Alla paventata ammonizione che seguirà la mancata risposta ai dubia, c'è chi già si ingegna per dire che essa non ha alcun precedente storico e che non trova riscontro nel diritto canonico. Il prof. De Mattei ha dimostrato che questo non è vero, e che l'ammonizione del Pontefice incorso in errore venne praticata già con Giovanni XXII.
Ma, al di là delle argomentazioni storiche - pur inoppugnabili - pare incredibile che si obbietti alla legittimità dell'ammonizione su basi canoniche e disciplinari, allorché la cifra di questo "pontificato" è proprio l'assoluto arbitrio, sotto le speciose motivazioni di voler evitare formalismi e fariseismi.
Ma come? Prima vediamo abbattere quel poco che rimane della Chiesa Cattolica a colpi di misericordia, di discorsi informali, di elogio della pastoralità in danno all'ortodossia, alla morale, alla disciplina, alla liturgia ed alla tradizione; sentiamo il Satrapo di Santa Marta scagliarsi contro la rigidità di chi si appella alle regole; e poi, proprio quando quattro Cardinali adottano un comportamento realmente pastorale, ecco che i cubicularii di Bergoglio minacciano di toglier loro la berretta, basandosi su precedenti casi, o ricusano l'ammonizione dicendo che non è prevista dal diritto della Chiesa.
Gli stessi che fanno strame di qualsiasi norma, che commissariano un Ordine sovrano ed indipendente, che screditano il suo Cardinal Patrono, che licenziano senza causa i propri dipendenti refrattari e viceversa promuovono a Vescovo un ecclesiastico che la Congregazione non voleva inserire tra i candidati! Gli stessi che vanno in brodo di giuggiole quando il loro idolo parla di parresia, salvo poi adontarsi quando qualcuno lo contesta in nome di quella stessa franchezza.
Par di trovarsi all'epoca di Eliogabalo, il quale fu pure Imperatore romano, Pontefice Massimo e Padre della Patria, ma che coi suoi scandalosi eccessi fu alla fine eliminato dai Pretoriani e venne colpito dalla damnatio memoriae.
Postato da Cesare Baronio
http://opportuneimportune.blogspot.de/2016/12/il-legalismo-del-sinedrio-romano.html
Gloria in excelsis Deo,
et in terra pax hominibus bonae voluntatis
Così San Luca racconta come l’Angelo avvisò i pastori dell’avvenuta nascita di Gesù:
Ma questa è storia vecchia e, come tutti sanno, non fa testo, poiché la realtà è ben diversa, e meno male che il Vaticano II ce l’ha rivelata giusta così che oggi sappiamo che gli Angeli non hanno parlato di pace per gli uomini “di buon volere”, o di “buona volontà”, come noi cattolici abbiamo creduto per duemila anni insieme con i nostri padri, ma hanno più esattamente parlato di pace per gli uomini “che Dio ama”; cosa che, in tutta evidenza, è ben diversa.
Tanto diversa che la pace annunciata dagli Angeli, secondo il racconto errato di San Luca non riguarda più gli uomini che dispongono rettamente la loro volontà volgendosi a Dio, bensì gli uomini che, secondo la versione corretta del Vaticano II, “Dio ama”… cioè tutti, indiscriminatamente, indipendentemente dal fatto che dispongano la loro volontà verso Dio.
Pace, pace a tutti, sia a quelli di buona volontà sia a quelli di mala volontà, perché Dio ama tutti, senza distinzione; Dio non chiede ad alcuno di vivere rivolto a Lui, tanto Lui ama tutti e quindi, secondo il Vaticano II, la pace di Dio va a tutti.
E voilà! Il giuoco è fatto! Tutti si salvano, i buoni e i cattivi, soprattutto perché non ci sono più cattivi a partire dal Vaticano II: tutti gli uomini sono buoni per decreto conciliare.
Ora, questa solenne bestialità, che fa a pugni non solo col testo evangelico e con duemila anni di insegnamento della Chiesa, ma perfino col più elementare buon senso, è quella ripetuta pari pari dal misericordioso Bergoglio nel corso dell’omelia della notte di Natale 2016 e del messaggio urbi et orbi del 25 dicembre scorso.
Partendo da questa versione volutamente errata delle parole degli Angeli, Bergoglio ha distribuito manciate di pace a tutti, a destra e a manca, a ragione e a torto, in lungo e in largo: una pace a parole che non gli è costata alcunché… e che ovviamente non vale un fico secco.
Ma ecco che a chiusura del suo messaggio, per un improvviso guizzo della mente… e per far quadrare i conti con la demagogia… Bergoglio esclama:
Come per incanto sono riapparsi “gli uomini di buona volontà”. Ma dato che la sviata mentalità degli uomini figli del Vaticano II non conosce … o volutamente disconosce… che gli “uomini di buona volontà” sono quelli che vivono secondo Dio, ecco che Bergoglio parla di buona volontà secondo l’uomo, di buona volontà non più rivolta a farsi veri adoratori di Dio, ma rivolta a farsi costruttori di un mondo più umano e più giusto.
L’inversione di prospettiva è talmente palese che neanche Bergoglio si rende conto di ritrovarsi a braccetto con i massoni e con tutti quelli che da gran tempo predicano e auspicano la pace, a parole, mentre seminano e praticano miriadi di piccole e grandi guerre che, solo negli ultimi 70 anni, hanno prodotto milioni di morti… sempre in nome della pace, della giustizia sociale e della democrazia… i nuovi fini terreni degli uomini dimentichi di Dio, papi compresi.
Poco prima di Natale erano diciotto i cardinali e i vescovi che si erano pronunciati pro o contro i cinque dubbi resi pubblici il 14 novembre da quattro cardinali a proposito dei punti controversi di "Amoris laetitia", con la richiesta a papa Francesco di "fare chiarezza", richiesta tuttora inesaudita.
In questo servizio di www.chiesa del 21 dicembre c'era una precisa rassegna dei loro pronunciamenti:
In un "Post Scriptum" si segnalavano inoltre altri tre interventi, che portavano il totale a ventuno, dei quali solo otto contro l'iniziativa dei quattro cardinali.
Ma dopo di allora altre due voci di cardinali e vescovi si sono levate, una pro e una contro.
Quella a sostegno dei quattro cardinali è del vescovo ausiliare di Salisburgo Andreas Laun, intervistato il 23 dicembre da Maike Hickson per il blog OnePeterFive:
Quella a sostegno del papa è del cardinale Walter Kasper, in un'intervista del 22 dicembre alla Radio Vaticana in lingua tedesca:
> Kardinal Kasper: "Amoris Laetitia ist klar"
> Kardinal Kasper: "Amoris Laetitia ist klar"
A giudizio di Kasper, "naturalmente si possono presentare dubbi e domande al papa, ogni cardinale può farlo. Ma sul fatto che fosse una buona idea rendere pubblica questa richiesta di chiarimento, ho delle perplessità. A mio parere l’esortazione apostolica è chiara; ci sono anche dichiarazioni successive dello stesso papa, la lettera ai vescovi argentini, o dichiarazioni del cardinale vicario di Roma. Si è reso chiaro ciò che il papa dice e come lo vede. Non vi è alcuna contraddizione con le dichiarazioni di Giovanni Paolo II. È uno sviluppo omogeneo. Questa è la mia posizione, come la vedo io. A questo proposito non esistono per me dubbi".
A tutt'oggi, quindi, tra i ventitré cardinali e vescovi intervenuti il punteggio è di 14 a 9 a vantaggio dei quattro cardinali, segno evidente che i loro "dubia" non sono affatto ritenuti inconsistenti e che l'attesa di una chiarificazione si fa sempre più forte ed estesa.
*
Va inoltre segnalato che uno dei quattro cardinali firmatari dei "dubia", il tedesco Walter Brandmüller, interpellato da Andrea Tornielli per Vatican Insider, ha precisato il senso della "correzione formale" del papa fatta balenare da un altro dei firmatari, il cardinale Raymond L. Burke:
"Il cardinale Burke – ha puntualizzato Brandmüller – non ha detto che la correzione formale debba avvenire pubblicamente, né ha indicato una scadenza, e devo ritenere che sia convinto che, in prima istanza, la correzione formale avvenga 'in camera caritatis'. Il cardinale Burke ha espresso in piena autonomia una sua opinione, che potrebbe essere condivisa da altri cardinali, che comunque procederanno in solido".
"L'intendimento dei 'dubia' – ha detto ancora Brandmüller – è di promuovere nella Chiesa il dibattito, come sta avvenendo, nell'attesa di una risposta, la cui mancanza viene vista da ampi settori della Chiesa come un rifiuto dell'adesione chiara e articolata alla dottrina definita".
*
Se poi si estende la rassegna al di là dei soli cardinali e vescovi, c'è almeno un intervento che è doveroso segnalare.
È l'ampia intervista con il teologo brasiliano Leonardo Boff apparsa in Germania il giorno di Natale sul quotidiano "Kölner Stadt-Anzeiger":
Ai "dubia" Boff dedica questo passaggio:
"Il papa sente l'asprezza dei venti contrari che provengono dalle alte gerarchie, specie da quelle degli Stati Uniti. Questo cardinale Burke che ora – assieme al vostro cardinale in pensione Meisner di Colonia – ha scritto una lettera al papa, è il Donald Trump della Chiesa cattolica (risata). Ma, a differenza di Trump, Burke in curia è stato neutralizzato. Grazie a Dio. Questa gente crede per davvero che spetta a loro correggere il papa. Come se essi fossero al di sopra del papa. Una cosa del genere è inusuale, se non senza precedenti nella storia della Chiesa. Uno può criticare il papa, può avere una discussione con lui. Questo è ciò che io ho fatto spesso. Ma che dei cardinali accusino pubblicamente il papa di diffondere errori teologici o addirittura eresie, questo penso che è troppo. È un affronto che il papa non può consentire. Il papa non può essere giudicato, questo è l'insegnamento della Chiesa".
Salvo poi, nella stessa intervista, mettersi lui, Boff, ad accusare di "grave errore teologico" e di "terrorismo religioso" la dichiarazione "Dominus Iesus" pubblicata nel 2000 dall'allora cardinale Joseph Ratzinger con l'approvazione piena di papa Giovani Paolo II.
Ma ci sono anche altri passaggi interessanti dell'intervista.
Ad esempio dove Boff spiega perché papa Francesco dovette cancellare l'udienza che gli aveva accordato all'inizio del sinodo del 2015:
“Avevo ricevuto un invito ed ero già atterrato a Roma. Ma proprio quel giorno, immediatamente prima dell’inizio [dei lavori] del sinodo sulla famiglia del 2015, tredici cardinali – fra i quali il cardinale tedesco Gerhard Müller – organizzarono una rivolta contro il papa con una lettera indirizzata a lui che poi fu pubblicata, guarda caso, su un giornale. Il papa era furente e mi disse: ‘Boff, non ho tempo. Devo ristabilire la calma prima che il sinodo cominci. Ci vedremo in un altro momento'".
Oppure dove dice di "aver sentito che il papa vuole accogliere l'esplicita richiesta dei vescovi brasiliani e specialmente del suo amico cardinale Cláudio Hummes di impegnare di nuovo nella cura pastorale i preti sposati, almeno per un certo periodo sperimentale".
Senza peraltro che Boff stia ad aspettare dal papa questo via libera. Nell'intervista, infatti, egli racconta, pur essendo sposato e formalmente impedito di esercitare il ministero:
"Io già faccio quello che ho sempre fatto, e quando capito in una parrocchia senza il prete celebro io la messa assieme al popolo, e nessun vescovo me l'ha mai contestato o proibito. Anzi, i vescovi sono felici e mi dicono: 'La gente ha diritto all'eucaristia. Continua a fare così!'. Il mio maestro teologico, il cardinale Paulo Evaristo Arns – che è morto pochi giorni fa – era, per esempio, di grande apertura. Arrivava al punto che quando vedeva dei preti sposati seduti nella navata durante la messa, li faceva salire all'altare e concelebrava l'eucaristia con loro".
et in terra pax hominibus bonae voluntatis
di Giovanni Servodio
Così San Luca racconta come l’Angelo avvisò i pastori dell’avvenuta nascita di Gesù:
et subito facta est cum Angelo multitudo militiae celesti, laudantium Deum et dicentium: Gloria in excelsis Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis
[e subito si unì all’Angelo una schiera della milizia celeste, che lodava Dio, dicendo: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buon volere.]
Ma questa è storia vecchia e, come tutti sanno, non fa testo, poiché la realtà è ben diversa, e meno male che il Vaticano II ce l’ha rivelata giusta così che oggi sappiamo che gli Angeli non hanno parlato di pace per gli uomini “di buon volere”, o di “buona volontà”, come noi cattolici abbiamo creduto per duemila anni insieme con i nostri padri, ma hanno più esattamente parlato di pace per gli uomini “che Dio ama”; cosa che, in tutta evidenza, è ben diversa.
Tanto diversa che la pace annunciata dagli Angeli, secondo il racconto errato di San Luca non riguarda più gli uomini che dispongono rettamente la loro volontà volgendosi a Dio, bensì gli uomini che, secondo la versione corretta del Vaticano II, “Dio ama”… cioè tutti, indiscriminatamente, indipendentemente dal fatto che dispongano la loro volontà verso Dio.
Pace, pace a tutti, sia a quelli di buona volontà sia a quelli di mala volontà, perché Dio ama tutti, senza distinzione; Dio non chiede ad alcuno di vivere rivolto a Lui, tanto Lui ama tutti e quindi, secondo il Vaticano II, la pace di Dio va a tutti.
E voilà! Il giuoco è fatto! Tutti si salvano, i buoni e i cattivi, soprattutto perché non ci sono più cattivi a partire dal Vaticano II: tutti gli uomini sono buoni per decreto conciliare.
Ora, questa solenne bestialità, che fa a pugni non solo col testo evangelico e con duemila anni di insegnamento della Chiesa, ma perfino col più elementare buon senso, è quella ripetuta pari pari dal misericordioso Bergoglio nel corso dell’omelia della notte di Natale 2016 e del messaggio urbi et orbi del 25 dicembre scorso.
Partendo da questa versione volutamente errata delle parole degli Angeli, Bergoglio ha distribuito manciate di pace a tutti, a destra e a manca, a ragione e a torto, in lungo e in largo: una pace a parole che non gli è costata alcunché… e che ovviamente non vale un fico secco.
Ma ecco che a chiusura del suo messaggio, per un improvviso guizzo della mente… e per far quadrare i conti con la demagogia… Bergoglio esclama:
«Pace sulla terra a tutti gli uomini di buona volontà, che ogni giorno lavorano, con discrezione e pazienza, in famiglia e nella società per costruire un mondo più umano e più giusto, sostenuti dalla convinzione che solo con la pace c’è la possibilità di un futuro più prospero per tutti.»
Come per incanto sono riapparsi “gli uomini di buona volontà”. Ma dato che la sviata mentalità degli uomini figli del Vaticano II non conosce … o volutamente disconosce… che gli “uomini di buona volontà” sono quelli che vivono secondo Dio, ecco che Bergoglio parla di buona volontà secondo l’uomo, di buona volontà non più rivolta a farsi veri adoratori di Dio, ma rivolta a farsi costruttori di un mondo più umano e più giusto.
L’inversione di prospettiva è talmente palese che neanche Bergoglio si rende conto di ritrovarsi a braccetto con i massoni e con tutti quelli che da gran tempo predicano e auspicano la pace, a parole, mentre seminano e praticano miriadi di piccole e grandi guerre che, solo negli ultimi 70 anni, hanno prodotto milioni di morti… sempre in nome della pace, della giustizia sociale e della democrazia… i nuovi fini terreni degli uomini dimentichi di Dio, papi compresi.
Comunione ai divorziati risposati? Una menzogna
Il dibattito sull'ottavo capitolo della Amoris Laetitia dimentica generalmente la teologia sacramentale, ovvero il legame teologico che esiste tra sacramento del matrimonio e sacramento dell'Eucaristia. È qui che si capisce l'assurdità di permettere l'accesso alla comunione a chi è divorziato e risposato.
Un giorno i farisei chiesero a Gesù se era lecito ripudiare la propria moglie, dal momento che Mosè lo aveva permesso in alcuni casi. Gesù non si fece intrappolare dalla casistica farisaica e ricordò loro che Dio aveva creato l’uomo e la donna perché fossero “due in una sola carne” (Gen 2,24) e quindi l’uomo non può separare ciò che Dio ha unito (Mc 10,2-9; cfr. Mt 5,31; Lc 16,18; De 24, 1-4]. Alla visione limitativa moralistico-legale dei farisei (legge di Mosé), Gesù oppone una ben più ampia visione teologica (il significato del progetto creativo di Dio).
Le discussioni sull’interpretazione del cap. VIII dell’Esortazione Apostolica Amoris Laetitia, particolarmente sulla possibilità per i fedeli divorziati e risposati (o in genere per tutte le coppie cosiddette irregolari) di accedere - almeno in alcuni specifici casi - all’Eucaristia, insistono troppo – a mio parere - sugli aspetti morali o pastorali, e poco su quelli teologici, col rischio di perdere di vista il legame tra i vari sacramenti e di essi con il progetto creativo e redentivo di Dio in Cristo.
Questo non vuol dire che la questione morale sia secondaria, ma che - trattandosi appunto di sacramenti - bisogna far riferimento anche alla teologia sacramentale. La domanda allora è questa: Quale legame teologico esiste tra il sacramento del Matrimonio e il sacramento dell’Eucaristia?
Cercherò qui solo di introdurre il tema, essendo l’argomento bisognoso di ben altra trattazione. Nella Lettera agli Efesini (5,31-32) l’Apostolo afferma: «Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!» Il mistero della Chiesa è – secondo Paolo - in stretto rapporto col mistero dell’unione sponsale tra uomo e donna. Infatti, il vero sposalizio, il vero “grande mistero” (tradotto sacramentum nella Vulgata latina) è il rapporto sponsale tra Cristo e la Chiesa, chiamati a diventare – nel progetto d’amore di Dio - una sola carne. Del resto, l’immagine sponsale del rapporto tra Dio e l’umanità attraversa tutta la Bibbia.
Possiamo dire – in estrema sintesi – che il “mistero” di Dio comincia con una coppia (Adamo-Eva) si sviluppa con un’altra coppia (Jahvé-Israele) e, dopo il fallimento di queste a causa dell’infedeltà umana, si realizza finalmente con la coppia Cristo-Chiesa. Questo definitivo “matrimonio” ha una dimensione storica e una escatologica: in quella storica lo Sposo-Cristo dovrà continuamente purificare la Sposa-Chiesa attraverso i secoli con numerose prove (soprattutto il martirio), mentre in quella escatologica la Sposa-Chiesa, resa santa e immacolata dal sangue dell’Agnello, la Gerusalemme celeste, celebrerà le nozze eterne e definitive con Lui.
E’ questo il “mistero della fede” che viene celebrato e attuato nella vita della Chiesa attraverso l’Eucaristia, “memoriale della morte e risurrezione del suo Signore nell’attesa della sua venuta”. Lo Sposo Cristo-Eucaristico continua, attraverso questo mistero-sacramento, a offrire la sua vita per purificare, santificare e unire a sé la Sposa-Chiesa presente nell’assemblea convocata, e poi la unisce a sé diventando con lei “una sola carne” attraverso la Comunione eucaristica.
La Santa Comunione è dunque un atto nuziale. Essa realizza e trascende il significato ultimo dell’unione “nella carne” di due sposi cristiani. I sacramenti del matrimonio e dell’Eucaristia sono dunque ordinati l’uno all’altra, l’uno non può esistere senza l’altra, l’uno senza l’altra perde di significato. Di più: tutti i sacramenti hanno una dimensione sponsale, perché tutti esprimono le diverse maniere con cui Cristo unisce a sé la sua Sposa e questo non è strano, perché la stessa Chiesa è “sacramento universale di salvezza”.
Joseph Ratzinger, in una lezione tenuta al Congresso eucaristico di Como il 10 settembre 1997, affermava: «Ricevere l’eucaristia […] significa: fusione delle esistenze, profonda analogia spirituale con ciò che avviene nell’unione di un uomo e di una donna sul piano fisico-psicologico-spirituale. […] L’«eros» della creatura viene assunto dall’«agape» del Creatore e diviene così quel beatificante abbraccio, di cui parla sant’Agostino. La lettera agli Efesini […] cita interamente e con esattezza la profezia di Adamo del divenire una sola carne di uomo e donna come la visione del mysterion che sta all’inizio dell’umanità e allo stesso tempo la spinge continuamente in avanti, per la quale l’amore di un uomo e di una donna costituisce l’analogia concreta fondamentale”. […] Fare la comunione significa diventare Chiesa, perché significa divenire un solo corpo con Lui. Naturalmente questo essere-un-solo-corpo deve essere pensato secondo la modalità dell’essere una cosa sola di un uomo e di una donna: una sola carne e tuttavia due persone, due e tuttavia una cosa sola. La differenza non viene eliminata, ma assunta in un’unità più profonda».
Quando un uomo e una donna cristiani celebrano validamente il sacramento del matrimonio, che ne siano consapevoli o meno, significano e annunciano, attraverso la loro unione fisica-psichica-spirituale il “mistero della fede” attualizzato nel sacramento eucaristico in tutte le sue dimensioni. Di conseguenza, se si spezza liberamente quell’unione col divorzio e se ne forma un’altra, civile o di fatto, questa seconda unione, anche se fosse più piena e felice della precedente, non avrà niente a che fare con quel “sacramentum-mysterion” e quindi non avrà più nessun rapporto col “sacramento” eucaristico, cioè l’essere una sola carne con Cristo. Pretendere di accedere alla Santa Comunione in tale situazione sarebbe perciò, piaccia o non piaccia, una vera e propria menzogna. Si facciano pure tutte le casistiche possibili: nessuna situazione concreta potrà mai contraddire questo fondamentale dato
di Paolo De Lisi28-12-2016teologico.http://www.lanuovabq.it/it/articoli-comunione-ai-divorziati-risposati-una-menzogna-18483.htm
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