Il terreno favorevole dove avviene la demolizione
Ora che la demolizione del cattolicesimo, cominciata con l’era conciliare, è giunta alle sue battute finali per mano di Bergoglio, c’è da chiedersi come essa abbia potuto compiersi senza trovare una opposizione diffusa di popolo, senza che la massa cattolica abbia avvertito la enormità di un programma eversivo che pure si manifestò presto apertamente nello stravolgimento della liturgia.
di Patrizia Fermani
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Quella massa fu incapace di leggere sin dall’inizio quanto stesse realmente accadendo perché abbagliata dal frastuono mediatico. Poi, in parte paga di essere stata investita dal Concilio del sacerdozio diffuso, non si accorse che i cambiamenti liturgici capovolgevano tutta una prospettiva religiosa, toglievano al messaggio cristiano il presupposto fondamentale del sacro e ne facevano una proposta ideologica e politica come tante.
Nel mutamento di gesti antichi, radicati nella mente e nell’anima di ognuno fin dall’infanzia, non ha visto la perdita della propria eredità ed identità religiosa, e vi si è invece adattata senza resistere. L’opposizione non mancò ma non fu opposizione di popolo. Fu appannaggio di una élite e non trovò ascolto nelle stanze vaticane già dominate dalla politica vestita dei panni della teologia progressista.
Il popolo non solo non si ribellò, ma nel complesso accolse tranquillamente e persino con entusiasmo quella rivoluzione, perché ogni cambiamento appariva come necessità e destino. Era l’epoca in cui il mito del nuovo che avanza aveva acquistato un prestigio e un primato che nessuno metteva in discussione e non c’era dunque da lamentarsi se ora anche la Chiesa cattolica ne faceva la propria bandiera.
Ai tempi del Concilio la guerra che aveva stravolto la faccia dell’Europa era finita soltanto da diciassette anni e quei pochi anni avevano visto la gente impegnata febbrilmente ad appianare e a dimenticare le macerie. L’idea del nuovo che libera dal peso e dal fastidio del vecchio ed è buono per definizione trionfava ovunque sanando le ferite della memoria. La gente aveva sostituito volentieri la fòrmica al legno dei vecchi mobili di casa. Il nuovo era funzionale e lo svecchiamento era un dovere estetico e morale. Per questo di lì a poco anche la follia sessantottina, che si spacciava per innovativo pensiero politico, dapprima sottovalutata, e poi irresponsabilmente tollerata, finirà per contaminare in modo trasversale le successive generazioni.
Il mondo stesso si annunciava come un mondo nuovo e la chiesa si attaccò comodamente al suo carro sicura di poterne condividere i futuri trionfi, affidando al pregiudizio positivo del nuovo che avanza il compito di rovesciare una tradizione religiosa millenaria, secondo la ricetta di Ernesto Bonaiuti.
Ma ovviamente l’operazione non avrebbe avuto speranza di successo se non fosse stata guidata dalla somma autorità del Concilio e del Papa. L’aggiornamento predicato da quest’ultimo fu la chiave di volta per condurre senza intoppi la massa cattolica ad una epocale inversione di rotta. Essa eseguì docilmente il comando perché la sacralità dell’ufficio non consentiva che si mettessero in discussione gesti e parole, guidati ora anche da una pur grossolana regia. La imbarazzante macchietta del Papa buono, allestita da Loris Capovilla in vista di una ideale canonizzazione in vita, e perpetuata fino ai giorni nostri, era anche funzionale all’emergente cattocomunismo consociativo che ne fece una propria icona. Dunque la fascinazione del nuovo e l’autorità papale che lo consacrava come valore impedirono che vi fosse una ribellione generalizzata. La gente tollerò che si raschiassero gli antichi altari dalle absidi e si demolissero le balaustre che servivano anche per inginocchiarsi, mentre con arroganza demagogica veniva messo in vendita il triregno.
Intanto, mentre la demolizione del cattolicesimo per mano dei preti è andata avanti nella sostanza e nelle forme, rimaneva in piedi la facciata della morale cattolica, anche se via via più sfilacciata, come avviene per certi palazzi antichi, trasformati all’interno in condomini di tanti appartamenti, che conservano l’involucro esterno in modo da fornire all’insieme un certo prestigio nobiliare.
Bergoglio, oriundo come Sivori, uno che amava giocare con i calzettoni calati, ha messo mano prima alla forma e poi anche alla facciata, in modo da togliere di mezzo l’ultimo ingombrante ostacolo ad un completo allineamento col mondo. Ha portato il colpo di scure definitivo al nucleo della morale cattolica che resisteva ancora nella coscienza della cristianità. Ha imbastito solennemente un sinodo dei vescovi, perché la chiesa approdasse democraticamente in modo definitivo nella palude del mondo secolarizzato, trasformandosi in agenzia politica al servizio dei poteri che lo controllano. La chiesa ha appiattito la morale cattolica su quella secolare, cancellando anche la propria ultima ragion d’essere. Su sesso, famiglia, procreazione, aborto, istinti ed educazione, ragioni della vita e della morte, non debbono sussistere regole “cattoliche”, come non sussiste un contenuto religioso migliore di un altro. L’importante è che ci sia su tutto il più largo accordo possibile, perché se ciascuno fa quello che più gli aggrada, secondo il proprio comodo, non vi sono motivi di frizione sociale e si realizza “GIUSTIZIA E PACE”.
Tuttavia un’opera tanto radicale per realizzarsi concretamente doveva trovare ancora una volta le condizioni favorevoli e anche questa ultima fase decisiva della demolizione del cattolicesimo e della società nel suo complesso, attraverso l’abbandono e il rinnegamento di ogni principio morale, ha potuto fare affidamento sulla inerzia, la connivenza, o addirittura il supporto fattivo di quello che era stato eletto a popolo di Dio, e continua a chiamarsi cattolico.
Non si demolisce una casa se chi ci abita oppone una reale resistenza, la transenna, alza una protezione capace di resistere ai colpi di piccone. Ma i demolitori avevano studiato il terreno e sapevano che non avrebbero incontrato ostacoli significativi. Non sanno più né di greco né di latino. Leggono il vangelo nella edizione ridotta priva di ogni richiamo ai comandamenti, ma sanno tutto sulle dinamiche psicosociali del popolo di Dio, e si intendono bene di scienza della comunicazione. Fanno affidamento sulla velocità con cui questo nuovo popolo di Dio ha imparato ad espungere il sacro dalla vita e dalla morte, ha sostituito senza rimpianto le feste religiose con quelle commerciali e nelle case come nelle scuole ha abolito il presepe che potrebbe richiamare alla memoria le famigerate radici cristiane. Sanno che con una accelerazione stupefacente la massa excattolica corre veloce verso il nulla prossimo venturo, sulla scia papale.
Ma chi sono nel dettaglio quelli che danno alacremente man forte alla squadra di demolitori comandata dal Bergoglio?
Quando questi apparve ingessato e torvo sulla Loggia delle benedizioni, le acque del popolo si sono subito separate: da un lato i pochi che hanno letto con sgomento nei suoi gesti e nelle sue parole il profilo del Grande Demolitore, dall’altro i più, che hanno visto soltanto quello che volevano o immaginavano di vedere. Fra questi consapevoli, o inconsapevoli a vario titolo, sono state reclutate le maestranze e la manodopera.
Nella grande famiglia “cattolica” arruolata dai guastatori, vanno annoverati, in un catalogo di massima:
1) I papisti che ripongono fiducia cieca in chiunque ricopra il ruolo papale indipendentemente da ogni verifica circa la fedeltà di fatti e parole dell’eletto alla missione petrina.
2) i cattocomunisti modernisti, antiratzingeriani per posizione che avevano ritenuto l’elezione di Benedetto XVI fatta in funzione antiprogressista e hanno boicottato per questo i principi non negoziabili.
3) i cattocomunisti pauperisti ed ecologisti che hanno trovato in Bergoglio l’atteso capopopolo.
4) i cattolici praticanti e devoti non progressisti che scindono la responsabilità del clero modernista da quella papale perché non si azzardano a mettere in conto una perfetta continuità tra il primo e il secondo.
5) i cattolici ortodossi che vedono l’eresia bergogliana ma ritengono non sia politicamente conveniente pubblicizzarla per non rafforzare i nemici della Chiesa. Una sottospecie è quella dei cattolici osservanti che comprendono il contenuto eversivo del lessico e dell’opera bergogliana ma ritengono non se ne debba parlare per non seminare la divisione tra i fratelli di fede e favorire indirettamente il nemico della chiesa (che ora però è diventato amico e pure “cattolico”).
6) i cattolici devoti che non osano neppure cercare di capire il significato delle parole di Begoglio, delle sue performances ufficiali, delle iniziative, e hanno rinunciato ad ogni sforzo conoscitivo.
7) i cattolici osservanti che comprendono il significato di detti e fatti ma per non soffrire, aspettano fiduciosi che passi.
8) i cattolici osservanti che avvertono la dissonanza dei detti e fatti ma, sempre per non soffrire, la ritengono frutto della interpolazione e del travisamento mediatico.
9) specie a parte, quella dei professionisti della politica compromissoria, aperti alla negoziazione ad oltranza su tutto e quindi implicitamente liberati da ogni ipoteca di principio, per i quali “questo o quello per me pari sono” se torna politicamente utile mostrarsi amico della chiesa comunque essa si presenti.
10) infine c’è Introvigne.
A dare man forte a questa solida compagine si sono aggiunti con grande clamore anche gli ex oppositori, libertari e libertini, che rifiutavano la morale cattolica perché ne coltivavano una opposta e ritenevano gli insegnamenti ufficiali della chiesa un ostacolo per l’aggiornamento della società e per la felicità individuale. Alcuni, coltivando un residuo senso di colpa, sono stati pronti a revocare ogni opposizione quando hanno saputo che non sarebbero stati giudicati: omosessuali, divorziati, abortisti ed eutanasici misericordiosi ecc., altri pensano di poter sfruttare ora appieno il potenziale della chiesa per il trionfo della propria ideologia.
Con questa formidabile flottiglia di scorta, la chiesa excattolica ha rivolto la prua verso l’iceberg e i passeggeri a bordo non ancora disposti a schiantarsi con essa devono cercare di allontanarsi il più possibile con la propria scialuppa di salvataggio.
– di Patrizia Fermani
5/12/2016
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