Parola di Dio
Dal Secondo libro dei Maccabei, c. 6, vv. 12-17 (prima lettura dell’odierno Officium lectionis, ciclo biennale, anno II):
Io prego coloro che avranno in mano questo libro di non turbarsi per queste disgrazie e di pensare che i castighi non vengono per la distruzione, ma per la correzione del nostro popolo. Quindi è veramente segno di grande benevolenza il fatto che agli empi non è data libertà per molto tempo, ma subito incappano nei castighi.
Poiché il Signore non si propone di agire con noi come fa con le altre nazioni, attendendo pazientemente il tempo di punirle, quando siano giunte al colmo dei loro peccati; e questo per non doverci punire alla fine, quando fossimo giunti all’estremo delle nostre colpe. Perciò egli non ci toglie mai la sua misericordia, ma, correggendoci con le sventure, non abbandona il suo popolo. Ciò sia detto da noi solo per ricordare questa verità.
Si tratta di un “interludio” teologico del sunteggiatore (il secondo libro dei Maccabei è il riassunto di un’opera in cinque libri di Giasone di Cirene) nel bel mezzo della narrazione storica. Un testo pre-cristiano, ma non pagano; un testo veterotestamentario, ma confermato dalla rivelazione del Nuovo Testamento («È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre?», Eb 12:7); un testo deuterocanonico (“apocrifo”, direbbero i protestanti), ma pur sempre canonico e ispirato. In breve, PAROLA DI DIO!
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Pubblicato da Querculanus
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L’amicizia tra i consacrati illimitatamente all’Immacolata
“Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato.”[1]
Nel Vangelo di San Giovanni osserviamo l’atteggiamento di Gesù che accetta tutti quelli che vanno a Lui. Nel brano il Signore spiega il motivo della sua accoglienza: “… perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato.” È nella fusione della volontà del Figlio con quella del Padre la ragione dell’accettare tutti quelli che vanno a Lui. Quest’associazione perfetta delle due volontà, quella umana di Gesù e quella divina del Padre, è la sostanza del voto mariano di consacrazione illimitata all’Immacolata, ne costituisce l’essenza. Il voto mariano è, pertanto, un voto cristocentrico. In esso dovremmo trovare il senso delle nostre amicizie tra laici consacrati.
Con il voto mariano si riproduce una fusione di volontà: quella del consacrato, volontà umana, e quella dell’Immacolata, volontà divinizzata. La volontà dell’Immacolata è divinizzata nel modo più eccelso per una creatura perché, più di tutti gli altri uomini, è Colei che ha messo in pratica la volontà del Padre.
Quando la Madonna assimila la volontà del consacrato alla sua, lo trasforma in un “prolungamento” di se stessa e la volontà della creatura si divinizza nella misura in cui, generosamente, si dona completamente a Lei.
Anche la Madonna, come il Figlio, riceve tutti quelli che vanno a Lei. Se potesse, come il Figlio, abbraccerebbe tutta l’umanità, ma c’è il limite del libero arbitrio dell’uomo e, pertanto, può accettare solo quelli che decidono di andare a Lei.
L’atteggiamento dell’Immacolata dovrebbe caratterizzare anche il nostro modo di porci nelle relazioni amicali all’interno dei gruppi che seguono una spiritualità francescano-mariana, secondo le linee guida del voto mariano.
Da ciò ne discende che i rapporti all’interno dei gruppi, non li dobbiamo scegliere noi, ma l’Immacolata. Di fatto costatiamo che quando siamo noi a scegliere, poi ci tocca caricarci delle delusioni più pesanti. La particolarità, nell’amicizia, può essere dannosa se non voluta e consolidata dalla Madonna. Se preferiamo l’amicizia del più simpatico, poniamo un limite all’operare dell’Immacolata. La preferenza, inoltre, è espressione di un’attesa che riponiamo nell’altro. Ne consegue che se l’aspettativa è alta ma disattesa – e spesso avviene proprio così-, anche la delusione sarà maggiore. L’aspettativa è sempre espressione “dell’attesa di un ritorno”, di un utile, fosse anche l’auspicio di un miglioramento spirituale. Certo c’è differenza tra un tornaconto materiale e l’attesa di un beneficio spirituale. Ed è lodevole che una persona scelga tra gli amici quelli che ritiene migliori, se la scelta è finalizzata ad una crescita spirituale. Il difetto può stare nel fatto che tendiamo ad escludere tutti gli altri. A volte, però, quando l’anima ha già fatto un po’ di strada spirituale, può succedere che anche se è lodevole la frequentazione di persone che si reputano migliori, non è ancora espressione di una fusione totale con l’Immacolata. Bisogna dire a riguardo che la discriminazione implica una fascia di persone che non è considerata all’altezza delle prime. Tutto questo è ancora troppo umano, giacché ciascuno dovrebbe considerarsi l’ultimo e il peggiore di tutti. Vivere con queste prospettive comporta una grossa ampiezza del respiro spirituale, richiede la pratica dell’umiltà a livelli sublimi che ci avvicina a quelli che praticava la Madonna, umile serva del Signore.
Guardiamo a Lei, all’amante per eccellenza, all’umiltà più elevata.
L’Immacolata accoglie e ama, senza chiedere nulla per sé. Noi, sul suo esempio, dovremmo sforzarci di fare altrettanto.
Se anche non ci capitasse di sceglierci le amicizie, ci potrebbe capitare, forse più frequentemente, di evitare quelle fastidiose. Magari durante gli incontri scegliamo di evitare di sederci accanto all’amico dal carattere pesante, o scegliamo di stare prevalentemente con quello con il carattere meno spigoloso, o peggio ancora stiamo attenti a non avvicinarci troppo a quello da cui pensiamo di aver ricevuto un torto.
I nostri rapporti, all’interno dei gruppi, invece, dovrebbero essere caratterizzati dall’abbandono pieno e totale nell’Immacolata, sull’esempio del nostro Fondatore che si fa pane per tutti, si pone al servizio di tutti, freneticamente, con la forza spirituale di un adolescente.
Così anche noi, se vogliamo vivere realmente il voto di consacrazione totale alla Madonna. Impariamo a dare, esercitiamoci nella carità, senza pretendere di avere i primi posti o di conoscere più degli altri. Impariamo a gioire per le gioie dei nostri fratelli. Desideriamo le consolazioni per gli altri e le sofferenze per noi.
In una lettera del laico, beato Contardo Ferrini, all’amico Vittorio Mapelli, che stava attraversando un periodo di sofferenze morali, si legge: “Ma se mi permetti la preghiera che farò sarà un po’ diversa. Io lo [Nostro Signore Gesù Cristo N.d.A.] supplicherò a confortarti, a coronarti delle sue consolazioni e a dare invece a bere a me la parte amara del calice, a me che ho bisogno d’imparare nel pianto ciò che altrimenti il buon Dio vuole indarno insegnarmi.”.Mettiamo fuori dalla porta del nostro cuore ogni forma di gelosia. Lasciamo che la Madonna ci purifichi. Esercitiamoci nel desiderare per noi il peggio e per gli altri il meglio. Lasciamoci assimilare completamente da Lei e troviamo la giustificazione delle nostre azioni, solo nel compimento della volontà del Padre. Per questo siamo venuti al mondo, per fare la sua volontà.
Se, durante i nostri incontri, fra noi ci fosse chi già attuasse pienamente questo breve ed imperfetto vademecum delle relazioni, sperimenterebbe, ne sono sicuro, la perfetta letizia francescana con la benedizione e il gaudio dell’Immacolata.
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