All'Angelus di oggi, 4 dicembre, seconda domenica di Avvento, papa Francesco non si è trattenuto dal tirare un'ennesima bordata contro quella bestia nera che è per lui il "proselitismo".
Distaccandosi dal testo scritto, ha detto:
"Quando un missionario va ad annunciare Gesù, non va a fare proselitismo, come se fosse un tifoso che cerca per la sua squadra più aderenti. No, va semplicemente ad annunciare: 'Il regno di Dio è in mezzo a voi!'. E così il missionario prepara la strada a Gesù".
E tanto meno risulta che i missionari cattolici si comportino oggi come tifosi da stadio, nel mettere in pratica il comandamento di Gesù risorto: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (mt 28, 19-20).
Ma ancor meno comprensibile appare il rimprovero del papa se appena si torna indietro di un giorno nel calendario liturgico, al 3 dicembre, festa di san Francesco Saverio (1506-1552), gesuita come Jorge Mario Bergoglio, tra i primissimi compagni di santi'Ignazio di Loyola e missionario instancabile nel predicare, convertire e battezzare un numero sterminato di nuovi seguaci della fede cristiana, cioè, appunto, di nuovi proseliti, in India, nelle Molucche, in Giappone e infine sulle coste della Cina, dove morì.
"Talmente grande è la moltitudine dei convertiti – scrisse quel santo missionario in una sua lettera – che sovente le braccia mi dolgono tanto hanno battezzato e non ho più voce e forza di ripetere il Credo e i comandamenti nella loro lingua".
Testimoni dell'epoca calcolarono in cinquecentomila, se non addirittura in un milione, i convertiti dalla predicazione di quel santo gesuita. Che infatti fu proclamato patrono delle missioni in Oriente dal 1748, dell’Opera della propagazione della fede dal 1904 e di tutte le missioni dal 1927, assieme a santa Teresina del Bambino Gesù.
Ma niente da fare. Ancor fresco della celebrazione liturgica di questo suo grandissimo confratello, papa Bergoglio non ha trovato di meglio che mettere alla gogna per l'ennesima volta un immaginario peccato di "proselitismo", invece di riproporre come esempio per la tiepida, troppo tiepida Chiesa d'oggi la formidabile dedizione missionaria di quel santo.
Per non dire poi che se san Francesco Saverio si fosse astenuto dal far proseliti, quando nel 1548 sbarcò in Giappone, e altri suoi compagni avessero fatto lo stesso, nemmeno ci sarebbe stata materia per il film "Silence" di Martin Scorsese di cui il papa s'è mostrato tanto compiaciuto. nel ricevere il 30 novembre il regista: un film tutto costruito sul dramma di missionari gesuiti, di convertiti, di "lapsi" e di martiri, in quei tempi durissimi di persecuzione.
Tutte queste precisazioni e questi distinguo di papa Bergoglio su proselitismo, testimonianza muta di vita dei credenti e quant'altro ricordano tanto la volontà di litigio per il gusto del litigio...
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