Tra queste “voci” c’è stata anche quella della stessa Fraternità che, attraverso la sua agenzia d’informazione, DICI, ha precisato, ha corretto, ha anche ironizzato, ma non ha smentito chiaramente.
Dall’insieme di queste voci, con un po’ di pazienza, si possono cogliere facilmente alcuni elementi concordanti che parlano tutti del superamento della rottura fra Roma e la Fraternità. Dopo tanti anni, almeno 16, di contatti, di incontri, di discussioni, era logico che si potesse giungere ad una ricomposizione; certuni dicono: che si dovesse giungere…
Un breve sguardo all’indietro permette di osservare che diverse cose sono cambiate rispetto al lontano 1970 ed anche rispetto al 1988: certe asprezze si sono addolcite, soprattutto da parte di Roma; certe distanze si sono accorciate, soprattutto da parte della Fraternità; sono maturate perfino certe sensibilità, forse anche sulla scorta dell’età; sono aumentati i dati oggettivisull’esperienza ecclesiale di questi anni; si sono chiariti tanti punti critici o oscuri sulle reali intenzioni della nuova compagine ecclesiale cresciuta a partire dal Vaticano II: tanto da poter dire se le cose sono migliorate o se invece sono peggiorate.
Ebbene, sembra proprio che le cose siano peggiorate: sia sul fronte della Fraternità, con confusione e divisioni, sia e soprattutto sul fronte del Vaticano, con una sorta di crescente deriva soggettivista.
A fronte di questo panorama alquanto articolato, ci siamo ritrovati in mano un vecchio bollettino pubblicato nel novembre 2011 dal Priorato della Fraternità San Pio X della Martinica, Guadalupe e Guyana: La Foi de toujours, che proprio per la sua collocazione geografica e per il mese e l’anno di pubblicazione, ci sembra che possa essere considerato abbastanza insospettabile e fortemente indicativo dell’atmosfera regnante allora all’interno della Fraternità.
In quegli anni essa si trovava a ridosso di un altro possibile accordo con l’allora regnante Benedetto XVI; accordo che poi abortì soprattutto per quella mancanza di duttilità che il Vaticano sembra oggi disposto a praticare.
In questo bollettino, sotto forma di domande e risposte, si faceva un quadro dei rapporti tra il Vaticano e le comunità Ecclesia Dei, quasi a richiamare a mo’ di memento ciò che la Fraternità non intendeva fare e non avrebbe mai fatto.
Riproponiamo la parte interessata del bollettino e, per opportuna documentazione, lo stesso intero bollettino in formato pdf, così chiunque potrà verificare.
Nella traduzione che proponiamo abbiamo evidenziato quelle parti che ci sono sembrate calzanti con lo stato attuale dei rapporti fra Roma e la Fraternità; e questo perché ci è parso che tali parti collidano con molte delle “voci” provenienti dalla Fraternità, cui abbiamo accennato all’inizio.
Non intendiamo sollevare alcuna polemica, l’argomento è fin troppo complicato di per sé, ma dobbiamo ricordare che da allora ad oggi il Vaticano è scivolato come su un piano inclinato, vivendo un’accelerazione negativa che lascia presagire ben poco, o niente, di buono.
Chi mai potrebbe aver voglia di collocarsi su tale piano inclinato, magari per tentare di fermare il moto discendente, ma predisponendosi ad essere trascinato in fondo alla discesa?
Ci siamo volutamente astenuti dal commentare i diversi passi che abbiamo evidenziato perché, come abbiamo detto, non intendiamo sollevare alcuna polemica; peraltro riteniamo che tali passi siano sufficientemente eloquenti e i lettori avranno di che riflettere.
C’è però un passo, alla fine, che ci sembra suscettibile di una riflessione particolare:
La situazione di queste comunità sarebbe di un’estrema fragilità senza il contrappeso della Fraternità San Pio X.
Sacrosanta verità, basata però sul fatto che la Fraternità continuava volutamente a rimanere fuori dalla struttura ufficiale della Chiesa conciliare.
Come non chiedersi: quando la Fraternità farà parte di tale struttura ufficiale, chi o cosa le farà da contrappeso protettivo?
La Foi de toujours
Bollettino del Priorato della Fraternità San Pio X
della Martinica, Guadalupe e Guyana
n° 140 - novembre 2011
Risposte ai lettori - pag. 4
Bollettino del Priorato della Fraternità San Pio X
della Martinica, Guadalupe e Guyana
n° 140 - novembre 2011
Risposte ai lettori - pag. 4
Chi sono le «comunità Ecclesia Dei»?
Dopo la consacrazione dei 4 vescovi fatta da Mons. Lefebvre a Ecône il 30 giugno del 1988, le autorità del Vaticano hanno concesso la celebrazione dell’antica liturgia ad alcune comunità. In particolare, si tratta della Fraternità San Pietro (fondata da sacerdoti che hanno lasciato la Fraternità San Pio X nel 1988), L’Istituto Cristo Re (fondato da Don Wach a Gricigliano, vicino Firenze, in Italia), l’abbazia benedettina di Le Borroux (diretta da Dom Gérard), la Fraternità San Vincenzo Ferreri, a Chémére, in Francia (bruscamente passata dal sedevacantismo al ricongiungimento conciliare nel momento in cui Mons. Lefebvre conduceva le trattative con Roma nel 1987), L’Istituto dell’Opus Mariae (Padre Wladimir), le Domenicane insegnanti di Pontcallec (fondate da Don Berto); più recentemente: la Fraternità San Giovanni Maria Vianney di Campos, in Brasile (diretta da Mons. Rifan) e l’Istituto del Buon Pastore, fondato nel 2006 da sacerdoti che hanno lasciato la Fraternità San Pio X.
Da dove deriva il loro nome?
Queste comunità portano il nome generico di «comunità Ecclesia Dei» perché la maggior parte di esse dipendono dalla commissione (piccolo gruppo di vescovi e di sacerdoti designati dal Papa per occuparsi di una questione) che porta lo stesso nome, fondata a Roma dopo le consacrazioni episcopali del 1988 per recuperare i sacerdoti e i seminaristi che lasciavano la Fraternità San Pio X.
Le parole «Ecclesia Dei» sono il titolo del documento col quale Giovanni Paolo II scomunicò Mons. Lefebvre il 2 luglio 1988: si può dunque dire che tutte queste comunità sono fondate su questa scomunica, approfittando così dell’atto eroico posto da Mons. Lefebvre il 30 giugno 1988. Se il fondatore di Ecône non avesse prima annunciato (il 29 maggio 1987) e poi effettuato (il 30 giugno 1988) queste consacrazioni dei vescovi, le autorità romane non avrebbero mai accordato la liturgia tradizionale a tutte queste comunità.
Il Vaticano ha chiesto delle garanzie a queste comunità per accordare loro il diritto di celebrare l’antica liturgia?
In effetti, esse devono riconoscere la nuova Messa come un rito pienamente legittimo; poiché la liturgia detta tradizionale è considerata dalle autorità romane solo come «rito straordinario» della Messa, rispetto alla nuova Messa che costituisce il «rito ordinario», cioè la maniera abituale di celebrare la Messa. D’altronde, nel 2000, il cardinale Castrillon Hoyos l’ha ricordato ai superiori della Fraternità San Pietro di fronte ad un gruppo di sacerdoti che desideravano celebrare anche la nuova Messa.
I membri di queste comunità devono anche astenersi da ogni critica nei confronti del Concilio Vaticano II; essi devono anche accettare, o almeno non criticare, la libertà religiosa e l’ecumenismo. Ecco perché essi sono molto in imbarazzo per quelle cerimonie interreligiose che, si praticano ad Assisi, la cosa senza dubbio li affligge, ma non possono protestare pubblicamente.
Perché la Fraternità San pio X non fa parte di queste comunità?
Le consacrazioni del 1988 hanno contribuito a salvare la Tradizione cattolica, non solo assicurando la trasmissione del sacramento dell’Ordine – e dunque della Messa e dei sacramenti tradizionali - ma anche proteggendo dagli errori del concilio Vaticano II una piccola parte del gregge della Chiesa.
Ora, questi errori conciliari continuano a devastare la Chiesa e regnano nella stessa Roma. Per continuare a proteggersi efficacemente da essi è dunque necessario conservare le distanze con le autorità romane.
Può fare un paragone?
In tempi di epidemia, la più elementare prudenza esige di separare i malati dai sani. Una certa comunicazione rimane indispensabile per curare questi malati, ma essa è il più possibile limitata e circondata da grandi precauzioni. Lo stesso accade nella situazione attuale: non si possono frequentare in maniera abituale le autorità conciliari senza esporsi a contrarre i loro errori. L’esempio delle comunità Ecclesia Dei ne è la prova manifesta.
I membri delle comunità Ecclesia Dei hanno veramente ammesso gli errori conciliari o si accontentano di tacere su di essi?
Senza pretendere di giudicare del foro interno, né delle possibili eccezioni, sembra che la maggior parte di questi membri abbiano finito, ahimè, con l’aderire agli errori conciliari. Essi hanno iniziato con un silenzio che giudicavano prudente, ma via via hanno dovuto dare dei segni di buona volontà alle autorità romane. Essi sono stati sottomessi, senza neanche rendersene conto, alle pressioni del liberalismo – tanto più efficaci per quanto appaiono meno vincolanti. Essi hanno finito con l’interdire a loro stessi di pensare diversamente da come dicevano e agivano. In breve, sono finiti per intero nell’ingranaggio in cui avevano imprudentemente messo il dito.
Questa accettazione degli errori conciliari è comune a tutte le comunità Ecclesia Dei?
Senza dubbio vi sono delle sfumature, ma, in maniera generale, tutte queste comunità oggi aderiscono agli errori conciliari. Al momento del suo rientro, nel luglio del 1988, Le Barroux aveva pubblicamente posto come condizione: «Che non si esiga da noi alcuna contropartita dottrinale o liturgica e che non sia imposto alcun silenzio alla nostra predicazione antimodernista.» ora, dal mese di ottobre in avanti, un monaco constatava «una certa relativizzazione della critica della libertà religiosa e della riunione di Assisi» all’interno dell’abbazia. Infatti, Le Barroux finirà perfino col provare a giustificare pubblicamente gli errori del Vaticano II. La Fraternità San Pietro che all’inizio pretendeva di continuare all’interno della Chiesa esattamente quello che faceva la Fraternità San Pio X, ha subito lo stesso slittamento.
Queste comunità, restano ferme almeno sulla liturgia?
Lungi dal resistere fermamente, esse hanno più o meno accettato tutte la nuova liturgia, che in ogni caso evitano di attaccare chiaramente. Dom Gérard, il vecchio abate di Le Barroux, ha dovuto concelebrare la nuova Messa col Papa il 27 aprile del 1995. Don Wach, il superiore dell’Istituto Cristo Re, aveva già fatto lo stesso il 21 dicembre del 1991. Anche Mons. Rifan ha concelebrato la nuova Messa l’8 settembre del 2004. La Fraternità San Pietro ha dovuto accettare il principio della concelebrazione della Messa crismale del Giovedì Santo con il vescovo diocesano.
Come contropartita a questi compromessi, queste comunità ottengono almeno vaste possibilità di apostolato?
La situazione è molto diversa a seconda dei paesi e delle diocesi, ma la maggior parte dei vescovi rimangono molto restrittivi nei confronti di queste comunità. Anche quelli che non sono loro ostili esitano ad accoglierle, tanto temono le reazioni del loro clero o dei laici impegnati. Da parte sua, Roma teme le reazioni dei vescovi. La situazione di queste comunità sarebbe di un’estrema fragilità senza il contrappeso della Fraternità San Pio X.
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1892_Belvecchio_Echi_dalla_FSSPX.html
di Belvecchio
Fraternità San Pio X: Menzingen a Roma?
pubblicato il 3 marzo 2017 su DICI
Trattandosi di precisazioni sullo stesso argomento,
riportiamo in calce un'altra breve nota di DICI pubblicata sempre il 3 marzo 2017:
Umori e rumori
La Casa generalizia a Menzingen, Svizzera
Secondo lui, questo acquisto sarebbe il segno di un accordo con la Santa Sede, anch’esso prossimo. Ed egli ne deduce che la Casa generalizia sarebbe presto trasferita da Menzingen a Roma.
A sostegno di queste «rivelazioni», Matteo Matzuzzi scrive: «Ad accelerare il tutto è stato direttamente il Papa, attraverso mons. Guido Pozzo, segretario della pontificia commissione Ecclesia Dei. Dal 17 al 20 gennaio scorso, a Santa Marta avrebbero soggiornato mons. Bernard Fellay (il Superiore della San Pio X), mons. Alfonso de Galarreta e l’assistente generale don Alain Nély. Alle trattative ha presenziato pure la Superiora delle suore della Fraternità. Don Nély è la persona incaricata di perfezionare l’acquisto del complesso.»
E’ vero che la Fraternità San Pio X è cattolica, dunque romana, e che il suo fondatore, Mons. Marcel Lefebvre, ha sempre voluto che essa avesse una sede a Roma. E’ per questo che una delle sue prime case fu quella di Albano, non lontano dalla Città eterna. E’ ugualmente vero che, nei rapporti che ebbe con le autorità romane, Mons. Lefebvre – come degno figlio del R. P. Henri Le Floc, cssp (1862-1950), rettore del seminario francese di Roma -, ha sempre proclamato la sua romanità. Cosa che lo portava a scrivere al cardinale Edouard Gagnon, allora inviato del Papa Giovanni Paolo II, il 21 novembre 1987: «Noi accettiamo volentieri di essere riconosciuti dal Papa così come siamo e di avere una sede nella Città eterna, di apportare la nostra collaborazione al rinnovamento della Chiesa; noi non abbiamo mai voluto rompere col Successore di Oietro, né voluto considerare che la Santa Sede fosse vacante, malgrado le prove che questo ci ha comportato.»
Da un punto di vista molto concreto, la Fraternità San Pio X cerca da numerosi anni di acquisire una cappella a Roma, per rimpiazzare quella che possiede e che sfortunatamente è troppo piccola. Se questa cappella, o meglio questa chiesa, avesse delle costruzioni annesse, esse potrebbero servire come alloggio per i sacerdoti di passaggio. Ma mai si è pensato di trasferire la Casa generalizia.
Per queste ragioni, dottrinali e pratiche, vi sono stati dei progetti di acquisto a Roma, e ve n’è e ve ne saranno fintanto che non si realizzerà ad una acquisizione certa e definitiva.
Per contro, per rispondere alle «rivelazioni» della stampa, non vi è alcun progetto di acquisto dell’immobile a Santa Maria Immacolata all’Esquilino, come scrive Matteo Matzuzzi. Né Mons. Fellay, né Mons. de Galarreta, né Don Nély hanno soggiornato a Santa Marta, e non erano neanche a Roma dal 17 al 20 gennaio. Certo, Don Nély deve recarsi frequentemente in Italia in ragione dell’interim che egli assicura a capo del Distretto, ma dal 17 al 20 gennaio si trovava a Mezingen e non è dotato di bilocazione. Quanto alla Superiora generale delle Suore della Fraternità, ella ha visitato la comunità delle religiose ad Albano, a febbraio, e qui non ha partecipato al alcuna contrattazione immobiliare.
Peraltro, questo 27 febbraio, il vaticanista de La Stampa, Andrea Tornielli, informato da migliori fonte romane, scrive:
«Negli ultimi giorni si sono diffuse diverse indiscrezioni sulla possibilità che la Fraternità possa acquistare uno stabile con annessa chiesa dove trasferire la propria sede a Roma e si è parlato del complesso di Santa Maria Immacolata all’Esquilino, a poca distanza dal Laterano.
«Il complesso è composto da una chiesa neogotica costruita nei primi del Novecento, edificata per i Frati della carità (detti “Frati bigi”) e da un edificio già adibito in passato a scuola elementare e media, oggi di proprietà di un ordine religioso. Si è detto che Francesco e la commissione Ecclesia Dei avrebbero propiziato l’acquisto. In realtà ciò non è avvenuto: l’Ecclesia Dei non è stata in alcun modo coinvolta, come pure non è stato coinvolto il Vicariato di Roma.»
Ne prediamo atto!
Umori e rumori (bis)
Un sito italiano annunciava: «Prima della fine del mese, dovrebbe giungere una proposta che viene direttamente dal Santo Padre, per offrire alla Fraternità San Pio X uno statuto ufficiale nella Chiesa». L’«informazione» è stata ripresa, l’indomani, da un sito americano. E su un forum francese, lo stesso giorno si poteva leggere: «Le voci sono confermate». L’autore del messaggio diceva di aver saputo «da dei sacerdoti della Fraternità» che Mons. Fellay si era recato in settimana «a Roma con i suoi due assistenti per un incontro molto importante».
Egli avrebbe potuto dire anche che il vescovo svizzero, che allora era a Menzingen, avesse il dono della bilocazione!
Un sito sedevacantista, riprendendo un articolo pubblicato nel Figaro in rete, dichiarava: «Le discussioni dottrinali fra Roma e Ecône sono terminate. Tradimento (e consumazione (?!) delle autorità della FSSPX che sanno quello che (sic!) fanno e accettano (sic)». Mentre un’agenzia romana, a proposito dello stesso articolo, scriveva: «Certe voci, da parte romana, non esitano a parlare di scacco al termine degli incontri tra teologi» del Vaticano e di Ecône.
Egli avrebbe potuto dire anche che il vescovo svizzero, che allora era a Menzingen, avesse il dono della bilocazione!
Un sito sedevacantista, riprendendo un articolo pubblicato nel Figaro in rete, dichiarava: «Le discussioni dottrinali fra Roma e Ecône sono terminate. Tradimento (e consumazione (?!) delle autorità della FSSPX che sanno quello che (sic!) fanno e accettano (sic)». Mentre un’agenzia romana, a proposito dello stesso articolo, scriveva: «Certe voci, da parte romana, non esitano a parlare di scacco al termine degli incontri tra teologi» del Vaticano e di Ecône.
I due paragrafi precedenti sono stati pubblicati da DICI il 25 giugno 2011!
http://www.dici.org/actualites/humeurs-et-rumeurs/
Noi abbiamo solo omesse le date delle pretese «rivelazioni» che allora la stampa confidava in «esclusiva» agli avidi lettori.
Oggi si parla di acquisizione, a Roma, da parte della Fraternità di un complesso edilizio comprendente una grande cappella, in vista di un prossimo accordo e di un trasferimento della Casa generalizia, del tutto prossimo, nella Città eterna.
Noi rispondiamo a queste «informazioni» in questo numero di DICI [vedi l'articolo qui sopra], non senza riprendere la conclusione dell’editoriale del 2011: «I rumori [voci] sono il riflesso degli umori di chi li propaga».
http://www.unavox.it/Documenti/Doc1013_FSSPX_DICI_su_accordo_e_acquisto_nuova_sede_3-3-17.html
La Chiesa del Vaticano II è occupata da una loggia massonica
Sono convinto che si scoprirà poco a poco che il Vaticano II ha a che fare con una loggia massonica! Né più né meno. Lo si scoprirà, forse, di qui a breve. Verranno pubblicati dei nomi con le appartenenze massoniche, con i gradi di massoneria, con le appartenenze alle logge!...
Non può essere altrimenti! Eseguono alla perfezione il lavoro delle logge massoniche per non essere, almeno, dei sostenitori delle logge massoniche. Non è possibile, non è possibile! E tutto ciò si verifica in ogni settore. Non è possibile che il Papa, ispirato dallo Spirito Santo e sostenuto dallo Spirito Santo per bocca di Nostro Signore Gesù Cristo, possa fare una cosa del genere. In questo, sono d’accordo con voi, non è possibile, è incompatibile.
Questa distruzione della Chiesa, questa distruzione del Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, questa distruzione della fede cattolica in ogni campo: tutti i catechismi, le università, le scuole cattoliche, le congregazioni religiose, i seminari.
Ovunque si guardi, vi è la distruzione sistematica di tutta la Chiesa! Voluta da tutte le riforme approvate dal Vaticano II. Perché il Vaticano II è stato, direi, ciò che ha permesso di fare le riforme. Ciò che bisognava fare, erano le riforme! Il Vaticano II, con termici equivoci, ha permesso di dare avvio alle riforme. Ed era proprio questo lo scopo! Il Vaticano II è stata la rampa di lancio che ha permesso tutto questo!
Dunque, si può dire del Santo Padre: in realtà, non è possibile che un Papa possa fare questo! Dunque, non è Papa! Beh, il ragionamento non fa una piega! Il ragionamento non fa una piega!
Io non ne so nulla!.. Io non dico che sia così!.. Io dico, ci sono diverse ipotesi! Questa potrebbe essere un’ipotesi attendibile... È possibile che venga a galla! Io non ne so nulla, io non ne so nulla… Secondo me, vedete, non è ancora chiara… Ma un giorno verrà a galla, e non si tratta di cose impossibili. A questo proposito, ci sono state delle apparizioni che lo hanno detto, e queste apparizioni sono state riconosciute dalla Santa Sede! Parliamo di Fatima! Parliamo di La Salette! Hanno detto che il demonio sarebbe salito sino al gradino più alto della Chiesa!
Io non ne so nulla, non so se il gradino più alto si riferisce al Segretario di Stato e si ferma lì, o se va ben oltre e arriva fino al Papa! Io non ne so nulla. Fino a colui che si dice Papa… io non lo so. E voi lo sapete, non è una cosa impossibile. E i teologi hanno studiato il problema. I teologi hanno studiato il problema per sapere se sia una cosa possibile, per esempio, che una papa possa essere eretico, quindi scomunicato, quindi tutti i suoi atti illegittimi e invalidi.
E se, per ipotesi, - io non so nulla, di nuovo non mi fate dire cose che non dico, io non lo so! – ma alla fine, premesso che lo si scopra, si scoprisse pian pianino la sua appartenenza alla massoneria... Immaginate che il Papa sia stato iscritto ad una loggia massonica prima della sua elezione! Era già scomunicato!
Scomunicato, quindi la sua elezione è invalida! Non può essere Papa! E noi avremmo, nel frattempo, un Papa che non è Papa!
Sono cose possibili! Ancora una volta non dico che sia così. Ma, cosa volete, nella situazione in cui ci troviamo, dobbiamo cercare una soluzione! Ci troviamo davanti ad una problema quasi irrisolvibile. Teologicamente, direi, teologicamente quasi irrisolvibile, quindi si cerca una soluzione!
Si vogliono distruggere tutti gli stati cattolici! Non si vuole più il Regno Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo! Ebbene, che la Chiesa si presti a quest’opera gigantesca e demoniaca è inverosimile! Inverosimile! È talmente, talmente abominevole! È talmente spaventoso! Spaventoso!
Vedete, a questo riguardo, io sono personalmente convinto che i princìpi massonici siano entrati nella Chiesa in occasione del Concilio. Tutto il Concilio è stato equivoco, e tutto ciò è stato occultato bene. Peraltro, ci sono dei testi molto significativi, vero? Prendiamo Gaudium et Spes. Ci sono delle cose in Gaudium et Spes del tutto insensate!
Per esempio, l‘indipendenza della cultura laica. C’è tutto un capitolo sulla cultura in Gaudium et Spes, ove si dice che la “cultura laica deve essere indipendente dalla religione”. Di nuovo, il Regno di Nostro Signore Gesù Cristo non si estende nemmeno più sulla cultura. L’uomo, vedete, può liberarsi della legge morale quando, per esempio, si esprime attraverso l’arte o cose del genere. Di liberazione in liberazione, si tratta sempre di liberazione da Nostro Signore Gesù Cristo, si abbandona Nostro Signore Gesù Cristo! E questo lo si è applicato a tutto, a tutto.
E quando ad un incontro di teologi – c’erano 150 teologi a Bruxelles – il cardinale Suenens ha detto: “il Concilio, è l’89 della Chiesa”! Ah ah, ma pensa, pensa, pensa, l’89 della Chiesa! (intendi: "il 1789 della Chiesa, la Rivoluzione francese nella Chiesa"- ndr) Tutto questo è sintomatico, è chiaro! E allora, per quanto mi riguarda, io soffro. Quando penso che talvolta qualche sacerdote amico, o molto ben sistemato, simpaticamente mi dice: “Ah no, no, no, non parlate male del Concilio, non parlate male del Concilio, ve ne supplico. Non del Concilio. Delle riforme, dell’interpretazione del Concilio, tutto ciò che volete, ma non del Concilio!”
Ma suvvia, è una fesseria! È in nome del Concilio che fanno le riforme. Tutte le riforme vengono fatte pubblicamente. Per farla breve, quando parlano della riforma della Messa, quando parlano della riforma liturgica in nome di una certa idea, di una certa costituzione, di una certa dichiarazione, e ancora quando fanno tutte le trasformazioni politiche, è in nome della libertà religiosa. Quindi, per loro è tutto chiaro. Per loro, è il Concilio che vuole tutto questo. Bene, ma sono loro che hanno fatto il Concilio! Sono loro che lo hanno diretto!
Quando pensiamo che oggigiorno si pubblica ovunque, nelle riviste - l’avevo già visto in una rivista tedesca e l’ho ritrovato in una rivista italiana di Roma - tutto il pedigree massonico del Cardinale Liénart, pubblicato con tanto di foto in piena Roma nella rivista Chiesa Viva, una rivista molto, molto, molto, vi confesso, molto moderata, una rivista che definirei di persone dai principi cattolici, o comunque di questo genere: allora, in una rivista di questo tipo, in piena Roma, foto di questo cardinale, tutte le sue appartenenze, tutti i suoi gradi e quando è salito da un grado all’altro, e tutte le logge di cui ha fatto parte, tutte queste cose… Si tratta, in pratica, di un uomo che ha guidato il gruppo liberale del Concilio e che ha dominato il Concilio; e costui è molto amico del Santo Padre, bisogna assolutamente dire le cose come stanno!
Il cardinale Liénart, il cardinale Frings, il cardinale Alfrink, il cardinale Suenens erano amici del Santo Padre. Il cardinale Döpfner, è lui che lo ha nominato moderatore del Concilio, non possiamo negarlo. È un dato di fatto che fossero amici del Santo Padre. E noi, noi siamo stati, si può dire, emarginati dal Concilio; noi che avevamo difeso la Tradizione, i 250 padri che difendevano la Tradizione sono praticamente rimasti orfani e mai abbiamo avuto alcuna eco presso il Santo Padre.
Il cardinale Larraona ha redatto un atto che ho conservato, e che vorrei pubblicare presto, con la risposta del Santo Padre, sulla collegialità, durante il Concilio. Si affronta il pericolo della collegialità, che è addirittura una democratizzazione episcopale, assolutamente pericolosa: il Santo Padre ha risposto: “Non capisco, non capisco cosa vogliate dire. E poi, nonostante tutto, la maggioranza dei vescovi è favorevole”. Cosa significa “la maggioranza dei vescovi è favorevole…”, è pazzesco! E così, da quel momento, il cardinale Larraona è stato perseguitato dal Santo Padre, ed è morto anche di dolore, quel povero cardinale Larraona, perseguitato, come pure il cardinale Ottaviani - che viene mandato in pensione adesso, ma che deve morire di dolore davanti a tutto ciò che succede – anche lui messo da parte; e il cardinale Palazzini, anche lui nominato per essere allontanato dalla Congregazione del Clero, anche lui ignorato. Non conta nulla a Roma. Lo stesso si dica per il cardinale Oddi. Tutti i Tradizionalisti sono stati scartati, nessuna funzione e tutti disgraziatamente, bisogna dire disgraziatamente, bocche tappate!
Allora, come diceva il cardinale Staffa, “ma aspettate, aspettate, state zitto, cambierà, cambierà, perché vi siete tanto affannato, a quale pro, per manifestare la vostra disapprovazione…” Ed io gli dissi: ”Ma, sentite, voi ora siete dietro la vostra scrivania, è tutto facile ovviamente, voi aspettate, dietro la vostra scrivania, aspettate ancora due o tre anni poi cambierà, vero?, ma tranquillamente, dietro la vostra scrivania di Presidente della Signatura Apostolica, nel frattempo, milioni di anime si perdono, vanno all’Inferno a causa di questo abbandono dei cardinali e dei vescovi, anche tradizionalisti, che non dicono niente a nessuno”.
O come anche Monsignor Graber, che mi ha scritto ancora 15 giorni fa dicendomi: "Monsignore, vi supplico, accettate il Novus Ordo, accettate non so cosa, è gravissimo, sarete fuori dalla Chiesa, sarete…” Allora ho risposto dicendogli: “Ma senta, se giudicassi secondo il suo scritto 'Atanasio e la Chiesa di oggi', lei è ben più severo di me sul Concilio, lei parla delle influenze massoniche nel Concilio… Ma io non ne ho ancora mai parlato, ne parlo adesso perché la cosa comincia ad essere chiara, ma non ne ho mai parlato, è lei che ne ha parlato. E allora, come può chiedere proprio a me di accettare le riforme ed il Concilio che lei dice essere influenzati dalla massoneria. Come può farlo?”
Ebbene, è inaudito, sarebbe inaudito. Persino davanti a Monsignor Graber… E non parliamo ovviamente di D’Ambrois, di Monsignor Moriot, che voi conoscete, amici, amici fraterni direi: “Allora, Monsignore, sottomettetevi, sottomettetevi, andate a dire al Santo Padre che riconoscete ogni cosa, poi dopo andate sulla tomba di San Pietro a pregare e vedrete come stanno le cose, tutto si aggiusterà, e quando voi sarete…”
Certo, come sosteneva Monsignor Benelli, che mi disse: “Monsignore, bisogna firmare, dovete sottoscrivere che vi siete sbagliato, che accettate il Concilio, che accettate tutte le riforme postconciliari, che accettate tutte le direttive di Roma, che accettate la nuova Messa, - e mi mette in mano un messale del Novus Ordo – e che accettate di trascinarvi dietro tutti i vostri adepti…”
“Ma io non ho degli adepti, non ho degli adepti…”, risposi.
“Come? E tutti quelli che vi seguono?”
“Tutti quelli che mi seguono o che non mi seguono, sono tutti nella stessa situazione, si trovano tutti in una situazione della Chiesa che è intollerabile, che è inaccettabile, si perderà la Fede, si diventerà protestanti. E allora reagiscono. Capita che per molti vescovi che hanno dei seminari io sia un esempio, un po’ come un faro in mezzo all’oceano. Allora, le persone che la pensano come noi si riuniscono, Ecône diventa un simbolo, ma non sono io che condiziono il loro modo di pensare, sono sufficientemente intelligenti da sapere che non ci si può sottomettere a ciò che capita attualmente nella Chiesa. Vediamo bene che non è possibile, perché oggi ciò che Roma propone è avvelenato, sta succedendo qualcosa di molto grave, vogliono annientare le nostre anime, portandole alla perdizione.
Noi non vogliamo, non vogliamo nessuna religione universale, nessuna religione sincretista, nessuna religione mezzo massonica e mezzo non so cosa, sentimentale – vero? – che porterebbe all’unione di tutti gli uomini di tutte le religioni.
Non lo vogliamo, a nessun prezzo, a nessun prezzo!”
Mons.marcel Lefebre (Febbraio 1976 - traduzione di chiesaepostconcilio.blogspot.it)
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.