Nei prossimi giorni, intorno al 22 febbraio, se le informazioni che abbiamo sono giuste, un collega pubblicista, Danilo Quinto, verrà giudicato in tribunale con l’accusa di diffamazione. Danilo Quinto è stato nel Partito Radicale dal 1986, ne è stato il tesoriere, lavorando fianco a fianco con Marco Pannella. Poi ha avuto il torto enorme di incontrare una donna, di farsene convertire al cattolicesimo, e di sposarla.
Ha raccontato la sua storia in un libro, “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio”, per i tipi di Fede e Cultura. In questo libro, secondo quanto racconta in un suo articolo Gianluca Venanzi su “L’Intraprendente” “che il gruppo dirigente radicale di cui aveva fatto parte era «acefalo», e che un membro di quel gruppo dirigente veniva definito «servo sciocco». Entrambe le espressioni erano peraltro scritte in corsivo, quasi a indicare la loro valenza metaforica. Ma ciò che più colpisce è che non si tratta certo di insulti ingiuriosi, al più di pareri che attengono la libertà di opinione del singolo e non possono essere sottoposti a censura né tanto meno a condanna”.
Ed è questo, oltre all’interesse umano per un percorso così tormentato e complesso, e sicuramente, visti i prezzi materiali che Quinto subisce, profondo e sincero, che dovrebbe destare l’interesse del pubblico, e soprattutto di chi fa informazione. Nel 2018 in Italia è possibile dover subire un processo per aver scritto frasi del genere, e forse anche essere condannati, quando ogni giorno sui giornali, sui social e in televisione siamo testimoni di accuse a attacchi di ben altra gravità? Purtroppo temiamo di essere buoni profeti se diciamo che i mass media mainstream, quelli che si stracciano le vesti su ogni ombra di –ismo possibile, specialmente se di realtà assai flebile, non se ne occuperanno; e certamente non in maniera critica, dal momento che la controparte è l’area Radicale, che come sappiamo ha permeato giornali, classe politica e ha allungato le sue propaggini anche sotto il Cupolone. Così come tacerà certamente – speriamo di sbagliarci – l’Ordine dei Giornalisti, che ben dovrebbe riconoscere in accuse del genere un serio attentato alla libertà di espressione e opinione.
Speriamo – e anche qui siamo purtroppo sicuri di sbagliarci – che i cattolici non tacciano. Perché è vero che Danilo Quinto è un uomo scomodo, pieno di spigoli, e che non risparmia le sue critiche alla Chiesa attuale, e anche al Pontefice; tanto che l’agenzia di stampa dei vescovi, quelli a cui affidiamo il nostro 8 per mille ha troncato la sua collaborazione, di cui aveva bisogno per vivere, a causa delle sue posizioni e dei suoi giudizi. L’usuale misericordia della Chiesa dei nostri giorni, e di quella italiana in particolare. D’altronde in una Chiesa in cui il Pontefice considera una “grande italiana” la maggiore abortista del Paese, e un alto prelato elogia altamente lo spirito di Marco Pannella, per non parlare della contiguità del vertice CEI con il partito al governo, è chiaro che Danilo Quinto, così integrale, sì sì –no no, così poco dialogante, crea imbarazzo. Però la sua testimonianza è importante e sincera e va difesa. Perché, torniamo a ripeterlo, è in gioco la libertà di espressione e di opinione.
Per sapere qualche cosa di più su questo personaggio, e le sue vicende, vi consigliamo di leggere
MARCO TOSATTI
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