APOCALYPSE
"BERGOGLIO"
Questa di papa Bergoglio è un'altra chiesa: la si può contrabbandare ai giovani e agli ingenui, ma non a noi che abbiamo visto e vissuto gli anni prima del Concilio. Gesù? nessuno può farne il re d’una "religione di menzogne"
di Francesco Lamendola
La
potranno raccontare a qualcun altro, forse; a noi no. A noi che abbiamo
visto, a noi che abbiamo vissuto, sia pure da bambini, gli anni prima
del Concilio, nessuno può farci scambiare lucciole per lanterne: nessuno può venirci a dire che questa chiesa di oggi, la chiesa di papa Francesco, è la stessa Chiesa cattolica di allora e di sempre.
No, questa è una cosa che si può contrabbandare ai giovani e agli
ingenui; non a chi, per ragioni di età e per abitudine alla riflessione e
al vaglio critico delle cose, non è disponibile a lasciarsi
infinocchiare secondo le tendenze del momento. Quella di oggi non è la
stessa chiesa di allora; e non lo è perché ne differisce radicalmente quanto all’essenza,
non perché certe sue forme esteriori sono profondamente mutate. Del
resto, nel caso della Chiesa cattolica, bisogna essere molto cauti nel
distinguere tra la forma e il contenuto: la Chiesa
cattolica non è una confezione di surgelati che si acquista al
supermercato, dove la scatola non è che un involucro di nessuna
importanza, che si getta via quando si vuol consumare il prodotto: per
la Chiesa cattolica, la forma è anche sostanza e la sostanza, anche
forma. Così è sempre stato e così deve essere; quel che si può rivedere e
ritoccare è solo la superficie, ma, anche per far ciò, devono esservi
delle buone, delle ottime ragioni.
La Chiesa cattolica è un edificio
immenso, venerato, con duemila anni di storia: nessun’altra istituzione
umana oggi esistente è così antica. E infatti non si tratta di una
istituzione puramente umana: il cattolico ne è profondamente convinto;
se non lo è, non è nemmeno un vero cattolico. Per il cattolico, le
fondamenta della Chiesa poggiano su questa terra, ma la sua sommità
arriva fino al Cielo; e il suo capo è sempre Uno, sempre lo Stesso: è il
Signore Gesù Cristo, e nessun altri che lui. Chi se ne dimenticata,
anche solo per un istante, non è un vero cattolico e non è nella vera
Chiesa. Queste non sono opinioni, né si tratta di “rigidità” di
carattere, come ama dire e ripetere il campione del trasformismo
ecclesiastico, papa Francesco: questa è la verità assoluta, dogmatica, della Chiesa di Cristo.
Gesù l’ha fondata come su una roccia, sono parole sue; e ciò che viene
costruito sulla roccia non va soggetto a continui restauri e mutamenti,
ma permane intatto e immutabile. E non si tratta nemmeno di
“approfondire” il significato della fede: la fede è la fede e non c’è
nulla da approfondire; e le basi della fede sono la Tradizione e la Scrittura.
Finché avremo la Tradizione e la Scrittura, le montagne passeranno e
passeranno i pianeti, le stelle, le galassie e le nebulose, ma la fede
non cambierà, né potrebbe cambiare, a nessun patto, neppure se Gesù in
Persona ritornasse sulla terra, perché lo ha detto Lui stesso: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Mt., 24, 35).
A un certo punto, come nel gioco delle tre carte, la vera Chiesa è stata fatta sparire,
nel giro di qualche rapido, incomprensibile passaggio: ce l’hanno fatta
sparire letteralmente sotto il naso. Un momento prima c’era ancora, e
un momento dopo non c’era più. La cosa è stata fatta con tale
rapidità e destrezza, con tale, vorremmo dire, professionalità
truffaldina, che a stento riusciamo a capacitarcene: pur
essendosi svolta sotto il nostro naso, non ci abbiamo capito nulla. I
movimenti sono stati troppo veloci, troppo bruschi: impossibile
seguirli con lo sguardo. E proprio per questo, chi ha eseguito il trucco
pretende di non aver fatto niente d’illecito: vedete?, dicono, non c’è stato niente di segreto, le cose si sono svolte alla luce del sole. Si fanno forti del nostro imbarazzo:
ci si sente umiliati, annichiliti, a dover confessare che i soldi ci
sono stati sfilati dal portafogli proprio mentre l’avevamo in mano. Si
preferisce far finta di nulla, negare di aver subito un furto; ci si
vergogna di ammettere che si è stati derubati, e proprio in mezzo agli
amici più cari, proprio dove ci si sentiva più al sicuro, per cui non si
stava in guardia, non si era in sospetto nei confronti di alcuno.
Quante volte la vittima rinuncia a denunciare l’inganno in cui è caduta,
per non aggiungere la beffa al danno. Specialmente le persone anziane
che sono state raggirate da qualche abile imbroglione, preferiscono
tacere, anche se hanno perso tutti i gioielli, tutti i risparmi;
preferiscono soffrire in silenzio, piuttosto che esporsi alla derisione o
alla pelosa pietà degli altri.
Ebbene:
noi, noi cattolici che abbiamo vissuto e conosciuto la vera Chiesa, ci
troviamo, oggi, in una situazione molto, ma molto simile a quella di un
anziano che è stato vittima di una turlupinatura. E proprio per questo,
perché la nostra testimonianza è essenziale, non dobbiamo rassegnarci,
non dobbiamo scoraggiarci, non dobbiamo lasciarci ingabbiare nella nostra vergogna,
ma dobbiamo ribellarci e dire a voce alta e forte che un inganno c’è
stato, un inganno enorme, sacrilego, il peggiore che mai un credente
potrebbe arrivare a credere: l’occultamento della vera Chiesa da parte di una neochiesa falsa ed apostatica,
che spaccia per verità le sue menzogne e trascina nell’errore centinaia
di milioni di persone, seminando scandalo e provocando amarezza e
costernazione nell’anima d’innumerevoli individui. Se noi non parliamo,
se noi non denunciamo questa tremenda menzogna, la neochiesa avrà
partita vinta. I giovani non sanno, non hanno visto e non possono fare
un confronto: cresciuti nel culmine della Grande Menzogna, hanno
imparato una serie di eresie e ora credono che si tratti di altrettante
verità di fede. Il neoclero non aspetta altro: che trascorra
ancora qualche anno, che spariscano i testimoni della vera Chiesa, e che
cessi ogni possibilità di veder denunciato l’inganno, il gioco delle
tre carte. Certo, chi vuol capire, capisce quel che è successo
anche se, per motivi anagrafici, non ha conosciuto la Chiesa di prima
del Concilio: basta che legga il Vangelo, basta che s’informi su cosa è
la sacra Tradizione, e vedrà che una forzatura c’è stata, anzi, una
serie d’innumerevoli forzature, alcune più graduali, altre più brusche,
alcune più profonde, altre più superficiali: ma che, messe insieme tutte
quante, bastano e avanzano a trasformare completamente la realtà della
Chiesa rispetto a ciò che essa era, a ciò che era sempre stata, a ciò
che deve essere sempre, se vuol restare la Sposa fedele di
Cristo e non diventare un’abietta prostituta, pronta a vendersi al primo
che passa, secondo i gusti del mondo. Ma per capire tutto ciò, occorre
avere una mente lucida e una volontà esercitata; non lo può fare chi è
cresciuto nel conformismo più totale. E la neochiesa è stata molto
accorta nel far sì che si spegnesse ogni senso critico ed ogni abitudine
all’esercizio della volontà, in modo da addormentare beatamente le coscienze.
Marco Pannella emblema della neochiesa dei Paglia e dei Bergoglio
La neochiesa ha avuto un alleato formidabile: il mondo. In fondo, s’è trattato d’una strategia geniale perché semplicissima: scegliersi come alleato numero uno quello che era il nemico principale,
invertire il fronte di centottanta gradi e trattare da nemici proprio
quelli che erano i soldati più leali e valorosi, accusandoli di non
volere mai la pace, di essere solo dei fanatici incapaci di dialogare
con gli altri e di stabilire relazioni pacifiche col mondo. Il “mondo”,
per il cattolico, è l’insieme delle tendenze al male che nascono dalla
concupiscenza, triste eredità del Peccato originale. Ma se i membri
della Chiesa stessa, e i teologi che si dicono cattolici, a un certo
punto dicono che non c’è nulla di male nell’assecondare lo spirito del
mondo, anzi, che è cosa giusta e meritoria, perché il mondo è la realtà
positiva con la quale il Vangelo deve interagire, ecco che le difese
crollano e le porte vengono spalancate al nemico, senza che questo venga
più percepito come tale. Prendiamo il caso della liturgia: un parroco, a
un certo punto, decide di far vedere ai suoi parrocchiani quanto è
bello l’abbraccio fra le diverse religioni, e invita un balletto indù a
esercitarsi in chiesa, durante la santa Messa, mescolando gesti e riti
dell’induismo con quelli del cattolicesimo. È una novità, è una cosa
festosa e variopinta, una cosa che piace ai ragazzi: queste giovanissime
danzatrici scalze, che volteggiano sul presbiterio e che lasciano
intravedere, ai piedi dell’altare, il fascino misterioso dell’Oriente… È
accaduto per davvero, in una parrocchia francese, Barraqueville: basta
andare in rete e controllare. È accaduto anche di peggio, per “merito”
del solito vescovo modernista, François Fonlupt, nella cattedrale di
Rodez, per lo scandalo dei suoi fedeli: i sacerdoti che, durante la
santa Messa, si fanno imporre sulla fronte il segno di Shiva, da una
“sacerdotessa”. Ecco, questa è una cosa fatta secondo lo spirito del
mondo, che incontra l’applauso di molti; ma una cosa profondamente
ingannevole, e, quindi profondamente sbagliata. È una mescolanza
inaccettabile di sacro e profano, di verità e menzogna. Il cattolico
rispetta tutti gli esseri umani e tutte le culture, ma non pone tutte le
religioni sullo stesso piano: una sola è la Via che porta alla Verità e
una sola è la Via che porta alla salvezza, ed è quella annunciata da
Gesù Cristo, e che consiste nel riconoscere che Lui è il Figlio di Dio,
venuto sulla terra, morto e risorto per amor nostro, per rimettere i
nostri peccati. Chi crede e confessa questo, è cattolico; chi non lo
crede, né lo confessa, non lo è.
Cerchiamo
di vedere le cose dal punto di vista di un giovane cattolico, o che
s’immagina di esser tale perché cresciuto e allevato tra le braccia
“amorevoli” della neochiesa progressista e modernista, gnostica e
massonica. A cominciare dal paesaggio architettonico, per lui una chiesa
è uno di questi orribili edifici post-conciliari che paiono fabbriche o
palazzetti dello sport, o eliporti, o centri commerciali; senza
campanile, o con un campanile che pare un aborto; senza una croce, una
Madonna, un segno visibile della loro qualifica di chiese cattoliche;
freddi, funzionali, asettici, privi di anima, privi di raccoglimento,
privi di trascendenza, privi di sacralità. Per lui, quella è una chiesa.
E la santa Messa, per lui, è un rito in cui la gente guarda in faccia
il prete, il quale parla molto, anche troppo; poi tutti si stringono la
mano, e intonano “preghiere” che sono litanie laiche e inni alla
giustizia sociale, all’inclusione dei diversi, alla immigrazione
incontrollata, alla cittadinanza per tutti, e così via; solo, a un certo
punto, le persone vanno all’altare, e stando ritte un piedi, protendono
le mani e pigliano un pezzetto di pane, se lo mettono in bocca e
tornano ai loro posti, guardando sovente l’orologio per controllare che
il tutto non abbia a durare cinque minuti più del convenuto, il che
coincide con la massima capacità di sopportazione dell’assemblea. In
compenso si canta molto, si suona, meglio se con la chitarra, qualche
volta perfino si balla, oppure s’invita un corpo di danza esotico; il
tutto in un’atmosfera molto rilassata, molto scherzosa, non senza frizzi
e lazzi del sacerdote e applausi a scena aperta del “pubblico”.
A noi non la possono raccontare
di Francesco Lamendola
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