Dopo Amoris laetitia qualcuno vorrebbe rivedere il Catechismo. Nessun “dubia”.
In più occasioni il direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro SJ, ha sottolineato che i dubia sollevati dai quattro cardinali sono solo di chi si ostina a non voler capire. Anzi, nella recente intervista concessa ad Austen Ivereigh sul portale Crux.com, il padre Spadaro ha specificato che “una coscienza sincera” può trovare tutte le risposte in Amoris laetitia.
Ma, come peraltro fa notare lo stesso direttore di Crux, il vaticanistaJhon L. Allen Junior, bisogna pur riconoscere che le interpretazioni dell’esortazione post-sinodale date da diversi vescovi non sono proprio omogenee, specialmente per il capitolo VIII.
A dimostrazione che forse non tutto è proprio chiaro e limpido a proposito dell’esortazione Amoris laetitia viene alle cronache una recente intervista di padre Martin Maria Lintner, teologo morale sudtirolese docente allo Studio teologico di Bressanone/Brixen e a Innsbruck in Austria (nella foto in apertura). Per il giovane teologo, che già era intervenuto sul tema (vediQUI), non c’è alcun dubbio: AL è “un punto di non ritorno”.
“Dal punto di vista della teologia morale”, dice il religioso e teologo, “si deve riconoscere che il papa ha aperto una strada per i divorziati risposati: non possiamo più affermare che oggi ci sia un’esclusione categorica ad accostarsi ai sacramenti dell’eucaristia e della riconciliazione per quanti, nella nuova unione, non si astengono dai rapporti sessuali. Su questo non c’è alcun dubbio, proprio a partire dal testo stesso dell’AL”. Eppure, alla luce delle recenti dichiarazioni del prefetto della Congregazione della Dottrina della fede, fa un certo effetto che un giovane religioso abbia queste assolute certezze, ma è pur vero che l’esortazione apre più di qualche spiraglio.
D’altra parte, nonostante la chiarezza che vede il padre Lintner, egli ritiene che una revisione del Catechismo della Chiesa Cattolica sarebbe utile, forse per meglio esprimere l’insegnamento pastorale innovato con AL.
“Il problema”, spiega il teologo riprendendo un argomento noto di alcuni interpreti del documento, “è che un peccato oggettivo non può mai essere sganciato dalla persona che lo compie. Il peccato è sempre quello di un soggetto che liberamente, volutamente, coscientemente cerca il male ossia omette il bene. AL riconosce che questo non può essere detto di tutti coloro che vivono in situazioni complesse o cosiddette «irregolari». Afferma perfino che alcune persone in queste situazioni non possono agire diversamente proprio per non rendersi colpevoli di peccato: per esempio, non abbandonano il partner perché questo sarebbe un atto di mancanza grave di responsabilità nei suoi confronti, oppure non rinunciano all’intimità sessuale per poter esprimere l’amore e l’affetto che provano l’uno per l’altra e per non mettere in pericolo la loro fedeltà o il bene dei figli. Per questo sarebbe da rivedere la formulazione nel CCC 2384, là dove si afferma che, in qualunque situazione, il divorziato/risposato si colloca in «una condizione di adulterio pubblico e permanente”.
Una tesi interessante, anche se solleva più di un “dubia”. A dimostrazione che dopo AL non proprio tutto è così chiaro come si vorrebbe far credere. (LB)
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