I deliri di Padre James Martin
E’ ancora possibile per un Vescovo ricordare ai propri fedeli quale sia il bimillenario magistero della Chiesa? E’ una domanda che è lecito farsi dopo il “commento” di Padre James Martin alle indicazioni pastorali del Vescovo statunitense di Springfield, Monsignor Thomas Paprocki. Il Vescovo nei giorni scorsi ha ricordato ai propri fedeli che “la Chiesa non solo ha l’autorità, ma ha anche l’obbligo grave di riaffermare il suo autentico insegnamento sul matrimonio, nonché di preservare e promuovere il valore sacro della condizione nuziale.
Stante la natura oggettivamente immorale della relazione intrinseca ai cosiddetti ‘matrimoni’ omosessuali, chi si trovi in tale stato non si presenti per ricevere la Santa Comunione, né vi venga ammesso. Se il “coniuge” omosessuale fosse in pericolo di morte può comunicarsi previo pentimento di tutti i propri peccati, compresi quelli legati alla pratica omosessuale. Se ciò non avvenisse la Comunione deve essere vietata e costoro devono essere privati dei riti funebri ecclesiastici”. Le indicazioni pastorali di Monsignor Paprocki devono aver mandato se tutte le furie Padre James Martin, consulente del Segretariato per le Comunicazioni del Vaticano e paladino delle cause LGBT. Il 22 giugno scorso Martin, pur non citando mai Monsignor Paprocki, ha pubblicato diversi tweet (sette per la precisione) in cui precisa che: “se i vescovi vietano ai componenti di coppie dello stesso sesso il rito funebre, devono anche vietarlo ai divorziati e risposati cattolici che non hanno ottenuto l’annullamento, alle donne che hanno avuto figli fuori dal matrimonio, ai componenti delle coppie che vivono insieme prima del matrimonio e a chiunque utilizzi il controllo delle nascite. Sono tutti peccati contro l'insegnamento della Chiesa sulla sessualità. Inoltre, si dovrebbero proibire i funerali cattolici a chiunque sia andato contro l'insegnamento della Chiesa per la cura dei poveri e dell'ambiente. (…) Concentrarsi solo sulle persone LGBT, anche quelle unite in matrimonio, senza la stessa attenzione al comportamento sessuale o morale delle persone rette è, come dice il Catechismo, un "segno di ingiusta discriminazione". La dichiarazione di Padre James Martin non è un fatto isolato, bensì si colloca in una precisa strategia di promozione del mondo LGBT che il prelato gesuita conduce a ritmo incalzante con presentazioni del suo ultimo libro “Building a Bridge” che prevede eventi con donazioni a favore delle comunità LGBT del territorio. In un tweet del 25 giugno scorso Martin ha, inoltre, augurato agli amici LGBT un buon pride weekend, perché “anche loro sono figli amati da Dio e creati a Sua immagine a somiglianza”. Potremmo continuare ad elencare iniziative ed esternazioni, ma ci soffermiamo sulla delirante dichiarazione di Martin in merito all’accesso ai funerali. La Chiesa cattolica non ha mai sostenuto che i riti funebri debbono essere negati ai peccatori o addirittura ai peccatori gravi. La Chiesa ha tradizionalmente affermato che i riti funebri possano essere negati a quei peccatori che hanno rifiutato costantemente di pentirsi o di riconciliarsi alla Chiesa. I riti funebri della Chiesa Cattolica sono proprio per coloro che, seppur peccatori, riconoscono il proprio peccato, confessandolo e chiedendo perdono a Dio (Canone 915 del Codice di Diritto Canonico). Martin paragona la situazione di una coppia LGBT a quella di una coppia di divorziati risposati e il raffronto non è poi così errato. Infatti, in entrambi i casi, la Chiesa spera che vi sia, almeno in punto di morte, il pentimento per la situazione di peccato grave in cui queste coppie hanno vissuto. Quello che Martin tralascia, e per il consulente del Segretariato per le Comunicazioni del Vaticano non sembra essere una “dimenticanza” da poco, è la questione del pentimento. Da promotore del mondo LGBT Martin intenderebbe scardinare la dottrina e il magistero della Chiesa con il semplice scopo di ammettere all’Eucaristia e ai riti funebri persone che ostentano apertamente il loro orientamento sessuale e sono orgogliose di compiere atti intrinsecamente disordinati (CCC 2357). Martin sa benissimo che l’ingiusta discriminazione verso le persone con tendenze omosessuali è ben altra cosa e riguarda il rispetto della persona che deve essere accolta con “rispetto, compassione e delicatezza” (CCC 2358). Quello di Martin è un comportamento sconcertante che trova libero sfogo in questo momento di confusione in cui sembra contare di più differenziare bene i rifiuti rispetto ad impegnarsi per salvare la vita di un bambino innocente. A conferma (se ce n’era ancora bisogno) di quali siano le priorità della Chiesa della misericordia Martin cita i peccati contro l’ambiente e le omissioni nella cura dei poveri che, secondo lo stesso, dovrebbero avere lo stesso grado gravità dei peccati relativi alla morale sessuale e quindi comportare le stesse conseguenze. Seguendo il delirante ragionamento di Martin per potere ricevere l’Eucaristia e avere i riti funebri dovrei confessare di aver differenziato male i rifiuti, inserendo l’involucro di carta stagnola nel bidone della plastica invece che nel sacco dell’indifferenziato. Le conseguenze di quanto sostenuto da Martin sono ovvie e devastanti: se tutto è peccato più nulla è peccato. E se più nulla è peccato tutto è concesso. Ora anche coloro che consideravano una “svista” la nomina di Martin a consulente del Segretariato per le Comunicazioni del Vaticano cominciano a ricredersi. Martin anche dopo la nomina continua imperterrito nelle sue campagne a favore del mondo LGBT, non esitando a contraddire i vescovi che coraggiosamente rimangono fedeli al magistero della Chiesa. La conferma di Martin nel suo ruolo anche dopo le sue innumerevoli uscite è la prova che quanto promosso da Martin sia condiviso altrimenti, come già successo per altri casi, Papa Bergoglio lo avrebbe rimosso dall’incarico. Come diceva Agatha Christie: “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”.
Stante la natura oggettivamente immorale della relazione intrinseca ai cosiddetti ‘matrimoni’ omosessuali, chi si trovi in tale stato non si presenti per ricevere la Santa Comunione, né vi venga ammesso. Se il “coniuge” omosessuale fosse in pericolo di morte può comunicarsi previo pentimento di tutti i propri peccati, compresi quelli legati alla pratica omosessuale. Se ciò non avvenisse la Comunione deve essere vietata e costoro devono essere privati dei riti funebri ecclesiastici”. Le indicazioni pastorali di Monsignor Paprocki devono aver mandato se tutte le furie Padre James Martin, consulente del Segretariato per le Comunicazioni del Vaticano e paladino delle cause LGBT. Il 22 giugno scorso Martin, pur non citando mai Monsignor Paprocki, ha pubblicato diversi tweet (sette per la precisione) in cui precisa che: “se i vescovi vietano ai componenti di coppie dello stesso sesso il rito funebre, devono anche vietarlo ai divorziati e risposati cattolici che non hanno ottenuto l’annullamento, alle donne che hanno avuto figli fuori dal matrimonio, ai componenti delle coppie che vivono insieme prima del matrimonio e a chiunque utilizzi il controllo delle nascite. Sono tutti peccati contro l'insegnamento della Chiesa sulla sessualità. Inoltre, si dovrebbero proibire i funerali cattolici a chiunque sia andato contro l'insegnamento della Chiesa per la cura dei poveri e dell'ambiente. (…) Concentrarsi solo sulle persone LGBT, anche quelle unite in matrimonio, senza la stessa attenzione al comportamento sessuale o morale delle persone rette è, come dice il Catechismo, un "segno di ingiusta discriminazione". La dichiarazione di Padre James Martin non è un fatto isolato, bensì si colloca in una precisa strategia di promozione del mondo LGBT che il prelato gesuita conduce a ritmo incalzante con presentazioni del suo ultimo libro “Building a Bridge” che prevede eventi con donazioni a favore delle comunità LGBT del territorio. In un tweet del 25 giugno scorso Martin ha, inoltre, augurato agli amici LGBT un buon pride weekend, perché “anche loro sono figli amati da Dio e creati a Sua immagine a somiglianza”. Potremmo continuare ad elencare iniziative ed esternazioni, ma ci soffermiamo sulla delirante dichiarazione di Martin in merito all’accesso ai funerali. La Chiesa cattolica non ha mai sostenuto che i riti funebri debbono essere negati ai peccatori o addirittura ai peccatori gravi. La Chiesa ha tradizionalmente affermato che i riti funebri possano essere negati a quei peccatori che hanno rifiutato costantemente di pentirsi o di riconciliarsi alla Chiesa. I riti funebri della Chiesa Cattolica sono proprio per coloro che, seppur peccatori, riconoscono il proprio peccato, confessandolo e chiedendo perdono a Dio (Canone 915 del Codice di Diritto Canonico). Martin paragona la situazione di una coppia LGBT a quella di una coppia di divorziati risposati e il raffronto non è poi così errato. Infatti, in entrambi i casi, la Chiesa spera che vi sia, almeno in punto di morte, il pentimento per la situazione di peccato grave in cui queste coppie hanno vissuto. Quello che Martin tralascia, e per il consulente del Segretariato per le Comunicazioni del Vaticano non sembra essere una “dimenticanza” da poco, è la questione del pentimento. Da promotore del mondo LGBT Martin intenderebbe scardinare la dottrina e il magistero della Chiesa con il semplice scopo di ammettere all’Eucaristia e ai riti funebri persone che ostentano apertamente il loro orientamento sessuale e sono orgogliose di compiere atti intrinsecamente disordinati (CCC 2357). Martin sa benissimo che l’ingiusta discriminazione verso le persone con tendenze omosessuali è ben altra cosa e riguarda il rispetto della persona che deve essere accolta con “rispetto, compassione e delicatezza” (CCC 2358). Quello di Martin è un comportamento sconcertante che trova libero sfogo in questo momento di confusione in cui sembra contare di più differenziare bene i rifiuti rispetto ad impegnarsi per salvare la vita di un bambino innocente. A conferma (se ce n’era ancora bisogno) di quali siano le priorità della Chiesa della misericordia Martin cita i peccati contro l’ambiente e le omissioni nella cura dei poveri che, secondo lo stesso, dovrebbero avere lo stesso grado gravità dei peccati relativi alla morale sessuale e quindi comportare le stesse conseguenze. Seguendo il delirante ragionamento di Martin per potere ricevere l’Eucaristia e avere i riti funebri dovrei confessare di aver differenziato male i rifiuti, inserendo l’involucro di carta stagnola nel bidone della plastica invece che nel sacco dell’indifferenziato. Le conseguenze di quanto sostenuto da Martin sono ovvie e devastanti: se tutto è peccato più nulla è peccato. E se più nulla è peccato tutto è concesso. Ora anche coloro che consideravano una “svista” la nomina di Martin a consulente del Segretariato per le Comunicazioni del Vaticano cominciano a ricredersi. Martin anche dopo la nomina continua imperterrito nelle sue campagne a favore del mondo LGBT, non esitando a contraddire i vescovi che coraggiosamente rimangono fedeli al magistero della Chiesa. La conferma di Martin nel suo ruolo anche dopo le sue innumerevoli uscite è la prova che quanto promosso da Martin sia condiviso altrimenti, come già successo per altri casi, Papa Bergoglio lo avrebbe rimosso dall’incarico. Come diceva Agatha Christie: “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”.
di Paolo Spaziani
http://www.campariedemaistre.com/2017/07/i-deliri-di-padre-james-martin.html
Humanae vitae Testimonianza alla verità
Humanae vitae Testimonianza alla verità
03-07-2017
Pubblichiamo un articolo dell’arcivescovo di Philadelphia apparso su CatholicPhilly.com il 20 giugno 2017
Un vescovo frequenta molti eventi pubblici e di raccolta fondi. Fa parte del "lavoro". E sostenere brave persone che fanno cose buone è sempre fonte di soddisfazione e speranza. Ma di tanto in tanto, un evento arriva con un piacere inaspettato.
Il pranzo del 17 giugno nel nostro seminario diocesano, Philadelphia Redemptoris Mater Archdiocesan Missionary Seminary, è stato proprio questo tipo di eventi. Ha attirato una folla entusiasta – onorare il 25° anniversario di sacerdozio del vescovo John McIntyre era parte dell’evento – e tra i tanti partecipanti vi erano due amici di lunga data: Martha e Bill Beckmans.
I Beckmans hanno tre figli. Una figlia si sposerà il prossimo autunno, e due figli gemelli stanno studiando per il sacerdozio. Come membri del Cammino Neocatecumenale, hanno dedicato gran parte della loro vita a servizio della Chiesa. Che include il lavoro missionario sia come coppia che come famiglia. Bill è stato nel mio staff durante il mio ministero come Arcivescovo di Denver. Mi ha aiutato con una serie di progetti chiave, tra cui una lettera pastorale che ho pubblicato nel 1998 per il 30 ° anniversario dell'enciclica Humanae vitae.
Questo mi porta al punto di questo articolo. Il prossimo mese, luglio, segnerà un altro anniversario della Humanae Vitae. Tra i recenti documenti cattolici pochi sono stati così vituperati, ma è stata anche percepita, importante e precisa nei suoi avvertimenti, come una grande enciclica di Paolo VI. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno fermamente ribadito Humanae vitae nel loro magistero.
Resta una potente contro-testimonianza alla diffusa distorsione della sessualità nella nostra epoca. Come altre comunità cristiane, e persino molti cattolici, sono crollati nella loro difesa dell’integrità sessuale, Humanae vitae è rimasta a testimonianza della verità.
Bill recentemente mi ha mandato i suoi pensieri sulla Humanae vitae come marito, padre e uomo di fede. Pubblicati per la prima volta lo scorso anno in The Catholic Voice dell’arcidiocesi di Omaha, meritano di essere condivisi qui (leggermente modificati). Bill scrive:
«Il 25 luglio 2017, saranno quarantanove anni dalla pubblicazione dell'enciclica Humanae vitae (HV)…L’ottava e ultima lettera enciclica del Beato Papa Paolo VI era facilmente il più controverso documento della Chiesa perché la riforma e il suo insegnamento fondamentale venivano respinti. Ciò vale anche oggi.
Paolo VI ha ribadito quello che era sempre stato l'insegnamento della Chiesa, vale a dire, che le coppie sposate devono essere aperte alla vita in ogni rapporto sessuale coniugale, e che qualsiasi atto o omissione destinato ad impedire il concepimento è moralmente sbagliato. Questo perché l'atto coniugale ha in sé, per sua natura, la capacità per l'unione intima tra gli sposi e la procreazione di una nuova vita umana. Questi due aspetti non dovrebbero mai essere separati intenzionalmente se il dono dell'amore coniugale viene rispettato e vissuto in modo responsabile.
Il Papa ha presentato questo insegnamento in un tono che era allo stesso tempo compassionevole e realistico verso le coppie in difficoltà, e pessimista circa le conseguenze a lungo termine di separare volutamente le verità unitiva e procreativo del matrimonio. Le sue previsioni sul declino degli standard morali, sull’aumento dell'infedeltà e l'illegittimità, sulle donne ridotte a oggetti per il piacere, e che i governi avrebbero cresciuto le misure coercitive negli obiettivi di controllo della popolazione, hanno dimostrato di essere tutte vere. Possono essere dimostrate anche altre conseguenze dannose.
Ma poco importava. Humanae vitae fu contrastata da una tempesta perfetta. La Chiesa anglicana aveva permesso la contraccezione più di trenta anni prima, e il decennio degli anni ‘60 è stato segnato dall’individualismo egoistico coronato dalla invenzione della pillola anticoncezionale, dal movimento del “libero amore” e dalla liberalizzazione delle leggi sul divorzio. Forse più dannoso è stato il fatto che la commissione pontificia, studiando la questione, aveva votato per consentire il controllo delle nascite. La relazione della Commissione è trapelata ed è diventato un punto di incontro per coloro che si opponevano al chiaro insegnamento del papa.
Quegli oppositori hanno incluso non un piccolo numero di sacerdoti influenti e accademici, che hanno pubblicamente dissentito con la firma di annunci di protesta sui principali quotidiani, e i dissidenti presto includevano una maggioranza sostanziale dei cattolici ordinari. La Chiesa era divisa e gravemente ferita per una questione della massima importanza - la verità e il significato del matrimonio e della sacralità della vita.
Oggi la spaccatura e le ferite rimangono e solo lo Spirito Santo può portare guarigione e unità. Di fronte a quasi 50 anni di egoismo e disobbedienza, prego che la Chiesa insegni con zelo la verità e la bellezza di questa enciclica, solleciti il pentimento dei peccati manifesti contro la santità del matrimonio e della vita, e chiami i fedeli a completare l'apertura alle innumerevoli benedizioni che sgorgano dal Signore e dal Datore della Vita».
La migliore risposta che posso dare, o che chiunque può dare, è: Amen.
*Arcivescovo di Philadelphia
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