Sacrilegi ai gay pride.
Mentre a Roma personalità in ascesa come il gesuita James Martin festeggiano il gay pride, durante i gay pride abbondano i sacrilegi e gli insulti plateali a Cristo, la Madonna e i santi.
Tra Martin, i cardinali Tobin, Kasper, Marx … e san Paolo, insomma, il Mondo LGBTQ sa che il cattolico è Paolo.
Quel Paolo che, ben poco dialogante, scriveva così:
Romani 1,26-27: «Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami: le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni verso gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento».
1 Corinti 6,9-10: «[…] Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati (malakoi — Vulg. molles), né sodomiti (arsenokoitai — Vulg. masculorum concubinatores), né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il Regno di Dio».
1 Timoteo 1,9-10: «[…] sono convinto che la legge non è fatta per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli […] per i pervertiti (arsenokoitai — Vulg. masculorum concubinatores) […] e per ogni altra cosa che è contraria alla sana dottrina».
Pubblicato 27 giugno 2017 |
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2017/06/sacrilegi-ai-gay-pride/#more-142610
Che quello in cui viviamo sia un mondo di merda, mi pare sia fuori discussione. L’ONU e l’Organizzazione mondiale della saità, nel fine settimana, si sono miracolosamente svegliate e hanno scoperto che in Yemen è in corso la peggior epidemia di colera al mondo: oltre 200mila casi e 1.300 morti, di cui 300 bambini. La cosa va avanti da mesi ma si sa, c’è altro da fare: migranti da accogliere, ad esempio. Chissenefrega di questi che, potenzialmente, sono profughi veri. Meno male che al mondo c’è ancora chi ha un cuore, come i sauditi. I quali, per festeggiare la fine del ramadan, ieri hanno compiuto oltre 50 raid aerei sul Paese, dando una mano concreta alla risoluzione del problema e ponendo fine alle sofferenze di molti a colpi di missili comprati dall’Occidente, lo stesso che ora piange per i bimbi ammazzati dal colera e, magari, a breve istituirà collette e numeri verdi.
Che dire poi del ragazzo di 21 anni morto annegato nel fiume Ticino sabato pomeriggio, prima di un rave party: a detta della fidanzata, prima di tuffarsi aveva consumato droga. Parecchia. Come al solito. Il fiume lo ha risucchiato ma la festa clandestina è andata avanti imperterrita per tutta la notte. La “meglio gioventù” di un Occidente che ancora pensa di avere qualcosa da insegnare al mondo, è salita prepotentemente in cattedra nei boschi del Vigevanese, amena location di un degrado prima umano che morale. Due fatti apparentemente slegati tra loro, due avvenimenti accaduti a migliaia di chilometri l’uno dall’altro, in contesti sideralmente opposti. Eppure, entrambi ci dicono una cosa: quando tutto è consentito, quando finiscono le regole e si dilatano all’inverosimile i limiti di ciò che è bene e ciò che è male, l’umanità si tramuta in un’enorme maionese impazzita.
Capace da un lato di tradire le minime norme del diritto, umano prima che di guerra, che imporrebbero di non bombardare malati, feriti e civili e dall’altro di lasciare che una vita finisca a 21 anni, annebbiata dal paradiso fallace e politicamente corretto dello sballo come via d’uscita dal male. Talmente socialmente accettato da essere quasi celebrato con una messa laica, con il rave che prosegue come nulla fosse, estrema litania funebre di una generazione e di una società ormai ridotta a poltiglia valoriale, zombie che camminano come nel telefilm non a caso tanto di moda, dove l’unica norma imperante è tornata quella del Maggio francese in versione de-ideologizzata e puramente nichilista, quel “vietato vietare” che ha reclamato molte vite e instaurato le basi di una degenerazione sociale e politica oggi nella fase contemporaneamente culminante e terminale.
sempre lui. Quantomeno coerente nel non fare differenze di latitudini per denunciare quello che a suo modo di vedere e intendere è un abuso di primaria gravità. Per il resto, Recep Erdogan ha potuto operare come meglio ha deciso. Non solo, le cronache parlano anche di manifestanti che, dopo essere stati colpiti, hanno dovuto subire l’umiliazione dell’espiazione pubblica, essendo stati costretti ad ascoltre versetti del Corano. Ricordo che, in punta di costituzione, la Turchia è l’unico Paese islamico dove l’omosessualità non è ritenuta reato. E’ andata davvero così? Non mi stupirebbe ma la questione è duplice: perché il mondo dei cosiddetti progressisti opera sempre in base a una doppia morale e non paga mai il conto di questa ipocrisia, criminalizzando gli altri a colpi di bollature come omofobi e fascisti?
Davanti al totalitarismo iconoclasta del Gay Pride, benvenuti gli idranti (senza ipocrisia) di Erdogan
Che quello in cui viviamo sia un mondo di merda, mi pare sia fuori discussione. L’ONU e l’Organizzazione mondiale della saità, nel fine settimana, si sono miracolosamente svegliate e hanno scoperto che in Yemen è in corso la peggior epidemia di colera al mondo: oltre 200mila casi e 1.300 morti, di cui 300 bambini. La cosa va avanti da mesi ma si sa, c’è altro da fare: migranti da accogliere, ad esempio. Chissenefrega di questi che, potenzialmente, sono profughi veri. Meno male che al mondo c’è ancora chi ha un cuore, come i sauditi. I quali, per festeggiare la fine del ramadan, ieri hanno compiuto oltre 50 raid aerei sul Paese, dando una mano concreta alla risoluzione del problema e ponendo fine alle sofferenze di molti a colpi di missili comprati dall’Occidente, lo stesso che ora piange per i bimbi ammazzati dal colera e, magari, a breve istituirà collette e numeri verdi.
Che dire poi del ragazzo di 21 anni morto annegato nel fiume Ticino sabato pomeriggio, prima di un rave party: a detta della fidanzata, prima di tuffarsi aveva consumato droga. Parecchia. Come al solito. Il fiume lo ha risucchiato ma la festa clandestina è andata avanti imperterrita per tutta la notte. La “meglio gioventù” di un Occidente che ancora pensa di avere qualcosa da insegnare al mondo, è salita prepotentemente in cattedra nei boschi del Vigevanese, amena location di un degrado prima umano che morale. Due fatti apparentemente slegati tra loro, due avvenimenti accaduti a migliaia di chilometri l’uno dall’altro, in contesti sideralmente opposti. Eppure, entrambi ci dicono una cosa: quando tutto è consentito, quando finiscono le regole e si dilatano all’inverosimile i limiti di ciò che è bene e ciò che è male, l’umanità si tramuta in un’enorme maionese impazzita.
Capace da un lato di tradire le minime norme del diritto, umano prima che di guerra, che imporrebbero di non bombardare malati, feriti e civili e dall’altro di lasciare che una vita finisca a 21 anni, annebbiata dal paradiso fallace e politicamente corretto dello sballo come via d’uscita dal male. Talmente socialmente accettato da essere quasi celebrato con una messa laica, con il rave che prosegue come nulla fosse, estrema litania funebre di una generazione e di una società ormai ridotta a poltiglia valoriale, zombie che camminano come nel telefilm non a caso tanto di moda, dove l’unica norma imperante è tornata quella del Maggio francese in versione de-ideologizzata e puramente nichilista, quel “vietato vietare” che ha reclamato molte vite e instaurato le basi di una degenerazione sociale e politica oggi nella fase contemporaneamente culminante e terminale.
Guardate questo video,
sicuramente vi sarà capitato di imbattervi in lui facendo zapping in televisione, forse nella versione con i calciatori famosi che militano nel campionato turco e che va in rotazione da settimane su Sky. Si tratta di una mega-operazione promozionale del governo turco per attrarre investitori esteri, una campagna a livello globale che ha garantito a Recep Erdogan uno straordinario effetto collaterale: le critiche dei media nei suoi confronti sono calate in maniera sostanziale. Da qualche settimana, ovvero da quando questo spot è in rotazione, in Turchia sembra che tutto vada bene: basta arresti di magistrati e giornalisti, basta repressione, nessun problema con i curdi. Addirittura, la scelta del ministero dell’Istruzione di bandire la teoria dell’evoluzione darwinista dai libri di testo dei liceo, poiché definita “controversa”, ha visto solo qualche articolo, un servizietto di rito ma nulla più: come se fosse stata vietata la cipolla nel kebab. Quindi, per l’ennesima volta, abbiamo la riprova che se il governo turco è reazionario e autoritario, quelli occidentali e le loro opinioni pubbliche eterodirette dai media sono degli ipocriti: di fronte a una campagna pubblicitaria da miliardi a livello globale, anche i diritti civili vengono ridimensionati nelle loro importanza. E’ tutta una questione di prezzo, non di morale.
Avrete notate, infatti, come la repressione posta in essere a Istanbul nei confronti del Gay Pride di ieri, con manifestanti bersagliati da idranti e proiettili di gomma, sia stata stigmatizzata con toni e spazi più soft dai media? Senza quello spot, oggi avremmo avuto intemerate in ogni dove, richieste di intervento dell’ONU e dell’UE, moratorie per una messa in stato d’accusa di Erdogan. Invece nulla, articoli di giornale e qualche servizio al tg ma nulla di eclatante. Anche la politica è rimasta silente, forse troppo occupata a sperare di eleggere almeno un sindaco da qualche parte per evitare una figura di merda totale. Solo una voce si è stagliata sui sociali, totalmente inascoltata: eccola,
Avrete notate, infatti, come la repressione posta in essere a Istanbul nei confronti del Gay Pride di ieri, con manifestanti bersagliati da idranti e proiettili di gomma, sia stata stigmatizzata con toni e spazi più soft dai media? Senza quello spot, oggi avremmo avuto intemerate in ogni dove, richieste di intervento dell’ONU e dell’UE, moratorie per una messa in stato d’accusa di Erdogan. Invece nulla, articoli di giornale e qualche servizio al tg ma nulla di eclatante. Anche la politica è rimasta silente, forse troppo occupata a sperare di eleggere almeno un sindaco da qualche parte per evitare una figura di merda totale. Solo una voce si è stagliata sui sociali, totalmente inascoltata: eccola,
sempre lui. Quantomeno coerente nel non fare differenze di latitudini per denunciare quello che a suo modo di vedere e intendere è un abuso di primaria gravità. Per il resto, Recep Erdogan ha potuto operare come meglio ha deciso. Non solo, le cronache parlano anche di manifestanti che, dopo essere stati colpiti, hanno dovuto subire l’umiliazione dell’espiazione pubblica, essendo stati costretti ad ascoltre versetti del Corano. Ricordo che, in punta di costituzione, la Turchia è l’unico Paese islamico dove l’omosessualità non è ritenuta reato. E’ andata davvero così? Non mi stupirebbe ma la questione è duplice: perché il mondo dei cosiddetti progressisti opera sempre in base a una doppia morale e non paga mai il conto di questa ipocrisia, criminalizzando gli altri a colpi di bollature come omofobi e fascisti?
Secondo, questo:
ovvero, lo striscione che un imprenditore di Latina ha esposto al suo balcone come “saluto” al Gay Pride che il giorno dopo sarebbe sfilato sotto casa sua. Invece, alla porta di casa sua hanno bussato i carabinieri, chiedendogli di toglierlo, poiché si configurava come una provocazione. Ora, al netto che almeno una metà del corteo penso sarebbe stata d’accordo con la sua dichiarazione di preferenza sessuale, ecco le parole con cui l’uomo ha giustificato il suo gesto: “Non sono un omofobo, ho voluto solo riaffermare i miei gusti sessuali provocatoriamente. Comprendo la frase di impatto forte ma a quale impatto stiamo andando incontro noi stasera? Posso essere anche io libero di esprimere i miei gusti sessuali? Niente è banale, la mia azione provocatoria è per sottolineare il fatto che viviamo in un mondo ricco di ipocrisie”.
E ancora: “Che differenza c’è fra un gay e un etero? Nessuna! Perché dobbiamo creare minoranze? I gusti sessuali fanno parte di una sfera personale. Perché farne una manifestazione? Il sistema politico, sociale e culturale oggi è provocatorio, e induce all’omofobia. Io non ci sto e per una parità di genere ho voluto dire la mia. Purtroppo è durata poco la mia libertà, mi hanno costretto con le buone maniere a togliere il mio manifesto. In un Paese che si definisce libero mi è sembrato tutto così strano…”.
ovvero, lo striscione che un imprenditore di Latina ha esposto al suo balcone come “saluto” al Gay Pride che il giorno dopo sarebbe sfilato sotto casa sua. Invece, alla porta di casa sua hanno bussato i carabinieri, chiedendogli di toglierlo, poiché si configurava come una provocazione. Ora, al netto che almeno una metà del corteo penso sarebbe stata d’accordo con la sua dichiarazione di preferenza sessuale, ecco le parole con cui l’uomo ha giustificato il suo gesto: “Non sono un omofobo, ho voluto solo riaffermare i miei gusti sessuali provocatoriamente. Comprendo la frase di impatto forte ma a quale impatto stiamo andando incontro noi stasera? Posso essere anche io libero di esprimere i miei gusti sessuali? Niente è banale, la mia azione provocatoria è per sottolineare il fatto che viviamo in un mondo ricco di ipocrisie”.
E ancora: “Che differenza c’è fra un gay e un etero? Nessuna! Perché dobbiamo creare minoranze? I gusti sessuali fanno parte di una sfera personale. Perché farne una manifestazione? Il sistema politico, sociale e culturale oggi è provocatorio, e induce all’omofobia. Io non ci sto e per una parità di genere ho voluto dire la mia. Purtroppo è durata poco la mia libertà, mi hanno costretto con le buone maniere a togliere il mio manifesto. In un Paese che si definisce libero mi è sembrato tutto così strano…”.
E noi ci lamentiamo per i cannoni ad acqua di Erdogan? A parti invertite e senza l’ausilio di idranti, cosa è accaduto a Latina? La repressione di un punto di vista in nome di un diritto ormai diventato totem, pena la squalifica dal genere umano e l’accusa di omofobia. Vi pare normale? Cosa c’era di violento in quello striscione? Nulla ma ormai siamo alla censura preventiva, lorsignori devono avere un mondo a misura di gay, nulla deve turbare l’ordine rosa dei loro privilegi, primo dei quali sfilare ogni anno in nome di diritti di cui abusano, senza che mai nessuno abbia provato a metterli in dubbio. Prima di tutte queste pagliacciate, delle Cirinnà e delle Boldrini, c’erano forse liste di proscrizione per gay? Sale d’attesa per gay? Posti riservati sui mezzi pubblici come nel Sud Africa dell’apartheid? Bagni pubblici per gay? No, quelli li vogliono loro per i transgender, l’auto-ghettizzazione come estrema forma di esaltazione dell’ego ipertrofico di chi, non sapendo chi, cerca risposte in un capriccio..
Crisi di identità sessuale come baluardo del mondo nuovo, del gender, dell’indeterminato: soltanto petulanti capricci che garantiscono un bozzo di privilegi, abusando dei quali la cosiddetta “comunità LGBT” detta le proprie regole sociali a tutti noi, non solo ai suoi adepti. Guardate la tv, ascoltato la musica, fate caso alla pubblicità: a quanto ammonta il riferimento, tutto positivo ed edificante, all’omosessualità? Vogliamo parlare poi dei programmi scolastici, post-legge Cirinnà? E i social network, impostati in modalità Stasi al solo comparire della parola “frocio”, fosse anche all’interno del testo di una canzone o in una battuta tra amici? E’ una dittatura la loro, protetta dall’aura democratica dello Stato difensore dei diritti civili e delle minoranze: e io non accetto che mi si dia del razzista o dell’omofobo gratuitamente, voglio che si paghi il prezzo di un comportamento irreprensibile da parte di chi mi giudica e condanna, solo perché – ahimé – ancora così antico da essere etero e d’accordo in pieno con l’imprenditore di Latina.
Crisi di identità sessuale come baluardo del mondo nuovo, del gender, dell’indeterminato: soltanto petulanti capricci che garantiscono un bozzo di privilegi, abusando dei quali la cosiddetta “comunità LGBT” detta le proprie regole sociali a tutti noi, non solo ai suoi adepti. Guardate la tv, ascoltato la musica, fate caso alla pubblicità: a quanto ammonta il riferimento, tutto positivo ed edificante, all’omosessualità? Vogliamo parlare poi dei programmi scolastici, post-legge Cirinnà? E i social network, impostati in modalità Stasi al solo comparire della parola “frocio”, fosse anche all’interno del testo di una canzone o in una battuta tra amici? E’ una dittatura la loro, protetta dall’aura democratica dello Stato difensore dei diritti civili e delle minoranze: e io non accetto che mi si dia del razzista o dell’omofobo gratuitamente, voglio che si paghi il prezzo di un comportamento irreprensibile da parte di chi mi giudica e condanna, solo perché – ahimé – ancora così antico da essere etero e d’accordo in pieno con l’imprenditore di Latina.
Queste foto
(ho scelto le più pubblicabili) sono relative al Gay Pride di sabato scorso a Milano, il quale ha visto ovviamente tra i partecipanti il sindaco Beppe Sala, l’unico rinviato a giudizio di questo Paese a cui è garantita l’aura di innocenza di default. Certo, il cattivo gusto non è reato ma se due esponenti del mondo omosessuale come Alessandro Cecchi Paone e Klasu Davi sul “Fatto quotidiano” hanno rimarcato come ormai manifestazioni simili vedono prevalere solo la componente carnevalesca, forse si è un po’ passato il segno. Se provochi, oltretutto ostentando tutti gli stereotipi sull’omosessualità che in contemporanea condanni, poi non puoi lamentarti se scatta il riflesso condizionato dello sfottò. E’ inutile ammantare l’omosessualità di normalità se poi, una volta l’anno, il tuo Natale laico si sostanzia nel girare in mutande di latex per le vie del centro cittadino, sculettando e mostrando la lingua. Sei solo un esibizionista, non qualcuno che difende un diritto in pericolo e da tutelare ogni giorno: semplicemente perché non c’è nessun diritto in pericolo. Anzi, sta giorno dopo giorno arrampicandosi sulla scala del potere, inesorabilmente. E coperto da un Parlamento di smidollati e frustrate. Perché se vuoi rispetto, devi anche darlo. E questo,
a casa mia si chiama blasfemia. O, se preferite, iconoclastia isterica. Ciò non toglie che leda un diritto, quello di veder rispettati i simboli di un fede che ha qualche milione di adepti in più rispetto al culto del “Vizietto”. Il quale, certamente, è vecchio come il mondo e praticato anche dentro la Chiesa ma che non si può permettere di trasformare la Madonna e il Sacro Cuore in un divertissment per pervertiti, solo perché se qualcuno ha da ridire si può chiamare la psico-polizia della Boldrini che rimette tutto in ordine. E ve lo dice uno che ha messo piede in una chiesa l’uktima volta l’8 settembre 2007 per il funerale di suo padre, non certo un baciapile. E’ accaduto nel weekend al Perugia Pride Village e, nonostante i responsabili fossero stati diffidati, visto che questo manifesto preparatorio
già annunciava la carnevalata blasfema e il Comune avesse ritirato il patrocinio, non hanno resistito alla loro provocazione (ipocritamente negata alla vigilia, per paura di guai con la polizia) e, anzi, l’hanno anche ribattezzata “Una festa della madonna”. Da quando il fatto di essere gay e, magari, di essere stato chiamato “frocio” quando avevi 16 anni, ti mette in condizione di urtare il sentimento altrui, oltretutto facendoti anche beffe delle rimostranze e urlando all’omofobia? Piace vincere facile alla lobby gay, tutti diritti e nessun rischio.
Beh, sarà che il caldo non aiuta la tolleranza ma ne ho davvero pieni i coglioni di dover baciare la pantofola a chiunque decida di essere diverso e ne faccia pagare il prezzo a meno, quasi fosse colpa mia se è così incapace di accettarsi da aver bisogno di un capro espiatorio. Questa è dittatura totalitaria, squalificante e degradante. E non perché siano gay (la maggioranza degli omosessuali non si presta a queste pagliacciate, vive liberamente la propria vita perché non ha doppi fini politici o rivendicativi con i quali rompere i coglioni al mondo) ma perché usano la loro condizione di genere come grimaldello per l’impunità morale e la scalata sociale all’imposizione del loro modello unico. Se devo scegliere tra due autoritarismi, non ho dubbi: meglio gli idranti di Erdogan. Almeno non fanno dell’ipocrisia la loro ragione di vita.
(ho scelto le più pubblicabili) sono relative al Gay Pride di sabato scorso a Milano, il quale ha visto ovviamente tra i partecipanti il sindaco Beppe Sala, l’unico rinviato a giudizio di questo Paese a cui è garantita l’aura di innocenza di default. Certo, il cattivo gusto non è reato ma se due esponenti del mondo omosessuale come Alessandro Cecchi Paone e Klasu Davi sul “Fatto quotidiano” hanno rimarcato come ormai manifestazioni simili vedono prevalere solo la componente carnevalesca, forse si è un po’ passato il segno. Se provochi, oltretutto ostentando tutti gli stereotipi sull’omosessualità che in contemporanea condanni, poi non puoi lamentarti se scatta il riflesso condizionato dello sfottò. E’ inutile ammantare l’omosessualità di normalità se poi, una volta l’anno, il tuo Natale laico si sostanzia nel girare in mutande di latex per le vie del centro cittadino, sculettando e mostrando la lingua. Sei solo un esibizionista, non qualcuno che difende un diritto in pericolo e da tutelare ogni giorno: semplicemente perché non c’è nessun diritto in pericolo. Anzi, sta giorno dopo giorno arrampicandosi sulla scala del potere, inesorabilmente. E coperto da un Parlamento di smidollati e frustrate. Perché se vuoi rispetto, devi anche darlo. E questo,
a casa mia si chiama blasfemia. O, se preferite, iconoclastia isterica. Ciò non toglie che leda un diritto, quello di veder rispettati i simboli di un fede che ha qualche milione di adepti in più rispetto al culto del “Vizietto”. Il quale, certamente, è vecchio come il mondo e praticato anche dentro la Chiesa ma che non si può permettere di trasformare la Madonna e il Sacro Cuore in un divertissment per pervertiti, solo perché se qualcuno ha da ridire si può chiamare la psico-polizia della Boldrini che rimette tutto in ordine. E ve lo dice uno che ha messo piede in una chiesa l’uktima volta l’8 settembre 2007 per il funerale di suo padre, non certo un baciapile. E’ accaduto nel weekend al Perugia Pride Village e, nonostante i responsabili fossero stati diffidati, visto che questo manifesto preparatorio
già annunciava la carnevalata blasfema e il Comune avesse ritirato il patrocinio, non hanno resistito alla loro provocazione (ipocritamente negata alla vigilia, per paura di guai con la polizia) e, anzi, l’hanno anche ribattezzata “Una festa della madonna”. Da quando il fatto di essere gay e, magari, di essere stato chiamato “frocio” quando avevi 16 anni, ti mette in condizione di urtare il sentimento altrui, oltretutto facendoti anche beffe delle rimostranze e urlando all’omofobia? Piace vincere facile alla lobby gay, tutti diritti e nessun rischio.
Beh, sarà che il caldo non aiuta la tolleranza ma ne ho davvero pieni i coglioni di dover baciare la pantofola a chiunque decida di essere diverso e ne faccia pagare il prezzo a meno, quasi fosse colpa mia se è così incapace di accettarsi da aver bisogno di un capro espiatorio. Questa è dittatura totalitaria, squalificante e degradante. E non perché siano gay (la maggioranza degli omosessuali non si presta a queste pagliacciate, vive liberamente la propria vita perché non ha doppi fini politici o rivendicativi con i quali rompere i coglioni al mondo) ma perché usano la loro condizione di genere come grimaldello per l’impunità morale e la scalata sociale all’imposizione del loro modello unico. Se devo scegliere tra due autoritarismi, non ho dubbi: meglio gli idranti di Erdogan. Almeno non fanno dell’ipocrisia la loro ragione di vita.
Sono Mauro Bottarelli, Seguimi su Twitter! Follow @maurobottarelli
https://www.rischiocalcolato.it/2017/06/davanti-al-totalitarismo-iconoclasta-del-gay-pride-benvenuti-gli-idranti-senza-ipocrisia-erdogan.html
“Gay-pride” e strani discorsi in casa cattolica sulla preghiera di riparazione – di Paolo Deotto
27/6/2017
Se ci si preoccupa solo che “la gente capisca”, o se si misura il valore di un atto in base al numero dei partecipanti, si perde l’essenziale, ossia la necessità di riparare con la preghiera all’offesa a Dio, tanto più grande in quanto commessa pubblicamente e si dimentica la grande efficacia del S. Rosario, temutissimo dal diavolo.
di Paolo Deotto
.
Da Reggio Emilia, a Pavia, a Varese e dopodomani a Milano, abbiamo visto, sia ringraziato il Signore, moltiplicarsi gli atti di devozione in riparazione del pubblico scandalo dei “gay-pride”.
Non interessa – né su questo particolare ci siamo mai soffermati su Riscossa Cristiana – il numero dei partecipanti alle preghiere, né interessa il coro monotono di quanti belano agli ordini del Pensiero Unico e bollano i cattolici, semplicemente cattolici, come “ultrà” o “integralisti”.
C’è ben altro, e ben più importante.
Di recente, parlando con persone della cui fede non mi è lecito dubitare, ho sentito discorsi che mi hanno impressionato, perché mostrano come una strisciante (in)cultura, somministrata incessantemente, possa inquinare le menti e far dimenticare l’essenziale.
Si ragionava proprio della processione che si terrà dopodomani, giovedì 29, a Milano, in riparazione del “gay-pride” che si è appena svolto nella città ambrosiana. Ebbene, c’era chi manifestava dubbi sulla “opportunità” di queste preghiere di riparazione perché “la gente ormai non le capisce più”. Altri dicevano che bisognerebbe pensare a un non ben definito “qualcos’altro” che attiri un maggior numero di persone.
La gente non capisce più queste cose? È molto probabile, visto che le strutture ufficiali della neochiesa sono al servizio del mondo e il mondo non prega. Il principe di questo mondo è il demonio, non scordiamocelo. È molto probabile che tante brave persone, che devotamente non perdono mai la Messa domenicale, non sappiano neanche dell’esistenza delle preghiere di riparazione. Che gliene parla?
Quindi, se “la gente non capisce”, avremmo al più un ottimo motivo per pregare in riparazione dei peccati, per partecipare a una processione, per recitare il S. Rosario. La gente ricomincerebbe a vedere quei gesti che, finché esisteva una Chiesa cattolica visibile, erano comuni e conosciuti. L’esempio viene proprio da Reggio Emilia, dove molta gente è rimasta stupita – è verissimo – ma molti, dopo lo stupore, si sono accodati alla processione e molti si sono fatti il segno della Croce al suo passaggio.
Già, però resta il fatto che sono sempre poche le persone che partecipano a questi atti di devozione e riparazione. Poche decine di persone che recitano il S. Rosario e al più si può ragionare di qualche centinaio che prendono parte alla processione. Chi mai darà ascolto a quattro gatti?
Facciamo un po’ d’ordine e anzitutto ricordiamoci che la Verità non si è mai misurata a numeri, a quantità di consensi. Forse ci scordiamo troppo facilmente che la Verità incarnata, Gesù Cristo, è stato crocifisso. Abbiamo già visto, nel recente passato, a quanto possa servire, sotto il profilo pratico, radunare uno o due milioni di persone in piazza…
E veniamo al nocciolo della faccenda: ci sono dei fatti di fronte ai quali è nostro dovere rispondere in modo adeguato, perché questi fatti, nel caso specifico gli scandalosi e penosi “gay-pride”, con la loro ostentazione di un peccato contro natura che grida vendetta al cospetto di Dio, e addirittura con la dichiarazione urlata di “orgoglio” di commettere tale peccato, questi fatti, dicevamo, sono una gravissima offesa al Sacro Cuore di Gesù.
L’offesa c’è e rimane e di fronte ad essa cosa dobbiamo fare? Pregare in riparazione. È tutto molto semplice e lineare. Perché, è necessario ricordarlo, vengono anzitutto i diritti di Dio. Non scordiamoci il motivo per cui siamo al mondo: “Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra, in paradiso” (Catechismo di S. Pio X).
Di che altro dobbiamo preoccuparci? La gente non capisce? Quanti non hanno ancora cuore e mente ottenebrati, capiranno. Siamo quattro gatti? Ma la Verità e la Fede si misurano a numeri?
Nel disastro permanente in cui viviamo, sono convinto che, se ancora non si è scatenata la legittima ira di Dio (non scordiamoci come finirono Sodoma e Gomorra), lo dobbiamo a tante brave persone, animate da vera Fede, che continuano a pregare, incessantemente, testardamente, con quelle vecchie parole che sempre si ripetono, perché la Verità è immutabile. Ci sono ancora, laici o religiosi che siano, persone che non si sono scordate perché Dio ci ha creato. Repetita iuvant: “Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra, in paradiso”.
Restiamo perciò fedeli alla pratica della preghiera di riparazione. E non scordiamoci che la recita del S. Rosario, come la Chiesa ci ha sempre insegnato, è un’arma potentissima contro il diavolo, che adesso spadroneggia, ma che sa bene di essere destinato ad avere la testa schiacciata. E questo lo rende ancor più cattivo e prima della sua sconfitta definitiva vuole trascinare con sé il maggior numero possibile di anime.
E ricordiamoci il prossimo importante appuntamento: la processione a Milano, giovedì 29, in riparazione del “gay-pride”.
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di Paolo Deotto
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Da Reggio Emilia, a Pavia, a Varese e dopodomani a Milano, abbiamo visto, sia ringraziato il Signore, moltiplicarsi gli atti di devozione in riparazione del pubblico scandalo dei “gay-pride”.
Non interessa – né su questo particolare ci siamo mai soffermati su Riscossa Cristiana – il numero dei partecipanti alle preghiere, né interessa il coro monotono di quanti belano agli ordini del Pensiero Unico e bollano i cattolici, semplicemente cattolici, come “ultrà” o “integralisti”.
C’è ben altro, e ben più importante.
Di recente, parlando con persone della cui fede non mi è lecito dubitare, ho sentito discorsi che mi hanno impressionato, perché mostrano come una strisciante (in)cultura, somministrata incessantemente, possa inquinare le menti e far dimenticare l’essenziale.
Si ragionava proprio della processione che si terrà dopodomani, giovedì 29, a Milano, in riparazione del “gay-pride” che si è appena svolto nella città ambrosiana. Ebbene, c’era chi manifestava dubbi sulla “opportunità” di queste preghiere di riparazione perché “la gente ormai non le capisce più”. Altri dicevano che bisognerebbe pensare a un non ben definito “qualcos’altro” che attiri un maggior numero di persone.
La gente non capisce più queste cose? È molto probabile, visto che le strutture ufficiali della neochiesa sono al servizio del mondo e il mondo non prega. Il principe di questo mondo è il demonio, non scordiamocelo. È molto probabile che tante brave persone, che devotamente non perdono mai la Messa domenicale, non sappiano neanche dell’esistenza delle preghiere di riparazione. Che gliene parla?
Quindi, se “la gente non capisce”, avremmo al più un ottimo motivo per pregare in riparazione dei peccati, per partecipare a una processione, per recitare il S. Rosario. La gente ricomincerebbe a vedere quei gesti che, finché esisteva una Chiesa cattolica visibile, erano comuni e conosciuti. L’esempio viene proprio da Reggio Emilia, dove molta gente è rimasta stupita – è verissimo – ma molti, dopo lo stupore, si sono accodati alla processione e molti si sono fatti il segno della Croce al suo passaggio.
Già, però resta il fatto che sono sempre poche le persone che partecipano a questi atti di devozione e riparazione. Poche decine di persone che recitano il S. Rosario e al più si può ragionare di qualche centinaio che prendono parte alla processione. Chi mai darà ascolto a quattro gatti?
Facciamo un po’ d’ordine e anzitutto ricordiamoci che la Verità non si è mai misurata a numeri, a quantità di consensi. Forse ci scordiamo troppo facilmente che la Verità incarnata, Gesù Cristo, è stato crocifisso. Abbiamo già visto, nel recente passato, a quanto possa servire, sotto il profilo pratico, radunare uno o due milioni di persone in piazza…
E veniamo al nocciolo della faccenda: ci sono dei fatti di fronte ai quali è nostro dovere rispondere in modo adeguato, perché questi fatti, nel caso specifico gli scandalosi e penosi “gay-pride”, con la loro ostentazione di un peccato contro natura che grida vendetta al cospetto di Dio, e addirittura con la dichiarazione urlata di “orgoglio” di commettere tale peccato, questi fatti, dicevamo, sono una gravissima offesa al Sacro Cuore di Gesù.
L’offesa c’è e rimane e di fronte ad essa cosa dobbiamo fare? Pregare in riparazione. È tutto molto semplice e lineare. Perché, è necessario ricordarlo, vengono anzitutto i diritti di Dio. Non scordiamoci il motivo per cui siamo al mondo: “Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra, in paradiso” (Catechismo di S. Pio X).
Di che altro dobbiamo preoccuparci? La gente non capisce? Quanti non hanno ancora cuore e mente ottenebrati, capiranno. Siamo quattro gatti? Ma la Verità e la Fede si misurano a numeri?
Nel disastro permanente in cui viviamo, sono convinto che, se ancora non si è scatenata la legittima ira di Dio (non scordiamoci come finirono Sodoma e Gomorra), lo dobbiamo a tante brave persone, animate da vera Fede, che continuano a pregare, incessantemente, testardamente, con quelle vecchie parole che sempre si ripetono, perché la Verità è immutabile. Ci sono ancora, laici o religiosi che siano, persone che non si sono scordate perché Dio ci ha creato. Repetita iuvant: “Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra, in paradiso”.
Restiamo perciò fedeli alla pratica della preghiera di riparazione. E non scordiamoci che la recita del S. Rosario, come la Chiesa ci ha sempre insegnato, è un’arma potentissima contro il diavolo, che adesso spadroneggia, ma che sa bene di essere destinato ad avere la testa schiacciata. E questo lo rende ancor più cattivo e prima della sua sconfitta definitiva vuole trascinare con sé il maggior numero possibile di anime.
E ricordiamoci il prossimo importante appuntamento: la processione a Milano, giovedì 29, in riparazione del “gay-pride”.
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