, senza conseguenze sulle nostre relazioni sociali: esso richiede la pubblica testimonianza della propria fede. Ciò vale ovviamente per tutti i battezzati, ma si impone con particolare urgenza nei confronti di coloro che, per la posizione sociale o politica che occupano, devono prendere decisioni a proposito di valori fondamentali, come il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme. Tali valori non sono negoziabili…”
Ora, se questa “prassi” della Chiesa è fondata sulle Scritture, e dunque è dottrina immutabile di Dio che così ha voluto, perché un nuovo documento papale, l’Amoris laetitiae ha voluto portare subbuglio mettendola in discussione e facendo in modo che il clero, vescovi compresi, si ubriacassero di una falsa novità, e di una prassi che non è lecito neppure al Papa cambiare, dal momento che è “fondata sulla Scrittura”? Non abbiamo una risposta, ma questo passo magisteriale è stato letteralmente stracciato!
Questo pontificato dei numeri, del “mio papa”, del papa “piacione”….  è un flop, un vero flop! Basti andare a vedere il video ufficiale dei Vespri del primo settembre dedicato al creato, vedi qui, in cui si vede, per la prima volta nella storia liturgica della Chiesa, la Basilica di San Pietro letteralmente vuota durante un rito celebrato da un Pontefice. Non era mai accaduto. Forse è un altro di quei “segni dei tempi” che  rifiutiamo di voler vedere, o che si tenta di giustificare con ogni scusa?


L'ultimo capolavoro del grande Guareschi
L’ultimo capolavoro del grande Guareschi

Ciò che stiamo cercando di approfondire, infatti, non è il semplice calo dei numeri, ma la perdita delle pecore, il perché! Che cosa sta accadendo? Il marketing messo in piedi da questo Pontificato si sta rivelando un boomerang, il Papa “piacione” allontana non solo le novantanove che dovevano rimanere al sicuro — esattamente come il “pretino conciliare” narrato da Guareschi nel profetico Don Camillo e Don Chichì –, ma anche le pecorelle smarrite perché non ha nulla da dire loro di ciò che già dovrebbero sapere: fare il bene. Ma fare il Bene non è affatto il motivo per cui Dio “si è incarnato”, è vissuto fra noi, è morto in Croce ed è risorto. Per essere davvero onesti è necessario prendere le immagini di Gesù nei Vangeli, quando passava tra le folle osannanti, vedere ed ascoltare quel che accadeva e, rapportato al suo Vicario oggi in mezzo alle folle del nostro tempo, comprendere dove egli stia sbagliando, vedi qui. Forse Bergoglio non ricorda (o vuole semplicemente rimuoverlo?) che dopo l’Osanna, quella stessa folla osannante, prese Gesù gridando “crocifiggilo”, preferiamo Barabba!?
La folla, generalmente osannante, preferisce solitamente la menzogna (Barabba) alla Verità, Gesù Cristo. Per questo è il Vangelo stesso che parla di un “piccolo gregge”, quello che veramente segue Gesù e che però, mai nella storia della Chiesa, tale piccolo gregge, è stato così penalizzato proprio dai vertici della Chiesa. Non era mai accaduto, eppure oggi assistiamo a questi eventi nuovi, che per noi sono però “segni dei tempi”, di tempi che – come una tempesta inesorabile – prima o poi finiranno lasciando spazio al bel tempo annunciato a noi dal trionfo del Cuore Immacolato di Maria.
I Media preferiscono la menzogna, preferiscono Barabba alla Verità Crocifissa prima, e risorta poi! Usano il Papa e questo Papa si lascia usare volentieri. Il perché non spetta a noi dirlo, noi staremo sempre pronti ad accogliere il Vicario di Cristo quando, dopo gli osanna, tenteranno (forse il giorno in cui, finalmente, dirà qualcosa di scomodo e dottrinale) di crocifiggerlo per aver detto, semplicemente, la verità all’uomo: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo …»(Mc 1, 15). «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato…»(Mc.16,15-16)  parola di Gesù Cristo, che a dire di questa nuova pastorale sarebbe un retrogrado, un tradizionalista, un rigidista, tanto per usare certo frasario diventato di moda oggi.


VATICAN-RELIGION-POPE
Papa Francesco durante la S. Messa per il Giubileo dei catechisti.

Papa Francesco nell’omelia di domenica ha detto: «In questoGiubileo dei catechisti, ci è chiesto di non stancarci di mettere al primo posto l’annuncio principale della fede: il Signore è risorto. Non ci sono contenuti più importanti, nulla è più solido e attuale. Ogni contenuto della fede diventa bello se resta collegato a questo centro, se è attraversato dall’annuncio pasquale. Invece, se si isola, perde senso e forza. Siamo chiamati sempre a vivere e annunciare la novità dell’amore del Signore: “Gesù ti ama veramente, così come sei. Fagli posto: nonostante le delusioni e le ferite della vita, lasciagli la possibilità di amarti. Non ti deluderà”».
Impeccabile, tutto vero, tuttavia, l’amore di Gesù è subordinato all’abbandono del peccato, al combattimento dei propri difetti e non a rimanere in quel che siamo o nel come viviamo nello stato di peccato! L’amore di Gesù è subordinato alla conversione! Non che Gesù smetterebbe di amarci se restiamo nel peccato, ma di certo siamo noi ad abbandonarlo se restiamo comodi nel peccato, o se nel peggiore dei casi come sta accadendo si autogiustifica il peccare, minimizzando il dramma del peccato che viviamo. E non si può amare Dio se non c’è questa lotta contro il peccato, è una presa in giro! Il contenuto importante è certamente la risurrezione di Cristo, ma da che cosa è Risorto, e perché è morto? Ci ha salvati da chi e da che cosa? In cosa consiste questa novità dell’amore di Dio per noi, a tal punto da incarnarsi e da lasciarsi uccidere per noi? L’annuncio principale della fede è senza dubbio la risurrezione, altrimenti “vana è la nostra fede”(1Cor.15,14), tuttavia questo annuncio è strettamente collegato a tutto il resto, alla dannazione eterna, principalmente, una realtà di cui è scomparsa ogni traccia in queste predicazioni…
Vogliamo concludere con alcune riflessioni prese da Sant’Agostino nel suo breve testo ai Catechisti – De catechizandis rudibus – scritto intorno all’Anno 400 d.C. il “riempire le chiese” con cristiani non praticanti della dottrina, era già un problema ai tempi del grande Padre della Chiesa, ascoltiamolo:
“Il discorso catechistico è completo quando comincia da: «In principio Dio creò il cielo e la terra», e giunge fino alla chiesa attuale…. Nel nostro discorso non è sufficiente che abbiamo di mira il comandamento della carità, che nasce dal cuore puro, dalla coscienza onesta e da una fede senza finzioni, ma dobbiamo anche preoccuparci del nostro catechizzando, affinché la sua attenzione e ricerca siano orientate in quella direzione…. (…)  Una catechesi sull’amore si costruisce anche a partire dalla severità di Dio, che scuote gli animi mediante un salutare timore: di modo che gli uomini, godendo di sapersi amati da un Dio di cui avevano timore, sappiano corrispondergli ed evitino di rifiutare il suo amore, anche se potrebbero farlo senza la paura di essere castigati.
Quasi sempre, anzi sempre, chi viene per farsi cristiano si porta una qualche paura di Dio.
Se venisse per far piacere a qualcuno da cui spera dei vantaggi, o per rabbonire qualcuno da cui teme dei danni, non diremo che vuole, ma che finge di volersi fare cristiano. (..) Se fingesse, e cercasse vantaggi umani o volesse sfuggire qualche pericolo, naturalmente mentirà: e allora bisogna iniziare il discorso proprio di là; e non con l’aria di chi vuol confonder uno che è certamente mentitore, ma per riconoscere e lodare la buona intenzione che uno dice di avere, retta o meno che sia, in modo che possa riconoscersi e godere della immagine buona che dà di sé.
Se invece porta motivi che non corrispondono a quelli che dovrebbero avere coloro che chiedono l’iniziazione alla fede cristiana, lo riprenderemo con delicatezza e dolcezza come si fa con chi è rozzo e ignorante, e brevemente, ma con serietà gli presenteremo lo scopo vero dell’insegnamento cristiano. Ma lo farai senza togliere tempo alla successiva conversazione, ed evitando di imporre l’istruzione a un animo che, o per errore o per simulazione, non vi è disposto…”.
Ed ecco la ciliegina sulla torta, quella che oggi o viene avvelenata da una prassi anticattolica, o viene oscurata, dice sant’Agostino:
“…si enuncia la speranza della risurrezione, e, secondo le capacità e il tempo disponibile, si confutano le sciocchezze di chi non crede nella risurrezione del corpo e nel giudizio finale, che sarà misericordioso per i buoni, severo per i cattivi, ma giusto per tutti.
Si parlerà con detestazione e orrore del castigo dei malvagi, e si annuncerà la vittoria dei buoni e fedeli, e la felicità della città celeste che ci attende e ravviva i nostri desideri.
Poi è necessario che si metta in guardia e si incoraggi il candidato contro il pericolo degli scandali, sia nella chiesa che fuori: nei confronti dei pagani, dei giudei e degli eretici che sono fuori; dentro, nei confronti della paglia secca dell’aia del Signore.
Non si disputerà contro i singoli errori o le singole opinioni devianti; ma brevemente si metterà in evidenza che ciò era stato già predetto; e inoltre quanto siano utili le tentazioni per far maturare la fede dei credenti, e quanto sia di conforto il sapere che Dio ha deciso di essere paziente sino alla fine.
Mentre si mette in guardia il postulante contro quei falsi cristiani che purtroppo riempiono le chiese, si dovranno anche brevemente e con tatto suggerire alcune norme di comportamento cristiano, perché non si lasci adescare da avari, ubriaconi, frodatori, giocatori d’azzardo, adulteri, fornicatori, amanti degli spettacoli, maghi, spiritisti e astrologi di ogni genere. E non pensi, perché vede molti cristiani amare, fare, difendere e propagandare queste cose, di poterli imitare impunemente. Gli si farà capire, sulla scorta dei libri santi, come questa gente vada a finire, e fino a qual punto debbano essere tollerati nella chiesa, dalla quale alla fine dovranno essere separati.
Bisogna rassicurarlo che nella chiesa troverà anche molti buoni cristiani, autentici cittadini della città celeste, se comincerà a esserlo lui stesso…. (..) Se poi quello è proprio ottuso, refrattario a gustare quanto gli diciamo, anzitutto lo compatiremo. Poi daremo una scorsa alle altre cose, e gli inculcheremo l’essenziale: l’unità della chiesa cattolica, lo scopo delle tentazioni, il comportamento morale del cristiano in vista del terribile giudizio. E parleremo più a Dio di lui, che a lui di Dio…”.

A quanto pare, anche l’arcivescovo di Ferrara, mons. Luigi Negri, e uno dei più grandi teologi dogmatici italiani, mons. Antonio Livi, condividono le nostre stesse preoccupazioni.
Intervento di S. E. Mons. Luigi Negri al Festival di Fede & Cultura 2016
Intervento di Mons. Antonio Livi al Festival di Fede & Cultura 2016

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