Buttiglione, l’Amoris Laetitia, i tradizionalisti. Con un po’ di nostalgia del rag. Ugo Fantozzi..
L’ultimo nato in “Casa Amoris Laetitia” (che, senza voler essere dissacratori nei confronti di Sandra e Raimondo, ricorda tanto “Casa Vianello”, ma con meno appeal) è un libro di Buttiglione. Buttiglione nel senso di Rocco, il “filosofo di Giovanni Paolo II”, non di Rambaldo, il colonnello che ha deliziato le platee cinematografiche negli Anni Settanta.
Per chi abbia presente lo sguardo inerme e silente che Forattini attribuì a suo tempo all’autore, il titolo non è una sorpresa: Risposte amichevoli ai critici di Amoris Laetitia. In fase di anticipazione per la stampa, sono circolate due copertine, una in cui “amichevoli” è messo tra parentesi e l’altra in cui è inserito con un grafia da ripetente di terza elementare, che danno un po’ di gomito e promettono un posticino per tutti nei titoli di coda, buoni e cattivi. A Chiesa 2.0 TV sanno bene come mettere nella parte giusta e rendere inoffensivi certi cattivi.
È da notare che l’opera esce per i tipi di Ares, casa editrice che non è dell’Opus Dei, ma forse è dell’Opus Dei perché ci lavorano ed è diretta da membri dell’Opus Dei, che però agiscono senza rendere conto all’Opus Dei e prendono decisioni solo in base alla propria coscienza, che però è formata dall’Opus Dei. Insomma, sarà la storia a dirci cosa pensa l’Opus di questo pontificato, ma lo sapranno i nostri pronipoti studiando sui sussidiari pubblicati da qualche casa editrice che non è dell’Opus Dei, ma eccetera eccetera.
Ma, soprattutto, l’opera di Buttiglione (Rocco, non Rambaldo) porta un lungo saggio introduttivo del cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede. Proprio lui. L’argine maestro contro la deriva eretica insita in Amoris Laetitia a cui fior di tradizionalisti hanno fatto tutti gli sconti possibili sulle simpatie per la teologia della liberazione, sulle licenze in tema di mariologia e altre quisquilie dottrinali perché lo avevano scambiato per il katechon incrollabile contro l’irrompere definitivo della depravazione tramite esortazione apostolica.
Ebbene, sì. Proprio lui, a proposito dei punti controversi di Amoris Laetitia, viene oggi a spiegare che la tesi di Buttiglione (Rocco, non Rambaldo) “si compone di due affermazioni fondamentali, a cui io consento con piena convinzione: 1) le dottrine dogmatiche e le esortazioni pastorali del capitolo 8 di Amoris Laetitia possono e devono essere intese in senso ortodosso. 2) Amoris Laetitia non implica nessuna svolta magisteriale verso un’etica della situazione e quindi nessuna contraddizione con l’enciclica Veritatis Splendor di san Giovanni Paolo II”. Leggere per credere, ma forse un verbo non è quello giusto.
Il resto dell’introduzione, “inattesa” solo per quei tradizionalisti che vedono l’église en rose perché trattano con il potere in punta di diritto canonico, è tutta di questo tenore. Giusto per non lasciare dubbi, parlando di Amoris Laetitia, l’ormai ex katechon cardinale Müller spiega subito al secondo capoverso che “È da desiderare che molti sposi e tutte le giovani coppie, che si preparano a questo santo sacramento del matrimonio, si lascino introdurre nel suo spirito ampio, nelle sue profonde considerazioni dottrinali e nei suoi riferimenti spirituali. Il buon successo del matrimonio e della famiglia apre la strada verso il futuro della Chiesa di Dio e della società umana”.
Tirate le somme, una supercazzola coi fiocchi che non sarebbe riuscita neanche al miglior Tognazzi di “Amici miei” ora riavvia i bisticci di protagonisti, comprimari e comparse scritturati da “Casa Amoris Laetitia”. È dai due Sinodi sulla famiglia che la sit-com va in onda. Alle prime puntate ci siamo stati tutti, e va bene, ma si sarebbe dovuto capire in fretta come sarebbe andata a finire. Ormai siamo al grottesco. Prima i Dubia dei quattro cardinali che dovevano essere la mossa dello scacco matto in quella che fu definita in modo un tantino irriverente “partita a scacchi per la fede”. Bergoglio li messi in qualche cassetto di Santa Marta e neppure lui sa più dove sono. Poi la storia fatta con la Correctio filialis che il Beatissimo Padre ha riposto vicino ai Dubia. E poi ancora la controstoria fatta dalla Laudatio pubblicata da Pro Pope Francis. Adesso Müller che non si limita al classico “armiamoci e partite”, ma, tramite Buttiglione (Rocco, non Rambaldo che almeno era un soldato), intima “Arrendetevi perché io sto dall’altra parte”.
E, mentre si dibatte su qualche brandello di Amoris Laetitia, la barca affonda sempre più velocemente portando negli abissi sempre più anime perché il demonio è entrato attraverso falle ben più grandi delle eresiucole sui divorziati risposati. Ma nessuno ha il coraggio di vedere quelle voragini e, ancor meno, il coraggio di denunciarle. Però è ora di finirla. Questo dibattito su Amoris Laetitia ricorda tanto quello sulla Corazzata Potëmkin reso immortale dalla conclusione di Paolo Villaggio. Senza andare in cerca di un improbabile katechon, basterebbe un ragionier Ugo Fantozzi.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
In un giornale, “trenta righe”, sono come un sigaro toscano e una medaglia di cavaliere: non si negano a nessuno. Sono perfette per i primi balbettii di un praticante, per i funambolismi del vecchio cronista, per l’elzeviro del professore un po’ dandy e per l’editoriale del direttore. Dunque bastano anche a noi per dare un taglio veloce ed esaustivo a questa rubrica che commenta quanto accade dentro e fuori la Chiesa. Ma per favore, anche se la forma non è più quella della risposta alle vostre lettere, continuate a scrivere. Gli spunti migliori vengono sempre da voi.
TRENTA RIGHE FUORI MODA – rubrica settimanale di Alessandro Gnocchi
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