La “Marcia per la pace” di Assisi … Ma se, per una volta, invece di una marcia si facesse una processione? È pur vero che bisogna crederci… le marce non mi piacciono: tutte, perché alla fine sono tutte uguali… quando è scaduto il tempo, si va tutti a casa e non cambia niente, ma proprio niente. Non si ha neppure la possibilità di accorgersi se si è ottenuto un piccolo risultato, in quanto il vero obiettivo non è il cambiamento, ma la prossima marcia, alla quale bisogna essere almeno uno in più…
Giovedì 13 ottobre 2016
.
È pervenuta in Redazione:
.
Carissimo Gnocchi,
abbiamo assistito per l’ennesima volta all’inutile spettacolo della marcia per la pace (“p” minuscola) in terra umbra. 100 mila persone inneggianti scontati slogan, sventolanti le famigerate bandiere arcobaleno … Ancora una volta, come sempre del resto, ci si riempie la bocca di questa parolina di 4 lettere che viene usata per fare i soliti pistolotti politici…
Così parliamo di Pace? Con la “P” maiuscola perché: Giovanni 14,27 “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi”. La Pace vera la può dare solo il Signore, perché Lui è il Principe della Pace… Non dimentichiamo che San Paolo lo dice chiaro quando nomina la Pace come Frutto dello Spirito Santo in Galati 5,22 dopo l’Amore e la Gioia (non a caso). Fare frutti significa restare uniti alla pianta, e Chi è la pianta? Giovanni 15,5: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla”. E invece noi cosa facciamo? Le marce per la pace senza la Vite Vera che non produrranno nulla perché senza Dio il Suo Santo Nome non viene neanche accennato. Se dai frutti si riconosce l’albero stiamo arrivando sull’orlo di una terribile guerra mondiale. Albero non buono, frutti cattivi. È evangelico.
Povero S. Francesco, proprio nella sua terra. Le file dobbiamo farle ai confessionali e non in inutili cortei, e poi, perdonati, riconciliati e penitenti, possiamo sì insieme metterci in cammino da Perugia ad Assisi con i sacerdoti in testa portanti il Crocifisso che guidano il popolo che prega il Santo Rosario.
Allora sì che il Signore volgerà il Suo Sguardo.
Cordiali saluti
Graziano Aiazzi
.
Caro Graziano,
ho sforbiciato un po’ la sua lettera, ma ne è rimasto abbastanza perché ci sia la domanda e anche la risposta. Per la legge della compensazione, e per non affaticare i lettori, a lettera lunga faccio seguire una risposta breve. Anzi, sarei tentato di farla brevissima dicendole che le marce non mi piacciono: tutte, perché alla fine sono tutte uguali.
Quando sento parlare di marce, mi viene sempre alla mente una geniale vignetta in cui Guareschi ritrae una manifestazione di disoccupati dove un gruppo porta un cartello che dice “Pane e lavoro”, un altro porta un cartello con la scritta “Lavoro” e un terzo mostra la scritta “A noi solo pane”.
E poi finisce tutto lì, perché, quando è scaduto il tempo, si va tutti a casa e non cambia niente, ma proprio niente. Non si ha neppure la possibilità di accorgersi se si è ottenuto un piccolo risultato, in quanto il vero obiettivo non è il cambiamento, ma la prossima marcia, alla quale bisogna essere almeno uno in più. Non esiste immagine più impietosa della meschina e inutile logica numerica che presiede ai giochi democratici cui si sottopongono destri e sinistri, credenti e atei, buoni e cattivi, belli e brutti: tutti nell’illusione di contare qualcosa almeno per un giorno. Ma qualcosa agli occhi di chi? Del potere, caro Graziano, che gentilmente ringrazia i marcianti in piazza, i quali, per il solo fatto di essere lì a giocare alla democrazia, lo legittimano fin nelle peggiori porcate. Porcate che non sono giustificate tanto dalla maggioranza che le sostiene, quanto dalla inutile minoranza che democraticamente vi si oppone, a volte in buona fede e a volte in cattiva fede.
Senza contare che di questi tempi, così come tutte le strade portano a Roma, tutte le marce finiscono in bocca a Bergoglio. Quella di Assisi non ci è finita fisicamente per ovvie ragioni geografiche, ma spiritualmente tramite lettura del profondo messaggio del vescovo di Roma. Ci finirà la prossima, quella per “L’amnistia, la giustizia e la libertà” in programma il 6 novembre, organizzata dai radicali e intitolata a Marco Pannella e a papa Francesco, che avrà la sua apoteosi in San Pietro.
Immagini lei, caro Graziano, quanto trema il potere davanti a queste manifestazioni. Pensi quante guerre hanno scongiurato i marcianti per la pace di ogni tempo e di ogni latitudine. Pensi quanto sono illusi coloro che partecipano a tali scampagnate convinti che davvero stanno facendo qualcosa di eversivo nei confronti di un establishment corrotto e malvagio.
Caro Graziano, i marcianti di Assisi erano così eversivi che, nell’ordine, hanno avuto il sostegno: del Vaticano con il messaggio in cui Bergoglio ha auspicato che “la manifestazione contribuisca a suscitare sempre più viva la consapevolezza che la guerra distrugge sempre e con essa si perde tutto, perché causa terribili sofferenze, specialmente ai più deboli”; del presidente della repubblica Sergio Mattarella, il quale ha ribadito che “La pace è questione che non interpella solo i vertici delle Nazioni o ristrette classi dirigenti. I popoli subiscono le conseguenze delle guerre. È da loro che può venire una nuova stagione di cooperazione, di sviluppo sostenibile, di rispetto reciproco”; della presidente della camera Laura Boldrini, che invitato a lottare “contro la rassegnazione, il cinismo, l’indifferenza: per ricordare alle istituzioni sovranazionali e nazionali, ai governi e ai parlamenti, che non si possono chiudere gli occhi sui troppi conflitti che insanguinano il pianeta e che concorrono a provocare le migrazioni forzate di decine di milioni di persone disperate”.
Una bella raccolta di pensierini in cui non si capisce neppure quale sia di Bergoglio e quale della Boldrini. Perfetti esercizi di politicamente corretto da cui emerge un solo dato certo: che della Pace, quella vera con la “P” maiuscola, non importa nulla a nessuno dei mittenti.
Eppure, al cospetto di questo nulla, padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, è riuscito a dire che si è palesato “Un fiume umano di pace che inquieta e orienta la storia nella misura in cui anche i governanti sono capaci di accogliere le speranze del popolo, un’onda umana di pace che ‘travolge’ ogni cosa. San Francesco è per tutti faro luminoso ed esempio concreto di pace”.
Ma se, per una volta, invece di una marcia si facesse una processione? È pur vero che bisogna crederci…
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
.
È pervenuta in Redazione:
.
Carissimo Gnocchi,
abbiamo assistito per l’ennesima volta all’inutile spettacolo della marcia per la pace (“p” minuscola) in terra umbra. 100 mila persone inneggianti scontati slogan, sventolanti le famigerate bandiere arcobaleno … Ancora una volta, come sempre del resto, ci si riempie la bocca di questa parolina di 4 lettere che viene usata per fare i soliti pistolotti politici…
Così parliamo di Pace? Con la “P” maiuscola perché: Giovanni 14,27 “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi”. La Pace vera la può dare solo il Signore, perché Lui è il Principe della Pace… Non dimentichiamo che San Paolo lo dice chiaro quando nomina la Pace come Frutto dello Spirito Santo in Galati 5,22 dopo l’Amore e la Gioia (non a caso). Fare frutti significa restare uniti alla pianta, e Chi è la pianta? Giovanni 15,5: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla”. E invece noi cosa facciamo? Le marce per la pace senza la Vite Vera che non produrranno nulla perché senza Dio il Suo Santo Nome non viene neanche accennato. Se dai frutti si riconosce l’albero stiamo arrivando sull’orlo di una terribile guerra mondiale. Albero non buono, frutti cattivi. È evangelico.
Povero S. Francesco, proprio nella sua terra. Le file dobbiamo farle ai confessionali e non in inutili cortei, e poi, perdonati, riconciliati e penitenti, possiamo sì insieme metterci in cammino da Perugia ad Assisi con i sacerdoti in testa portanti il Crocifisso che guidano il popolo che prega il Santo Rosario.
Allora sì che il Signore volgerà il Suo Sguardo.
Cordiali saluti
Graziano Aiazzi
.
Caro Graziano,
ho sforbiciato un po’ la sua lettera, ma ne è rimasto abbastanza perché ci sia la domanda e anche la risposta. Per la legge della compensazione, e per non affaticare i lettori, a lettera lunga faccio seguire una risposta breve. Anzi, sarei tentato di farla brevissima dicendole che le marce non mi piacciono: tutte, perché alla fine sono tutte uguali.
Quando sento parlare di marce, mi viene sempre alla mente una geniale vignetta in cui Guareschi ritrae una manifestazione di disoccupati dove un gruppo porta un cartello che dice “Pane e lavoro”, un altro porta un cartello con la scritta “Lavoro” e un terzo mostra la scritta “A noi solo pane”.
E poi finisce tutto lì, perché, quando è scaduto il tempo, si va tutti a casa e non cambia niente, ma proprio niente. Non si ha neppure la possibilità di accorgersi se si è ottenuto un piccolo risultato, in quanto il vero obiettivo non è il cambiamento, ma la prossima marcia, alla quale bisogna essere almeno uno in più. Non esiste immagine più impietosa della meschina e inutile logica numerica che presiede ai giochi democratici cui si sottopongono destri e sinistri, credenti e atei, buoni e cattivi, belli e brutti: tutti nell’illusione di contare qualcosa almeno per un giorno. Ma qualcosa agli occhi di chi? Del potere, caro Graziano, che gentilmente ringrazia i marcianti in piazza, i quali, per il solo fatto di essere lì a giocare alla democrazia, lo legittimano fin nelle peggiori porcate. Porcate che non sono giustificate tanto dalla maggioranza che le sostiene, quanto dalla inutile minoranza che democraticamente vi si oppone, a volte in buona fede e a volte in cattiva fede.
Senza contare che di questi tempi, così come tutte le strade portano a Roma, tutte le marce finiscono in bocca a Bergoglio. Quella di Assisi non ci è finita fisicamente per ovvie ragioni geografiche, ma spiritualmente tramite lettura del profondo messaggio del vescovo di Roma. Ci finirà la prossima, quella per “L’amnistia, la giustizia e la libertà” in programma il 6 novembre, organizzata dai radicali e intitolata a Marco Pannella e a papa Francesco, che avrà la sua apoteosi in San Pietro.
Immagini lei, caro Graziano, quanto trema il potere davanti a queste manifestazioni. Pensi quante guerre hanno scongiurato i marcianti per la pace di ogni tempo e di ogni latitudine. Pensi quanto sono illusi coloro che partecipano a tali scampagnate convinti che davvero stanno facendo qualcosa di eversivo nei confronti di un establishment corrotto e malvagio.
Caro Graziano, i marcianti di Assisi erano così eversivi che, nell’ordine, hanno avuto il sostegno: del Vaticano con il messaggio in cui Bergoglio ha auspicato che “la manifestazione contribuisca a suscitare sempre più viva la consapevolezza che la guerra distrugge sempre e con essa si perde tutto, perché causa terribili sofferenze, specialmente ai più deboli”; del presidente della repubblica Sergio Mattarella, il quale ha ribadito che “La pace è questione che non interpella solo i vertici delle Nazioni o ristrette classi dirigenti. I popoli subiscono le conseguenze delle guerre. È da loro che può venire una nuova stagione di cooperazione, di sviluppo sostenibile, di rispetto reciproco”; della presidente della camera Laura Boldrini, che invitato a lottare “contro la rassegnazione, il cinismo, l’indifferenza: per ricordare alle istituzioni sovranazionali e nazionali, ai governi e ai parlamenti, che non si possono chiudere gli occhi sui troppi conflitti che insanguinano il pianeta e che concorrono a provocare le migrazioni forzate di decine di milioni di persone disperate”.
Una bella raccolta di pensierini in cui non si capisce neppure quale sia di Bergoglio e quale della Boldrini. Perfetti esercizi di politicamente corretto da cui emerge un solo dato certo: che della Pace, quella vera con la “P” maiuscola, non importa nulla a nessuno dei mittenti.
Eppure, al cospetto di questo nulla, padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, è riuscito a dire che si è palesato “Un fiume umano di pace che inquieta e orienta la storia nella misura in cui anche i governanti sono capaci di accogliere le speranze del popolo, un’onda umana di pace che ‘travolge’ ogni cosa. San Francesco è per tutti faro luminoso ed esempio concreto di pace”.
Ma se, per una volta, invece di una marcia si facesse una processione? È pur vero che bisogna crederci…
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.