Non v'è peggior sordo...
Anche i filosofi si "correggono". Buttiglione e Pierantoni a duello su "Amoris" laetitia
Francesco non è certo un papa filosofo, viste la disinvoltura con cui maltrattail principio di non contraddizione e l'inconsistenza dei quattro postulati ai quali dice di appendere il suo pensiero.
Curiosamente, però, offre ricca materia di "disputatio" proprio ai filosofi. Uno di questi, Rocco Buttiglione, è sceso in campo pochi giorni fa per demolire punto per punto la "Correctio filialis" recapitata al papa lo scorso 11 agosto da 40 studiosi cattolici di tutto il mondo, anch'essi in prevalenza filosofi, con la richiesta di correggere sette eresie annidate – a loro giudizio – nel capitolo ottavo di "Amoris laetitia".
Buttiglione ha formulato la sua apologia della perfetta ortodossia del papa in questa intervista ad Andrea Tornielli su Vatican Insider del 3 ottobre:
E ora ecco un altro filosofo che contrattacca, smontando a sua volta le tesi di Buttiglione e di nuovo criticando "Amoris laetitia".
Lo fa in un'intervista a Diane Montagna su Life Site News del 10 ottobre, pubblicata in inglese e in italiano:
Si tratta del professor Claudio Pierantoni (nella foto), che insegna filosofia medievale alla Universidad de Chile ed è uno dei firmatari della "Correctio".
La "Correctio" non è certo immune da obiezioni sia di metodo che di contenuto, come quelle formulate giorni fa su Settimo Cielo da un altro cultore della filosofia, Francesco Arzillo.
Ma nemmeno "Amoris laetitia" è innocente, vista la babele di interpretazioni contrastanti che ha generato, da parte di interi episcopati, di singoli vescovi, di teologi e, appunto, di filosofi.
Buttiglione e Pierantoni si conoscono molto bene. Il primo – noto studioso, tra l'altro, del pensiero filosofico di Karol Wojtyla – è stato per molti anni in Cile uno dei docenti più rinomati, con Pierantoni tra i suoi allievi, della International Academy of Philosophy fondata dall'insigne filosofo austriaco Josef Seifert. E – guarda caso – Seifert è stato di recente estromesso dalla sede di Granada della sua accademia, per ingiunzione dell'arcivescovo di quella città, proprio per aver pubblicamente criticato, alla luce della "pura logica", un passo chiave di "Amoris laetitia".
Il testo integrale dell'intervista di Pierantoni è disponibile, come s'è detto, su Life Site News.
Questo che segue è un estratto della sua parte centrale.
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D. – Rocco Buttiglione sembra suggerire che i firmatari della "Correctio" neghino la necessità della piena avvertenza e del deliberato consenso perché un peccato grave sia mortale. È corretto questo?
R. – Più precisamente, Buttiglione afferma che i critici di "Amoris laetitia" su questo avrebbero cambiato idea. […] Ma questa “marcia indietro” o “ritirata”, che Buttiglione ci attribuisce, è del tutto immaginaria. Sembra alquanto improbabile, per non dire francamente assurda, questa sua supposizione secondo cui decine di colleghi sarebbero stati colti da improvvisa amnesia all’apparire di "Amoris laetitia" e avrebbero tutti insieme dimenticato un aspetto così ovvio della dottrina morale.
Naturalmente, non è così. Tutti noi sapevamo già dell’esistenza della dottrina che considera essenziale, per l’imputabilità, la piena avvertenza e il deliberato consenso; quindi, è ovvio che la davamo per sottintesa. […] Il fatto è che, seppure abilmente intrecciate con molte affermazioni sulla responsabilità soggettiva e la piena avvertenza, il capitolo ottavo di "Amoris laetitia" contiene alcune chiarissime affermazioni di “etica della situazione”: […] dottrina energicamente condannata da S. Giovanni Paolo II nell’enciclica "Veritatis splendor", che, non a caso, non viene mai citata in "Amoris laetitia". […]
Va sottolineato accuratamente che, per quanto il testo di "Amoris laetitia" si sforzi di mescolare la dottrina delle attenuanti, che presa in sé è ortodossa, con la morale della situazione, che invece è eretica, si tratta invece di due cose assolutamente diverse.
La prima, infatti, sostiene che, per quanto un’azione in se stessa sia cattiva, ci possono però essere elementi, come uno stato di grave alterazione psicologica, o l’ignoranza, che diminuiscono, o addirittura annullano, la colpevolezza soggettiva.
Invece la morale della situazione afferma che in assoluto non esistono azioni intrinsecamente cattive e che, in alcune situazioni, quello che è normalmente cattivo può essere la scelta corretta, quindi può essere oggettivamente una buona azione. Citerò un passo chiarissimo in tal senso, il paragrafo 303 di "Amoris laetitia", dove il testo afferma:
“Naturalmente bisogna incoraggiare la maturazione di una coscienza illuminata, formata e accompagnata dal discernimento responsabile e serio del Pastore, e proporre una sempre maggiore fiducia nella grazia. Ma questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo".
D. – Perché questo passaggio è particolarmente significativo?
R. – Come ha spiegato il Prof. Seifert in un già famoso articolo, che gli è recentemente costato la cattedra a Granada (e come ho cercato di chiarire poi anch’io in un successivo articolo in difesa dello stesso Seifert), è evidente la gravità di un’affermazione secondo cui, a proposito di una situazione “non rispondente oggettivamente al comandamento del Vangelo” (si allude alla proibizione dell’adulterio: si noti che il testo italiano traduce “proposta”, che però non corrisponde al testo latino “mandatum”, comando), uno potrebbe “scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti".
Va da sé che il testo già contiene una seria deformazione col chiamare “ideale” quello che invece è un comandamento da osservarsi strettamente. Ma c’è di più: in realtà, qui si dice che “una situazione non rispondente al comandamento del Vangelo” sarebbe “ciò che Dio stesso sta richiedendo”. Cioè che non esistono comandamenti assoluti, appunto secondo quanto sostiene l’etica della situazione. Si noti che qui non si parla affatto di una diminuzione della colpevolezza, né di ignoranza, ma si dice proprio che il soggetto scopre, in base a una “coscienza illuminata, formata e accompagnata dal discernimento responsabile e serio del Pastore”, che si tratta di una buona azione: si tratta, né più né meno, di “ciò che Dio sta richiedendo”.
Ora Buttiglione, con abile manovra, cerca di salvare questo testo veramente indifendibile; ma, per farlo, è costretto ad introdurre un elemento che non vi compare affatto. Infatti, afferma Buttiglione: “Il papa non dice che Dio è contento del fatto che i divorziati risposati continuano ad avere rapporti sessuali fra loro. La coscienza riconosce di non essere in regola con la legge. La coscienza però sa anche di avere iniziato un cammino di conversione. Uno va ancora a letto con una donna che non è sua moglie ma ha smesso di drogarsi e di frequentare prostitute, si è trovato un lavoro e si prende cura dei suoi figli. Ha il diritto di pensare che Dio sia contento di lui, almeno in parte".
Secondo Buttiglione, quindi, Dio sarebbe contento, nel soggetto in questione, non della situazione non rispondente al comando evangelico (la situazione adulterina), ma di altre cose, buone. E veramente, se "Amoris laetitia" dicesse questo, nessuno avrebbe da obiettare. Purtroppo però questo il testo non lo dice, dato che non fa affatto riferimento ad altri aspetti, bensì dice chiaro e tondo, per citarlo una volta di più, che “una situazione non rispondente al comandamento del Vangelo” – quindi proprio quella situazione, non un’altra cosa – è proprio “ciò che Dio stesso sta richiedendo ”. Dunque "Amoris laetitia" 303 dice una cosa del tutto diversa da quello che vorrebbe fargli dire il Prof. Buttiglione. E poi saremmo noi quelli che facciamo dire al papa quello che non dice.
D. – Rocco Buttiglione parrebbe affermare che un sacerdote può consigliare a un penitente di ricevere la comunione anche se è un adultero impenitente, nel caso che manchi di piena avvertenza e deliberato consenso. Ma il sacerdote non sarebbe piuttosto obbligato a formare la coscienza del penitente, in modo tale che avesse appunto piena avvertenza e deliberato consenso?
R. – Qui veniamo proprio alla contraddizione più evidente del testo in esame. Infatti, oltre a quanto abbiamo già esemplificato sulla presenza della “morale della situazione”, anche il ricorso al tema della minore consapevolezza o dell’ignoranza contraddice direttamente, nel contesto del capitolo ottavo di "Amoris laetitia", proprio il tema principale che il titolo propone: “Accompagnare, discernere e integrare la fragilità”.
In tutto questo processo di accompagnamento e discernimento, che dovrebbe culminare nel confessionale, è logico attendersi che la persona sia portata appunto a conoscere la verità della sua situazione: quindi l’assoluzione sacramentale sarà possibile darla solo a chi, una volta presa coscienza della sua situazione peccaminosa, se ne penta. Non si può pensare che, proprio in un processo di discernimento sulla sua situazione adulterina, il penitente confessi solo gli altri peccati, quelli di cui “sarebbe cosciente”, mentre non sarebbe cosciente dell’adulterio che invece è proprio il tema su cui sta ricevendo un accompagnamento e realizzando un discernimento.
In generale, questa contraddizione fa sì che la stessa dottrina delle attenuanti non sia usata correttamente nel documento. Infatti, se il tema principale del testo è “accompagnare e discernere”, quindi aiutare a prendere coscienza, non ha senso poi invocare, in questo stesso contesto, la mancanza di consapevolezza. […] È infatti direttamente contraddittorio pretendere che “si discerna” ma “senza avvertenza”. [...] Da questa osservazione si capisce che la dottrina delle attenuanti qui è usata solo come una maschera per dissimulare l'etica della situazione.
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