La disperazione si vince con la preghiera. Il disegno è quello di spingerci alla disperazione: "uomini e donne di buona volontà"; farci sprofondare nell’amarezza e nello sconforto, spegnendoci la speranza nel futuro dell'Italia
di Francesco Lamendola
Vorrebbero spingerci alla disperazione. Il disegno è questo: non si tratta di un esito secondario, di un effetto collaterale; no: il disegno è precisamente quello di spingere alla disperazione gli uomini e le donne di buona volontà; di sprofondare nell’amarezza e nello sconforto padri, madri, mariti e mogli, educatori e lavoratori, e soprattutto i giovani, perfino i bambini; di spegnere la speranza nel futuro, nell’avvenire dell’Italia e della nostra civiltà, nel domani della Chiesa cattolica, nella fede che ha sorretto i nostri padri, generazione dopo generazione, per secoli e secoli. I migliori sono anche i più sensibili: se li si spinge fino alla disperazione, finiranno per auto-eliminarsi: o si ammaleranno e cadranno in depressione, oppure sceglieranno il suicidio. È la sindrome di Dominique Venner, storico francese e grande medievalista, autore di decine di libri, un intellettuale di prima grandezza ma ignorato dai grandimedia per il suo essere dichiaratamene di destra nonché attivista antigay, che si è ucciso a 78 anni, nella cattedrale di Notre-Dame, a Parigi, presso l’altare, il 21 maggio 2013, lasciando quest’ultimo messaggio: Serviranno certamente gesti nuovi, spettacolari e simbolici, per scuotere i sonnolenti, le coscienze anestetizzate e risvegliare la memoria delle nostre origini.
Sarebbe una operazione alquanto malinconica quella di ricordare tutti gli amici che sono caduti o che stanno cadendo in una forma di depressione, non per altra ragione che per quella di essere più sensibili, più ricettivi e più desti della maggioranza delle persone, e, pertanto, di essere perfettamente in grado di vedere, a differenza degli altri, ciò che si sta preparando ai danni della nostra società: una invasione africana ed islamica senza precedenti, che cambierà per sempre non solo l’assetto etnico, ma le basi stesse della nostra cultura e della nostra civiltà; ed una offensiva senza precedenti dei movimenti finalizzati a distruggere le basi morali sulle quali è stato costruito il nostro mondo, in particolare con l’introduzione della ”educazione sessuale” secondo l’ideologia gender nella scuole, il cui vero obiettivo non è, come credono le anime belle, il raggiungimento della pari dignità delle persone omosessuali con tutte le altre, ma la distruzione della vera famiglia, formata da un uomo, una donna e dei bambini, distruzione da attuarsi mediante l’equiparazione giuridica e sociale delle unioni civili fra persone dello stesso sesso, le cosiddette famiglie arcobaleno, con l’aggiunta di bambini racimolati o con le adozioni, o con la fecondazione eterologa (nel caso delle coppie lesbiche) o, peggio di tutto, con la pratica dell’utero in affitto (da parte delle copie di gay maschi), alla famiglia naturale. Che, poi, i due obiettivi – africanizzare e islamizzare la nostra società, e omosessualizzarla - siano decisamente incompatibili, e che, quando la nostra società sarà definitivamente africanizzata e islamizzata, non ci sarà letteralmente più posto, non solo per la pratica omosessuale, anche se vissuta in maniera privata e “discreta”, e non certo nella forma di un “matrimonio” riconosciuto per legge, ma nemmeno per la cultura femminista, né, in genere, per tutte le minoranze sessuali, di qualunque tipo e in qualsiasi forma, questo è un altro paio di maniche. Si tratta di un errore di calcolo da parte di coloro i quali stanno portando avanti questa duplice manovra, s’intende a livello di manovalanza, ovvero di utili idioti (e non importa se questi idioti sono rinomati intellettuali, scrittori, poeti, artisti, registi cinematografici e riveriti filosofi, sociologi, psicologi e compagnia bella); ma non è affatto un errore, è anzi un calcolo sapiente e perfettamente lucido, da parte di quanti stanno ai vertici della piramide occulta che manovra le masse come greggi di pecore o come tanti burattini, attraverso il controllo che esercita attraverso i mass-media, per spingerle là dove essa vuole che vadano, e tanto peggio per chi sarà vittima di tale movimento. È certo che né la signora Boldrini, né il signor Vendola, vedranno quel che accadrà alle femministe e agli invertiti fra un paio di generazioni: non avranno in sorte di assistere alle conseguenze, per le categorie che rappresentano e per le quali rivendicano sempre nuovi diritti e libertà, che saranno causate dall’africanizzazione e dall’islamizzazione dell’Italia e dell’Europa.
Per intanto, non sono poche, pur se restano una minoranza, le persone che vedono tutto questo, se ne crucciano, se ne angustiano, se ne deprimono; molti nostri cari amici sono caduti in uno stato di abbattimento cronico, di pessimismo sconsolato: vedono un mondo, il loro mondo, al quale hanno dato il contributo generoso di una intera vita di lavoro, di affetti e di valori, crollare per mano di quelli stessi che ne fanno parte e che ne godono i vantaggi; e hanno l’impressione che tutto questo finirà in una sorta di enorme suicidio collettivo, in una totale auto-distruzione di ciò per cui hanno lottato, faticato, sofferto. Temono, inoltre, per il futuro dei loro figli, dei loro nipoti: non riescono a immaginare come faranno a sopravvivere, ridotti a minoranza forse tollerata, forse perseguitata in casa propria: sono pieni di ansia e di preoccupazione per i giovani che l’incoscienza criminale, o peggio, della nostra generazione, sta spingendo verso un domani pieno d’incertezze, di pericoli, di confusione, oltre che di perdita di qualunque senso d’identità e di appartenenza. Un mondo dove non vi sarà più niente di certo, neppure la propria identità sessuale, tranne la prospettiva di una crescente proletarizzazione, di un immiserimento collettivo, di una cronica disoccupazione, proprio per la continua e dissennata importazione di manodopera non specializzata a basso costo, che prenderà il posto della nostra e che toglierà il lavoro ed il pane a milioni di famiglie, colpevoli di essere italiane, normali e, magari (horribile dictu!), cattoliche.
Già: la religione. Si sarebbe potuto credere che, in tutto questo marasma, in questo generale smottamento dei valori, dei puti di riferimento, di ogni residuo senso di verità, di giustizia, di rettitudine, almeno la Chiesa cattolica, con i suoi quasi duemila anni di storia, avrebbe conservato la testa sulle spalle e i nervi saldi; che almeno lei, dall’alto della sua saggezza e della sua esperienza due volte millenaria, avrebbe offerto un punto di riferimento agli sbandati, agli scoraggiati, e una rinnovata sorgente di verità e di speranza per la società nel suo complesso, oltre, naturalmente, che per le persone credenti. E invece sta accadendo esattamente il contrario: la Chiesa cattolica, o meglio, la vergognosa e infame neochiesa progressista e modernista che ad essa si sta sostituendo, si è fatta la principale interprete e la più volonterosa propagandista del nuovo verbo relativista, migrazionista, omosessualista; del nuovo verbo di questo mondo al crepuscolo, bramoso di autodistruggersi, di sporcare e cancellare tutto ciò che di vero, di buono e di bello è stato costruito da innumerevoli generazioni di uomini, gli artefici della nostra civiltà: la civiltà cristiana ed europea. In fondo, quello del clero cattolico non era un compito impossibile: si trattava semplicemente di tenersi saldamente ancorati alla Verità della Rivelazione di Cristo: perché ciò che la Chiesa insegna, da duemila anni, non è una sapienza di origine umana, e perciò soggetta agli alti e bassi di tutte le cose umane, ma una sapienza soprannaturale, di origine divina, strumento della grazia del nostro Signore Gesù Cristo. Bastava, dunque, tenersi stretti al Vangelo di Gesù, come il bambino si stringe alla veste di sua madre, quando si avvicina un pericolo gravissimo, al quale lui, da solo, non potrebbe nemmeno sognarsi di resistere: e invece che cosa ha fatto il neoclero massone e infedele? Ha tradito il Vangelo di Gesù Cristo, lo ha manipolato e stravolto secondo la mentalità del mondo, gli ha tolto la dimensione soprannaturale, lo ha portato al livello di un messaggio puramente umano, una “buona novella” con la minuscola, come ce ne sono state tante, troppe, nel corso della storia umana: gonfiandosi la bocca con i poveri, con gli ultimi, con gli emarginati, e riducendo la Buona Novella di Gesù Cristo a un grido di liberazione politico-sociale, cioè togliendogli la cosa essenziale: la capacità, che Dio solo possiede, e nessun altro, di redimere il mondo dal male, dal peccato, e di additare agli uomini una via d’uscita dall’inferno del loro egoismo e della loro concupiscenza.
Un nostro carissimo amico, più avanti di noi con gli anni, ci ha confessato che sperava di trovare, nella Chiesa in cui è sempre vissuto, quel conforto e quella serena prospettiva di vita con i quali desiderava essere accompagnato nella parte finale della sua esistenza terrena; ma di aver subito l’atroce delusione di trovare un roveto spinoso, infestato da serpenti velenosi, là dove si era immaginato di trovare, o meglio di ritrovare, un verde prato fiorito, vivificato da fresche acque correnti e allietato dal canto di numerosi uccelli. Ci ha confessato di essere molto vicino alla disperazione. E molte altre persone di nostra conoscenza, sia laici, sia anche sacerdoti, si trovano, chi più, chi meno, in uno stato d’animo analogo: si sentono ingannate, tradite, abbandonate, proprio da quei pastori sui quali avevano fatto affidamento, e non sanno più da che parte volgesi per trovare un filo di speranza. Prendiamo il caso di un sacerdote di settant’anni circa: ha servito fedelmente la sua Chiesa per tutta la vita; l’ha vista cambiare, giorno per giorno, dapprima quasi insensibilmente, poi a ritmo sempre più vorticoso, e sempre in peggio, sempre in una maniera tale da creargli confusione, angoscia, scandalo: e adesso, quando pensava di potersi concedere il riposo della vecchiaia, si sente abbandonato a se stesso, privato di tutti i suoi punti di riferimento, derubato perfino di quella spiritualità che, da giovane, aveva imparato ad amare e a considerare come il substrato indispensabile della fede. Quella spiritualità che, a partire dal Concilio Vaticano II e dalla ”svolta antropologica”, è stata completamente accantonata, per veder moltiplicarsi al suo posto discorsi laici, mondani, tutti impregnati di parole e di concetti profani: i diritti, le minoranze, la dignità, l’autonomia, il far da sé, il fare come se Dio non ci fosse, da cristiani adulti, da cristiani maturi, da cristiani moderni. E, intanto, avanti con l’unità dei cristiani, anche a costo di accogliere tutti gli errori e le eresie del luteranesimo; avanti con il dialogo inter-religioso, fino al punto di negare l’unicità della Via di Gesù Cristo alla salvezza, e di invitare i non cristiani a partecipare alla santa Messa, come se fosse una cerimonia puramente umana; avanti con l’esaltazione di personaggi orribili, fautori del divorzio, dell’aborto, dell’eutanasia, delle nozze gay, e, nel contempo, avanti con la persecuzione dei cristiani migliori, avanti con la repressione delle più ardenti e sincere vocazioni, come quelle di centinaia di suore e di frati francescani dell’Immacolata. Davanti a queste cose, e a molte altre che ogni giorno, ormai, vengono ad avvelenare ed intristire l’orizzonte - preti che si dichiarano increduli nel bel mezzo della santa Messa, altri che sopprimono la celebrazione del Natale per non offendere i migranti, altri ancora che mescolano il canto del muezzin al Presepio vivente, con l’approvazione e l’elogio del vescovo locale - il nostro bravo sacerdote settantenne si sente spinto, lui pure – è un uomo, dopotutto, come gli altri – fino al limite del nero abisso della disperazione.
La disperazione si vince con la preghiera
di Francesco Lamendola
continua su:
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.