ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 9 dicembre 2017

Come nel gioco delle tre carte

APOCALYPSE "BERGOGLIO" 


Questa di papa Bergoglio è un'altra chiesa: la si può contrabbandare ai giovani e agli ingenui, ma non a noi che abbiamo visto e vissuto gli anni prima del Concilio. Gesù? nessuno può farne il re d’una "religione di menzogne"
 di Francesco Lamendola 

 

La potranno raccontare a qualcun altro, forse; a noi no. A noi che abbiamo visto, a noi che abbiamo vissuto, sia pure da bambini, gli anni prima del Concilio, nessuno può farci scambiare lucciole per lanterne: nessuno può venirci a dire che questa chiesa di oggi, la chiesa di papa Francesco, è la stessa Chiesa cattolica di allora e di sempre. No, questa è una cosa che si può contrabbandare ai giovani e agli ingenui; non a chi, per ragioni di età e per abitudine alla riflessione e al vaglio critico delle cose, non è disponibile a lasciarsi infinocchiare secondo le tendenze del momento. Quella di oggi non è la stessa chiesa di allora; e non lo è perché ne differisce radicalmente quanto all’essenza, non perché certe sue forme esteriori sono profondamente mutate. Del resto, nel caso della Chiesa cattolica, bisogna essere molto cauti nel distinguere tra la forma e il contenuto: la Chiesa cattolica non è una confezione di surgelati che si acquista al supermercato, dove la scatola non è che un involucro di nessuna importanza, che si getta via quando si vuol consumare il prodotto: per la Chiesa cattolica, la forma è anche sostanza e la sostanza, anche forma. Così è sempre stato e così deve essere; quel che si può rivedere e ritoccare è solo la superficie, ma, anche per far ciò, devono esservi delle buone, delle ottime ragioni. 

La Chiesa cattolica è un edificio immenso, venerato, con duemila anni di storia: nessun’altra istituzione umana oggi esistente è così antica. E infatti non si tratta di una istituzione puramente umana: il cattolico ne è profondamente convinto; se non lo è, non è nemmeno un vero cattolico. Per il cattolico, le fondamenta della Chiesa poggiano su questa terra, ma la sua sommità arriva fino al Cielo; e il suo capo è sempre Uno, sempre lo Stesso: è il Signore Gesù Cristo, e nessun altri che lui. Chi se ne dimenticata, anche solo per un istante, non è un vero cattolico e non è nella vera Chiesa. Queste non sono opinioni, né si tratta di “rigidità” di carattere, come ama dire e ripetere il campione del trasformismo ecclesiastico, papa Francesco: questa è la verità assoluta, dogmatica, della Chiesa di Cristo. Gesù l’ha fondata come su una roccia, sono parole sue; e ciò che viene costruito sulla roccia non va soggetto a continui restauri e mutamenti, ma permane intatto e immutabile. E non si tratta nemmeno di “approfondire” il significato della fede: la fede è la fede e non c’è nulla da approfondire; e le basi della fede sono la Tradizione e la Scrittura. Finché avremo la Tradizione e la Scrittura, le montagne passeranno e passeranno i pianeti, le stelle, le galassie e le nebulose, ma la fede non cambierà, né potrebbe cambiare, a nessun patto, neppure se Gesù in Persona ritornasse sulla terra, perché lo ha detto Lui stesso: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Mt., 24, 35).
A un certo punto, come nel gioco delle tre carte, la vera Chiesa è stata fatta sparire, nel giro di qualche rapido, incomprensibile passaggio: ce l’hanno fatta sparire letteralmente sotto il naso. Un momento prima c’era ancora, e un momento dopo non c’era più. La cosa è stata fatta con tale rapidità e destrezza, con tale, vorremmo dire, professionalità truffaldina, che a stento riusciamo a capacitarcene: pur essendosi svolta sotto il nostro naso, non ci abbiamo capito nulla. I movimenti sono stati troppo  veloci, troppo bruschi: impossibile seguirli con lo sguardo. E proprio per questo, chi ha eseguito il trucco pretende di non aver fatto niente d’illecito: vedete?, dicono, non c’è stato niente di segreto, le cose si sono svolte alla luce del sole. Si fanno forti del nostro imbarazzo: ci si sente umiliati, annichiliti, a dover confessare che i soldi ci sono stati sfilati dal portafogli proprio mentre l’avevamo in mano. Si preferisce far finta di nulla, negare di aver subito un furto; ci si vergogna di ammettere che si è stati derubati, e proprio in mezzo agli amici più cari, proprio dove ci si sentiva più al sicuro, per cui non si stava in guardia, non si era in sospetto nei confronti di alcuno. Quante volte la vittima rinuncia a denunciare l’inganno in cui è caduta, per non aggiungere la beffa al danno. Specialmente le persone anziane che sono state raggirate da qualche abile imbroglione, preferiscono tacere, anche se hanno perso tutti i gioielli, tutti i risparmi; preferiscono soffrire in silenzio, piuttosto che esporsi alla derisione o alla pelosa pietà degli altri.
Ebbene: noi, noi cattolici che abbiamo vissuto e conosciuto la vera Chiesa, ci troviamo, oggi, in una situazione molto, ma molto simile a quella di un anziano che è stato vittima di una turlupinatura. E proprio per questo, perché la nostra testimonianza è essenziale, non dobbiamo rassegnarci, non dobbiamo scoraggiarci, non dobbiamo lasciarci ingabbiare nella nostra vergogna, ma dobbiamo ribellarci e dire a voce alta e forte che un inganno c’è stato, un inganno enorme, sacrilego, il peggiore che mai un credente potrebbe arrivare a credere: l’occultamento della vera Chiesa da parte di una neochiesa falsa ed apostatica, che spaccia per verità le sue menzogne e trascina nell’errore centinaia di milioni di persone, seminando scandalo e provocando amarezza e costernazione nell’anima d’innumerevoli individui. Se noi non parliamo, se noi non denunciamo questa tremenda menzogna, la neochiesa avrà partita vinta. I giovani non sanno, non hanno visto e non possono fare un confronto: cresciuti nel culmine della Grande Menzogna, hanno imparato una serie di eresie e ora credono che si tratti di altrettante verità di fede. Il neoclero non aspetta altro: che trascorra ancora qualche anno, che spariscano i testimoni della vera Chiesa, e che cessi ogni possibilità di veder denunciato l’inganno, il gioco delle tre carte. Certo, chi vuol capire, capisce quel che è successo anche se, per motivi anagrafici, non ha conosciuto la Chiesa di prima del Concilio: basta che legga il Vangelo, basta che s’informi su cosa è la sacra Tradizione, e vedrà che una forzatura c’è stata, anzi, una serie d’innumerevoli forzature, alcune più graduali, altre più brusche, alcune più profonde, altre più superficiali: ma che, messe insieme tutte quante, bastano e avanzano a trasformare completamente la realtà della Chiesa rispetto a ciò che essa era, a ciò che era sempre stata, a ciò che deve essere sempre, se vuol restare la Sposa fedele di Cristo e non diventare un’abietta prostituta, pronta a vendersi al primo che passa, secondo i gusti del mondo. Ma per capire tutto ciò, occorre avere una mente lucida e una volontà esercitata; non lo può fare chi è cresciuto nel conformismo più totale. E la neochiesa è stata molto accorta nel far sì che si spegnesse ogni senso critico ed ogni abitudine all’esercizio della volontà, in modo da addormentare beatamente le coscienze.

 
Marco Pannella emblema della neochiesa dei Paglia e dei Bergoglio

La neochiesa ha avuto un alleato formidabile: il mondo. In fondo, s’è trattato d’una strategia geniale perché semplicissima: scegliersi come alleato numero uno quello che era il nemico principale, invertire il fronte di centottanta gradi e trattare da nemici proprio quelli che erano i soldati più leali e valorosi, accusandoli di non volere mai la pace, di essere solo dei fanatici incapaci di dialogare con gli altri e di stabilire relazioni pacifiche col mondo. Il “mondo”, per il cattolico, è l’insieme delle tendenze al male che nascono dalla concupiscenza, triste eredità del Peccato originale. Ma se i membri della Chiesa stessa, e i teologi che si dicono cattolici, a un certo punto dicono che non c’è nulla di male nell’assecondare lo spirito del mondo, anzi, che è cosa giusta e meritoria, perché il mondo è la realtà positiva con la quale il Vangelo deve interagire, ecco che le difese crollano e le porte vengono spalancate al nemico, senza che questo venga più percepito come tale. Prendiamo il caso della liturgia: un parroco, a un certo punto, decide di far vedere ai suoi parrocchiani quanto è bello l’abbraccio fra le diverse religioni, e invita un balletto indù a esercitarsi in chiesa, durante la santa Messa, mescolando gesti e riti dell’induismo con quelli del cattolicesimo. È una novità, è una cosa festosa e variopinta, una cosa che piace ai ragazzi: queste giovanissime danzatrici scalze, che volteggiano sul presbiterio e che lasciano intravedere, ai piedi dell’altare, il fascino misterioso dell’Oriente… È accaduto per davvero, in una parrocchia francese, Barraqueville: basta andare in rete e controllare. È accaduto anche di peggio, per “merito” del solito vescovo modernista, François Fonlupt, nella cattedrale di Rodez, per lo scandalo dei suoi fedeli: i sacerdoti che, durante la santa Messa, si fanno imporre sulla fronte il segno di Shiva, da una “sacerdotessa”. Ecco, questa è una cosa fatta secondo lo spirito del mondo, che incontra l’applauso di molti; ma una cosa profondamente ingannevole, e, quindi profondamente sbagliata. È una mescolanza inaccettabile di sacro e profano, di verità e menzogna. Il cattolico rispetta tutti gli esseri umani e tutte le culture, ma non pone tutte le religioni sullo stesso piano: una sola è la Via che porta alla Verità e una sola è la Via che porta alla salvezza, ed è quella annunciata da Gesù Cristo, e che consiste nel riconoscere che Lui è il Figlio di Dio, venuto sulla terra, morto e risorto per amor nostro, per rimettere i nostri peccati. Chi crede  e confessa questo, è cattolico; chi non lo crede, né lo confessa, non lo è.
Cerchiamo di vedere le cose dal punto di vista di un giovane cattolico, o che s’immagina di esser tale perché cresciuto e allevato tra le braccia “amorevoli” della neochiesa progressista e modernista, gnostica e massonica. A cominciare dal paesaggio architettonico, per lui una chiesa è uno di questi orribili edifici post-conciliari che paiono fabbriche o palazzetti dello sport, o eliporti, o centri commerciali; senza campanile, o con un campanile che pare un aborto; senza una croce, una Madonna, un segno visibile della loro qualifica di chiese cattoliche; freddi, funzionali, asettici, privi di anima, privi di raccoglimento, privi di trascendenza, privi di sacralità. Per lui, quella è una chiesa. E la santa Messa, per lui, è un rito in cui la gente guarda in faccia il prete, il quale parla molto, anche troppo; poi tutti si stringono la mano, e intonano “preghiere” che sono litanie laiche e inni alla giustizia sociale, all’inclusione dei diversi, alla immigrazione incontrollata, alla cittadinanza per tutti, e così via; solo, a un certo punto, le persone vanno all’altare, e stando ritte un piedi, protendono le mani e pigliano un pezzetto di pane, se lo mettono in bocca e tornano ai loro posti, guardando sovente l’orologio per controllare che il tutto non abbia a durare cinque minuti più del convenuto, il che coincide con la massima capacità di sopportazione dell’assemblea. In compenso si canta molto, si suona, meglio se con la chitarra, qualche volta perfino si balla, oppure s’invita un corpo di danza esotico; il tutto in un’atmosfera molto rilassata, molto scherzosa, non senza frizzi e lazzi del sacerdote e applausi a scena aperta del “pubblico”.


A noi non la possono raccontare

di Francesco Lamendola
continua su:

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.