Critiche islamiche contro Al-Azhar. L'altra faccia del
viaggio di Francesco in Egitto
A distanza di una settimana dalla visita di papa Francesco in Egitto, molto si è detto su ciò che ha fatto lui. Poco invece su ciò che è accaduto sull'altra sponda, quella dell'islam.
Qui ha fatto testo il discorso del grande imam di Al-Azhar, lo sceicco Ahmad Al-Tayyib, pronunciato in arabo e leggibile integralmente nella versione ufficiale in inglese, in quest'altra pagina:
Al contrario di Francesco, che nel suo discorso immediatamente successivo ha ricondotto le violenze compiute in nome della religione a una "falsificazione idolatrica di Dio", con un'allusione non esplicita ma trasparente al terrorismo e alle guerre di matrice islamica, Al-Tayyib ha sostenuto che "non c'è una sola ragione logica che giustifichi" tali violenze se non "il commercio e la vendita delle armi", più l'oblio che la "civiltà moderna" ha calato sulle "religioni divine e le loro etiche immutabilmente stabilite".
Ora, ciò che è importante notare è che queste asserzioni del grande imam di Al-Azhar non sono passate indenni alla critica di alcuni suoi correligionari.
Il commento più pungente è venuto da un intellettuale musulmano egiziano, Islam Al-Behairy, condannato a un anno di di prigione per sue precedenti critiche ad Al-Azhar, ma poi graziato dal presidente Abd Al-Fattah Al-Sisi, anche lui prodottosi due anni fa in un clamoroso attacco a quella che è la più celebre università dell'islam sunnita, alla quale aveva ingiunto di avviare al più presto una "rivoluzione religiosa" capace di "sradicare" il fanatismo dall'islam per "rimpiazzarlo con una visione più illuminata del mondo".
Al-Behairy ha esposto le sue critiche al grande imam di Al-Azhar in un'intervista ad "Asia News", l'agenzia on line del Pontificio Istituto Missioni Estere:
A suo giudizio sono pseudo-ragioni quelle con cui Al-Tayyib vorrebbe spiegare il terrorismo islamico, incolpando il traffico di armi e il pensiero postmoderno:
"Se le ragioni del terrorismo religioso sono il pensiero postmoderno e il traffico di armi, viviamo nel mondo dei sogni. Vi sono infatti dei testi nella nostra giurisprudenza classica che incitano alla violenza. Vediamo persone che si fanno saltare in aria uccidendo decine di persone proprio perché hanno letto testi che danno loro carta bianca per uccidere chiunque, cioè per la semplice ragione che possiedono una fede incrollabile in base alla quale onorano Dio immolandosi e uccidendo molte altre persone insieme a loro. Altro che traffico di armi! Inviterei l’amministrazione egiziana a controllare attentamente le opinioni dello sceicco Al-Tayyib. Perché in base al suo pensiero, lo Stato non sarà mai in grado di mettere fine alle violenze".
E ancora:
"Io chiedo ad Al-Azhar di smetterla di esibire al mondo libri scritti da certi imam del Medioevo, come fossero il retaggio del vero islam. Perché quanto è contenuto in questi libri è ciò che compie all’atto pratico Daesh [lo Stato islamico], alla lettera e fino all’ultima virgola. Se volesse davvero porre rimedio a ciò che accade, lo sceicco Al-Tayyib dovrebbe ascoltare quanti lo invitano a fare una seconda lettura di questi testi e a dire che ciò che vi è scritto non corrisponde a verità. Questi imam di un tempo hanno fatto del male alla nostra gente, all’immagine dell’islam e anche alle relazioni dell’islam con le altre religioni. Ma lo sceicco non vuol sentire parlare di nuove interpretazioni. Egli le combatte con ferocia e intenta processi contro quanti le vogliono. In realtà, egli è una fonte di perenne contraddizione. In una dichiarazione rivolta all’Occidente egli ha affermato che l’islam non invita all’uccisione dell’apostata. Ma in Egitto egli dice che l’islam incoraggia a farlo".
È impressionante la somiglianza tra queste critiche di Al-Behairy ad Al-Azhar e quelle formulate alla vigilia del viaggio di papa Francesco da due gesuiti egiziani molto competenti in materia, i padri Henri Boulad e Samir Khalil Samir, in due interviste a "L'Osservatore Romano" e ad "Asia News", entrambe rilanciate da Settimo Cielo.
I trascorsi di Al-Tayyib sono in effetti irti di contraddizioni.
È stato nel 2007 uno dei firmatari della famosa "lettera dei 138 saggi musulmani" a Benedetto XVI in risposta dialogica alla sua lezione di Ratisbona. Ma è anche colui che all'inizio del 2011 ruppe le relazioni tra l'università di Al-Azhar e la Santa Sede solo perché Benedetto XVI aveva pubblicamente pregato per le decine di vittime dell'attentato di capodanno contro la chiesa copta dei Santi Marco e Pietro ad Alessandria d'Egitto.
È stato più volte ospite di riguardo degli incontri interreligiosi di pace organizzati ogni anno dalla Comunità di Sant'Egidio. Ma è anche colui che nel 2004, in uno di questi incontri, approvò pubblicamente gli atti terroristici compiuti in Israele contro i civili, bambini compresi.
È colui che quando l'Isis nel 2015 bruciò vivo sulla pubblica piazza un pilota giordano catturato, condannò come "non islamico" quell'atto. Ma di rimando sentenziò che quegli assassini "devono essere uccisi, crocifissi e amputati delle mani e dei piedi".
Visti questi precedenti, non sorprende che Al-Behairy si dica scettico sulla conferenza internazionale per la pace organizzata ad Al-Azhar dal grande imam Al-Tayyib in concomitanza con la visita del papa:
"Questa conferenza di pace non porta da nessuna parte. Non vi è nulla di specifico nella lotta al terrorismo. È una commedia assai distante dalla realtà".
Così come continua a restare molto lontana dall'essere accolta – se non da pochi isolati antesignani – la proposta rivoluzionaria che Benedetto XVI lanciò al mondo islamico nel dicembre del 2006, tre mesi dopo Ratisbona.
Una proposta di straordinaria attualità ma caduta troppo in oblio anche dentro la Chiesa cattolica. Un motivo in più per rileggerla per intero:
"Il mondo musulmano si trova oggi con grande urgenza davanti a un compito molto simile a quello che ai cristiani fu imposto a partire dai tempi dell'illuminismo e che il Concilio Vaticano II, come frutto di una lunga ricerca faticosa, ha portato a soluzioni concrete per la Chiesa cattolica. [...]
"Da una parte, ci si deve contrapporre a una dittatura della ragione positivista che esclude Dio dalla vita della comunità e dagli ordinamenti pubblici, privando così l'uomo di suoi specifici criteri di misura.
"D'altra parte, è necessario accogliere le vere conquiste dell'illuminismo, i diritti dell'uomo e specialmente la libertà della fede e del suo esercizio, riconoscendo in essi elementi essenziali anche per l'autenticità della religione. Come nella comunità cristiana c'è stata una lunga ricerca circa la giusta posizione della fede di fronte a quelle convinzioni – una ricerca che certamente non sarà mai conclusa definitivamente – così anche il mondo islamico con la propria tradizione sta davanti al grande compito di trovare a questo riguardo le soluzioni adatte.
"Il contenuto del dialogo tra cristiani e musulmani sarà in questo momento soprattutto quello di incontrarsi in questo impegno per trovare le soluzioni giuste. Noi cristiani ci sentiamo solidali con tutti coloro che, proprio in base alla loro convinzione religiosa di musulmani, s'impegnano contro la violenza e per la sinergia tra fede e ragione, tra religione e libertà".
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