Iconoclastie prenatalizie
Rieccoci qua come ogni anno a parlare di presepi buttati all'aria o rifatti con gommoni, o con relitti di barconi. Di preghiere cristiane revisionate da papi in odore di apostasia, di Celentani imbecilli ospitati da giornali di grido con sciapi articoli formato-lenzuolo, per spiegarci che è giusto "ritoccare" la traduzione del Pater Noster (che fine teologo!) perché altrimenti si "cade in tentazione"; di poveri Gesù riletti in chiave islamica, di chiese che si fanno non solo sempre più deserte, ma quelle moderne sul piano architettonico vengono edificate brutte che più brutte non si può (fatte a capsula spaziale, altre fatte a ciminiera, a fisarmonica, altre ancora simili a igloo degli eschimesi ecc.).
Sì, poiché le chiese "belle" già monumenti storici d'arte, ormai vengono riempite da eventi mondani esclusivi e a numero chiuso: matrimoni e funerali di grandi star, con annesse passerelle di moda e assalto di paparazzi. Del resto, cominciano già a far pagare l'ingresso come avviene nel Duomo di Milano, sempre gremito da code di visitatori. Intendiamoci, queste operazioni di iconoclastia e di simonia in grande stile non si fanno solo durante le festività di Natale, ma esistono tutto l'anno.
Prova ne sia l' incursione del mese scorso di uno straniero del Ghana (il Messaggero non ha voluto specificare la nazionalità per accontentare la Boldrini) che è entrato nella chiesa di San Vitale a Roma devastando statue e oggetti d'arte. E' certo però, che si intensificano sotto questo periodo dove c'è più folla, dove le città vengono addobbate a festa e dove i simboli legati al Natale si fanno manifestatamente più visibili.
Sì, poiché le chiese "belle" già monumenti storici d'arte, ormai vengono riempite da eventi mondani esclusivi e a numero chiuso: matrimoni e funerali di grandi star, con annesse passerelle di moda e assalto di paparazzi. Del resto, cominciano già a far pagare l'ingresso come avviene nel Duomo di Milano, sempre gremito da code di visitatori. Intendiamoci, queste operazioni di iconoclastia e di simonia in grande stile non si fanno solo durante le festività di Natale, ma esistono tutto l'anno.
Prova ne sia l' incursione del mese scorso di uno straniero del Ghana (il Messaggero non ha voluto specificare la nazionalità per accontentare la Boldrini) che è entrato nella chiesa di San Vitale a Roma devastando statue e oggetti d'arte. E' certo però, che si intensificano sotto questo periodo dove c'è più folla, dove le città vengono addobbate a festa e dove i simboli legati al Natale si fanno manifestatamente più visibili.
Ma vediamo di entrare nel dettaglio.
A Palermo, ecco dunque il Presepe del Migrante con tanto di "barcone della speranza" (foto sopra). È dedicato all’accoglienza dei migranti e al ricordo di Aylan Kurdi, il piccolo profugo siriano di 3 anni trovato morto sulla spiaggia di Bodrum il 2 settembre 2015, e di tutti i "caduti nella fuga dalle guerre".
A Bologna c'è il gommone nel presepe voluto dal sindaco Stefano Sermenghi e contestato da Fratelli d'Italia in un presidio pacifico. Ma si sa, i sit-in "pacifici" sono, in questi casi, un bicchiere di acqua fresca.
A Roccasecca in provincia di Frosinone, hanno creduto opportuno allestire nientemeno che una mostra dedicata a Mao Tse-Tung (foto sopra), il sanguinario padre della rivoluzione cinese. Gigantografie di Mao sono state poggiate ad ogni lato del luogo di culto coprendo così gli affreschi del ‘400. Il prete non c'era, o se c'era, dormiva.
Continua dappertutto (e tutto l'anno) la polemica sui crocifissi da asportare dagli uffici pubblici (perfino da quelli della Croce Rossa), ma curiosamente vengono ammainati giù, quando ci sono sindaci e giunte rosse al potere, per poi venire ripristinati quando le amministrazioni locali vengono sostituite da giunte di destra. E' il caso di Genova, dove ora i crocifissi sono tornati al loro posto. Sappiamo che il Pd è tollerante solo con le sure coraniche, i veli i niqab e i burqa, e la Boldrini si copre il capo nei paesi islamici ma poi entra in Vaticano e va in ciabatte dal papa. Buon per lei che questo "papa" pratichi il laissez-faire.
Non consola il fatto che all'estero nelle cattedrali europee, le cose vanno anche peggio. Nella cattedrale di Vannes in Bretagna, qualche estate fa, dovetti uscire quasi subito, dato che ospitava un concerto rock, un rockaccio duro e fracassone che assordava le orecchie e per poco faceva crollare la navata.
Ad Hildesheim, in Germania, il pranzo è stato organizzato direttamente in cattedrale. Il protagonista del pasto era “sua maestà” il maiale che è stato letteralmente cotto tra le volte del tempio. L’immagine destò parecchie polemiche, e ci mancherebbe, e il vescovo mons. Robert Telle pensò bene di rimuoverla dal sito della diocesi dove era stata pubblicata. Speriamo almeno che nel frattempo invece il maialino sia stato mangiato, perché come si sa, del maiale non si butta niente. Delle chiese invece, sembra proprio che si possa buttare tutto. (fonte: La Nuova Bussola).
Uccidete il Vitello d'oro e arrostitelo! Anche se poi si tratta di un porco. Ma stavolta non ci sarà nessun Mosè infuriato a lanciargli addosso le tavole della Legge per farle rispettare.
Pubblicato da Nessie
Il presepio, segno per eccellenza del Natale
Che ci si pensi o non ci si pensi, che lo si attenda o no, il 25 dicembre arriva per tutti. Per i credenti arriva anche un tempo di 4 settimane - l’ultima non sempre è completa - di preparazione al Natale, denominato Avvento (per gli ambrosiani è più lungo e comporta ben 6 domeniche).
Oltre a ciò che accade per così dire “in automatico” e in forza del calendario, c’è poi una preparazione personale o di gruppo che invece è di libera scelta e che comporta diverse iniziative, tra quali l’approntare alcuni segni del Natale. Vediamone qualcuno.
Oltre a ciò che accade per così dire “in automatico” e in forza del calendario, c’è poi una preparazione personale o di gruppo che invece è di libera scelta e che comporta diverse iniziative, tra quali l’approntare alcuni segni del Natale. Vediamone qualcuno.
L’Etimasia è l’icona del trono vuoto del Pantocrator, cioè di Gesù Cristo Signore e Giudice del mondo e della storia. Evoca senz’altro l’Incarnazione perché Gesù Cristo è vero uomo, ma evoca anche il fatto che il Signore, nato nell’umiltà a Natale, tornerà glorioso alla fine dei tempi. Per cui adesso - icone del “Vero Volto” permettendo - siamo privi dell’immagine fisica di Gesù Cristo e siamo in un tempo di attesa. L’Etimasia, come icona da esporre e da onorare, congiunge strettamente la prima e la seconda venuta di Cristo, è un simbolo del Natale molto liturgico, ma anche molto dotto e per iniziati. Comunque per chi può o per chi vuole...
L’Albero di Natale è un segno più complesso, in quanto i riferimenti cristiani e in particolare scritturistici non sono evidenti; poi evoca arcaiche radici pagane, anche se oggi meno avvertite; infine spesso e senza problemi è adottato dalla cultura consumistica del Natale proprio perché direttamente non parla di Gesù Cristo (il che dovrebbe invece porre qualche domanda ai credenti). In Italia fu la Regina Margherita, moglie di Umberto I, che a Torino e poi a Roma nel 1884 decorò e illuminò per la prima volta un albero, imitato e diffuso come “Pino Margherita” e successivamente divenuto l’Albero di Natale. Di per sé i fondamenti biblici ci sarebbero, ad esempio l’albero della vita o il tronco di Iesse (Gen 2,9; Is 11,1), però per il cristiano medio il collegamento con questi riferimenti è per lo più estraneo.
La Corona dell’Avvento è un segno di origine nordica, che in una corona di verde comporta quattro ceri da accendersi con il susseguirsi delle domeniche. È realizzabile in casa, ma anche in chiesa ed è aperta alla semplice ma profonda spiegazione che stiamo camminando verso la luce che è Cristo.
Ma è il Presepio che nella cultura latina resta il segno più diffuso e popolare del Natale.
Com’è noto, il racconto di Lc 2,7 recita che Maria «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio». Da qui in avanti il racconto si arricchì di particolari e la devozione dei fedeli crebbe.
Com’è noto, il racconto di Lc 2,7 recita che Maria «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio». Da qui in avanti il racconto si arricchì di particolari e la devozione dei fedeli crebbe.
Il primo particolare aggiunto si deve agli scritti di san Giustino († 165), che per la prima volta parla di una “grotta”, in ciò concorde con gli apocrifi: «A Betlemme nacque il bambino. Poiché Giuseppe non sapeva dove alloggiare in quel villaggio, riparò in una grotta nelle vicinanze. E mentre erano là, Maria diede alla luce il Cristo e lo depose in una mangiatoia» (Dialogo con Trifone 78,5).
Origene († 254), in polemica contro Celso che metteva in discussione le profezie su Betlemme, ci informa che la grotta era ormai nota ed era chiaramente indicata: «si sappia che conformemente al racconto evangelico della sua nascita, a Betlemme si mostra la grotta dove egli è nato e nella grotta la mangiatoia dove egli fu avvolto in fasce» (Contro Celso 1,51).
Va da sé che il luogo fu nobilitato con la costruzione di una soprastante basilica al tempo degli interventi costantiniani (sant’Elena, madre di Costantino). La basilica, come prevedibile, fu arredata in modo ricco, arricchimento, del quale san Girolamo († 420) si lamentava aspramente: Cristo «non nasce tra l’oro e le ricchezze, ma nello sterco, cioè in una stalla (laddove c’è una stalla, c’è sempre dello sterco), dove erano i nostri peccati più sporchi (...). Oh se mi fosse ancora possibile vedere quel presepe nel quale giacque il Signore!». Poi però si corresse un poco e dallo sterco passò al fango: «noi oggi, quasi volendo onorare Cristo, abbiamo tolto il fango e abbiamo messo dell’argento: ma per me è più prezioso quello che è stato tolto (...). Chi è nato in questo presepio, condanna l’oro e l’argento». Poi si corresse ulteriormente e arrivò a una formula accettabile: «Io non condanno quanti così hanno agito per onorare il Signore, né condanno quanti hanno posto nel tempio vasi d’oro, ma ammiro il Signore, che, essendo il creatore del mondo, è nato nel fango e non nell’oro e nell’argento» (Omelia del Natale del Signore 4 in PLS 2,189).
La grotta divenne presto meta di pellegrinaggi per vedere i luoghi del Signore e in qualche modo il Signore stesso. Di nuovo lo testimonia san Girolamo parlando di Paola, una matrona da lui conosciuta a Roma e che lo aveva raggiunto in Palestina. Questa, giunta a Betlemme, «entrò nella grotta del Salvatore, dopo aver visitato il sacro rifugio della Vergine e la stalla dove il bue riconobbe il suo padrone e l’asino la greppia del suo Signore (Is 1,3). Voleva attuare anche lei quanto sta scritto nello stesso profeta: Beato chi semina vicino alle acque dove sono passati il bue e l’asino (Is 32,20). L’ho udita con le mie orecchie: Paola giurava di vedere, con gli occhi della fede, il Bambino avvolto nelle fasce mentre vagiva nella greppia, i Magi che lo adoravano come Dio, la stella che risplendeva al di sopra, la Vergine madre, il suo sollecito custode, i pastori che vi accorrevano di notte per constatare con i propri occhi la comparsa del Verbo (...). Con gioia mista a lacrime, diceva. “Ave, Betlemme, casa del pane, dove è nato quel Pane che discende dal cielo!”» (Lettera 108,10). In ciò che Paola vedeva con gli occhi della fede, non sembra già di vedere quello che sarà il presepio?
Oltre ai personaggi nominati dal Vangelo, come già abbozzato in san Girolamo, anche il bue e l’asino trovarono il fondamento biblico definitivo riferendo a Gesù Cristo due citazioni dell’Antico Testamento in cui Dio ha a che fare con due animali: «Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende» (Is 1,3); «In mezzo a due animali tu ti manifesterai; quando gli anni saranno vicini, tu sarai conosciuto; quando sarà venuto il tempo, tu apparirai» (Ab 3,2 secondo la LXX).
L’identificazione già presente in san Gerolamo tra Betlemme e “casa del pane”indusse a legare il presepio all’Eucaristia, a volte con allegorie medievali molto spinte, che invece san Gregorio Magno († 604) aveva condensato in una discreta sintesi omiletica dicendo che il Salvatore «venne adagiato nella mangiatoia per pascere tutti i fedeli - questi santi animali - con il frumento della sua carne e saziarli con il pasto della scienza divina» (Omelia 8,1).
È il momento di tirare le file del discorso con qualche riflessione.
La prima riflessione è che si potrebbero addurre tante altre testimonianze, ma quelle riportate bastano per ricordare che allestendo il presepio non stiamo lavorando di fantasia come sulle origini storiche di Babbo Natale. Siamo all’interno di un fatto cristiano salvifico ben documentato e non di fronte a «favole artificiosamente inventate» (2Pt 1,16).
La seconda riflessione è che l’attenzione alla grotta, il pellegrinaggio ivi, il desiderio di “vedere” i personaggi ecc. sono documentati già nella antichità cristiana e non sono la solita pratica devozionale da mettere in discussione “dopo il Concilio”. Anzi questi atteggiamenti sono una testimonianza di fede e - ritorneremo sull’argomento - sono proprio quelli che si vogliono oscurare quando “qualcuno” decide che oggi “il presepio non s’ha da fare”.
La terza riflessione è che un presepio non nasce in fretta e la sua preparazione è tecnicamente laboriosa. Ma, al di là della tecnica, la preparazione coinvolge molte energie emotive che vanno ben orientate. Come dai testi precedentemente citati e in particolare dalla considerazione di san Gregorio Magno, il tempo speso a preparare il presepio deve essere un rinnovato cammino verso le due mense della Parola e della Eucaristia, altrimenti resta un tecnicismo o un sentimentalismo. E assicurare questo orientamento è urgente oggi in un mondo che magari fa ancora il presepio ma che tende sempre più a scristianizzarsi.
In ogni caso la tradizione cristiana ci offre un modello, del quale parleremo in un intervento a venire.
Riccardo Barile
(1. continua)
DER SPIEGEL PUBBLICA UNA VIGNETTA BLASFEMA SUL NATALE. CHISSÀ PERCHÉ NON NE FANNO MAI UNA SU MAOMETTO…
MARCO TOSATTI
Gli spiritosi colleghi tedeschi di Der Spiegel hanno fatto una copertina che sicuramente li ha fatti sbellicare dalle risate. O perlomeno li avrà convinti del superiore senso dell’umorismo.
Giuseppe dice: “Io non l’ho ordinato”, a Maria. E la Madonna replica: “Possiamo cambiarlo?”.
Attendiamo con ansia su Der Spiegel una simpatica vignetta di Maometto quando decapita gli ebrei di Medina, o quando sposa Aisha, che aveva nove o dieci anni. Chissà che risate! Certamente i seguaci del Profeta la prenderanno in ridere anche loro, e apprezzeranno il delicato humour teutonico.
Non pervenuti i fondamentalisti cattolici di cui parla il Papa. Ricordate, nel viaggio di ritorno dal Bangladesh: “Come in tutte le etnie e tutte le religioni, c’è sempre anche un gruppo fondamentalista. Anche noi cattolici ne abbiamo”. Che Dio ci aiuti.
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