Perchè è un falso papa "non eletto per caso"? L’Italia è il laboratorio della élite globalista: fateci caso, vi è un autentico razzismo alla rovescia e agli italiani viene minimizzata ogni notizia sulle politiche d'immigrazione
di Francesco Lamendola
Domenica 8 aprile 2018 la stampa locale (Il Gazzettino di Treviso) riporta che una ragazza marocchina di 28 anni ha eseguito due rapine violente in un solo giorno: al mattino ha rubato il telefonino a una studentessa quindicenne, minacciandola col taglierino e ferendola lievemente al collo, nel pomeriggio lo ha rubato a un ragazzo di 17 anni, sempre minacciandolo con il taglierino, dopo averglielo chiesto con la scusa di dover fare una telefonata urgente. Poco dopo è stata raggiunta da una volante, arrestata e denunciata. Questo è uno degli innumerevoli fatti quotidiani di criminalità, piccola e media, che registrano le cronache locali e che hanno per protagonisti degli stranieri: a volte clandestini, a volte residenti regolari: perché sia ben chiaro che i problemi di sicurezza e ordine pubblico non vengono solo dai primi. Lo stesso numero dello stesso giornale riportava la scoperta, a Udine, di un quindicenne, figlio di genitori algerini ma nato in Italia, che intesseva sul web la trama di una escalation terroristica, informandosi sulla fabbricazione di cinture esplosive e inneggiando all'Isis. Pare che stesse progettando un attentato proprio nella scuola che sta frequentando.
Nessuna di queste notizie, però, e sono decine e decine in una settimana, di norma, arriva agli onori della cronaca nazionale, cioè sui quotidiani e soprattutto sui telegiornali nazionali. Al contrario, il TG1 della sera, in quello stesso giorno, riportava con enfasi la notizia di una giovane di origini marocchine che, sulla metropolitana di Milano, è stata insultata da un viaggiatore perché indossava il velo, ma che aveva reagito con molta dignità e civiltà, e che poi, intervistata dagli operatori del telegiornale, si diceva rammaricata di non aver potuto imbastire un dialogo con quell'uomo, per cercare di spiegargli come stesse sbagliando a comportarsi a quel mondo. Nessuno contesta la veridicità del fatto, né la buona fede e gli ottimi sentimenti di quella ragazza. Resta però che sessanta milioni di italiani hanno potuto sapere che, sulla metropolitana milanese, vi sono degli energumeni italiani che molestano le indifese ragazze islamiche per puro razzismo, mostrando, in confronto ad esse, un livello di maturità e di civiltà miserrimo. Viceversa, solo poche migliaia di persone hanno potuto sapere delle prodezze della rapinatrice marocchina armata di taglierino, o quelle del quindicenne algerino che sognava di farsi esplodere nella sua scuola insieme a tutti i compagni e i professori. La conclusione è che agli italiani viene sistematicamente taciuto, o viene minimizzata, ogni notizia che potrebbe indurli a riflettere seriamente sulle politiche d'immigrazione messe in atto dai loro governanti, nonché su parole come integrazione, accoglienza, inclusione, sicurezza, convivenza, rispetto, tolleranza (a senso unico); mentre se c'è una notizia di segno opposto, dalla quale traspare, più che il razzismo, l'esasperazione di molti italiani, in realtà non nei confronti delle singole persone degli stranieri, ma nei confronti della invasione e della sostituzione di popolazione in atto a danno del nostro popolo e a rovina della nostra civiltà; se c'è una notizia, fra le tante, da cui può scaturire un senso di colpa e di vergogna per il comportamento non bello di alcuni nostri concittadini, quella notizia viene subito ripresa, enfatizzata, urlata dai tetti, portata a conoscenza di tutti, come se si trattasse di un episodio della massima importanza. Fateci caso: vi è un autentico razzismo alla rovescia, messo in atto dai principali mezzi d'informazione, e specialmente da quelli di proprietà pubblica, per operare un sistematico lavaggio del cervello degli utenti. L'obiettivo, per nulla occulto, è quello di portare gli italiani a disprezzare se stessi, a considerare se stessi come brutti, cattivi ed egoisti, a meno di essere incondizionatamente favorevoli all'invasione dell'Italia; e a vedere negli stranieri sempre e solo delle persone meravigliose, buone e civili: degli angeli mandati dal Signore, come ha detto monsignor Lauro Tisi, arcivescovo di Trento.
In nessun altro Paese al mondo avviene una cosa simile, né una cosa simile sarebbe possibile; ma in Italia, sì. La Francia sorveglia attentamente le sue frontiere (e magari anche un po’ oltre di esse), l’Austria schiera i carri armati; la Gran Bretagna fa sfollare il tunnel di Calais con metodi quanto mai decisi; l’Ungheria alza un muro di filo spinato, la Polonia alza un muro di preghiere sui propri confini per tener lontano lo spettro del’islamizzazione e dell’africanizzazione; e l’Australia, all’altro capo del globo terracqueo, i migranti - che chiama semplicemente clandestini - li confina su di un’isola selvaggia e non permette loro neppure di metter piede sul proprio territorio. In Italia, al contrario, se qualcuno osasse mai parlare, non diciamo di sparare sui barconi, ma anche soltanto di respingerli, o d’impedire che partano, si leverebbe un vespaio mediatico e tutti, da destra a sinistra, si straccerebbero le vesti e parlerebbero di disumanità, cinismo, crudeltà e razzismo. I centri sociali si mobiliterebbero contro il “fascismo” risorgente, il clero insorgerebbe dagli amboni, i giornalisti comincerebbero ad ululare, abbaiare, muggire e grugnire, gli opinionisti fremerebbero di sacra indignazione e l’ultimo fannullone, che non ha mai lavorato in vita sua, né ha alcuna intenzione di farlo sinché gli riesce di vivere a scrocco (della mamma o dello Stato) salirebbe sul pulpito più alto e si metterebbe a concionare circa il diritto dei falsi profughi di essere accolti, alloggiati in albergo, nutriti con un menù diversificato e sostanzioso, mica la solita miserabile pastasciutta, che provoca ai poverini le ben note e fatidiche gastriti. Insomma, si assisterebbe ad una mobilitazione generale e formidabile, quale mai si è vista e mai si vedrà fino a quando i poveri, i disgraziati, quelli che non arrivano a pagare l’affitto, o il riscaldamento, o semplicemente la pastasciutta (della quale si accontenterebbero senz’altro) sono gli italiani rovinati dalla crisi: uomini e donne rimasti senza lavoro, pensionati a trecento euro il mese, risparmiatori rimasti senza un centesimo grazie alle speculazioni delle loro banche, divorziati letteralmente distrutti dalle sentenze di qualche giudice femminista che li obbliga a lavorare solo per mantenere la ex moglie.
Probabilmente l'Italia è l'oggetto di un esperimento mondiale, un banco di prova selezionato dalla élite finanziaria che governa le sorti del pianeta: convincere gli abitanti di un grande Paese, ricchissimo di civiltà e di tradizioni, a suicidarsi moralmente e psicologicamente, cioè ad assentire entusiasticamente alla propria scomparsa e alla propria sostituzione da parte di popolazioni africane ed asiatiche, quasi sempre di religione islamica. Per arrivare a tanto, bisogna distruggere l'autostima di quel popolo, fare leva sui suoi sensi di colpa, sui suoi scrupoli umanitari, minare la sua fierezza, la sua stessa voglia di vivere, di credere nel futuro: e qui entrano in gioco altre strategie, come l'incentivazione frenetica dell'educazione sessuale secondo il nuovo verbo omosessualista, la celebrazione dei matrimoni gay, la pratica sempre più "normale" dell'aborto e quella della contraccezione sistematica, eccetera. Perchétutto si tiene, alla fine, nel grande disegno massonico e mondialista: e la manipolazione delle notizie di cronaca, sopprimendo quelle sgradite e gonfiando quelle utili, fa il paio con la sottile, capillare penetrazione dell'ideologia gender non solo nella scuola pubblica, ma anche nella stessa Chiesa cattolica. Si veda, ultimo tassello del vasto mosaico, il catechismo per bambini della casa editrice salesiana Elledici, con un Gesù barbuto che somiglia come una goccia d'acqua al cantante drag queen Conchita Wurst, e con la famigliola arcobaleno formata da due papà e da due sani e felicissimi bambini che trotterellano loro al fianco in un prato verde. E tanto peggio se san Giovanni Bosco che si rivolterebbe nella tomba al vedere come certi i suoi eredi stanno sviluppando il messaggio evangelico. Ci si può domandare perché proprio l’Italia sia stata scelta per un tale esperimento, volto a precisare sempre meglio una strategia destinata ad essere esportata in tutto il mondo. Oltre al fatto che da qualche parte bisognava pur cominciare, a noi pare che le ragioni siano essenzialmente tre.
La prima, di ordine geografico: l’Italia, per la sua posizione nel Mediterraneo e per essere dirimpettaia della Libia, la quale è stata destabilizzata a bella posta da un intervento militare voluto dalla élite globale per creare un “corridoio” migrazionista dal centro dell’Africa all’Europa, era naturalmente predisposta a fungere da cavia. La seconda è di ordine storico: l’Italia è uno Stato relativamente giovane e la coscienza nazionale del suo popolo, per una serie di ragioni, si è sviluppata assai meno che in altri; di conseguenza, esso presenta una minor coesione e quindi una minor capacità di resistenza rispetto a pressioni e sollecitazioni provenienti dall’esterno; e, nello stesso tempo, una maggior predisposizione alle fratture interne, alle contrapposizioni civili, magari proprio a partire da un evento scatenate di origine esterna: come un tempo c’era il partito filo-spagnolo, o filo-francese, o filo-tedesco, ora c’è il partito filo-immigrati. La terza causa è di ordine culturale, spirituale e morale, e ha a che fare con la tradizione cristiana con la presenza della Chiesa cattolica, che, mediante il Vaticano, esercita innegabilmente una influenza impalpabile, non quantificabile, ma suscettibile di maggiore efficacia di quanta ne potrebbe esercitare una grande potenza. Nessuno, nemmeno gli Stati Uniti d’America, potrebbe “ordinare” agli italiani di accogliere l’invasione straniera come una forma di esercizio della carità cristiana, perché gli italiani, nella loro stragrande maggioranza, si ribellerebbero e vedrebbero benissimo la natura interessata e tutta politica di un tale ordine; la Chiesa cattolica, invece, a determinate condizioni, lo può fare, e lo fa tranquillamente, e la stragrande maggioranza degli italiani non si ribella, né vede la natura tutta politica e per niente disinteressata di una siffatta esortazione. A quali condizioni lo può fare? Semplice: alle condizioni attuali. Proviamo a immaginare che sul soglio di san Pietro sieda non il signor Bergoglio, ma il signor Ratzinger; e proviamo a immaginare che egli si fosse fatto paladino di questa auto-invasione estrema, continua e pressoché illimitata. Certo, è un’ipotesi puramente teorica; ma come avrebbero reagito gli italiani? Ricordiamo bene che ad ogni discorso, intervista, esternazione del suo pensiero, Benedetto XVI veniva attaccato implacabilmente da tutti,e difeso quasi da nessuno, a cominciare dal suo stesso clero. Da cosa dipendeva ciò? Dal fatto che aveva contro tutta l’informazione, e specialmente quella di orientamento globalista. Ma se al suo posto ci fosse stato un papa secondo i desideri di Eugenio Scalfari, di Barack Obama, di Hillary Cliton, di George Soros e della famiglia Rockefeller? In tal caso, la stampa sarebbe stata tutta per lui, e i cattolici italiani avrebbero dato ascolto a tutto quel che avesse detto. Ebbene: questo è quanto è avvenuto. Benedetto è stato costretto a dimettersi e al suo posto è stato eletto un papa secondo i gusti di Scalfari, Obama, Clinton, Rockefeller.
L’Italia è il laboratorio della élite globalista
di Francesco Lamendola
continua su:
In mezzo ai piccoli e grandi sommovimenti che agitano la Chiesa, emerge un fenomeno particolarmente interessante. Si tratta della riflessione, tutt’altro che banale e scontata, di osservatori estranei al cosiddetto “tradizionalismo” che si pongono su una marcata linea critica della attuale situazione ecclesiale. Le argomentazioni non sono sempre sovrapponibili a quelle sostenute da questo sito e, in genere, da ambienti tradizionali. Anzi, soprattutto per quanto riguarda le cause e i tempi della crisi, se ne discostano anche sensibilmente. Ma hanno il pregio di essere oneste, intelligenti e, in particolare, di non avere fini di lucro intellettuale, professionale o di potere. Riscossa Cristiana ha quindi deciso di dare a queste voci uno spazio che, fin dal nome “Zona Franca”, garantisce loro di dirci tutto quanto pensano su ciò che da sempre ci sta a cuore. Ciò non per andare a tutti i costi in cerca di “ciò che unisce”, ma per misurarci con intelligenza su ciò che divideva e magari, in parte, ancora ci divide. Pensiamo sia importante capire a che cosa è dovuto il cambiamento di orizzonte avvenuto in questi anni. Anche se non sempre il tempo è galantuomo, i galantuomini sanno sempre far buon uso del tempo. Grazie a Dio.
BERGOGLIO E PREGIUDIZIO
a colloquio con Mauro Mazza
di Mario Bozzi Sentieri
Al “giro di boa” dei cinque anni, il pontificato di Jorge Mario Bergoglio offre l’occasione per compiere un bilancio di questa stagione della Chiesa, iniziata il 13 marzo 2013. Il dato di partenza, ben al di là di ogni tesi preconcetta, è l’ampiezza e la profondità del dissenso verso papa Francesco. Un utile strumento ci viene offerto dal recente libro di Mauro Mazza, Bergoglio e pregiudizio. Il racconto di un pontificato discusso (Edizioni Pagine, pagg. 210, Euro 18,00). Giornalista di valore e volto noto della Rai, dove ha occupato incarichi di responsabilità, Mazza riesce a districarsi nella grande massa di articoli, riflessioni e opinioni, dando vita a un pamphlet di taglio giornalistico che sintetizza i cinque anni di questo pontificato, invitando a ulteriori approfondimenti.
Partiamo dalla recente ricorrenza del quinto anniversario dell’elezione di Bergoglio. Com’è stata vissuta?
Credo che il clamoroso infortunio mediatico sulla lettera “censurata” di papa Benedetto abbia imposto un imbarazzato silenzio e impedito altre celebrazioni. Resta l’impressione che dalla potente macchina della comunicazione vaticana, nelle mani di monsignor Viganò, si volesse cogliere la ricorrenza per tacitare o, comunque, colpire il vasto fronte critico. Le cose sono andate diversamente. La verità è emersa dopo poche ore e a essere tacitato e colpito è stato proprio quel maldestro tentativo.
Bisogna dire che l’avvento di Francesco era stato celebrato con grandi aspettative dopo gli scandali, le polemiche e la rinuncia di Ratzinger… Bergoglio ha onorato le attese del suo predecessore e dei cardinali elettori riguardo al governo della Chiesa? Si sono viste le tanto attese riforme radicali che erano state promesse?
Francesco fu scelto proprio nella speranza che potesse superare, presto e bene, problemi e difficoltà che avevano determinato la rinuncia di Ratzinger. Non è stato così. Niente riforme, nessun problema risolto. Piuttosto una litania di questioni e di contraddizioni, polemiche e contestazioni determinate proprio dalle scelte e alle azioni del papa argentino. Nel libro parlo di pensieri e parole, opere e omissioni.
Stop and go: a volere usare un’immagine poco teologica, l’impressione è quella di un pontificato caratterizzato da frenate e forti accelerazioni. Con quali tensioni all’interno della Chiesa?
Quasi per paradosso, si potrebbe dire che sarebbe stato meglio se Francesco avesse portato fino in fondo le sue iniziative. Sarebbe stato forse più grave, ma almeno le posizioni ora sarebbero chiare. Invece no. Si sono annunciate riforme radicali, per poi ammettere – come nell’ultimo discorso prenatalizio alla curia – che fare riforme è impossibile. Si sono provocati allarmi e “dubia”, tensioni e suppliche, peraltro inascoltati, mentre molti prelati vicinissimi a Bergoglio attaccavano con sprezzo cardinali, vescovi e teologi firmatari dei documenti.
Da un certo punto di vista, tu parli però di un papa divisivo… Ma n’do sta la misericordia del papa, per dirla con l’autore del testo che accompagna i manifesti anti-Beroglio affissi a Roma?
Non sono io che ne parlo. L’immagine di una Chiesa divisa è sotto gli occhi di tutti. E quella parola magica – misericordia – è servita spesso per coprire epurazioni e rimozioni, emarginazioni e censure. Basti pensare alla sorte toccata al cardinale americano Burke o alle difficoltà del prefetto per il culto, l’africano Sarah, inviso e sconfessato perché colpevole di difendere la liturgia da ogni tentazione di “protestantizzare” la Messa, di stravolgere e annacquare il senso dell’Eucarestia.
Inquietano, e il tuo libro ne fa conto, le commistioni editoriali tra certa sinistra estrema (nel senso contemporaneo del termine, quindi relativistica, amorale, individualistica) e Francesco. Da dove nascono queste sovrapposizioni? E quanto costano alla credibilità della Chiesa?
È come se si cercasse l’applauso del mondo. È come se la priorità fosse piacere alla gente che piace… Il cardinale Müller, già prefetto della Dottrina della fede dimissionato da papa Bergoglio, in una intervista ha lamentato proprio l’eccessiva frequentazione/confidenza con esponenti del pensiero laicista/libertino. Il riferimento a Eugenio Scalfari era evidente, con l’aggravante che il fondatore di “Repubblica” spesso ha attribuito al papa, tra virgolette, concetti e pensieri a dir poco sconcertanti su Verità e Dio “non cattolico”, sul diritto alla comunione per i divorziati e su altro ancora.
In Bergoglio e pregiudizio fai conto di certe attenzioni/esperienze di Bergoglio verso la psicoanalisi freudiana, il protestantesimo, l’omosessualismo. Evidenziare e criticare queste prese di posizione è illecito e pone i contestatori al di fuori della Chiesa?
Beh, questo è una delle cose più stridenti. È come se, a porsi fuori dalla Chiesa, fossero quanti difendono e riaffermano tradizione e magistero, e non chi si avventura su sentieri ambigui e pericolosi. Come l’esaltazione della psicoanalisi freudiana, che ribalta l’idea cristiana del Creato; come la riabilitazione di Lutero “più cattolico di molti cattolici”; come la legittimazione dell’omosessualità, chiedendo al massimo ai gay di essere monogami fedeli.
Un altro punto riguarda Bergoglio e il mondo tradizionalista: alle attese rispetto ad una possibile riconciliazione hanno risposto passi concreti?
La situazione sembrava essere sul punto di sbloccarsi, almeno riguardo a un’intesa con la Fraternità nata con monsignor Lefebvre. Ma la vicenda dolorosa dei Francescani dell’Immacolata e l’ostilità di molti vescovi “bergogliani” ad ogni accordo hanno finora bloccato la situazione.
Misericordia è la parola magica del pontificato di Bergoglio. Si può dire che dietro questa parola c’è la rinuncia a denunciare l’errore, a contrastare l’egemonia del relativismo gnostico?
È una parola “passepartout”, che ha ispirato molte iniziative dell’attuale pontefice e che, nelle intenzioni, dovrebbe motivare/giustificare ogni apertura al dialogo con mondi distinti e distanti dal cattolicesimo. Il problema è anche la rinuncia, magari solo apparente, al ruolo missionario della Chiesa. Si dialoga con l’altro, ma senza l’ambizione o la speranza di convertirlo. La misericordia diventa una forma di aiuto, di soccorso a chi ha più bisogno, come la Caritas o la Croce rossa. Ricordo una santa che dalla misericordia ha fatto la missione della sua vita terrena: Madre Teresa di Calcutta definiva “la più grande disgrazia”, più della povertà e della malattia, la constatazione che “una gran parte del popolo indiano non conosca Gesù”.
Si sta veramente portando la Chiesa al di fuori dell’orizzonte storico culturale dell’occidente?
Non va dimenticato che Bergoglio è il primo papa non europeo, che si sente esterno all’occidente, alla storia e alla civiltà europea. Solo così possiamo provare a spiegare molte affermazioni e iniziative. E anche talune sue prediche, quasi accusatorie, nel nome di una teologia del “pueblo” assolutamente estranea al magistero e anche alla lettera dei documenti del Concilio. Il richiamo è piuttosto a talune interpretazioni di teologi sudamericani.
A un tema sensibile da un punto di vista politico, l’immigrazione, dedichi sul tuo libro molta attenzione. È essenziale nell’economia generale dell’attuale papato?
Pare proprio di sì. Per il suo primo viaggio Bergoglio scelse Lampedusa. I suoi ammonimenti all’accoglienza senza limiti da parte dei paesi europei sono il tema più ricorrente. Almeno altrettanto scarsa è la sua attenzione sia alle grandi difficoltà dei Paesi che devono ospitare, senza avere scelto di farlo, quelle masse di immigrati, sia all’ulteriore impoverimento dei paesi d’origine, l’abbandono di quelle masse, in gran parte giovani, rende ancor più drammatica la prospettiva futura di quelle terre.
Quanto e come muterebbe l’immagine consolidata in questi cinque anni di papato se si facessero più numerosi gli interventi del papa sui valori della fede, della libertà religiosa negata ai cristiani in molti Paesi, sul rispetto della vita e della sua dignità?
Mi verrebbe da dire che sarebbe bello se il papa facesse soprattutto il mestiere di papa; se predicasse, confortasse, difendesse ed esaltasse il messaggio della Chiesa nel mondo; se si ponesse alla guida del “piccolo gregge”, che sa bene di essere in minoranza, ma sente per intero la responsabilità di testimoniare la fede, senza temere attacchi né sconfessioni da parte della cultura egemone.
C’è ancora spazio per un “recupero” sulla strada della Verità?
Direi che è una strada impervia, ma obbligata. Credo che oggi e più ancora domani il vero discrimine sarà tra i propugnatori dei diritti cosiddetti civili (eutanasia, aborto, matrimoni e adozioni omosessuali, droghe libere) e i difensori dei principii non negoziabili (diritto alla vita dal primo all’ultimo battito del cuore, famiglia composta da un uomo e da una donna, diritto dei genitori ad educare i propri figli). La scelta di campo dovrà essere netta e inequivocabile, perché credo che si sarà giudicati proprio che su questo discrimine, che produrrà contrapposizioni e scontri. Importante sarà non temere l’intolleranza dei tolleranti, il totalitarismo del pensiero unico, la dittatura del relativismo.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.