I veri poveri chi sono? E chi sono i clochard? Come aiutare?
Ci risiamo: arriva il gelo e si torna a parlare dei Clochard (i senza tetto), e se disgraziatamente ne muore uno come purtroppo è ri-accaduto, vedi qui, ecco riaccendersi i riflettori con il rimbalzo delle responsabilità, con un rimpallarsi di accuse e sensi di colpa quasi a far sentire, inetto ed egoista, l’italiano medio che può “godere” dei conforti di una propria casa riscaldata.
Ora, senza nulla togliere al dramma di un essere umano che muore a causa del freddo, in un angolo di strada, dimenticato da tutti, è necessario fare delle distinzioni per comprendere perché ciò avviene e che, in molti casi come questo, non è affatto “colpa” degli italiani o della società di cui noi, i poveri e gli stessi clochard fanno parte. Immaginiamo bene le critiche che ci attireremo per questo articolo, tuttavia sollecitiamo a leggere fino in fondo, prima di accusarci di qualche cosa a noi estraneo.
Vedete, la preoccupazione generale di chi usa i clochard per fare politica e ideologia varia, parte dal fatto che a loro, di queste persone, non interessa un fico secco! Infatti il problema principale ruota attorno alla psicologia complessa del clochard che, DISPREZZANDO egli stesso LA SOCIETA’, decide di vivere in una certa maniera non confacente, questo è ovvio, alla stessa natura umana all’interno di un contesto, appunto, sociale.
Certo, noi qui ora dobbiamo generalizzare per semplificare, lasciando da parte i singoli casi che ci sono sempre, in tutte le categorie di persone che hanno dei problemi, lasciando a voi l’intelligenza di valutare quanto vogliamo dirvi. Non intendiamo infatti “colpevolizzare” i clochard, la cui questione è delicata e complessa, ma è necessario mettere i puntini sulle “i” proprio per spezzare il circolo vizioso che si è creato da parte di coloro che, usando i clochard, continuano loro a guadagnarci e ad ingannarci.
Cominciamo allora col descrivere: chi è il clochard generico medio?
NON è “il povero”! Non scandalizzatevi, egli è certamente “un povero” perchè – il clochard – ha spesso gravi problemi riconducibili a stati di famiglia gravi o aggravati da fatti dolorosi quali le dipendenze, o semplicemente perché hanno un concetto di “libertà” – clicca qui – che parte dal non volere un lavoro che scandisca le ore delle loro giornate e non vogliono seguire i ritmi della società.
Il vero “povero” invece, che senza dubbio sta anche in mezzo all’esercito dei clochard, è ben altra cosa, e spesse volte questo vivere per la strada non è affatto una sua libera scelta, come avviene per la maggior parte di clochard, che scelgono la strada come loro dimora. Il vero “povero” è spesso colui che ha perso un lavoro, non che lo ha lasciato per vivere diversamente, come avviene spesso tra i clochard; è colui che viene anche da situazioni familiari già disagiate e che non è riuscito mai a trovare un lavoro stabile e sicuro. Non ha una casa, mentre il clochard spesso ce l’aveva ma ha preferito lasciarla.
Ora, quando leggiamo in questi giorni notizie come: “POVERI-CRISTO!! che soffrono ogni giorno per la strada, ora maggiormente a causa del freddo, noi portiamo loro un caldo abbraccio, una bevanda calda, tanto affetto….“, salvaguardando i gesti belli che dobbiamo fare, è evidente che ci troviamo davanti alla strumentalizzazione del clochard, del quale ci si ricorda solo quando abbiamo quella settimana o quindici giorni di gelo, per poi ricadere nell’oblio degli altri undici mesi dell’anno.
E’ davvero questo il modo migliore per AIUTARE i clochard? Si aiutano davvero, così, persone con gravi e complessi problemi comportamentali verso se stessi e la società, o non piuttosto si cerca di silenziare la propria coscienza, assicurando loro di non invadere la loro libertà, la libera scelta non solo di vivere da clochard, ma soprattutto di rifiutare i ricoveri durante le giornate di gran gelo, o per curare certe patologie e dipendenze?
Potremmo dire che oggi, obbligare un clochard ad uscire dalla sua condizione patologica, equivarrebbe a fargli “accanimento terapeutico” e perciò… è ovvio, meglio una forma di eutanasia sociale, salvo poi intervenire in massa durante le giornate di gelo.
Il vero povero, infatti, diventato clochard suo malgrado, spesse volte SFRATTATO DA CASA, non solo UMILMENTE accetta gli aiuti durante tutto l’anno, ma se la società gli trovasse una casa e soprattutto UN LAVORO DIGNITOSO E FISSO, non rimarrebbe a fare il clochard, e sarebbe grato alla società che finalmente si è accorto di lui.
Che poi: sia il povero vero, quanto il clochard con problemi di adattamento, hanno ENTRAMBI diritto al rispetto della loro dignità umana, questo non solo lo includiamo, ma lo riteniamo il punto davvero fondamentale per il quale è però necessario CONOSCERE queste persone, valutare i problemi o le patologie, e ad agire nel modo più adatto a RISOLVERE i loro problemi, e non a ridurli ad eventi da titolo di giornale per le giornate più rigide dei nostri inverni!
Non dobbiamo dimenticare che una stima molto alta vede, tra i clochard, persone coinvolte alle dipendenze quali le droghe, l’alcool, malattie mentali…. e poiché NON vogliono farsi aiutare, questo concetto errato della “libertà”, finisce per alimentare e rafforzare questo esercito di senza tetto.
Conosciamo molti centri cattolici dediti proprio ad avvicinare queste persone per tirarle fuori da certe situazioni e ridare loro la speranza di una vita vera, come la Comunità Giovanni XXIII per la quale, Don Oreste Benzi fu l’inventore delle “Case Famiglia” per seguire i singoli casi. Questo qui è il modo in cui intendiamo il vero aiuto: tentare il reinserimento nella società.
Facciamo un momento di storia: quando all’interno della Città del Vaticano il Papa Pio XI inaugurò “Casa Santa Marta” proprio come Dispensario con tanto di mensa, dormitorio E CURE MEDICHE GRATUITE, a causa dell’alta percentuale di poveri causati dalla prima guerra, il Dispensario era sempre pieno e in piena attività. Sotto Giovanni Paolo II che usò “Santa Marta” per farne un albergo sia per i conclavi che come albergo per i cardinali e i vescovi in visita al Papa, diede però a Madre Teresa di Calcutta un’altra ala che continuasse e allargasse la propria opera verso i poveri… un centro ancora oggi in piena attività.
E dunque, il problema di oggi quale è? E’ il SISTEMA del “chi sono io per giudicare?” che ha legittimato una nuova cultura devastante, che se prima c’era sempre stata, ora ha ricevuto l’imprimatur speciale. La cultura che in nome dell'”accanimento terapeutico” NON si intervenga più per aiutare il clochard per uscire dalla sua patologia, CURARLO, ma lasciandolo nella sua malattia, portargli SOLO da mangiare, dargli due coperte durante i giorni più freddi e, naturalmente, farlo con gesti di affetto! E tutto questo non lo si fa forse con gli animali RANDAGI? Ed anzi, se incontriamo un cane randagio malmesso, o abbandonato, e abbiamo un poco di cuore, lo raccogliamo e lo portiamo dal veterinario… cercando per lui “una casa”.
Ma questo NON lo possiamo fare con i clochard, perché non è la loro vita che conta, per chi li sfrutta, ma la loro LIBERTA’, LA LORO LIBERA SCELTA DI VIVERE COSI’. A questo ha portato il “chi sono io per giudicare” interpretato come sano rispetto della libertà anche di farsi del male, libertà anche di morire per strada, affetto dalle proprie patologie, oppure da una notte di gelo. Una cosa è certa: non ne usciremo MAI affrontando il problema solamente per quelle settimane in cui il freddo la fa da padrone, ignorando il problema per tutto il resto dell’anno.
Stiamo oramai consolidando una gravissima situazione che parte da un certo VOLONTARIATO che, laddove è davvero encomiabile, per altri versi cela dietro grosse imprese di un certo tenore e spessore vertiginoso di danaro da capogiro… Siamo allo STATO ASSISTENZIALISTA il quale infatti, invece di RISOLVERE i problemi di queste persone, lasciandole come stanno nelle loro patologie, le usa ideologicamente legittimando l’assistenzialismo. Un esempio di questo “assistenzialismo” inutile per risolvere i problemi, ma molto redditizio per chi ne detiene le redini è la cosiddetta “comunità di sant’Egidio“.
Ne parliamo perché non è questo che insegna IL VANGELO! La novità portata dalle giovani comunità Cristiane che leggiamo negli Atti e in tutte le Lettere apostoliche e nella Tradizione di Santi Fondatori come il “Fatebenefratelli“, eliminava lo status di indigente facendo loro cambiare stile di vita.
Se la situazione è oggi così grave, è colpa del fatto che ci siamo arresi davanti alla predicazione del Vangelo per spingere, queste persone, ad abbracciare LO STILE DI VITA DEL CRISTIANO che non è il clochard… non è la “strada”, non è il vagabondaggio.
I poveri veri, dice Gesù, li avremo sempre con noi perché “è per loro il Vangelo”, sono questi i primi da TOGLIERE da certe situazioni e per condurli NELLA COMUNITA’ (si legga qui anche il caso del buon samaritano)… accogliere e dare loro l’opportunità di USCIRE FUORI dalla propria condizione. Questo è il compito di ogni comunità veramente Cristiana. Così come anche il vero povero ha delle responsabilità, non ha solo una dignità da rivendicare, ma ha anche L’ANIMA DA SALVARE. Affermava infatti santa Madre Teresa di Calcutta: se al povero non gli porti Cristo, lo rendi povero due volte. Il povero, il clochard non è esente dall’essere evangelizzato e dal convertirsi per CAMBIARE VITA, perché sarà proprio questo a determinare L’USCITA dalla sua condizione che non è semplice povertà ma E’ DIVENTATA MISERIA.
Ma se il clochard, il povero, non volessero farsi aiutare, che cosa ci possiamo fare noi? NULLA!Questo è chiaro ed evidente, ma sia detto chiaramente quale è il vero problema, che non si riduca il problema all’esclusivo “abbraccio affettuoso”, al sentimentalismo, o alla solita morte di un clochard per il freddo… Il vero cristiano, o una società che tale vorrebbe dirsi, non estingue il problema con il dare solo mangiare e coperte, o gli “abbracci del calore” di una notte sotto zero: “non di solo pane vive l’uomo….”. La vera SOLIDARIETA’ deve andare nella direzione dell’ottica del Vangelo, deve avere un progetto costruttivo e non una resa redditizia.
Si deve andare onestamente alla origine del problema per tentare di estirparlo ed è ovvio che ciò è complesso e richiede tempo, tempo che non si vuole usare per questo, preferendo organizzare “aiuti umanitari” una tantum, quando “il caso” lo richiede o ti esplode fra le mani con il morto “da copertina”. AFFRONTARE e denunciare l’uso abusato delle Chiese, vedere qui, in nome del clochard…
Dobbiamo aiutare e sostenere quelle Comunità cattoliche che, come la Giovanni XXIII (e ce ne sono anche altre) si occupa di “accompagnare” le persone con seri problemi, ad uscire dalle loro miserie, la Comunità lega la propria vita a quella dei poveri e degli oppressi e vive con loro, 24 ore su 24, facendo crescere il rapporto con Cristo…. impegnata per eliminare l’emarginazione e attivare la reintegrazione nella società.
Nell’assistenzialismo, invece, non viene assicurata la giustizia per il povero e del clochard, piuttosto si continuerà ad alimentare IL SENTIMENTALISMO, GLI INUTILI SENSI DI COLPA E LE INTERMINABILI RACCOLTE DI FONDI che, ovviamente, non basteranno mai e avremo sempre “il morto” a causa del freddo, continuando a farci del male, alimentando uno stile di vita che è sbagliato in partenza.
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