Il diavolo e Matteo La Grua
Parla lingue antichissime, striscia come una serpe: tu non ci credi, padre Sosa, ma lui crede in te. Intervistato dal giornale spagnolo El Mundo, padre Arturo Sosa Abascal, generale dei Gesuiti, ha dichiarato, fra le molte altre cose, che il diavolo è una figura simbolica con cui gli uomini hanno voluto rappresentare il male. Questa sorprendente dichiarazione – ma neanche tanto, viste le precedenti dichiarazioni di padre Sosa, ad esempio che nessuno può sapere cosa Gesù abbia realmente detto, perché allora non c’erano i registratori e gli evangelisti, dopotutto, erano solamente uomini, che parlavano nel linguaggio specifico di quella situazione storica – oltre a fare polpette di due millenni di Magistero, di teologia dei Padri della Chiesa, nonché ad ignorare completamente ciò che del diavolo si dice nel Vecchio e soprattutto nel Nuovo Testamento, anche e specialmente per bocca di Gesù Cristo, è come uno schiaffo sul viso di tanti Santi i quali, con il diavolo, hanno avuto a che fare piuttosto da vicino, e un deliberato screditare l’opera di centinaia di esorcisti che, in ogni parte del mondo, lottano a tu per tu con l’antico nemico, per strappargli il corpo e la mente di tanti disgraziati, posseduti, ossessionati o vessati, naturalmente in mezzo all’incredulità e ai sorrisetti di compassione di certi teologi modernisti e progressisti, tutti figli della mai abbastanza deprecata “svolta antropologica” di Karl Rahner e dei suoi seguaci, come Walter Kasper.
Un sacerdote che è stato sia un grande esorcista, sia, a detta di tutti quelli che l’hanno conosciuto, un vero santo, e che qui vogliamo ricordare, fu il palermitano Matteo La Grua, nato a Castelbuono il 15 febbraio 1914 e volato in Cielo, quasi novantasettenne, a Palermo, il 15 gennaio 2012, lasciando un ricordo incancellabile della sua bontà e della sua spiritualità in migliaia e migliaia di persone, le quali, nel corso degli anni, si sono affollate nel suo convento per vederlo, parlargli, avere un consiglio, una parola di conforto, e ricevere la riconciliazione con Dio. Padre La Grua era un santo: piccolo, mite, dal cuore generosissimo, di una delicatezza umana squisita: spesso riconosceva al volo le persone che venivano da lui, anche se non le aveva mai viste, e andava diritto verso di loro, prima che potessero avvicinarsi a lui, nella folla, rivolgendo loro proprio le parole di conforto e di speranza di cui avevano bisogno. Padre Sosa Abascal non ci risulta che sia un santo e, in ogni caso, non parla come un santo, ma come un sacerdote che ha tutta l’intenzione di scandalizzare le anime, e di scandalizzarle gratuitamente: così, senza una ragione precisa, solo per il gusto maligno di gettarle nel turbamento e nella confusione. In compenso, deve aver letto molti libri, anche se non sapremmo dire di quale teologia: non di san Tommaso d’Aquino, crediamo, o di nessun altro grande teologo cattolico. Forse avrà letto qualche teologo sudamericano, di quelli che se ne vanno in giro ad affermare che, nella Santissima Trinità, le tre Persone divine stanno sempre a litigare fra di loro, anche se, all’esterno, non lo danno a vedere: amenità e piacevolezze un tantino sacrileghe, che, però, piacciono tanto anche al papa Francesco, visto che egli ama ripeterle divertito, e lo ha fatto anche di recente, accogliendo un gruppo di teologi sudamericani venuti a rendergli vista in Vaticano, fra i quali la procace e spigliata teologa argentina Emilce Cuda, quella che si presenta dal pontefice abbigliata come una majorette del Circo Barnum: riunione di cui abbiamo parlato in un precedente articolo (cfr. Cattivi maestri e pessime professoresse dietro gli spropositi e le bestemmie del papa, pubblicato su Il Corriere delle Regioni il 02/05/2017).
Tuttavia – qualcuno dirà – Sosa Abascal è comunque un intellettuale, un uomo di pensiero; mentre gli esorcisti sono “solo” dei sacerdoti, magari con poca cultura, molto tradizionalisti, piuttosto chiusi, proiettati in un mondo tutto loro, che ormai appartiene al passato: insomma, degli anacronismi viventi. Niente affatto. Padre La Grua, per limitarci al suo caso, era un uomo coltissimo: una specie di stupor mundi. Non solo una cima in teologia e in scienze religiose, ma anche un filologo classico, un grecista, un latinista; e non solo versato nella cultura umanistica, ma anche in quella scientifica, particolarmente nelle scienze naturali. Né si limitava agli studi al tavolino: per la sua grande passione, la mineralogia, si spingeva ogni volta che poteva sui Monti Nebridi, o in qualche altro località di montagna, alla ricerca di minerali e fossili, dei quali era uno dei massimi esperti mondiali. Ne aveva una collezione sterminata, anche con esemplari fatti venire da ogni luogo; e, talvolta, organizzava delle mostre. L’altra sua grande passione erano i funghi: e anche in quel campo era un esperto di prima grandezza, nonché un provetto ricercatore. Insomma, possedeva un sapere sterminato accanto a una spiritualità eccezionale e ad una straordinaria sensibilità morale. Era sempre a disposizione di chi aveva bisogno; e trovava il tempo per tutto. Specialmente per pregare. Pregava tanto, padre La Grua: proprio come i grandi santi, e come ne ha dato l’esempio Gesù stesso. La sua fede era semplice ma profonda: univa in sé la raffinatezza dell’intellettuale il candore di chi si arrende alla chiamata di Dio senza pretendere di poter capire tutto. Ogni anima santa sa che c’è una zona di Mistero, inaccessibile all’uomo; come dice Dante, l’uomo deve accontentarsi del quia, perché, diversamente, se potesse comprende ogni cosa, non ci sarebbe stato bisogno che Gesù s’incarnasse nel seno di Maria Vergine.
Ecco; questo era padre Matteo La Grua. Un sacerdote, un teologo, uno scienziato fuori del comune, al quale i vari Sosa Abascal, per non parlare delle signore, o signorine, Cuda, non son degni nemmeno di allacciare le scarpe. Eppure dobbiamo ascoltare i Sosa Abascal che dicono, con aria tranquilla e quasi indifferente, che il diavolo è una figura del male, non un essere personale; e assistere al brutto spettacolo di un papa che lo lascia dire, che lo lascia dire. Probabilmente perché si sono divisi i ruoli, ed entrambi puntano alla stessa meta: abituare i fedeli, dapprima in piccole dosi, poi con iniezioni sempre più massicce, all’idea di una progressiva immanentizzazione del cattolicesimo. Un po’ alla volta, la religione cattolica diventerà una faccenda di quaggiù, puramente e semplicemente: una creazione umana, fatta di simboli, di allegorie, senza una dimensione soprannaturale a sorreggerla e giustificarla. Ma a quel punto non avremo più a che fare con il cattolicesimo, e nemmeno con il cristianesimo, bensì con una falsa religione intesa a celebrare l’Uomo e ad escludere Dio. Come dice San Paolo: Se Cristo non è risorto, la vostra fede è vana. Si tratta, pertanto, di una strategia mirante a smantellare la fede e a distruggere il senso religioso negli uomini: perché un cristianesimo senza trascendenza non è che acqua riscaldata, e una religione senza il soprannaturale non è che una delle tante ideologie di questo mondo che si succedono l’una all’altra, si accavallano, lottano per sopraffarsi, si eliminano, per poi sparire a loro volta. Solo il cristianesimo possiede un’acqua viva, che spegne la sete per sempre. Come disse San Piero a Gesù Cristo, che aveva chiesto ai suoi discepoli se volevano andarsene anche loro, come tanti altri Giudei: Signore, e da chi andremo? Tu solo ha i parole di vita eterna.
E adesso torniamo al diavolo, alla cui esistenza personale padre Sosa Abascal non crede. Fra le tantissime persone esorcizzate e liberate da padre La Grua, vi è un certo Francesco Vaiasuso: il suo esorcismo – lungo e difficile, perché, come l’uomo di Gersa di cui parla il Vangelo, era posseduto non da uno, ma da decine di diavoli – ed egli stesso lo ha rievocato nel libro La mia possessione, scritto con Paolo Rodari e pubblicato dalle Edizioni Piemme; ne riportiamo uno dei passi centrali:
Ero sposato da poco e con mia moglie frequentavo i gruppi di preghiera mariani per recitare in comunità le preghiere di guarigione perché da anni soffrivo di una malattia respiratoria piuttosto grave. Un giorno incontrai un gesuita di Palermo che incominciò a parlarmi di Satana e mi disse: Se non comprendi il male non capirai neanche le Sacre Scritture”.
Sono sempre stato scettico verso questi argomenti, ma il sacerdote mi disse che tante malattie sono dovute alla presenza del demonio e allora gli parlai della mia asma bronchiale cronica che, nonostante le cure, nessun medico riusciva a guarire.
Rimasi perplesso, ma decisi comunque di fare la preghiera di liberazione e poco dopo cominciai a non sentirmi bene, come se avessi la testa indolenzita, Avevo una strana sonnolenza e sentivo che c’era qualcosa che mi disturbava.
Incontrai di nuovo questo sacerdote che mi consigliò di andare da padre Matteo. Era il 29 settembre 2002 quando l’ho incontrato per la prima volta. Mi ricordo tutto, perfettamente. Nel momento in cui il padre cominciò a pregare su d me, il maligno si manifestò e se ne accorse anche mia moglie perché iniziai a perdere la lucidità e la mia voce cambiò completamente, e tanti altri sintomi ancora, terribili. Ti posso confessare che io ricordavo sempre tutto anche quando il demonio non si manifestava perché padre La Grua lo aveva temporaneamente allontanato e indebolito. Questo particolare è stato rilevato anche da padre Amorth, dal quale ero andato su consiglio dello stesso padre Matteo, e anche lui, che mi ricevette a Roma, mi disse che il mio era un fatto eccezionale perché di solito dopo la manifestazione diabolica la vittima non si ricorda assolutamente più nulla. Per questo motivo padre Amorth mi ha invitato a rendere testimonianza pubblica della mia vicenda, che secondo loro è unica. Persino il vescovo di Isernia, Andrea Gemma, mi ha aiutato tantissimo in questo percorso. Padre Matteo diceva che ero posseduto da 27 legioni di demoni, cioè tanto gruppi diversi di diavoli, ed è riuscito, dopo tante sedute, a liberarmi. Spesso quando mi recavo da padre Matteo, o a Margifaraci o al convento della Noce, il demonio lo preavvertiva. Una volta, addirittura, durante il viaggio in macchina, prima che io arrivassi, il demonio urlava e inveiva contro padre Matteo che durante gli esorcismi faceva dei veri e propri interrogatori al maligno. Così abbiamo potuto appurare che la rima infestazione diabolica risaliva a quando avevo soli quattro anni, è evidente che c’è una storia alle spalle che riguardava la mia famiglia e addirittura i miei parenti, i miei antenati. Di più per ora non posso dirti. Praticamente mi sono ritrovato al centro di una situazione di malefici, di rancori, di vendette da parte di un gruppo di persone che non vivono neppure in Sicilia e che sono riconducibili poi a delle sette sataniche. In altri termini il maleficio di cui sono rimasto vittima potrebbe essere la conseguenza di una vendetta di alcune persone. […]
Tra una seduta e l’altra, per gli esorcismi di padre Matteo, ricordo sempre questo stato di malessere continuo con nausea, mal di testa e una grande spossatezza. Poi, di colpo, le manifestazioni diaboliche, che potevano esplode in qualunque ora del giorno e della notte con evidenti difficoltà per una vita normale. Il lavoro, la famiglia, i parenti e gli amici. Immaginatevi come ci si può sentire in queste situazioni. Mi ricordo esattamente che cosa avveniva durante le preghiere di liberazione di padre Matteo. A un certo punto io non ero più in grado di esercitare il controllo di me stesso e una forza sovrumana si impossessava di me. Parlavo in altre lingue saltando da una all’altra, addirittura riuscivo a comunicare con parole che facevano parte di linguaggi di civiltà antichissime e sconosciute e, tuttavia, padre Matteo era in grado di capire e rispondere in quella lingua perché evidentemente il Signore, che lo aveva prescelto come grande carismatico ed esorcista, gli conferiva questi doni eccezionali. Mi rammento inoltre che lo scontro fra il demonio e questo santo sacerdote avveniva senza esclusione di colpi e io ero continuamente guardato a vista e tenuto fermo da tre, quattro, a volte cinque persone che facevano una fatica tremenda a tenermi fermo sulla sedia oppure a volte cascavano tutti per terre e rotolavamo sul pavimento. Più volte mi contorcevo sul pavimento della foresteria di padre Matteo come se non avessi la spina dorsale e quindi strisciando praticamente in terra come un grande serpente. Il collo ingrossava a dismisura, gli occhi uscivamo dalle orbite ed erano completamente coloro rosso sangue. Più di una volta il demonio riusciva a liberarsi dalla stretta dei volontari, ma quando arrivavo a mezzo metro da padre Matteo era come se ci fosse un muro oltre il quale non potevo andare. Spesso il diavolo insultava sia padre Matteo sia mia moglie, perché lei si era consacrata alla Madonna e non c’è nulla che possa schiacciare il demonio come la Madre di Dio. Lui la temeva tantissimo e la insultava continuamente, ma quando La Grua cominciava a interrogarlo in nome di Gesù Cristo, Satana diventava più prudente, guardingo, furbo e falso nelle risposte. Non voleva rivelare i motivi della possessione diabolica, di chi l’avesse invocato e di chi avesse permesso questo piano scellerato per distruggere la vita di un uomo e la sua discendenza: il mio corpo e la mia mente erano diventati proprietà di Satana.
A ogni domanda di padre La Grua c’era una risposta che voleva depistare il sacerdote e impedirgli di stringere Satana con le spalle al muro…
Scommetteremmo che padre Sosa Abascal non ha mai visto un indemoniato; o, se lo ha visto, lo avrà liquidato come un caso d’isterismo, rallegrandosi, fra sé e sé, di vivere in un’epoca così evoluta e illuminata, in cui la Chiesa stessa – o, quanto meno, la “sua” chiesa – non crede più tanto facilmente a simili cose, e, se pure non dice chiaro e tondo che son tutte fisime e suggestioni da donnicciole, è per riguardo a quei vescovi che ci credono ancora, e che incaricano alcuni sacerdoti di esercitare il ministero dell’esorcismo nelle loro diocesi. Quelli come padre Sosa Abascal sono molto ragionevoli e civili: non amano le piazzate, gli scandali; sorridono sotto i loro baffetti ben curati, e aspettano. Sanno che il tempo è dalla loro parte, che lavora per loro. Hanno già calcolato che nell’arco di un’altra generazione, due al massimo, la partita l’avranno vinta loro, su tutta la libera: e non solo per quanto riguarda il diavolo, ma anche su tutto il resto.
Oh, certo che per essere furbi, sono furbi. Sanno tante cose, sono uomini di mondo; viaggiano, sono amici del papa, tengono lezioni nelle facoltà di teologia, rilasciano interviste a destra e a manca, preferibilmente a giornali e riviste non cattolici, o apertamente massoni e irreligiosi: insomma, una vita assai varia e ricca di soddisfazioni. Non sono mica come quei poveri frati di provincia, quei Pio da Pietrelcina, quei Matteo La Grua, che non si sono mai mossi dai loro conventi, o quasi. Peccato che abbiano sottovalutato una cosa: che Gesù Cristo è venuto sulla terra per combattere il diavolo e le sue opere; per sottrarre gli uomini dalla sua umiliante e vergognosa schiavitù, e per restituirli all’abbraccio di Dio Padre. Pertanto, dire che il diavolo è solo una figura simbolica, significa dare del visionario o del bugiardo a Nostro Signore Gesù Cristo. Il quale non scherzava affatto, quando ordinava all’antico nemico di uscire dal corpo dei posseduti che esorcizzava; e nemmeno l’altro scherzava, quando, pressato dai suoi comandi, tentava di resistere, dicendo: Che c’è fra te e noi, Figlio di Dio? Sei venuto qua prima del tempo a tormentarci? (Matteo, 8, 29).
Tuttavia, ci sia permesso di pensarlo, un vero caso di possessione padre Sosa Abascal non lo ha mai visto. Non ha mai visto un uomo strisciare sul pavimento come se non avesse più la spina dorsale, come se fosse diventato un enorme serpente. Non lo ha mai visto quando il collo gli s’ingrossa a dismisura, gli occhi si gonfiano, paiono uscire alle orbite e si tingono di coloro rosso sangue. Non l’ha mai visto liberarsi dalla stretta di cinque persone robuste, e gettarle a terra come dei pupazzi. Né l’ha mai visto parlare in lingua antiche, sconosciute quasi a tutti – l’assiro, il babilonese, il caldeo -, e passare dall’una all’altra come se fosse la cosa più naturale del mondo. Se lo avesse visto, non potrebbe non crederci: perché nessuna forma d’isterismo o di qualsiasi altra malattia psichica conosciuta può spiegare alcuno di questi fatti.
Ma stia tranquillo, padre Sosa Abascal. Sappiamo bene, perché ce lo ha voluto spiegare a chiare lettere, che lui, al diavolo, non ci crede. Il fatto è che lui, a padre Sosa Abascal, ci crede, eccome: quelli come il nostro baldo gesuita, sono precisamente i sacerdoti che gli riescono quanto mai graditi. Ce ne fossero di più, in circolazione; e ci fossero meno religiosi come padre La Grua: la sua opera ne sarebbe immensamente semplificata e avvantaggiata…
di Francesco Lamendola del 05-06-2017
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