ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 15 gennaio 2017

Talis papa..


Ordine di Malta
Dietro il caso Malta si gioca la battaglia sulla Verità
Sarà pure una coincidenza, ma è certo che il caso dei Cavalieri di Malta, non fosse Raymond L. Burke il cardinale patrono, sarebbe scivolato via senza troppo clamore. Burke è uno dei quattro cardinali firmatari dei “Dubia”, le cinque domande al Papa di chiarimento su alcuni aspetti ambigui dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia. Ed è anche, dei quattro, quello su cui si sta concentrando il fuoco dei “Guardiani della Rivoluzione”, giornalisti e intellettuali decisi a mettere fuori gioco chiunque richiami alla continuità della Chiesa e del Magistero o alla coerenza con l’insegnamento della Chiesa.

Così il focus della controversia, che già di per sé mette in gioco questioni importanti come le modalità di intervento delle organizzazioni cattoliche caritative e i rapporti tra Santa Sede e un Ordine Sovrano, si è ormai spostato sulla figura del cardinale Burke, dipinto come una sorta di anti-Papa. Non importa che lui stesso respinga questa etichetta e smentisca dichiarazioni e intenzioni che gli sono attribuite, l’ultima nell’intervista del 12 gennaio a La Verità. Per chi ha deciso di “cecchinarlo” quello è il ruolo che gli deve essere attribuito.
Rivelatrici, in tal senso le parole con cui il vaticanista Paolo Rodari chiudeva l’articolo che su Repubblica ha dedicato al caso Ordine di Malta l’11 gennaio: «La linea dell’Ordine, sotto il patronato di Burke (…) dista anni luce con quanto la Chiesa tutta, al tempo di Francesco, sta cercando di fare: il Vangelo incarnato nelle sfide del tempo, vicino all’uomo e alle sue sofferenze». Ecco lo schema: Burke contro la Chiesa tutta, una semplificazione grossolana che non corrisponde minimamente alla verità.
Ma soprattutto questo giudizio rivela quale sia la vera posta in gioco. Nel caso in questione si sta parlando della distribuzione di contraccettivi nei Paesi poveri, all’interno di progetti di assistenza e sviluppo promossi da organismi cattolici. Opponendosi a questa pratica, secondo Rodari, si predicherebbe un Vangelo disincarnato, lontano dalle sofferenze dell’uomo. Va da sé che la “nuova” Chiesa non si preoccuperebbe più di annunciare la Verità sull’uomo, ma di soddisfare i desideri e le esigenze immediate.

Ritorna lo schema dottrina contro pastorale, attenzione ai bisogni veri dell’uomo contro il legalismo e il moralismo. È uno schema falso che mette in discussione la verità stessa del cattolicesimo, perché se la dottrina (ciò che Cristo ci ha rivelato) non corrisponde alla verità dell’uomo, il cattolicesimo è la più grossa menzogna della storia.

Nella bella intervista concessa dal cardinale Carlo Caffarra al Foglio e pubblicata il 14 gennaio, ci sono dei passaggi che ben spiegano questo punto. Ne cito uno che è premessa a tutto il resto: «Pensare una prassi pastorale non fondata e radicata nella dottrina significa fondare e radicare la prassi pastorale sull’arbitrio. Una Chiesa con poca attenzione alla dottrina non è una Chiesa più pastorale, ma è una Chiesa più ignorante. La Verità di cui noi parliamo (…) è una Verità che dona salvezza eterna (…) la quale, se obbedita dalla libertà, genera la vera vita».
Questa è la certezza e la convinzione che hanno accompagnato l’annuncio missionario della Chiesa per duemila anni. Ed è ciò che oggi si sta mettendo in discussione. Lo scontro nella Chiesa che stiamo vivendo è a questo livello.
di Riccardo Cascioli15-01-2017 
 http://www.lanuovabq.it/it/articoli-dietro-il-caso-malta-si-gioca-la-battaglia-sulla-verita-18653.htm

Papa Francesco vuole lasciare il Vaticano



Francesco l'ha sempre detto: non gli piace vivere «murato», vuole stare a contatto con la gente, tant'è vero che ha deciso di lasciare l'appartamento nel Palazzo Apostolico, per vivere a Santa Marta, sistemazione molto più semplice e e condivisa. Poi ha sempre detto che la sua visione di Chiesa è «in uscita», verso le periferie del mondo e immersa nella quotidianità della gente. Anche per sfuggire all'atmosfera curiale, a cui il Papa appare alieno per formazione e per costituzione. A partire da questi presupposti potrebbe non stupire più di tanto la «ricostruzione» presentata dal vaticanista Sandro Magister nel suo blog Settimo cielo. In questo articolo, infatti, sulla base di indizi precisi, si lancia un'idea, che a tutta prima potrebbe essere presa per una boutade o una divagazione sul tema.
Magister, infatti, sostiene che il Pontefice potrebbe essere tentato, per così dire, di lasciare il Vaticano per andare a vivere non molto distante, ma nella «periferia estrema». Per la precisione a Guidonia, una cittadina di circa 80mila abitanti, alle porte della Capitale, con molti pendolari e molti stranieri. E dove nel pomeriggio di domani, domenica 15 gennaio, papa Francesco si recherà in visita alla parrocchia di Santa Maria a Setteville, nella sua funzione di vescovo della diocesi di Roma.
Delle oltre 300 parrocchie romane questa è la dodicesima che accoglierà il Papa. «Ma c'è un elemento curioso che rende questa visita speciale», spiega Magister. Perché, a ben guardare, è già la terza visita a parrocchie di questo territorio, che fa parte della diocesi di sua stretta competenza. Come mai, si chiede l'autore, il Papa ci va più spesso? Viene citata l'intervista a Religión Digital dello scorso giugno all'arcivescovo argentino Víctor Manuel Fernández, definito teologo di fiducia di Jorge Mario Bergoglio e «suo ascoltatissimo consigliere». L'arcivescovo aveva dichiarato, infatti, che «non necessariamente il Papa deve abitare tutto il suo tempo a Roma», poiché è anche «pastore supremo di tutta la Chiesa».
Ma anche in qualità di vescovo di Roma, ha aggiunto, «niente impedisce che vada ad abitare a Guidonia Montecelio», che è un altro comune ma fa pur sempre parte della sua diocesi. Ed è una di quelle «periferie geografiche ed esistenziali» che sono il fulcro della pastorale di papa Bergoglio.
Nello stesso tempo, tornano a circolare le voci di possibili dimissioni da parte di Francesco. Già più volte smentite dallo stesso Pontefice, ma, evidentemente, considerate non del tutto prive di fondamento. Per qualcuno tutto ciò sarebbe sintomo di una «insofferenza» di Francesco per la vita «vaticana». Per contro, la volontà di riformare la Curia romana è stato e continua ad essere uno dei punti-cardine del suo Ponteficato. Una battaglia difficile, già ingaggiata dai suoi predecessori. A cominciare da quello diretto, papa Benedetto XVI. Nel suo incontro con la Curia per gli auguri di Natale, il 22 dicembre scorso, Francesco ha sferzato i porporati ricordando che la riforma deve procede, che cambierà il personale, ma non solo e che non si tratterà di «un lifting per abbellire l' anziano corpo curiale». Le resistenze «malevole» Francesco le ha definite «opera del demonio».
Bisognerà ricordare, comunque, che già a partire dalle origini il papato non ha avuto sempre una «fissa dimora» dentro le mura vaticane. Tutt' altro. In principio la residenza dei pontefici si trovava nel Laterano. Nel Medioevo, poi, i papi vagarono da una citta all'altra. Per tutto il Duecento furono lontani da Roma per sessanta dei cento anni del secolo. Scappavano dalla calura estiva, ma soprattutto cercavano di sfuggire congiure, pressioni sui cardinali e dei cardinali e guerre intestine varie. Se ne andavano ad Anagni, Assisi, oppure a Orvieto, Perugia, Rieti, Tivoli, Viterbo. Nel XIV secolo il papato si trasferì ad Avignone, in Francia (la cattività di Avignone) e fu solo con Martino V (1417-31) che i Pontefici tornarono stabilmente a Roma, anche se spesso fuori città. Nel Seicento si scelse il Quirinale e fino alla perdita del potere temporale nel 1870, la situazione fu la seguente: residenza del Papa-re il Quirinale, sede del Papa vescovo il Vaticano.
di Caterina Maniaci
http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/12272762/papa-francesco-vuole-lasciare-il-vaticano--va-a-guidonia---.html

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