Ieri 1 marzo è stato presentato a Roma in pompa magna, nella curia generalizia della Compagnia di Gesù, il libro "A Pope Francis Lexicon", edito negli Stati Uniti da Liturgical Press e curato da Joshua McElwee e Cindy Wooden, ultimo di una nutrita serie di studi sulle parole chiave di papa Francesco, sul suo linguaggio, sul suo stile comunicativo, effettivamente diversissimi da quelli dei predecessori.
Anche Settimo Cielo, pochi giorni fa, ha richiamato l'attenzione sull'oratoria di Jorge Mario Bergoglio, in particolare sul modo singolarissimo con cui all'inizio di questa Quaresima, parlando a braccio ai preti di Roma, ha ripercorso la propria vita:
In questi suoi cenni autobiografici, Francesco ha confessato di aver vissuto volta a volta sentimenti di onnipotenza e di desolazione, di smarrimento e di desiderio di compensazione, in un equilibrio psicologico mai risolto.
E anche il suo racconto è parso muoversi in disordine, al pari del suo pensiero. Quando parla a braccio Bergoglio non è mai lineare, sintetico, diretto, inequivocabile. Fa tutto l'opposto. Dice e non dice, ridice, disdice, si contraddice.
Un altro esempio recente, lampante, di questo suo esprimersi tortuoso è stata la conferenza stampa in aereo nel viaggio di ritorno dal Perù a Roma:
Ma l'esempio forse insuperato del suo eloquio sibillino – sì, no, non so, fate voi… – resta la risposta che diede nella chiesa luterana di Roma, il 15 novembre 2015, a una donna protestante che gli aveva chiesto se lei e il marito, cattolico, potevano fare assieme la comunione:
In che misura e in che senso questo modo di esprimersi di Bergoglio rivela la sua personalità?
Il post di Settimo Cielo sul papa che racconta se stesso ha stimolato una serie di commenti in proposito.
Anzitutto, è stato rimosso il dubbio che Bergoglio parli in modo disordinato solo in italiano ma non in spagnolo, la lingua che più gli è naturale.
Ci hanno scritto dall'Argentina:
"Anche in spagnolo Francesco è parecchio disordinato quando improvvisa, anche se forse un po' meno che in italiano".
E dalla Spagna:
"È disordinato e confuso anche quando parla in spagnolo. A volte non finisce le frasi. Utilizza molte espressioni tipiche dell’Argentina, fin troppo locali e informali".
Assodato questo, un lettore italiano è andato così al cuore della questione:
"L'improvvisare disordinato e sciatto di Bergoglio credo che sia voluto. Il suo saltare di palo in frasca rende difficile all'interlocutore la possibilità di un confronto. È questo il caso, ad esempio, delle interviste in aereo, da lui pensate e soppesate con indubbia abilità politica e manipolatoria. Un'abilità che però alla fine si rivela di corto respiro, almeno quando il giornalista lo incalza.
"Quanto al suo recente racconto autobiografico, già il fatto che qualifichi come età della 'onnipotenza' il periodo in cui era superiore fa pensare. Rivela un approccio affettivo al potere che risulta a dir poco problematico. I periodi che definisce 'oscuri' della sua vita sono in pratica quelli in cui non ha cariche di comando".
Dall'Argentina ci è arrivata quest'altra analisi:
"In primo luogo, il disordine metodologico-espositivo di Bergoglio comincia con un'idea o un concetto, passando però subito dopo a un altro, in forme a volte forzate. Non è un'esposizione 'scolastica' di tipo tomista. Come gesuita è stato formato a utilizzare immagini e rappresentazioni, più che concetti.
"In altre parole, la sua esposizione è simile al suo modo di pensare. Più che riflettere in modo deduttivo, ordinato, descrive situazioni o momenti che gli servono per esporre o imporre un’idea o un’immagine, e parla di esse. È per questo che il suo modo di esprimersi è 'disordinato' o 'disorganizzato'. Anche per questo spesso non arriva a un'idea conclusiva: è l'ascoltatore o il lettore che deve estrarla.
"Nel fondo, non è un pensatore strutturato, è un intellettuale con un'acuta capacità di penetrare psicologicamente l’altra persona: sa bene a chi parla e cosa deve dire a questa persona. E questo fa sì che alla fine stanchi, perché il suo modo di formulare qualcosa è di forte impatto, impressiona, ma non ha dietro di sé una sostanza che uno possa afferrare per 'colmare l’anima'.
"Personalmente, non sono riuscito a leggere 'Amoris laetitia' tutta di fila. Non posso collegare idee né concetti, non ha un filo conduttore nelle sue formulazioni. Non arriva all'altezza degli scritti di san Giovanni Paolo II, né tanto meno di Benedetto XVI.
"Nel fondo, il suo pensiero e modo di riflettere non crea una scuola, né fa dei discepoli. Le persone che lo circondano sono men che mediocri. Solo lui deve brillare, a differenza dei precedenti pontefici, che si circondavano di collaboratori eccellenti, salvo qualche eccezione".
Dalla Spagna c'è chi concorda con questa analisi del lettore argentino, eccetto che su un punto:
"Sono d’accordo, tranne che sulla capacità di Bergoglio di penetrare psicologicamente nelle persone. Se lo sapesse fare davvero, capirebbe che le persone aspettano qualcosa di più per continuare ad ascoltarlo: non un gran numero di parole accostate in modo stravagante, ma contenuti chiari e veri".
Ancora dall'Italia:
"In uno sguardo d'insieme direi così. C'è in Bergoglio l'elemento formativo-culturale tipicamente gesuita, orientato più all'immagine che al concetto, enfatizzato da una personalità che ricerca l'impatto più che una reale condivisione – in coerenza con il suo autoritarismo –, il tutto sorretto da una penetrazione psicologica molto acuta.
"Però il modo in cui egli ha raccontato la sua vita rivela un'ambivalenza di fondo. Ciò che è esercizio di un potere di suggestione e di impressione è, nello stesso tempo, espressione di una personalità non risolta, fragile, con sacche di rancore mal digerito. Le doti politiche e psicologiche gli permettono di gestire socialmente questa instabilità. Ma l'esito non è costruttivo. Penso che in papa Francesco non si possa mai definire in maniera chiara e netta – e nemmeno lui lo sappia – fin dove arrivi l'esercizio calcolato di un potere lucidamente destabilizzante, mirato a mettere in moto 'processi', e fin dove arrivi invece l'espressione di una personalità come la sua, instabile e assetata di compensazioni".
E da ultimo, di nuovo dall'Italia:
"Per tanti tratti Bergoglio mi ricorda Marcial Maciel, il carismatico fondatore dei Legionari di Cristo. Anche lui, il papa, va decifrato da una prospettiva psicologica prima che teologica. Sono convinto che parte del suo segreto sia in quella sua famiglia di origine di cui, a conti fatti, sappiamo pochissimo e di cui lui stesso parla di raro e in modo sfuggente. Mi colpisce, tra l’altro, la figura della sorella, Maria Elena [nella foto], con quell’aspetto da clochard, il modo di fare strambo.
"Sia Bergoglio che Maciel hanno, avevano in comune una personalità forte, carismatica, ma di quel carisma superficiale proprio delle personalità instabili. Entrambi sono, erano allergici all’approfondimento, al lavoro intellettuale. Entrambi sono, erano maestri nell’arte della dissimulazione e con un intuito speciale nel cogliere i punti vulnerabili degli interlocutori e nel piegarli a sé. Entrambi con un’energia psichica fuori dal comune. Entrambi implacabili e vendicativi verso i nemici, quando più deboli di loro".
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