Ma è proprio vero che il Cristo risorto non si è mostrato a sua Madre? Se fosse solo un mito come gli studiosi “progressisti” affermano non si capisce perché i suoi astuti costruttori non avrebbero potuto idearlo “meglio”
di Francesco Lamendola
Non moltissimo tempo fa, nel presentare il solito libro di matrice “progressista”, all’interno del solito programma culturale “progressista”, sul solito canale televisivo “progressista” (e cioè quanto mai fazioso e scorretto, visto che la televisione di Stato viene finanziata con il canone che pagano tutti i cittadini, indipendentemente dal loro orientamento politico e culturale), è stata sostenuta la tesi che Cristo risorto avrebbe dovuto mostrarsi a sua Madre, perché così avrebbe fatto, al suo posto, chiunque di noi; e che il silenzio dei Vangeli a questo proposito equivale ad una negazione del fatto.
A parte il tono saputo e quasi frivolo con cui sono state trattate questioni di tale portata, e a parte l’ovvia obiezione che «le vie del Signore non sono le vie degli uomini», per cui è cosa vana chiedersi cosa avrebbe dovuto fare Cristo in quella determinata circostanza, sembra che a quei signori e a quelle signore sia sfuggito proprio l’essenziale: e cioè che l’apparente “improbabilità” della mancata apparizione a Maria gioca appunto a favore della attendibilità, e quindi della storicità, dei Vangeli.
Se la risurrezione di Cristo fosse solo un mito, come gli storici e gli studiosi “progressisti”, di ogni sfumatura e tendenza, tranquillamente sostengono (senza soffermarsi sul trascurabile dettaglio che un mito necessita di secoli o millenni per formarsi, mentre le lettere paoline, e poi gli stessi Vangeli, parlano del fatto della risurrezione a pochissimi decenni dalla morte di Cristo, non più di tre o quattro al massimo), allora non si capisce perché i suoi astuti costruttori non avrebbero potuto idearlo “meglio”: vale a dire, nel pieno rispetto di tutte le aspettative che appartengono alla comune psicologia umana.
Non si capisce neanche perché avrebbero dovuto riferire che né Maria Maddalena, né i discepoli di Emmaus, né lo stesso gruppo degli apostoli, riunito per pescare sulle rive del mare di Galilea, in un primo tempo non lo riconobbero, ma lo scambiarono per qualcun altro, e solo in un secondo tempo caddero loro i veli dagli occhi e compresero che era lui. Come se non bastasse, le prime ad attestare il fatto della risurrezione sono delle donne: e si sa quale valore avesse, nella società ebraica del tempo, la testimonianza di una donna, quale peso venisse accordato - anche in ambito giuridico - alla sua parola. Si potrebbe immaginare una strategia più goffa e controproducente, da parte di coloro i quali vollero far credere, in perfetta mala fede, o magari per una forma di autosuggestione delirante, di avere incontrato Gesù risorto?
E ancora: perché nessuno degli apostoli vide Gesù risorto presso il sepolcro, la mattina della domenica di Pasqua, mentre invece i Vangeli riportano che essi lo videro solo più tardi? Raccontando i fatti in questo modo, si lasciava ampio spazio a chiunque avesse voluto contestarli: non era forse possibile che qualcuno, magari gli stessi apostoli, avesse trafugato il cadavere del Crocifisso, per poi spargere la voce della sua risurrezione? Se loro stessi ammettevano, in tutta franchezza, di non aver assistito al fatto della risurrezione, perché mai gli altri avrebbero dovuto crederci?
E non è finita. Gli apostoli, quando Gesù fu arrestato, processato e giustiziato, mostrarono il massimo smarrimento ed una paura che fu anche fisica: come illustra, tra l’altro, l’episodio del triplice rinnegamento da parte di Pietro, nel cortile del sommo sacerdote. Erano smarriti e disperati perché il loro Maestro, che essi avevano identificato con il Messia di Israele, era stato preso come un volgare malfattore e condannato alla morte dei malfattori: morte infamante, oltre che dolorosa, cioè tutto il contrario del destino di gloria spettacolare che essi attendevano per lui – e, di riflesso, per se stessi. Eppure questi disperati, questi paurosi, dopo aver visto Gesù risorto e dopo aver compreso il vero senso della sua missione, che fino allora avevano frainteso, divennero audaci predicatori della Buona Novella e sfidarono apertamente le autorità giudaiche, quasi cercando il martirio, sin dall’inizio. Il tutto è molto strano: quando mai si è visto un gruppetto di seguaci d’un credo religioso, i quali, deboli e smarriti per il mancato realizzarsi delle profezie in cui credevano, diventano poi più sicuri, più decisi, più intrepidi col passare dei giorni, dei mesi e degli anni, invece che tentar di dimenticare la loro atroce delusione, mano a mano che il vivo ricordo del loro maestro incomincia a sbiadire nella memoria?
A tutto questo si potrebbe aggiungere un’altra osservazione: siamo poi sicuri che Gesù risorto NON si sia mostrato a sua Madre, come avrebbe fatto qualunque figlio d’uomo, se si fosse trovato al suo posto? Il fatto che gli evangelisti non lo dicano esplicitamente, significa anche, di per sé, che il fatto non ebbe luogo, oppure significa, semplicemente, che essi hanno preferito non parlarne? E perché, obietterà qualcuno, avrebbero dovuto tacere una cosa simile? Per almeno due buone ragioni, si potrebbe rispondere. Primo, perché – secondo l’espressione iperbolica, ma significativa, di Giovanni – se si fossero volute scrivere tutte le cose che Gesù fece, forse il mondo intero non sarebbe bastato per ospitare una tale biblioteca; secondo, per una forma istintiva, e tutto sommato “normalissima”, di pudore e di umana riservatezza, trattandosi di cose che non riguardavano la missione pubblica di Gesù, ma soltanto il personale rapporto che egli aveva con sua Madre. Un rapporto sul quale, a parte l’episodio delle nozze di Cana, i Vangeli mostrano costantemente di osservare il massimo riserbo e la massima delicatezza.
Don Carlo De Ambrogio, uno dei massimi studiosi della Madre di Cristo, nonché fondatore della Gioventù Ardente Mariana, ha scritto, in proposito, una pagina che a noi sembra ispirata da molto buon senso – certo più di quanto ne mostrino certi intellettuali laicisti e razionalisti, i quali credono di sapere tutto e di aver compreso perfettamente ogni cosa (da: C. De Ambrogio, «La Madonna nei Vangeli», Torino, Centro mater Divinae Gratiae, 1969, pp. 126-7):
«I racconti della Passione di Gesù nei Vangeli hanno un tono impassibile,, distaccato, estremamente obiettivo. Marco è il più conciso. Il filosofo greco Platone era stato riservato quando aveva raccontato la morte di Socrate; eppure il “Fedone” parla di singhiozzi. Non sembra che la Vergine abbia pianto o sia uscita in lamenti come le figlie di Gerusalemme. Il Vangelo di Giovanni dice che stava ritta.
Mentre Gesù moriva, l’anima della Vergine “fu trapassata da una spada”, come Simeone le aveva predetto. È peggio soffrire personalmente o veder soffrire colui che si ama?
Luca e Giovanni lasciano intravvedere che la prima apparizione di Gesù risorto venne offerta a delle donne. Dopo aver ricevuto la “commissione” da parte degli Angeli, furono le prime annunciatrici. Gesù si mostrò dapprima a una donna. Quale immagine stupenda! È un simbolo della ricompensa del pro Amore! Sarebbe stato naturale e conveniente che quella donna fosse la Madre di Gesù. Nessun Vangelo, neppure quello di Giovanni che si compiace maggiormente del simbolo, parla di un incontro di Maria con Gesù glorificato.
Maria si trovava presso la Croce; non era presente dinanzi alla tomba vuota.
Se non ci fosse stata l’iniziativa delle donne di andare a completare il servizio funebre del Corpo di Gesù, gli apostoli non avrebbero scoperto il sepolcro vuoto. Il loro gesto viene narrato per stabilire quel punto che, storico nelle sue radici, diventerà presto dogmatico e sarà inserito nel Credo: “è risuscitato il terzo giorno”. Gli evangelisti si occupano esclusivamente della rivelazione ufficiale e di tutto ciò che è necessario per accettarla. Un incontro della Vergine con il suo Figlio glorioso aveva un interesse soltanto per la pietà.
Riesce difficile pensare che Gesù non sia apparso a sua madre. Il silenzio del vangelo è un silenzio di pudore; a quel silenziosa fatto ricorso San Giovani quando doveva parlare dell’istituzione eucaristica. È l’omaggio reso dallo Spirito a ciò che non si riesce ad esprimere.»
Ecco, proprio questo è il punto: la storia della risurrezione è anche storia, perché consiste in un fatto storico; ma non è solo storia, perché si spiega solo mediante un evento di ordine soprannaturale – e parlare del soprannaturale, nel contesto della cultura moderna, fa sempre scandalo (ben per questo i modernisti, fautori di una versione neo-gnostica del cristianesimo, fecero di tutto, e i loro epigoni continuano a farlo, per togliere di mezzo tale scandalo, ritenendolo un ostacolo insormontabile a ciò che essi chiamano il “dialogo” con il mondo moderno).
Quanto alla questione se Cristo sia apparso anche a sua madre, la Chiesa – intesa non solo e non tanto come gerarchia, ma proprio come comunità dei fedeli: cioè in un senso che, generalmente, viene ignorato dai suoi critici di orientamento laicista –, praticamente da sempre, ha le idee ben chiare in proposito: e si tenga presente che la Chiesa non è nata chissà quanto tempo dopo la predicazione di Cristo, ma è nata durante la sua missione pubblica e si è organizzata subito dopo la sua morte: vale a dire quando Maria era ancora viva e quando era ancora vivo l’apostolo Giovanni, cui il maestro l’aveva affidata in punto di morte.
Riassumendo i termini della questione, e discutendo l’apparente contrasto fra il Vangelo di Marco e il fatto dell’apparizione di Gesù a Maria, ha scritto il teologo Gabriele Roschini, uno dei più illustri mariologi d’ogni tempo, nella sua «Vita di Maria» (Roma, Bibliotheca Fides, 1960, p. 275, 284):
Ma è proprio vero che il Cristo risorto non si è mostrato a sua Madre?
di Francesco Lamendola
Articolo d’Archivio
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