La Cei: "Chiesa favorevole allo ius soli. Questa legge è indispensabile"
La Cei si schiera con la sinistra terzomondista. Monsignor Perego: "Lo ius soli migliorerebbero la vita nelle nostre città"
Per il Vaticano la legge sulla cittadinanza, che introduce lo ius soli, è addirittura "indispensabile".
La Cei si schiera con la sinistra terzomondista. Monsignor Perego: "Lo ius soli migliorerebbero la vita nelle nostre città"
Per il Vaticano la legge sulla cittadinanza, che introduce lo ius soli, è addirittura "indispensabile".
E così, mentre il Paese si divide profondamente, la Santa Sede ci mette il carico da novanta allinendosi alle posizioni della sinistra radicale e sposando il riconoscimento del diritto di cittadinanza ai bambini di immigrati nati in Italia. "Ius Soli e Ius Culturae - dice monsignor Gian Carlo Perego in una intervista a Repubblica - sono strumenti che migliorerebbero la vita nelle nostre città, favorendo inclusione e partecipazione".
Per il Vaticano la legge sulla cittadinanza va adeguata perché, è l'opinione di monisgnor Perego, "non considera ciò che il nostro Paese oggi è diventato, i suoi cinque milioni di migranti e una mobilità cresciuta". Proprio per questo considerano lo ius soli e lo ius culturae "strumenti che migliorerebbero la vita nelle nostre città, favorendo inclusione e partecipazione". Nell'intervista monsignor Perego critica chi si oppone al provvedimento: "Forse questo tipo di contestazione fa guadagnare voti, ma non aiuta il Paese. Seminare panico e confusione non serve. E poi - incalza - perché non votare una legge giusta soltanto perché ci sarebbero altre presunte priorità? Questa legge - conclude - aiuterebbe diversi ragazzi a trovare più facilmente lavoro e aiuterebbe la nostra economia".
- Dom, 18/06/2017
- Dom, 18/06/2017
Si sta approvando in parlamento una legge che mira ad introdurre nel nostro ordinamento lo ius soli, a fianco al tradizionale ius sanguinis: cittadino italiano sarà anche, ora, chiunque sia nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri (se almeno uno di essi sia in possesso del permesso di soggiorno per lungo periodo, oppure se il minore sia presente in Italia da prima del compimento dei 12 anni ed abbia frequentato la scuola italiana per almeno 5 anni).
Gli altri Paesi europei adottano diversi criteri, spesso temperati e bilanciati tra loro: in Germania, prevale lo ius sanguinis, in Francia vige un sistema piuttosto complicato, in cui viene dato maggior peso allo ius soli. La novità, però, è che l’Italia, ossia il Paese più colpito dall’immigrazione, abbia deciso proprio di questi tempi di introdurre un criterio nuovo, proprio in una situazione di emergenza nazionale.
W L’INVASIONE
È una follia: significa di fatto legittimare l’invasione in corso. Ma si risponde: abbiamo bisogno di immigrati, sono una risorsa non un pericolo, pagano le tasse come noi, i loro figli sono nati qui, obbediscono alle leggi del Paese, contribuiscono alla vita del Paese, etc., sto tracciando un quadro idilliaco, ma non importa ai fini di ciò che voglio dire. Perché allora non garantire loro anche il diritto di cittadinanza? Chi non lo vuole è un razzista, e così il discorso è subito chiuso. No, non è affatto chiuso.
Occorre distinguere tra i diritti politici e quelli civili e sociali. Nessuno intende negare questi ultimi a coloro che vengono qui per avere un lavoro, anche se prima dovremmo pensare ai milioni di nostri disoccupati, ai nostri giovani costretti ad emigrare per trovare un lavoro dignitoso e ve lo dice chi ha una figlia che lavora in Germania ed un altri due che hanno già deciso di fare la stessa cosa, tra qualche anno. Ma a parte questo, che non è certo irrilevante, c’è qualcosa di ancora più profondo, e che è sfuggito a molti nelle attuali discussioni.
LA LEZIONE DI HEGEL
Stiamo parlando della cittadinanza, vale a dire di un diritto politico. Nelle condizioni attuali questo passaggio nel nostro Paese è estremamente pericoloso. Ogni popolo vuole preservare la propria identità, il proprio senso di appartenenza che è legato a lingua, tradizioni, costumi e valori condivisi, che si tramandano di generazione in generazione.
Non si tratta di razzismo, ma di salvaguardare ciò ci costituisce come Gemeinwesen, come comunità politica. Un conto è la «società degli individui», un altro è la «comunità politica»: lo aveva già lucidamente compreso Giorgio Hegel, quando nella sua Filosofia del diritto, aveva distinto la «società civile – borghese» dallo Stato politico, sottolineando, contro il cosmopolitismo kantiano, il fatto che gli uomini non possono costituirsi in comunità politica se non sulla base di un senso comune di appartenenza. Ed è su questo che si fonda uno Stato. Oggi in Italia lo abbiamo dimenticato.
Paolo Becchi
Fonte; http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=59074 del 17-06-2017
[IMMIGRAZIONE] Il testo del protocollo d’intesa tra la Nicolini e Soros
Giusy Nicolini, pluripremiata da tutti i vari enti sovranazionali nemici dei popoli e delle identità, nel 2014 s’è accordata nientemeno che con George Soros.
Il PDF dell’accordo è scaricabile al seguente link: proposta-soros-lampedusa [Fonte: Radio Spada]
Nota: Adesso si spiega la grande attenzione mediatica ed i riconoscimenti (l’ultimo il premio dell’UNESCO) ottenuti da parte del Sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini. La signora era appoggiata direttamente dalla Open Society di Soros per attuare una politica di totale apertura dell’isola ai migranti.
La sindaca di Lampedusa possiamo immaginare che aveva fiutato il vento e si era messa al seguito delle grandi centrali che guidano e favoriscono il flusso dei migranti verso le coste italiane, scegliendo lo sponsor super miliardario George Soros. Uno dei più possenti patrocinatori dell’invasione dell’Italia e della sostituzione etnica di buona parte della sua popolazione. Si era saputo da tempo degli accordi con Soros e qualcuno aveva chiesto spiegazioni per sapere quali fossero i reali interessi di Soros sull’isola ma a tale questione non è mai stata data risposta.
Fra l’interesse dei cittadini di Lampedusa, pescatori, piccoli commercianti, artigiani e quello delle grandi centrali finanziarie che sospingono l’immigrazione, la Nicolini aveva scelto quest’ultimo, molto più conveniente per godere di vantaggi e fare rapidamente carriera. Il traffico dei migranti si sa che è un buon affare per tutti, per quelli che fanno il business, dagli scafisti alle mafie ed alle cooperative e per i politici che ci costruiscono sopra le loro carriere.
Le proteste degli abitanti contro la Nicolini si erano manifestate in più occasioni, si erano manifestate queste proteste contro l’amministrazione comunale della Giusi Nicolini, e la sua decisione di riaprire il Centro di prima accoglienza per i migranti. Sui cartelli esposti in piazza erano comparsi slogan come “Vogliamo vivere di turismo, no clandestini”, “Centro uguale a terrorismo, morti in mare, malattie, mafia”, e ancora “Non siamo italiani di serie B”. Vedi: Cortei e proteste degli abitanti contro l’amministrazione comunale
Ma non era servito a nulla: i referenti della Nicolini a Roma, il ministro Alfano e quelli a Palermo avevano deciso che l’isola doveva essere il primo rifugio dei migranti.
Non mancherà una candidatura della Nicolini nelle prossime liste del PD a livello regionale o Nazionale, possiamo scommetterlo, vista la grande pubblicità che la signora si è fatta sulla questione Lampedusa, come isola dell’accoglienza, ormai conosciuta in tutto il mondo. Un pò meno conosciuti sono i disagi e le azioni fatte dai migranti a danno di Lampedusa, come l’incendio del centro di accoglienza avvenuto più di una volta da parte dei suoi ospiti che hanno sfogato la loro rabbia per i ritardi nelle pratiche burocratiche. I furti i danneggiamenti, l’insicurezza in cui sono stati costretti a vivere i lampedusani per far glorificare il loro sindaco dai media internazionali che aprivano le loro corrispondenze intervistando la sindaca.
Tanto meno si conosce il danno fatto alle attività turistiche ed alla pesca per causa dell’invasione incontrollata che ha causato l’impossibiltà per i pescatori di potere accedere al mare antistante l’isola e la difficoltà di attrarre i turisti in una isola divenuta campo di rifugiati. L’economia dell’isola distrutta per gli interessi di alcuni a scapito degli abitanti.
Quando ci sono gli “interessi superiori” avviene sempre così: dallo sbarco degli “alleati” in Sicilia ad oggi, non è cambiato nulla. L’isola del Gattopardo rimane sempre immutabile.
L.Lago
Ius soli, scontro Cei-Lega Nord
La Cei si schiera con la sinistra terzomondista. Monsignor Perego: "Lo ius soli migliorerebbero la vita nelle nostre città"
La Cei si schiera con la sinistra terzomondista. Monsignor Perego: "Lo ius soli migliorerebbero la vita nelle nostre città"
Per il Vaticano la legge sulla cittadinanza, che introduce lo ius soli, è addirittura "indispensabile".
E così, mentre il Paese si divide profondamente, la Santa Sede ci mette il carico da novanta allinendosi alle posizioni della sinistra radicale e sposando il riconoscimento del diritto di cittadinanza ai bambini di immigrati nati in Italia. "Ius Soli e Ius Culturae - dice monsignor Gian Carlo Perego in una intervista a Repubblica - sono strumenti che migliorerebbero la vita nelle nostre città, favorendo inclusione e partecipazione".
Si infiamma nuovamente lo scontro sullo ius soli. Non è più solo il centrodestra, che ha annunciato di voler raccogliere le firme per un referendum abrogativo qualora il ddl fosse approvato, a schierarsi contro il riconoscimento del diritto di cittadinanza ai bambini di immigrati nati in Italia. Anche il Movimento 5 Stelle è pronto a sfidare la sinistra che intende approvato la misura a tutti i costi, anche se rischia di dividere profondamente il Paese. A scendere in campo per difendere la legge sulla cittadinanza ci sono, però, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, secondo cui si tratta di "un atto di civiltà" perché "i bambini hanno diritto alla cittadinanza", e il Vaticano. "La Chiesa ha chiesto una nuova legge, la riteniamo indispensabile", ha spiegato in una intervista a Repubblica il presidente della fondazione Migrantes della Cei, Monsignor Gian Carlo Perego.
Per il Vaticano la legge sulla cittadinanza va adeguata perché, è l'opinione di monisgnor Perego, "non considera ciò che il nostro Paese oggi è diventato, i suoi cinque milioni di migranti e una mobilità cresciuta". Proprio per questo considerano lo ius soli e lo ius culturae "strumenti che migliorerebbero la vita nelle nostre città, favorendo inclusione e partecipazione". Nell'intervista monsignor Perego critica chi si oppone al provvedimento: "Forse questo tipo di contestazione fa guadagnare voti, ma non aiuta il Paese. Seminare panico e confusione non serve. E poi - incalza - perché non votare una legge giusta soltanto perché ci sarebbero altre presunte priorità? Questa legge - conclude - aiuterebbe diversi ragazzi a trovare più facilmente lavoro e aiuterebbe la nostra economia".
Dello stesso avviso monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei: "Siamo preoccupati per come si sta affrontando questo problema, persino con gazzarre ignobili in Aula, sono temi molto importanti. Ci sta che qualcuno sia contrario. Ma vedo che c'è chi ha cambiato idea. E ora fa politica unicamente per rincorrere il proprio successo, perché vuol fare solo il proprio interesse".
La risposta della Lega Nord non si è fatta attendere. "Stupisce la netta presa di posizione della Cei che invoca l'approvazione della legge che introdurrebbe lo ius soli e lo ius culturae" perché "raramente dalla Cei abbiamo sentito prese di posizione altrettanto dure e nette davanti ai tanti problemi che affliggono milioni di nostri cittadini in un'Italia che ha una disoccupazione generale all'11,5%, con una disoccupazione giovanile che sfiora il 40%, e oltre sei milioni di italiani con una pensione minima sotto i mille euro", ha dichiarato Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato e responsabile organizzazione e territorio della Lega Nord, secondo cui dei veri problemi degli italiani dovrebbe "occuparsi e preoccuparsi una Chiesa che vuole stare dalla parte degli ultimi, dei poveri, di chi è in difficoltà".
"L'attuale legge sulla cittadinanza funziona, eccome se funziona - fa notare il senatore leghista - dato che in due anni abbiamo concesso 385 mila nuove cittadinanze, il numero nettamente più alto in Europa: non bastano ai nostri vescovi più di 200 mila nuovi cittadini italiani l'anno? Cari vescovi, pensate a quei tanti italiani senza lavoro, senza una casa, senza una pensione dignitosa e lasciate che sia il Pd, a corto di idee e di voti, a pensare a coltivarsi il bacino elettorale degli immigrati...".
Migrazioni terapeutiche o i pericoli delle fiabe
FONTE: ILPEDANTE.ORG
Il 10 maggio scorso La Stampa titolava: «Sempre più allergici e malati. Ma a rafforzare i nostri bimbi saranno i microbi africani». L’articolo riportava le conclusioni di uno studio scientifico sulla correlazione tra l’impoverimento dell’ecosistema microbico nell’organismo e l’insorgere sempre più frequente e precoce di malattie autoimmuni nei paesi sviluppati. L’ambiguità del titolo e della tesi non troppo velatamente suggerita nel testo («le popolazioni africane potrebbero aiutarci a recuperar[e] una parte [di quell’ecosistema]») alzava la palla alla redazione di Left, che lo stesso giorno traduceva così la notizia sul suo sito: «L’arrivo dei migranti fa bene alla salute». Punto. Svolgimento:
Non solo la nostra economia, ma anche il nostro sistema immunitario ha bisogno dell’apporto dei migranti. È quanto emerge da uno studio condotto da un team di ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze e pubblicato da la Stampa. Secondo i biologi, i migranti africani portano con loro una serie di batteri, finghi (sic) e microbi che abbiamo perso.
L’occasione era in effetti ghiotta, di sbattere in faccia a «la xenofobia populista» che schifa di stringere la mano a una persona di colore o di viaggiare sul suo stesso treno, la nemesi di una promiscuità dove l’esposizione a «batteri, f[u]nghi e microbi» disseminati dai corpi dei nostri fratelli d’Africa ci riscatterebbe da un declino non solo culturale, ma finanche organico e microbiologico. Un’occasione ghiotta, ghiottissima. Forse troppo per essere vera.
Apprendiamo da Google che lo «studio condotto da un team di ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze» a cui si fa riferimento negli articoli non è stato (ovviamente) «pubblicato da La Stampa» nel 2017. Il giornale torinese ha solo ripescato un paper apparso su PNAS il 17 agosto 2010 (sette anni prima) con il titolo “Impact of diet in shaping gut microbiota revealed by a comparative study in children from Europe and rural Africa“. Lì un gruppo di scienziati guidati da Carlotta De Filippo e Duccio Cavalieri confrontavano la microflora intestinale dei bambini di Firenze con quella dei loro coetanei di Boulpon, un villaggio rurale del Burkina Faso il cui ambiente «assomiglia ancora a quello dell’agricoltura neolitica di sussistenza» e dove «tutte le risorse alimentari sono prodotte localmente, coltivate e raccolte nei pressi del villaggio dalle donne» e, quindi, «gli effetti della globalizzazione sulla dieta sono meno profondi». La ricerca concludeva che
… rispetto ad altre possibili varianti come l’etnia, la sanitizzazione, l’igiene, la geografia o il clima, la dieta ha un ruolo dominante nella formazione del microbiota intestinale [e] la riduzione di ricchezza che osserviamo nei bambini europei rispetto a quelli del Burkina Faso può indicare come il consumo di zuccheri, grassi animali e cibi ipercalorici nei paesi industrializzati stia rapidamente limitando il potenziale adattivo del microbiota. Questa semplificazione porta con sé il rischio di deprivare il nostro pool genetico microbiale di riserve ambientali di geni potenzialmente utili per l’adattamento a diete peculiari.
Nello studio non si cita mai l’immigrazione, né mai vi si allude. Il «rapido aumento dell’incidenza di malattie intestinali non infettive» riguarda del resto «sia il mondo occidentale, sia i paesi in via di sviluppo» e non è legato all’etnia o alla provenienza geografica, ma alla dieta. E poiché non risulta che gli immigrati africani in Italia pratichino una «agricoltura neolitica di sussistenza» né che vi consumino esclusivamente cibi «coltivati e raccolti nei pressi dei villaggi», l’idea di sradicare e dislocare quelle popolazioni invece di imitarne le più sane abitudini alimentari non solo non può far «bene alla salute» degli europei, ma fa sicuramente male a quella degli africani. A voler proprio cercare nel paper un messaggio politico (che non c’è) dovremmo semmai concludere che la globalizzazione e la correlata libertà di movimento delle masse nuocciono alla salute di quelle masse. Per dirla con gli autori dello studio, che «la riduzione di ricchezza microbiale è probabilmente uno degli effetti indesiderati della globalizzazione».
Dall’amplesso di fantasia e scienza nasce la fantascienza. Continua l’articolo: «[gli immigrati] portano anticorpi. Difese che abbiamo perso, e che sono essenziali alla nostra sopravvivenza, aiutando così il nostro organismo a combattere infezioni alle quali non è più preparato». Peccato che lo studio citato si occupi di malattie «non infettive» e che poche righe dopo lo stesso articolo parli di «malattie auto immuni, infiammazioni e allergie», cioè di patologie causate da un eccesso, non da un deficit di risposta immunitaria. Ma anche volendo stare al gioco, è da capire in quale fantauniverso gli anticorpi si «portino» da un individuo all’altro. Fosse così, sarebbe più comodo assumerli in loco o importarli in pratiche compresse.
Un ribaltamento così totale della verità scientifica non può essere solo frutto di scarsa informazione. Alla sua base devono agire altre forze, deve esserci il desiderio di avverare una tesi al costo di fare della realtà un pretesto. Dopo essersi applicato con scarso successo agli auspicati traguardi della globalizzazione europea, il wishful thinking alza così il tiro e si esercita in scala mondiale con le retoriche dell’immigrazione di massa. In un articolo recente abbiamo commentato altri esempi del caso, laddove si insisteva a dirsi che l’«accoglienza» dei nuovi immigrati sarebbe finanziata dall’Unione Europea, o che i richiedenti asilo sarebbero una risorsa economica perché gli stranieri tutti contribuirebbero per quasi un decimo al PIL nazionale. È in quell’humus che nasce l’ennesima fiaba, quella del «nostro sistema immunitario [che] ha bisogno dell’apporto dei migranti».
Ciò che più imbarazza in queste forzature è la loro pretesa di tutelare chi immigra. Se è inaudito che l’immigrazione di massa giovi alla salute degli europei – come è controverso che vi nuoccia – sono invece indiscutibili e gravi i problemi sanitari che essa infligge alle popolazioni dislocate. In una recente sintesi della letteratura scientifica disponibile, il Parlamento europeo scriveva che «all’inizio del loro viaggio i migranti tendono a godere di condizioni di salute relativamente buone». Successivamente, la pena del viaggio e le condizioni di vita nei paesi di transito li espongono a lesioni fisiche come «ferite… bruciature, vesciche, scottature, deidratazione e problemi muscoloscheletrici», ipotermia e infezioni trasmesse da alimenti (salmonellosi, epatite A, colera) o da artropodi contaminati (malaria, lesmaniosi, borreliosi, rickettsiosi, tifo). Lo stress e la scarsa protezione dagli agenti climatici ne indeboliscono il sistema immunitario e li rendono vulnerabili a virus influenzali e infezioni delle vie respiratorie. All’esperienza migratoria si accompagnano anche l’insorgenza e il peggioramento di patologie non trasmissibili come ipertensione, malattie respiratorie e cardiocircolatorie croniche, diabete e tumori, e un ampio spettro di problemi psichiatrici associati al disturbo post-traumatico da stress, spesso anche in conseguenza delle violenze subite: umiliazioni, aggressioni, stupri, sequestri.
Poi ci sono gli incidenti, non di rado mortali. Solo nel 2016, e solo nel Mediterraneo, sono morte 5079 persone: 14 al giorno. Dall’inizio del 2017 a oggi si contano 1735 vittime in mare e più di 300 (numero certamente sottostimato) in Africa.
Sono questi gli effetti salutari dell’immigrazione di massa.
***
Le fiabe fanno soprattutto male a chi ci crede. Se chi si spende per migliorare le condizioni e la percezione degli immigrati lo fa ricorrendo a informazioni inesatte, irrilevanti o anche inventate, ciò che ottiene è la diffidenza e l’ostilità degli interlocutori. Nell’ipotesi migliore sarà accusato di essere inaffidabile, nella peggiore di mentire per dissimulare altri fini. In tutti i casi contribuirà a polarizzare un conflitto dove i primi a cadere saranno proprio coloro che vorrebbe proteggere dalla discriminazione e dall’odio.
Ma ancora più grave è che, nel liquidare problemi veri con risposte false, quei problemi si riproducono e si allargano, si radicano nell’indifferenza di chi se ne dovrebbe preoccupare. Nell’articolo citato si osservava come la spesa sostenuta dallo Stato italiano – e non da Leuropa – per l’accoglienza dei richiedenti asilo sia odiosa non tanto per la sua funzione, ma perché è obbligatoriamente sottratta ad altri servizi pubblici essenziali in forza dei vincoli monetari e di bilancio imposti ai membri dell’eurozona. Che i soldi per l’immigrazione siano tolti ai terremotati e agli ospedali non è scritto nella fantasia degli xenofobi, ma agli artt. 7 e 21 del Trattato di Maastricht e all’art. 81 della Costituzione. Si è anche visto come la disoccupazione e la sottoccupazione dei nuovi immigrati, e quindi la loro marginalizzazione, non siano il prodotto de «il razzismo» ma di politiche di deflazione e depressione del lavoro che prima ancora colpiscono gli italiani. Tra gli altri esempi più recenti, il rinnovo delle sanzioni al governo siriano è un atto di guerra destinato a provocare nuovi flussi di persone in fuga. Prima di protestare perché non si accolgono abbastanza profughi, bisognerebbe chiedere di provocarne di meno. E prima di indignarsi se si indaga su alcune ONG del mare ci si dovrebbe accertare se in effetti, e ammettiamo pure con le migliori intenzioni e in assenza di una politica di quote e corridoi per chi ne ha diritto, esse non stiano incentivando le partenze indiscriminate, e quindi i traffici, e quindi le tragedie.
Se si considerassero le cause e non i fenomeni ci si accorgerebbe che molti problemi cosiddetti dell’immigrazione colpiscono in modi diversi tanto i rappresentanti de «la xenofobia populista» quanto il «migrante». Sicché nel denunciarne le radici si potrebbe almeno tentare di unire i fronti in una battaglia comune invece di tifare per l’una o l’altra vittima, di dividere il mondo in buoni e cattivi. Che, appunto, funziona solo nelle fiabe e nelle menti di chi ci crede, o di chi se ne avvantaggia.
Fonte: http://ilpedante.org
Link: http://ilpedante.org/post/migrazioni-terapeutiche-o-i-pericoli-delle-fiabe
GIORDANO, QUESTO PONTEFICE CATASTROFICO : “IL PAPA E LA DISTRUZIONE DELLA CRISTIANITÀ”
Pubblichiamo Posta Prioritaria, la rubrica in cui Mario Giordano risponde alla missiva di un lettore.
Caro Giordano, Bergoglio, nato e cresciuto in Sudamerica, non può conoscere fino in fondo né capire la storia e la civiltà europea e si adopra sistematicamente per favorire l’invasione musulmana, dimenticando che la religione cristiana, di cui dovrebbe essere il massimo rappresentante, non può che confliggere con essa.
L’Italia, grazie alla politica folle e suicida di Renzi, sta subendo in prima linea quell’invasione mentre il Papa argentino se ne sta tranquillo al riparo delle alte e solide mura vaticane. Bergoglio condanna l’Europa perché non si lascia invadere (Socci), dimenticando, scientemente o meno, che esistono in Medio Oriente tanti Stati arabi, Qatar, Arabia Saudita, etc: spazi sconfinati, ricchi sfondati, e governati da loro fratelli in Allah.
Perché non esorta i clandestini musulmani, a lui tanto cari da esserseli portati a Roma, lasciando nel fango e nella disperazione altrettanti profughi cristiani, a dirigere il loro cammino verso quegli Stati, che non aspettano che quel momento per erigere all’istante mura alte e solide sul modello del Vaticano?
Corrado Alessi
Milano
In effetti questa è una domanda che mi sono fatto spesso anch’io, ma senza riuscire a dare una risposta. Se quella in atto non è un’invasione organizzata dell’Europa, ma uno spostamento di popoli dai Paesi più poveri a quelli più ricchi, perché lo spostamento non tocca il Qatar o gli Emirati Arabi? Non sono forse questi Stati assai più ricchi dei nostri? E non c’è persino maggior omogeneità culturale e religiosa con gli immigrati islamici? Non dovrebbe essere più facile l’accoglienza e l’integrazione? Perché, insomma, i musulmani in fuga dalla Nigeria o dal Bangladesh devono trovare ospitalità nell’Alta Val Seriana e non ad Abu Dhabi o a Riad? Perché vogliano avvicinarsi al Vaticano e non alla Mecca? Mistero. A meno che, come si diceva, questa migrazione, più che un fenomeno spontaneo, sia una vera e propria invasione organizzata dell’Europa, una sottomissione programmata. E qui entra il ruolo del Papa. Perché chi dovrebbe difendere la cristianità, non si oppone alla sua progressiva distruzione? Anche a questa domanda non so rispondere. Fra l’altro, pure dal punto di vista più economico, Bergoglio non lo capisco. Lui si dice grande difensore dei poveri. Non si accorge che l’invasione rende tutti più poveri? Non si accorge che viene utilizzata per l’abbassamento dei diritti? Non si accorge che le zone di sfruttamento, di caporalato, lavoro nero, riduzione dei redditi continuano senza freni proprio grazie all’afflusso in Europa dei clandestini?
di Mario Giordano
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