Eppure la Chiesa rinascerà, magari fra 300 anni. L'esempio dei "cristiani giapponesi", sopravvissuti "260 anni" a una terribile persecuzione. Se gli uomini sono infedeli, "Dio è sempre fedele": perciò la sua Chiesa non sparirà
di Francesco Lamendola
Quello che sta succedendo fuori e soprattutto dentro la Chiesa cattolica negli ultimi decenni, e particolarmente nella fase successiva al Concilio Vaticano II, e che sta culminando ora, sotto il pontificato di Francesco I, sembra andare nella direzione di un suo progressivo, metodico, inesorabile auto-annichilimento. Anche se i cattolici progressisti e i modernisti che si spacciano per cattolici usano tutt’altro linguaggio e parlano di una rinascita, di un ritorno alle origini, di una seconda giovinezza, insomma abbondano nell’adoperare toni entusiastici e trionfalistici che sono, poi, smaccatamente autocelebrativi, dato che lodando la loro riforma e la loro supposta rinascita, a chi sappia guardare le cose con obiettività e senza perdere di vista quali siano la vera natura e la vera finalità della Chiesa, ossia la santificazione delle anime mediante la trasmissione del Vangelo di Gesù Cristo, e non un’opera di tipo sociale ed umanitario, analoga e concorrenziale a quella di tanti organismi governativi e non governativi, appare invece evidente che la Chiesa si è messa sulla via dell’auto-dissoluzione, e che le cose sono giunte a un punto tale per cui ben difficilmente si potrà ancora fare qualcosa per scongiurare il disastro finale.
Per la prima volta dai tempi dell’editto di Milano, nel 313, quando il cristianesimo in piena espansione giunse ad occupare una posizione inattaccabile nel più grande organismo politico-sociale del mondo antico, l’Impero romano, oggi esiste la concreta possibilità di assistere ad una implosione della Chiesa e ad una dissoluzione del cattolicesimo, non sotto l’assalto di forze esterne, o non principalmente ad opera loro, bensì sotto la pressione dissolutrice di forze interne le quali, pur agendo, almeno in apparenza, con lodevoli intenzioni e proclamandosi più che mai fedeli alla Rivelazione evangelica, di fatto stanno scalzando la dottrina dalle sue stesse basi, stanno sovvertendo la morale, stanno capovolgendo il Magistero: tutte cose le quali, da sole, dovrebbero far capire chiaramente, quanto meno a chi sia in buona fede, che non si tratta di forze sane e fedeli alla vera dottrina cattolica, ma forze ostili a ciò che il cattolicesimo è stato in questi duemila anni, e fermamente intenzionate a cambiarlo, con la misera motivazione che lo vogliono rendere più adatto ai nostri tempi e più efficace, tenendo conto della psicologia e della cultura del mondo moderno. Crediamo che, arrivate le cose a questo punto, bisognerebbe essere ciechi, oppure del tutto in mala fede, per non vedere che questo è ciò che sta accadendo: che i progressisti, al di là delle loro affermazioni e, forse, anche al di là delle loro intenzioni, stanno demolendo coscienziosamente, diligentemente, implacabilmente, un pezzo alla volta, sia la liturgia, sia la pastorale, sia la dottrina e la morale cattolica; stanno contraddicendo gli insegnamento che la Chiesa ha dispensato per diciannove secoli; stanno entrando in urto frontale con alcuni punti essenziali ed espliciti del Vangelo, sforzandosi di dimostrare che Gesù fece e disse delle cose completamente diverse da quelle che i fedeli cattolici hanno saputo che egli realmente fece e disse, secondo l’interpretazione che il Magistero aveva dato di esse in un così lungo arco di tempo, e per consenso unanime di tutti i pontefici sino al 1958, di tutti i teologi, di tutti i cardinali, i vescovi e i sacerdoti, con l’eccezione di alcuni eretici, chiaramente riconosciuti come tali e segnalati ai fedeli, affinché non potessero trascinarli nei loro pestilenziali errori.
È lecito, pertanto, domandarsi se la Chiesa cattolica esisterà ancora, fra qualche anno o fra qualche decennio; se ci saranno ancora un papa, un clero, un popolo di fedeli; se ci sarà ancora la dottrina, se ci saranno i sacramenti, se ci sarà la santissima Eucarestia. Oppure se ci sarà, sì, un organismo che continuerà a definirsi Chiesa cattolica, ma non sarà la vera Chiesa, sarà una chiesa falsa e apostatica; se ci sarà non un vero papa, ma un maestro di errori, un anticristo; se ci sarà non un clero, ma un falso clero, apostatico e seminatore di scandali e confusione: un clero asservito alla massoneria e ai suoi disegni, un clero sincretista e relativista, un clero preoccupato solo di un “dialogo” interreligioso che equivarrà, in pratica, a una dissoluzione delle varie fedi in un’unica religione mondiale, nella quale, di specificamente cattolico, non vi sarà più nulla, ma sussisteranno alcuni brandelli slegati, alcuni concetti isolati, alcune parole estrapolate dal contesto e dal significato originario. Per esempio, forse si parlerà ancora di redenzione, di santificazione, di resurrezione; forse si parlerà ancora della grazia, dell’anima e della vita eterna, ma non se ne parlerà nel senso autenticamente cattolico, bensì in un altro senso, tale da accontentare i gusti di tutti, anche dei non cattolici e dei non cristiani; insomma in un modo tale che non possa dare ombra ad alcuno, da non infastidire neppure gli atei militanti e i vecchi e nuovi nemici della Chiesa (i quali non hanno mai disarmato, checché ne pensino e dicano i membri del neoclero e tutti i neocattolici progressisti e buonisti), quella vera, naturalmente.
Ebbene: prima di rispondere, o di tentar di rispondere, a tali drammatici e angosciosi interrogativi, ci piace fare un breve excursusstorico e rifarci a ciò che accadde in Estremo Oriente, allorché gli europei vi si affacciarono per la prima volta per la via marittima aperta dalle audaci navigazioni dei portoghesi e degli spagnoli, tra la fine del 1400 e l’inizio del 1500, e anche ai missionari europei si presentò l'occasione di tentare l’impresa di convertire alla Parola di Gesù Cristo quelle terre e quelle lontane popolazioni.
Le basi dell’evangelizzazione del Giappone vennero gettate nel 1549, per iniziativa di un grande missionario, Francesco Saverio.Per sessantacinque anni, i sacerdoti cattolici predicarono il Vangelo e battezzarono, secondo quanto aveva comandato Gesù Cristo ai suoi Apostoli, finché, nel 1614, il governo imperiale nipponico rovesciò bruscamente la propria politica religiosa e scatenò una terribile persecuzione, che, nel giro di un brevissimo tempo, spazzò via quei semi e quei frutti, cancellando, apparentemente, ogni traccia del cattolicesimo dall’arcipelago. Le undici chiese di Nagasaki vennero abbattute e ai cittadini nipponici fu proibito con un editto di professare la religione cattolica (si sottrassero alla persecuzione i mercanti olandesi e gli altri protestanti, i quali, anzi, gioirono della violenta eliminazione dei loro “concorrenti” spagnoli e portoghesi; ma, a loro volta, fu loro proibita qualsiasi attività di proselitismo).
Duecentosessanta anni più tardi,dopo che, nel 1853, il commodoro Perry si presentò con le sue navi davanti alle coste del Giappone e persuase quel governo a stabilire delle relazioni commerciali con gli Stati Uniti, anche la Gran Bretagna e la Francia fecero dei passi analoghi e così il Giappone tornò ad aprirsi, invero assai cautamente, ai rapporti con gli occidentali e con la religione cristiana, cattolicesimo compreso. Il padre Prudence Girard sbarcò nel 1859 e si stabilì a Edo; e, sebbene i preti cattolici dovessero, in teoria, occuparsi solo delle necessità spirituali dei loro concittadini europei, di fatto essi iniziarono, con circospezione, una nuova opera di evangelizzazione presso il popolo giapponese. Una curiosità assai naturale regnava fra quei primi missionari che avevano rimesso piede sul suolo giapponese: quella di scoprire che fine avessero fatto i cristiani convertiti fra la metà del XVI e i primi anni del XVII secolo, specialmente sull’isola di Kyushu, a Nagasaki e nei dintorni della città. Si sapeva che la prima Chiesa giapponese era stata fiorente di conversioni e di vocazioni: possibile che non fosse rimasto più nulla di quel primo virgulto? I sacerdoti francesi si misero alla ricerca, in maniera discreta, degli eventuali cristiani giapponesi sopravvissuti, nelle catacombe, soli e isolati per tutto quel tempo, senza preti, senza sacramenti, quasi certamente senza Eucarestia, senza contatti con Roma e con il mondo esterno. Così rievoca quel commovente episodio Bernard H. Willeke nel saggio La Chiesa cattolica in Giappone, 1848-1865, parte dell’opera Le missioni cattoliche (vol. 8 della Storia del Cristianesimo, 1878-2005, a cura di Elio Guerriero, Edizioni San Paolo, 1990, e Periodici San Paolo, 2005, pp. 158-159):
Nei primi tempi […] fu pressoché impossibile svolgere lavoro missionario tra i giapponesi. In base agli accordi, i missionari potevano risiedere nelle città previste da apposite concessioni, alle quali presto se ne aggiunsero alcune altre, e curarsi degli stranieri, ma non avevano la facoltà di predicare la fede cristiana ai giapponesi. Il governo del regnante shogun fu ancora per molti anni contrario alla religione degli stranieri, e la grande massa era piena di pregiudizi nei confronti del cristianesimo. All'entrata delle città e dei villaggi esistevano i cartelli di ammonimento contro quell'odiata religione, che imponevano di segnalare alle autorità i predicatori della fede cristiana. I missionari però non volevano limitarsi alla cura pastorale degli stranieri, e si misero segretamente alla ricerca dei vecchi cristiani del luogo, senza riuscire tuttavia a rintracciarne. Dopo che il padre Girard [il primo sacerdote cattolico che aveva avuto il permesso di stabilirsi in Giappone] ebbe costruito una chiesa nella concessione francese di Yokohama, e vi ebbe applicato una grande insegna con la scritta "Tenshudo" (Chiesa cattolica), centinaia di giapponesi, incuriositi, vennero a vedere l'edificio.
Diversamente stavano le cose a Nagasaki, dove si era stabilito un viceconsole francese e dove il padre Louis Furet esercitava la cura pastorale. Anch'egli cominciò a costruire sulle pendici della collina di Oura (Nagasaki) una splendida chiesa, che fu terminata nel 1864 al suo successore, il padre Bernard Petitjean. Anche questi cercò di nascosto i vecchi cristiani, e girava spesso per le vie di Nagasaki indossando l'abito talare per richiamare su di sé l'attenzione. Ben presto i vecchi cristiani che abitavano nei villaggi circostanti, specialmente quelli della vicina Urakami, notarono che quello straniero era diverso da tutti gli altri stranieri, e che doveva essere uno dei "Bateren" (Patres) dei quali avevano raccontato i vecchi. Il 17 marzo 1865 comparve un gruppo di questi cristiani e il padre Petitjean li condusse nella chiesa. Quando egli assicurò loro di essere stato mandato dal papa di Roma, e quando seppero che onorava la Madre di Dio e che osservava il celibato, una donna disse: "Il nostro cuore è come il vostro", e quando videro l'altare della Vergine Maria dichiararono: "Nei nostri villaggi ci sono milletrecento persone che la pensano esattamente come noi".Fu questa la storica scoperta dei vecchi cristiani giapponesi, che suscitò stupore in tutto il mondo cristiano.
Eppure la Chiesa rinascerà, magari fra 300 anni
di Francesco Lamendola
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