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LA CHIAMAVANO CHIESA CATTOLICA
Le vicende dei giorni scorsi hanno mostrato la solida vitalità dello spirito italico adeguata al rafforzamento d’una dignità sconfessata dalla vacuità degli ideali morali e politici del Continente. Dopo l’ovvio e intrinseco interesse per la Brexit, l’emergenza migranti ha caratterizzato la valutazione delle proposte confluite nella deriva politica del predicar bene e razzolar male. La gestione degli eventi è sempre la stessa malgrado i vertici, gli incontri e i risultati protesi ad eludere la visione unitaria col bilanciamento di interessi votato al bene comune. Gli anfitrioni riuniti in “conclave” hanno girato tranquillamente le spalle alle capacità organizzative e alle conseguenze destabilizzanti legate alla pressione di matrice migratoria. Nessun sussulto, nessun ripensamento sulla mancata condivisione dei valori essenziali almeno nei casi di emergenza. Dicevamo che l’arretramento degli esponenti più elevati ha evidenziato l’incapacità di arginare il percorso migratorio e salvaguardare le incursioni legandole al solo diritto d’approdo nei lidi italiani. Il popolo italico, libero da pregiudizi ed in perfetta concordanza con i criteri economici di produzione e di consumo, deve confrontarsi con le aspettative ambigue e disunite dell’Istituzione Comunitaria. La straordinaria animazione nel rafforzamento dell’autonomia dei singoli Stati, in coincidenza con l’emergenza migratoria, ha mostrato il momentaneo ripristino della coscienza nazionale nel programmare gli eventi secondo le interpretazioni deformanti del bene individuale e particolare. Pertanto l’accavallarsi di incontri e di accordi infruttuosi converge sul fallimentare significato del termine Europa la cui (dis)unione conferma la fragilità degli apparati sottomessi al potentato germanico. Del resto la dinamica teutonica, nel dominio del Continente, si evolve sempre con la medesima efficacia emanando giudizi e condizioni ricadenti sulla pelle e sulla memoria genetica dell’infelice alleato di un tempo. Fuori da ogni controversia è bene appellarsi al conformismo che ci riporta non alla proiezione fantastica degli eventi ma allo stato di diritto, alle vicissitudini e al contesto storico della civiltà latina e cristiana ben disposta a “svezzare”, agli albori delle trasformazioni europee, le orde barbariche che scorrazzavano nelle foreste germaniche. Immersi nelle chiarificazioni il paradigma culturale e le attese morali, inoltre, ci riportano all’utilizzo di dati storici anche per verificare gli abusi diplomatici di un paio di secoli fa quando un certo Metternich (diplomatico austriaco) definì l’Italia: «una semplice espressione geografica». Ma questo non creò eccessivi grattacapi ai patrioti risorgimentali e alla Chiesa la cui concezione storica del sociale si è tradotta in feconda messianicità operativa. Scendere sul terreno delle valutazioni e tacere sarebbe puerile e sconveniente per cui ci sia consentita un’ultima annotazione prendendo in seria considerazione le attenzioni, il rispetto e l’incomposto rumore per qualche anfitrione nostrano, presente nell’attuale scenario politico. Diciamo solo che da tempo in Italia siamo abituati a sentire Benigni (il comico). Ci basta quello.
É doveroso chiedersi, tornando all’ammucchiata comunitaria, se nell’attuale momento storico la Grande Famiglia, che assomiglia un po’ al “Grande Fratello”, è garante dello stato di diritto e dei valori universali proclamati dalla Roma dei Papi. Una cosa è certa: oggi la natura, la liceità, le tendenze e le convenienze dei sistemi di vita degli europei convergono sulla scena di una storia non certamente vista con gli occhi dell’ identità cristiana. Tra l’altro per mostrare sarcasticamente la disinvolta elasticità del sistema socio-culturale diciamo che nel contesto comunitario non si parla più l’inglese; ora si parla tedesco, francese e qualche volta anche italiano ma solo il settimo giorno, quando qualcuno dai balconi della Sede Apostolica esterna il suo pensiero inneggiante alla maggiore incisività del sentimento italico votato all’accoglienza. L’Europa, con i due (Francia e Germania) al vertice del sistema, si avvia forse a diventare una colonia? Bisogna fare l’Europa, gridavano in molti un tempo. Si stenta a fare gli europei uniti, ma questo non preoccupa il Club Finanziario che, oscurando il passato originato dai bagliori delle civiltà Greca e Romana, ha rinnegato le radici cristiane che nei secoli hanno modellato la fisionomia interiore e l’identità dei popoli. Da un simile passato non si può non prescindere. Questo è ciò che hanno ripetutamente sostenuto i predecessori di Bergoglio, quando denunciavano con amarezza l’occultamento della Dottrina di Cristo presente nei vincoli, nella carne, nell’anima dei popoli europei. Il mosaico europeo va in frantumi con la pretesa di aver voluto amalgamare popoli e nazioni rinunciando alla forza trainante del cristianesimo di cui l’Europa era da secoli impregnata con la militanza sotto l’unica bandiera di Cristo. Egemonie, contrasti ma anche rinnegamento, tradimento e tendenze laiciste della Chiesa europea hanno spalancato le porte all’apostasia. Il nemico, comunque, non viene da fuori; è in casa. Questo porta a ragionare posando lo sguardo sulla vera Italia scelta da Cristo per insediarvi il Suo Trono, il cui Primato Universale nessuno ha mai potuto scalfire. Solo alla fine dei secoli terminerà il pellegrinaggio dell’ umanità con il trionfo della Chiesa militante che ha grosse cose da insegnarci. La Chiesa non solo ha la missione di predicare il Vangelo e salvare le anime, ma ha anche il diritto di raccomandare, con direttive e giudizi morali, un ordine sociale e politico improntato alla Regalità di Cristo. Quando si allude alla missione temporale della Chiesa si intende considerare giudizi, direttive e princìpi di giustizia e di equità richiesti e validi nel contesto individuale, collettivo, sociale e politico. Contesto che, pur soggetto all’evoluzione ed ai mutamenti, trasferisce ai popoli ed ai governi il patrimonio morale e dottrinale della Chiesa che non si evolve. Un tempo i riferimenti alle norme morali, conformi al Magistero, erano vincolati ed inviolabili. Con la progressiva emancipazione anche il concetto tradizionale di Dottrina è stato superato e contestato dai moderni interpreti. Dal Palazzo Apostolico, infatti, è scaturito l’incoraggiamento a professare una nuova forma di religione che ha inciso in modo determinante nell’odierna società. Con il modello di società aggiornato e con la concezione giuridica e politica del bene comune le responsabilità dei vertici della Chiesa sono confluite nell’autoritarismo statale dilatando il problema sociale con l’applicazione di leggi e princìpi contrari alle norme evangeliche.
Dicevamo che proprio i vertici della Chiesa, influenzati da dottrine non cristiane, sono caduti in una specie di laicismo eludendo il Magistero dogmatico della morale cristiana. Infatti dal Palazzo del potere e delle idee non sono scaturite normative filosofiche o dottrine, decisioni e princìpi sublimati dalla sapienza dei tradizionali testimoni del Vangelo. Alla metodologia dei teologici aggiornati è seguito il carattere privato dei princìpi emanati dal Magistero progressista con orientamenti innovativi e divergenti, dati in pasto ai cittadini. Nell’ambito dell’etica sessuale, infatti, le stesse esigenze della persona, adeguate al Magistero della rivoluzione, risultano indipendenti dalla coscienza e dalle regole contemplate dalla Predicazione di Cristo. Tutto ciò ha reso la docenza di Bergoglio in S. Marta, elevata a Cattedra papale, l’unico modello privilegiato di un percorso dottrinale integrato e confortato dal vaglio di privati sistemi teologici strettamente indipendenti dalla prassi cristiana. Con l’apertura di nuove piste l’organo informativo di Bergoglio si impone ai sudditi con l’obbligo di adottare interpretazioni contrarie all’ortodossia, mentre con le epurazioni rivendica la necessità di adeguare il personalismo dottrinale alla mentalità e alla storia dei nostri giorni. Non è difficile scoprire quali siano i coefficienti a provocare ciò. Il più rilevante chiama in causa la Parola di Cristo che va adattata al linguaggio, alle leggi, alle abitudini, alle mentalità e ai modelli di vita che mutano. Tra l’altro non solo i concetti ma anche i vocaboli del Vangelo vanno sottoposti agli influssi culturali, storici, sociologici che si evolvono. Pertanto le Parole di Cristo non sono assolute, i concetti di persona, natura, peccato non sono modelli fissi ma concetti che cambiano come cambia l’uomo. Anche la matrice o l’essenza della moralità che regola la vita del cristiano è mutevole e si trasforma secondo l’evolversi delle necessità dell’uomo. Le conseguenze di tali conclusioni, timidamente apparse (e condannate) nel secolo scorso, misurano la Fede di Bergoglio decisamente proiettata a garantire l’osservanza d’una morale cristiana versatile la cui interpretazione va al passo con gli eventi che maturano nel corso della vita dell’uomo. Non siamo al balletto di parole ma all’intenzione abbastanza scoperta di un Padre santo che, propagando argomentazioni già condannate dai Papi del passato ed incurante delle denunce degli attuali teologi contrari al totalitarismo ereticale, persevera a snocciolare allarmanti novità: la fede va rapportata allo studio degli eventi e alle istanze sociali applicando ad esse insegnamenti con la guida esterna della morale anche marxista. Questa è la metodologia di Bergoglio, del Papa laico, dell’uomo santo senza fede che non crede perché non desidera credere, che impone il riesame dell’intera teologia somministrando ai renitenti le famose purghe di staliniana memoria. Il senso di una simile misericordiosa violenza, mai applicata dai predecessori, esigerebbe forse l’intervento di Amnesty International? Scherzi a parte diciamo che la prassi cristiana invita a confidare non nella vera opzione della non-violenza ma nella forza del Vangelo predicato da Gesù. Con la cosiddetta svolta antropologica, secondo cui il senso cristiano della vita dei cittadini non può identificarsi con le Verità del Vangelo proclamate nei secoli bui del cattolicesimo, il docere di Bergoglio, con riformismi e correttivi, contribuisce a dilatare non solo la diagnosi ma gli stessi mali oggi presenti nella società. La tecnica seducente, con la specificità dei precursori dell’anticristo, provoca la mattanza di anime, il degrado sociale, la concezione personalistica di un orientamento imposto alle case religiose e nei seminari a sostegno del rinnegamento delle Parole di Gesù: «Andate e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt.28,19). Gesù comanda al clero ed in particolare ai demolitori del Vangelo e della coscienza dell’uomo di convertire.
Un cenno non approssimativo ma rapido ci riporta ai virtuosismi dialettici e alle dichiarazioni esposte in S. Marta: «Gesù si è fatto serpente, diavolo e peccato» (mancava solo che si facesse spirito e demone tentatore) catechizzava Bergoglio con disarmante e puerile lucidità in una delle sue esternazioni dal suono esaltante ma subalterno alla natura del maligno. Anche l’inguaribile sodale (Padre Sosa, Generale dei Gesuiti) si è rivestito della sua più alta dignità per considerare il diavolo una figura simbolica. Riguardo all’attendibilità del linguaggio di Cristo e a ciò che ha detto veramente, anche Padre Sosa ha fatto sentire il suo tonante vagito: «nessuno aveva a quel tempo un registratore per inciderne le parole che vanno contestualizzate». Senza la tecnologia, quindi, non sarebbero attendibili ad esempio né le argomentazioni di Giulio Cesare nel De Bello Gallico, né quelle di Demostene nelle Filippiche. Si persevera nei momenti celebrativi aggrappati ai consensi mentre con la fioritura e lo sviluppo del nuovo cattolicesimo la Cattedra Apostolica e i suoi epigoni raggiungono il culmine del degrado anche nell’eloquio e nella vuota astrazione delle parole. Questo è quanto di più deformante e diabolico possa esserci nell’espressione di un pluralismo secondo cui nulla di stabile è nel Vangelo, che va sottoposto a verifiche e a interpretazioni dominate dalla sola esperienza liberale. Il delirio non sempre è il punto centrale del proprio malessere il cui peso può sovente riassumere l’angoscia per le frustrazioni dovute alla incapacità di ridurre all’impotenza le opere meritorie degli oppositori. La loro essenzialità significa castigo e vendetta mentre le smorfie fittizie con la pretesa di programmare un modello di prete e un ordine di facciata esaltati dal popolo, confermano il rifiuto e il disprezzo di Bergoglio per il patrimonio dottrinale che esalta la santità della Chiesa Cattolica. Grazie al Cielo la Provvidenza suscita testimoni autentici della Verità. Costoro si moltiplicano e lanciano il loro grido di allarme.
di Nicola Di Carlo
http://www.presenzadivina.it/288.pdf
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