"Gesù non era un profugo", critiche all'omelia del Papa
Gesù come simbolo dell'accoglienza negata: l'interpretazione di Papa Francesco fa discutere. Ecco chi contesta le parole di Bergoglio
Gesù come simbolo dell'accoglienza negata: l'interpretazione di Papa Francesco fa discutere. Ecco chi contesta le parole di Bergoglio
Papa Francesco, durante l'omelia della Messa di Natale, ha ribadito come la storia di Gesù sia esemplificativa ai fini della solidarietà sociale e dell'accoglienza ai migranti:"Maria e Giuseppe, per i quali non c'era posto, sono i primi ad abbracciare Colui che viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza.
Colui che nella sua povertà e piccolezza denuncia e manifesta che il vero potere e l'autentica libertà sono quelli che onorano e soccorrono la fragilità del più debole", ha detto il Papa. Ma le affermazioni del pontefice non sono state condivise da tutti: "Non ci si può credere! E' veramente ossessionato! Anche nell'omelia di questo Natale il comiziante peronista obamiano invece di parlare di Gesù Cristo, parla dei migranti. Solo e sempre politica!
Gli hanno ordinato di martellare su questo punto e lui da cinque anni bombarda quotidianamente", a parlare è Antonio Socci, che sul suo profilo Facebook ha aspramente criticato le parole del Papa. Il punto più contestato, però, è quello relativo all'affermazione secondo cui per Maria e Giuseppe "non c'era posto": "Oltretutto colpisce l'ignoranza. Qualcuno gli spieghi che Giuseppe stava portando la sua famiglia non in un pase straniero per motivi economici, ma nel suo stesso paese per il censimento, perché lui era originario di Betlemme. Quindi era a casa sua. E il versetto "non c'era posto per loro" si riferisce al fatto che nel caravanserraglio dove erano tutti non c'era un luogo appartato per partorire", ha chiosato il giornalista e conduttore televisivo. Il sottointesto è chiaro: Gesù - per i tradizionalisti - non è considerabile come un "profugo". L'intepretazione di Bergoglio - insomma - non sarebbe "valida" e Maria e Giuseppe, tornati in patria per via del censimento di Augusto, non sarebbero accomunabili ai migranti dei nostri tempi.
Il filosofo Diego Fusaro - invece - ha scritto che Papa Francesco si sta "mettendo al servizio" della "mondializzazione" e dello "sradicamento capitalistico". Per l'allievo di Costanzo Preve, il discorso del Papa: "sembra ispirarsi a Soros più che a Cristo". L'omelia di Bergoglio, per chi critica, è stata sostanzialmente uno "spot" per lo Ius soli e poco più. Già nel dicembre del 2013 - del resto - Papa Francesco aveva paragonato le storie drammatiche dei clandestini a quella di Gesù Cristo e della Santa Famiglia: "Sulla via dolorosa dell’esilio, in cerca di rifugio in Egitto, Giuseppe, Maria e Gesù sperimentano la condizione drammatica dei profughi, segnata da paura, incertezza, disagi" aveva detto il pontefice argentino. Per alcuni - però - il Papa sbaglia: una piccola polemica da social network o la nascita di una "teologia dell'immigrazionismo" ? Il tema dei migranti è stato protagonista anche durante questo Natale.
Le chiese trasformate in ristoranti
Nella pancia di un affamato è meglio che ci stia un piatto di lasagne che l’omelia di un prete. Le lasagne almeno riscaldano. Ma perché dare da mangiare agli affamati imbandendo tavolate di primi al ragù dentro le chiese storiche, come ha fatto a Roma, Napoli e in altre città, anche quest’anno, la Comunità di Sant’Egidio? Il donare a chi ha bisogno è ovviamente meritorio, ma a chi giova trasformare una navata di intarsi, pale d’altare, mosaici, volte e pulpiti, in un ristorante seppur caritatevole? Sappiamo tutti che chiesa viene da ecclesia, cioè comunità, condivisione; sappiamo che Gesù riuniva gli apostoli attorno alla tavola, e che offrire ai bisognosi è quanto ha richiesto Dio per stargli più vicino. Ma cosa aggiunge farlo in una chiesa, tra affreschi, pitture e sculture, anziché in un capannone o in un padiglione climatizzato di una fiera? Le chiese monumentali sono chiese monumentali, da vedere, osservare, musealizzare, attorno a cui riunirsi e pregare: non sono luoghi dove si intavolano pranzi per mangiare. Per questo ci sono altri spazi, così come non celebri un matrimonio in un cimitero e non insegni geografia nella sala operatoria di un ospedale. La carità – doverosissima per un cristiano – richiede altre destinazioni. Ma queste iniziative di Sant’Egidio sono spie silenziose (e in fondo innocue, non nocive) di un male ben più profondo nel Cristianesimo europeo: le cattedrali e le chiese monumentali esistono e il Cristianesimo non sa più cosa farci, se non farle essere solo occasione di transito turistico o, appunto, di saltuaria carità. Se vuol esserlo, sia dunque più di rottura, più rivoluzionante, il pontificato di Papa Francesco: le chiese ospitino tutti i giorni, pranzo e cena, le mense dei bisognosi. Non solo a Natale o per qualche ricorrenza, ma tutti i giorni, dalla Cappella Sistina al duomo di Firenze. Solo così, con questa violenta e caritatevole trasformazione, vedremo un segno di nettezza francescana. Altrimenti continueremo così, nel non saper cosa farci nelle cattedrali e nelle chiese affrescate, se non a volte la doverosa mensa per i poveri o, nei casi più radical chic come a Milano, mostre d’arte immonde.
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