Cattolicesimo, prossima fermata: capolinea?
Il cattolicesimo sta morendo tra invecchiamento della
popolazione, ondate di sbattezzi, fedeli che si convertono ad altre religioni o
che si secolarizzano e strateghi pontifici che non riescono a fermare
l'emorragia in corso in quasi tutto il mondo. Il XXI secolo pone delle sfide
potenzialmente letali al Vaticano.
Il cattolicesimo è stato per quasi due millenni la prima
religione del mondo, per numero di aderenti e potere d’influenza sugli uomini,
sulla politica, sulla società, sulle scuole di pensiero e sulle arti, ma oggi
la situazione è radicalmente cambiata a causa di numerosi eventi e nessuna
azione intrapresa dai papati del Novecento e del 2000 sembra aver rallentato o
invertito la tendenza, che anzi accelera quasi ovunque. In Europa, dove risiede
il centro di potere cattolico per antonomasia, il Vaticano, calano le
vocazioni, i battezzati, i matrimoni religiosi, chiudono le parrocchie per
mancanza di fedeli e fondi per la manutenzione e vengono rimosse statue e
crocifissi dai luoghi pubblici nel nome di un ultralaicismo militante, sullo
sfondo di periodici scandali, finanziari e sessuali, che investono il clero
romano. La stagione dei pontefici-strateghi, capaci di essere guerrieri della
fede e statisti votati alla ragion di Stato allo stesso tempo, sembra essere
finita nel dopo-Giovanni Paolo II, venuto meno il pericolo del comunismo
sovietico in America Latina, in Asia e in Europa.
Sono passati ormai più di 30 anni da quando Giovanni Paolo
II siglò un’intesa segreta con l’amministrazione Reagan per realizzare nel
mondo la geopolitica della fede, nel nome della quale il cattolicesimo fu
trasformato in un’ideologia potente e affascinante, dotata di carica
rivoluzionaria e antisistema, veicolando un messaggio di ribellione contro le
ingiustizie prodotte dagli uomini sul pianeta. Polonia, Filippine, Brasile,
Argentina, Perù, Corea del Sud, tanti furono i paesi in cui l’influenza
cristiana sulla società permise una rinascita del sentimento religioso tale da
mobilitare milioni di persone, sia in modo pacifico che armato, contro regimi
dittatoriali in piedi da decenni.
Giovanni Paolo II (Wadowice, 18 maggio 1920 – Città del
Vaticano, 2 aprile 2005), al secolo Karol Józef Wojtyła, è stato una delle
figure più importanti del Novecento, al tempo stesso leader religioso,
statista, pensatore ed icona culturale. Fu l'ideatore della geopolitica della
fede, il cui potenziale destabilizzante fu compreso dal celebre stratega
Zbigniew Brzezinski che la riadattò in Afganistan in chiave antisovietica.
Giovanni Paolo II (Wadowice, 18 maggio 1920 – Città del
Vaticano, 2 aprile 2005), al secolo Karol Józef Wojtyła, è stato una delle
figure più importanti del Novecento, al tempo stesso leader religioso,
statista, pensatore ed icona culturale. Fu l’ideatore della geopolitica della
fede, il cui potenziale destabilizzante fu compreso dal celebre stratega
Zbigniew Brzezinski che la riadattò in Afganistan in chiave antisovietica.
Indubbiamente, il lungo pontificato del polacco che
sconfisse il comunismo grazie alla forza, dimenticata dal mondo, del crocifisso
è stato una delle pagine più importanti per la storia della chiesa cattolica,
ma cosa è rimasto della rivoluzione nella fede, della geopolitica della fede e
del progetto della nuova evangelizzazione scritto insieme a Benedetto XVI? La
situazione del cattolicesimo nel mondo è quasi ovunque drammatica sulla base
delle fotografie scattate periodicamente dal Pew Research Center: nella stessa
America Latina della guerra cristera e della teologia della liberazione, che
durante il Novecento ha prodotto il 9% del clero mondiale e registrato tassi di
battesimo superiori ovunque al 90%, coloro che si dichiarano cattolici sono
passati dal 92% al 69% della popolazione adulta totale fra il 1970 e il 2014 e
anche chi si dichiara cattolico è, nella maggior parte dei casi, ampiamente
secolarizzato, allo stesso modo dei correligiosi europei.
I casi più emblematici della decattolicizzazione in corso in
America Latina son quello honduregno, dove la popolazione cattolica è scesa dal
76% al 47% negli ultimi 20 anni, e quello brasiliano, il più emblematico, dove
nel dicembre 2016 – secondo le stime dell’istituto Datafolha, si professava
cattolico soltanto il 50% della popolazione (nel 1970 lo era il 90%), sullo
sfondo di un’ascesa forte degli affiliati evangelici, aumentati di 4 punti
percentuali soltanto nel periodo 2014-16. Emorragia di vocazioni sacerdotali e
di fedeli non equivale ad una perdita dell’influenza cristiana nella vita
politica e sociale latinoamericana, perché l’arretramento dei cattolici è
essenzialmente causato dall’aumento dei protestanti evangelici, cresciuti fra
il 1970 e il 2014 dal 9% al 19% della popolazione latinoamericana totale.
Exodus – Marc Chagall (1952–66)
Dinanzi l’ateizzazione dell’Occidente, la
protestantizzazione dell’America Latina e la stasi asiatica e oceanica,
l’Africa è l’unico continente in cui i numeri del cattolicesimo sono in aumento
costante dal 1900. Come si evince dal rapporto del Center for the Study of
Global Christianity, il futuro del cattolicesimo sarà africano e l’elezione di
un pontefice non-europeo è segno più evidente della fine
dell’occidentalocentrismo della chiesa cattolica. Da alcuni anni, la
maggioranza relativa della popolazione africana è affiliata a confessioni
cristiane e lo è attivamente, dimostrandolo con il numero di battesimi, di
vocazioni sacerdotali e di matrimoni religiosi, apertura di nuove parrocchie,
attivismo clericale in politica e società, presa nulla dei valori secolari nel
continente.
Attualmente, il 17,3% della popolazione cattolica mondiale
proviene dall’Africa; una cifra esorbitante considerando che a inizio Novecento
la percentuale era inferiore al 2%. Se il futuro apparterrà all’Africa, cosa ne
sarà dell’Europa? La sociologa e studiosa di religioni Danièle Hervieu-Léger
parla di exculturation del cattolicesimo dall’Europa, il papa emerito Benedetto
XVI parla dell’esistenza di una dittatura del relativismo mirante ad estirpare
il senso del divino dall’uomo, in ogni caso, il cattolicesimo conta sempre di
meno nel Vecchio Continente.
Ratzinger il rivoluzionario
Secondo l’Institut Français d’Opinion Publique, fra il 1965
e il 2009 i matrimoni religiosi in Francia sono diminuiti del 40%, 4 persone su
10 sostengono di non conoscere dei cattolici praticanti e coloro che si
dichiarano cattolici sono passati dall’81% al 54%. Mentre in America Latina il
vuoto lasciato dai cattolici viene riempito dagli evangelici, in Francia è
forte l’ascesa dell’islam, non soltanto per la maggiore adesione dei fedeli ai
dettami coranici e per il tasso di natalità superiore a quello della media
nazionale – si stima che un neonato su tre abbia genitori islamici – ma anche
per il numero di ritornati all’islam, oltre 100mila secondo i dati delle
associazioni islamiche di Francia.
Se la situazione della Francia è drammatica, lo è ancora di
più quella della Germania, dove da alcuni anni si parla di vera e propria morte
del cattolicesimo. Secondo le statistiche della Conferenza Episcopale Tedesca,
nel solo 2016 sono state chiuse 537 parrocchie e persi 162.093 fedeli. Nel
periodo 1996-2016 le parrocchie sono passate da 13.329 a 10.280 e, per via
della denatalità, del mancato ricambio generazionale e degli sbattezzi, i
cattolici tedeschi sono diminuiti di 4 milioni di unità. Gli europei etnici che
hanno deciso di convertirsi all’islam hanno superato le 100mila unità in Gran
Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Italia e i numeri potrebbero essere di
gran lunga superiori, dal momento che non esistono stime ufficiali, ma solo
presunte sulla base di dati provenienti da moschee, associazioni islamiche,
sondaggi e dati parrocchiali sullo sbattezzo. Secondo il servizio-inchiesta The
islamification of Britain dell’Independent, ogni anno circa 5mila persone
abbracciano l’islam in Gran Bretagna, e lo stesso ritmo è registrato in
Germania e Francia.
La moschea missiri a Fréjus. In Francia si stima che vi
siano tra i 4 e i 10 milioni di cittadini musulmani, decuplicati tra il 1970 e
il 2010 sia per l'immigrazione che per le conversioni. Nello stesso periodo si
sono quasi dimezzati i cristiani, scesi al 47% della popolazione nel 2016
secondo l'Institute Montaigne, ed aumentati agnostici ed atei che compongono
circa il 30% della popolazione.
Se la sfida in America Latina è rappresentata dall’ascesa
del protestantesimo evangelico, utilizzato come cavallo di Troia e foraggiato
dagli Stati Uniti contro l’influenza cattolica nel continente sin dai tempi del
Rapporto Rockefeller sulle Americhe del 1969, in Europa la sfida è
l’islamizzazione e in ambedue i casi la chiesa cattolica non ha saputo
formulare strategie capaci di creare inversioni di tendenza. Un altro grave
problema è dato dalla crisi del modello di welfare cattolico basato sul sistema
parrocchiale e diocesano, in passato capace di fornire assistenza concreta e
diffusa a milioni di persone, creando e trovando posti di lavoro e case a chi
ne avesse avuto bisogno, oltre che sostenere psicologicamente e materialmente
le coppie di sposati e i fedeli afflitti da crisi mistiche. La parrocchia,
almeno in Occidente, da alcuni decenni ha smesso di essere il punto di
riferimento dei quartieri, anche in senso spirituale, limitandosi ad un
marginale ruolo di sede di matrimoni, funerali e celebrazioni religiose e
civili di un certo spessore e questo ha contribuito notevolmente alla perdità
di adesione e seguito del cattolicesimo a livello popolare.
Alcune strategie elaborate durante la guerra fredda come la
formazione di preti operai, di preti di strada, dei sindacati e delle
associazioni del lavoro di matrice cristiana e delle comunità ecclesiali di
base, per contrastare l’avanzata del secolarismo, del comunismo e della
trasformazione della fede in un residuato culturale d’importanza secondaria per
le società, sono state progressivamente abbandonate, lasciando che il nulla
prodotto dalla postmodernità nichilista del nuovo Occidente prendesse il posto
del cattolicesimo. Non è un caso che la decattolicizzazione sia stata e sia
ancora adesso molto forte soprattutto tra le fasce popolari, ossia quelle che
più subiscono gli effetti delle crisi economiche e sociali e che in passato
hanno goduto d’un supporto pressoché totale da parte dei sistemi parrocchiali.
I preti-operai e di strada hanno svolto un ruolo di aiuto
sociale di primaria importanza, soprattutto in Italia e in paesi dall'elevato
tasso di criminalità come Messico e Brasile. In foto don Giuseppe Puglisi
(Palermo, 15 settembre 1937 – Palermo, 15 settembre 1993), un prete celebre per
il suo attivismo contro Cosa nostra, per mano della quale fu ucciso.
Quale futuro per una potenza in declino, in profonda crisi
umana, materiale e ideologica? Secondo le stime del Pew Research Center, il
sorpasso dell’islam sul cristianesimo sarà questione di alcuni decenni per via
del tasso di natalità e del numero di conversioni, ma la verità è che il
cristianesimo – soprattutto nella sua versione cattolica, ha smesso di essere
la prima religione del mondo da almeno un secolo e questa è una realtà che in
Vaticano si fatica ad accettare.
La fine dell’unipolarismo religioso nelle relazioni
internazionali, causata dal risveglio del mondo islamico, dalla
protestantizzazione dei paesi a tradizione cattolica del Sud del mondo e dalla
secolarizzazione sempre più accentuata dell’Occidente, potrebbe determinare il
crollo dell’ultima, grande potenza sopravvissuta alla fine del sistema europeo
degli Stati, la chiesa cattolica romana, e la scelta di Francesco I di dedicare
un’ampia fetta dell’agenda vaticana alla questione profughi, al dialogo
ecumenico con musulmani, protestanti ed ortodossi, al terrorismo islamista e
alla persecuzione dei Rohingya, potrebbe essere l’inizio d’una nuova
geopolitica della fede a matrice internazionalistica e multireligiosa, dal cui
esito può dipendere la fine o la rinascita del cattolicesimo.
di Emanuel Pietrobon - 3 novembre 2017
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