Televisioni e giornali hanno dato grande rilievo alla notizia di un parroco pugliese che ha invitato pubblicamente i fedeli della sua parrocchia, mediante affissione di manifesti in tutto il paese, a partecipare alla messa di suffragio per un defunto la cui storia è ben nota.
Il soggetto in questione, Rocco Sollecito, è un italo americano, residente in Canada e ucciso il maggio scorso nei pressi di Montreal in un agguato mafioso. Secondo le autorità locali Sollecito faceva parte di uno dei clan più potenti di quella città. Il figlio Franco in occasione di queste feste natalizie è in visita al paese d’origine della famiglia, Grumo Appula, a pochi chilometri da Bari, e chiede al parroco di celebrare una messa di suffragio per il genitore morto oltre oceano: la messa è fissata per il pomeriggio del 27 dicembre.
Sin qui i fatti, in breve. Ma su questi fatti una riflessione si impone.
Sgombriamo il campo anzitutto da qualunque possibile giustificazione per il tenore dei manifesti con cui si ‘pubblicizza’ la celebrazione: il compito di un parroco è quello di invitare i propri fedeli a partecipare alla santa messa, specie nei giorni di precetto, in quanto dovere religioso e cristiano, per ciò che è la messa, non certo perché è una ‘speciale’ messa in suffragio di un ‘particolare’ defunto. Il parroco quindi ha compiuto un atto chiaramente inopportuno e, date le circostanze, esprimere in modo così evidente la propria partecipazione è fuorviante e scandaloso.
Detto questo, resta comunque il problema del duplice intervento civile ed ecclesiastico.
Una cosa è il manifesto che ‘pubblicizza’ la messa, e altra cosa è la messa in se stessa. Pare che le autorità abbiano fatto un po’ di confusione su questo.
L’autorità civile, in questo caso il questore, agisce in modo legittimo, tanto più se lo fa invocando motivi di ordine pubblico, quando un evento può davvero costituire un problema in questo campo. Avrebbe potuto ad esempio far rimuovere i manifesti, giudicandoli troppo condiscendenti, addirittura celebrativi, verso un personaggio che non lo merita affatto. Ma l’intervento su una celebrazione liturgica che si svolge all’interno delle mura di una chiesa è altra cosa: è una patente ingerenza e costituisce un pericolosissimo precedente. Stupisce come l’Autorità ecclesiastica non abbia protestato anzitutto e soprattutto contro questo. Se si permette che un qualunque rappresentante dello Stato possa decidere per chi si lecito o meno celebrare messe di suffragio la libertas Ecclesiae è fortemente a rischio e si dà il via ad un processo che è potenzialmente illimitato.
Ma più grave ancora è il fraintendimento che si è avvallato con la censura ecclesiastica che ne è seguita. È evidente che nessuna autorità può proibire ad un parroco di svolgere il proprio ministero celebrando una messa di suffragio per un defunto, e infatti, seppure spostata alle sei del mattino e in forma ristretta, la messa è stata celebrata. Ma – come dicevo – queste modalità perpetuano un equivoco ormai molto diffuso, e a cui la Chiesa dovrà dare la necessaria attenzione per i valori teologici e pastorali che ci sono in ballo.
Celebrare la messa in suffragio di un anima non ha nulla a che fare con un pubblico attestato di stima nei confronti del defunto. La santa messa è la rinnovazione incruenta, nei segni del pane e del vino, del sacrificio di Cristo sul Calvario; e Cristo, sul Calvario, ha immolato la sua Carne e ha versato il suo Sangue per la salvezza dei peccatori, cioè di tutti, poiché tutti sono, anzi siamo, peccatori. In realtà più uno è peccatore e più ne ha bisogno. In un solo caso la messa di suffragio è superflua: se l’uomo muore impenitente e la sua anima è precipitata nella dannazione eterna, cosa della quale non possiamo avere, riguardo ad alcuno, la certezza.
Questa è la fede cattolica; noi però viviamo in un tempo in cui anche le cose più grandi e sacre delle nostra fede vengono spesso svuotate del loro contenuto e capovolte nel loro significato; perché in una società che continua a compiere riti cristiani senza più essere tale, anche i ministri di Dio spesso si trovano più a loro agio a dire ai partecipanti ad un funerale che ‘la persona cara ora è in Cielo’, piuttosto che ricordare che siamo tutti peccatori e che abbiamo bisogno del perdono e che questo perdono non è scontato.
Ecco allora che nell’immaginario comune le messe per i defunti diventano una specie di ‘celebrazione’ dell’uomo, più che una invocazione della misericordia di Dio; un riconoscimento per i suoi meriti più che una supplica per i suoi peccati. A causa di questo capovolgimento diventa scandaloso dire la messa per un mafioso, allo stesso modo in cui lo sarebbe erigergli un monumento in piazza o intitolargli una scuola.
Ma la messa non è questo. Pastori e credenti, siamo ancora in grado di capirlo? E siamo ancora capaci di farlo capire agli altri, magari con il coraggio di gesti impopolari?
29-12-2016
ESCLUSIVO – Il parroco di Grumo Appula: “Nessuno può dirmi se posso o no pregare per un mafioso”
28 dicembre 2016
Natale 2016. A chi assegnare l’Oscar dell’Idiozia? I concorrenti meritevoli sono molti
Non è facile decidere, perché molti, troppi, si sono impegnati a dimostrare la totale perdita del senso del ridicolo. Ma forse una speciale menzione di merito va assegnata alla scuola in provincia di Brescia in cui si è modificata la canzone “Merry Christmas”.
di Paolo Deotto
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Pochi giorni fa, il 24, la vigilia di Natale, uscendo di casa ho incrociato un austero signore che abita nei dintorni e con il quale in genere si baratta solo un veloce saluto. Al suo “buongiorno” ho risposto “Buon giorno a lei e Buon Natale”. Non l’avessi mai fatto! Mi ha guardato con lo sguardo dolce che si potrebbe riservare a chi sta per sbudellarci la mamma e ha sibilato: “Natale? Buone feste!!!”. Con tre punti esclamativi. D’accordo che quando uno parla non si possono contare i punti esclamativi, ma era un’esclamazione così decisa e irruente da avere almeno tre punti esclamativi.
Mi è venuto spontaneo chiedergli: “Ma scusi tanto, lei cosa festeggia?”. Ma il signore austero si stava già allontanando e borbottava qualcosa che non ho inteso. Stava portando a spasso uno di quei cagnolini formato bonsai, e credo che se avesse avuto un feroce cagnone tipo rottweiler non avrebbe esitato a farmi mangiare.
Già, perché il nocciolo della faccenda è tutto lì: cari signori, se siete disinteressati, se non addirittura negatori, della nascita di Gesù, cosa state mai festeggiando?
Il fatto è che poi personaggi come l’austero signore con cane tascabile, di cui sopra, si trovano un po’ nei pasticci, perché la festa è festa e non ci rinunciano. Però non possono rinunciare nemmeno al conformismo che impone il rifiuto della religione come fondamento della vita, e allora non sanno più che pesci pigliare e sono arrabbiatissimi.
Qualcuno però ha avuto un’idea geniale, una vera quadratura del cerchio e crediamo che questo qualcuno vada segnalato alla pubblica ammirazione per la dimostrazione di rara sagacia. E anche se, come avvertivamo nel titolo, il Premio Oscar per l’Idiozia non é stato ancora assegnato, causa il numero eccessivo di concorrenti (tutti peraltro meritevoli), c’è stato chi, a nostro modesto avviso, ha dimostrato di avere, come suol dirsi, “una marcia in più”.
Leggiamo Il Fatto Quotidiano e Il Giornale di Brescia.Siamo a Pontevico, cittadina in provincia di Brescia, abitanti 7.105, superficie km quadrati 29,21. La dirigente della locale scuola elementare si trova di fronte a uno spinoso dilemma, che affronta e supera con indomito sprezzo del ridicolo. Si può forse togliere ai bimbi il coretto natalizio? No, è ovvio. Però, scopre con orrore la dirigente (o dirigenta? Non sappiamo, chiederemo alla signora Boldrini), nella popolare canzone Merry Christmas il testo recita: “Canta perché è nato Gesù”. Ohibò! Gesù? Ma dove va a finire la laicità delle istituzioni? E dove va a finire il sacro rispetto per gli esponenti delle altre religioni (che, in italiano, vuol dire la fifa boia che tutti hanno dei maomettani)?
La dirigente/a pensa e ripensa e poi dal pensar ricava la soluzione. Via il testo vecchio e i bimbi canteranno “Canta perché è festa per te”. Già, ma che festa è? Torniamo al signore austero e iracondo con cane bonsai, che non vuole il “Buon Natale”, ma le “Buone feste”.
Perché mai i bimbi dovrebbero cantare “perché è festa per te”? Qualcuno gli spiega che festa sarebbe? Insomma, non rompiamo, è festa perché è festa, punto e basta. Credere, obbedire, combattere. I bimbi cantino, punto e basta.
Poi a tutto questo pasticcio da neurodeliri basta trovare un nome suggestivo e il gioco è fatto. La dirigente/a intende promuovere “l’educazione interculturale”. Non si capisce che cavolo sia, però suona così bene. È prevedibile che questa benemerita educatrice possa fare molta strada, perché ha tutte le doti per salire i gradini del cursus honorum: conformismo totale, ignoranza profonda delle proprie radici storiche e culturali, supremo e assoluto sprezzo del ridicolo, totale mancanza di rispetto per le tradizioni che, le piaccia o meno, hanno formato anche lei e, sempre che le piaccia o meno, regolano anche la sua vita.
Io credo che almeno un sottosegretariato alla pubblica istruzione lo meriterebbe. Del resto, se al governo c’è posto per un ministro/a (o come diavolo si debba dire) come la Fedeli, a maggior ragione ci dovrebbe essere posto per un sottosegretario/a come la dirigente/a scolastica di Pontevico, provincia di Brescia.
Sarete d’accordo, cari lettori, che chi ha ideato questo meraviglioso pasticcio merita un riconoscimento. Però bisognerebbe essere coerenti fino in fondo, o meglio, per usare un linguaggio più à la page, bisognerebbe lottare fino in fondo per superare gli stereotipi che ingabbiano la società, rallentando la sua marcia verso le magnifiche sorti e progressive.
Dal momento che si è in festa perché si è in festa, il che è una gran bella spiegazione, perché mai dobbiamo essere ingabbiati tutti nell’anno 2016 e fra pochi giorni nell’anno 2017? Come possiamo avere rispetto delle “altre religioni” e realizzare una “educazione interculturale” se insistiamo a contare i nostri anni dalla nascita di Gesù? E perché non dalla nascita di Maometto o dalla nascita della dea Kalì o dalla nascita di Obi Wan Kenobi (i fan di Guerre Stellari sono numerosissimi)? E forse che gli atei non meritano rispetto? E se un ateo vuole conteggiare gli anni dalla nascita di sua nonna Eufemia, alla quale è affezionatissimo, perché dobbiamo impedirglielo? Eccetera.
E se vogliamo proseguire, perché mai domenica è sempre domenica? E se io voglio far festa dalle 17 di giovedì alle 16.59 di venerdì, perché non posso farlo? E perché mai devo stare a casa dal lavoro o dalla scuola all’otto dicembre, o a Pasqua, o a Santo Stefano, eccetera, eccetera, eccetera?
Cosa dite? Che così si sprofonda nel casino e nessuno capisce più nulla? E’ proprio vero. Ma, cari amici, quando si è così suonati da voler disconoscere che a Natale si festeggia la nascita di Gesù, quando si è così poco coerenti da voler comunque far festa, e allora si decide che la festa è festa perché è festa, quando si è arrivati così in fondo nel cammino verso la follia, si possono combinare solo incredibili casini.
Ergo, mi darete atto che, in attesa dell’assegnazione ufficiale dell’ambito Oscar succitato, c’è chi ha già guadagnato “sul campo” il diritto alla menzione speciale.
“Deus amentat quos perdere vult”. Appunto.
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