Dall’eresia modernista al Concilio. Pio X è un Giano bifronte, ma solo per i progressisti. Dire apertamente ciò che pensano di lui vorrebbe dire lasciar cadere la finzione della equanimità e quel che più conta, della ortodossia
di Francesco Lamendola
È abbastanza divertente vedere come i cattolici progressisti e simpatizzanti per l’eresia modernista, di fronte al giudizio storico da dare sulla figura e sull’opera di san Pio X, si mettono ad annaspare, a boccheggiare, a balbettare: non sanno letteralmente che pesci pigliare, presi nella loro intima contraddizione: dire apertamente ciò che pensano di lui vorrebbe dire lasciar cadere la finzione della equanimità e, quel che più conta, della ortodossia; “assolverlo” del tutto, però, ossia formulare un giudizio sostanzialmente positivo, vorrebbe dire sconfessare le loro più intime convinzioni, cioè far violenza a se stessi: cosa di cui sono assolutamente incapaci. L’eresia modernista, infatti, sotto il profilo psicologico, trae alimento da un problema di ego: chi ha un ego ipertrofico non sa farsi umile, non sa farsi piccolo come ha raccomandato Gesù Cristo; e, con la comoda scusa della serietà scientifica e del rigore metodologico, si adopera per modificare la divina Rivelazione quel che basta per non dover accettare l’umiliazione, come essi la vivrebbero, di riconoscere la grandezza infinita di Dio e l’incommensurabilità esistente fra l’Intelligenza divina e quella umana.È il rifiuto di piegare le ginocchia, di adorare e di servire umilmente il Creatore, da parte dell’uomo gonfio di sé, ebbro di orgoglio: per la sua ragione, per le sue capacità, per il suo senso critico, orgoglio che gli rende impossibile accettare una religione da bambini o da vecchiette. Figuriamoci se delle persone così potrebbero riconoscere di essere ingiuste e ingenerose nel giudicare severamente il pontificato di Pio X, nel riconoscere le ottime ragioni di papa Sarto allorché reagì con la massima decisione contro la montante eresia modernista. Fra le altre cose, ciò le metterebbe in condizione di guardare in maniera un po’ meno celebrativa il Vaticano II, che tanti spunti ha preso e sviluppato da quella eresia, sia pure mescolandoli, con somma abilità, alla retta dottrina cattolica; e quei signori sono tanto disposti a rivedere la loro glorificazione del Concilio, che poi è la loro stessa glorificazione, quanto un marxista duro e puro potrebbe essere disposto a fare autocritica rispetto al Capitale, o alla rivoluzione d’Ottobre, o allo stalinismo.
Un caso piuttosto tipico è il giudizio ambivalente, palese già nel titolo, che si ricava dal saggio di Roger Aubert su Pio X tra restaurazione e riforma (in: I cattolici e la questione sociale, vol. 1 della Storia del Cristianesimo, 1878-2005, a cura di Elio Guerriero, Edizioni San Paolo, 1990, e Periodici San Paolo, 2005, pp. 60-62; 63; 77-78):
Alcuni videro nell'esclusione dell'ex segretario di Stato Rampolla e nell'elezione del cardinale Sarto l'indicazione di un nuovo orientamento della Santa Sede in senso più specificamente religioso, e quest'opinione, del resto, fu confermata dalle prime dichiarazioni del nuovo papa e anche dai provvedimenti che egli prese per porre rimedio ai numerosi abusi che imperversavano fra il clero della diocesi di Roma. Molti però, soprattutto tra i progressisti, reagirono come il padre Semeria: "Un reazionario! Siamo fritti!". Il giorno stesso della sua elezione il comunicato telegrafico di un'agenzia di stampa lo commentava in questi termini: "Ala intransigente del partito cattolico esulta per elezione nuovo papa indicato come favorevole alle proprie idee. Si fa notare costante ostilità Sarto a Democrazia cristiana nella sua diocesi. Intimo amico Sacchetti, direttore giornale clericale "Unità cattolica", capo gruppo intransigente. A Roma si diceva oggi: Pio X sarà continuatore Pio IX". Infatti, come scriveva Blondel a un amico: "La stessa scelta del nome intende essere un'indicazione".
Effettivamente il nuovo papa riteneva che, data la condizione della Chiesa e i gravi problemi dottrinali lasciati insoluti o in situazione critica da Leone XIII, una certa reazione fosse indispensabile e, fin dall'inizio, il suo pontificato assunse posizioni di ripiegamento, di "difesa cattolica", orientamento che andrà via via rafforzandosi con il passare degli anni. Il suo motto: "Instaurare omnia in Christo" indicava un programma di "restaurazione": reagire alla scristianizzazione della società che avveniva in nome della "modernità", e riaffermare senza il minimo compromesso i diritti della Chiesa a intervenire nella vita dei popoli per ristabilirvi l'ordine sociale voluto da Dio. Questo atteggiamento suscitò durante la sua vita - e continua a suscitare fra gli storici - giudizi assai diverso: mentre alcuni esaltavano il santo pontefice quale intrepido difensore della retta dottrina e dei diritti della Chiesa di fronte ai suoi avversari, altri - pur senza arrivare all'irriverente giudizio di monsignor Duchesne "Il papa governa la barca di Pietro a colpi di 'gaffe'" - si sono chiesti se il pontefice non si distinguesse più per la virtù della forza che per quella della prudenza, e gli hanno rimproverato di non aver saputo affrontare in una prospettiva nuova i gravi problemi davanti ai quali si trovavano i cattolici, e di aver aggravato la crisi cercando di bloccare la Chiesa su posizioni reazionarie e clericali, in aperto contrasto con il cammino della storia. Comunque sia, per dare un giudizio obiettivo dell’intransigenza di cui Pio X diede prova a più riprese, è necessario inquadrare gli avvenimento nel loro contesto: davanti agli spettacolari progressi di un liberalismo antireligioso, di un socialismo materialista e di un orgoglioso scientismo, che intendevano promuovere la venuta di un mondo nuovo in cui l’uomo si sarebbe liberato del bisogno di Dio, al nuovo papa sembrava assolutamente necessario mettere in guardia i cattolici, abbagliati e impressionati dalla sicurezza dei loro avversari, contro la tentazione di cercare con troppa fretta un compromesso prima di aver sufficientemente lasciato decantare le rivendicazioni dello spirito moderno per poterne liberare con sicurezza ciò che esse contenevano di accettabile e di fecondo. […]
Nel pensiero del papa questi provvedimenti [cioè quelli antimodernisti] erano destinati a porre un limite a deviazioni dottrinali che, in certi casi, presentavano un reale carattere di gravità, senza l’intenzione di bloccare la vita intellettuale della Chiesa. Tuttavia, applicate con rigore implacabile, tali decisioni comportarono per alcuni validi studiosi cattolici sacrifici dolorosi, e la storia deve riconoscere, alla luce dei documento ormai noti, che in più di un caso Pio X protesse personalmente una specie di polizia segreta ecclesiastica, che oggi apparirebbe difficilmente ammissibile – uno storico inglese, il Trevor, è giunto a parlare di questi anni come dell’”era staliniana del Vaticano” [ e quanto sia serio questo giudizio si desume già dal fatto che, nel 1907, il “vaticano” non esisteva neppure] – ma tuttavia è possibile ritenere che il papa non fosse a conoscenza di tutto ciò che molti suoi collaboratori facevano a suo nome e che, se fosse stato meglio infornato, avrebbe sena dubbio disapprovato la loro maniera di procedere. […]
Qualunque possa essere in futuro il giudizio sull’opera di “difesa cattolica” condotta con infaticabile energia da Pio X, lo storico non può limitare a questo discusso aspetto il significato del suo pontificato. In realtà questo papa, così conservatore sotto molti punti di vista, fu nel medesimo tempo uno dei più grandi pontefici riformatori della storia, forse “il più grande riformatore della vita interna della Chiesa dopo il Concilio di Trento” (P. Cioccheta).
Questa pagina di prosa riflette l'atteggiamento oggi prevalente fra gli storici, anche e soprattutto di area cattolica, nei confronti di questo grande pontefice, la cui figura e la cui opera quasi li sfidano e in un certo senso li irritano, perché se da un lato è innegabile che egli sia stato un riformatore, anzi il papa più profondamene riformatore degli ultimi secoli, dall'altro lato è stato il difensore intransigente della fede e quindi anche dei diritti della Chiesa, sia verso le minacce sterne, come le politiche di secolarizzazione del governo francese, sia verso le minacce interne, il che spiega la sua dura azione antimodernista. Ma è proprio quest'ultimo aspetto a costituire un problema e una spina per tutti quei signori, portatori di una idea del cattolicesimo assai vicina, e anzi per certi aspetti ancora più spinta e ancora più lontana dall'ortodossia cattolica, di quella dei modernisti del primo Novecento (il primo modernismo è stato un semplice raffreddore da fieno, per usare l'immagine di Jacques Maritain, rispetto a quello sviluppatosi dopo il Concilio Vaticano II). I quali cattolici neomodernisti d’oggi, peraltro, non sono disposti, in genere, ad ammettere francamente tale contiguità ideologica, e ad essi, pertanto, non rimane altra risorsa che quella di prendersela con l'intransigenza di Pio X qualificandola come un’attitudine "rigida" e "troppo severa", o, come in questo caso, definendola come un "ripiegamento" su posizioni meramente difensive. A noi non pare che si possa sostenere, nemmeno sul piano meramente logico, che adoperarsi per preservare la propria identità e la purezza dei propri ideali e dei propri valori sia qualificabile come un "ripiegamento" o come un porsi sulla difensiva: difendere e preservare se stessi è semplicemente un atteggiamento vitale, a meno di misconoscere che tutto ciò che vive, lotta istintivamente per difendersi, cioè per conservare la propria esistenza. Ma in ogni caso, dipingere il pontificato di Pio X come un pontificato che fa ripiegare la Chiesa su se stessa, e sia pure per difenderla, è un modo per suggerire che avrebbe potuto scegliere la via opposta, quella di "aprirsi" e "dialogare" con il mondo moderno, cioè, in pratica, con le politiche e i processi della secolarizzazione da un lato, e con le tendenze eretiche o semi-eretiche che stavano maturando al suo interno, come appunto il modernismo, dall'altro. Questo è ciò che i cattolici progressisti e di tendenza modernista avrebbero desiderato, naturalmente. Eloquente, in tal senso, è il commento di padre Giovanni Semeria alla notizia dell'elezione di Giuseppe Sarto: Un reazionario: siamo fritti!, giudizio di estrema gravità e volgarità intellettuale, dato che abbassa la partecipazione del clero alla vita della Chiesa ad uno scontro fra tifoserie organizzate, quella progressista e quella conservatrice, introducendo, in luogo delle preoccupazioni pastorali, spirituali e soprannaturali, quelle di ordine mondano, sociale, culturale, polittico, vale a dire introducendo nella Chiesa un modo di ragionare che è tipico della società profana, ma che non ha nulla di coerente con la sua tradizione spirituale; e che di tutto si mostra preoccupato, tranne che del bene della Chiesa rispetto alla sua funzione e alla sua ragion d'essere, che è la santificazione delle anime.
Ora, il giudizio degli storici cattolici progressisti sul pontificato di Pio X scaturisce da questo nodo di contraddizioni fra ciò che essi pensano realmente e ciò a cui mirano, da un lato, e dall’altro ciò che possono dire apertamente, senza lasciar cadere la maschera e apparire per quel che realmente sono: i veri eredi del modernismo e, pertanto, dei nemici implacabili di tutta l'impostazione dottrinale e pastorale di cui Giuseppe Sarto si fece interprete e fiero difensore. Non potendo dire che il papa sbagliò a scomunicare il modernismo, suggeriscono che il modernismo non era poi quel mostro che egli riteneva; e non potendo dire che lo fece con eccessiva durezza, scaricano la responsabilità sul cardinale Merry del Val e su altre figure di secondo o terzo piano (suoi fratelli Scotton, per esempio). Arriviano fino al punto di dire che se Pio X avesse saputo di quali metodi si servivano i più intransigenti antimodernisti, egli certamente non li avrebbe approvati: operazione ideologicamente arrischiata e comunque intellettualmente disonesta, perché pretende di dare un giudizio sull'azione antimodernista di Pio X, staccando le sue "responsabilità" (o i suoi meriti, secondo i punti di vista) da quelle dei suoi collaboratori e dell'ala conservatrice del clero: il che è come voler separare le responsabilità del comandane di una nave da quelle dei suoi ufficiali e dell'equipaggio. Ed è così che essi finiscono per tratteggiare un ritratto estremamente improbabile, per non dire immaginario, di Pio X: un Pio X che avrebbe agito in maniera ben diversa da quella in cui effettivamente scelse di agire, se solo avesse saputo come stavano realmente le cose... Tutto questo è patetico e un po’ ridicolo, ma, sopratutto, scorretto. Monsignor Benigni e il Sodalitium pianum agivano completamene all'insaputa di Pio X? Difficile, quasi impossibile sostenerlo. Ma il problema non è storiografico: è ideologico. Gli storici cattolici di area progressista vorrebbero fare questa operazione partendo dal presupposto che la lotta contro il modernismo fu un errore e forse una colpa, non tanto in se stessa (dicono) ma per i metodi riprovevoli, quasi polizieschi, ai quali il papa, o i suoi collaboratori, ricorsero. Ma la verità è che quella lotta dà loro fastidio perché ritardò di mezzo secolo l'affermazione del modernismo nella Chiesa: e infatti, di tutti i cattolici "ribelli", per una ragione o per l'altra, dei decenni successivi, sia quelli che si mostrarono poco ortodossi sul piano della dottrina, come Teilhard de Chardin, sia quelli che furono inquieti sul piano pastorale, come don Milani, si affrettano a mettere in luce che furono dei gloriosi precursori dell'evento salvifico e pentecostale per eccellenza: il Concilio. E siccome il Concilio, e più ancora il non meglio specificato, ma onnipresente, "spirito del Concilio", hanno visto una sorta di rivincita di molte istanze del modernismo, e, per taluni aspetti, si sono spinti perfino più in là di quel che non avessero osato fare i vari Tyrrell, Loisy, Buonaniuti (leggere Rahner, Kasper, Bianchi, per credere), ne consegue che rivalutare gli "araldi" o precursori del Concilio, per essi, è la stessa cosa che rivendicare la legittimità di talune istanze del modernismo, e quindi, va da sé, condannare, più o meno apertamente, la chiusura e lo "spirito di arroccamento" di Pio X.
Pio X è un Giano bifronte ma solo per i progressisti
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