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ALEPPO: CASE DA RIPARARE, CUORI DA GUARIRE (CON PREMESSA D'ATTUALITA')
In occasione del ‘lancio’ del suo secondo libro “Viene il mattino”, il francescano Ibrahim Alsabagh – parroco della comunità latina di Aleppo – ha parlato della difficile ricostruzione della metropoli siriana. La situazione, con la tregua iniziata a dicembre 2016, resta molto problematica. La Chiesa fa quel che può per alleviare ferite materiali e spirituali, ma il mondo deve essere più solidale: l’embargo in vigore contro la Siria accresce solo le sofferenze della popolazione e rende ardua l’attività di aiuto ecclesiale.
PREMESSA D’ATTUALITA’ SULLA VICENDA DELL‘AQUARIUS
La vicenda dell’ Aquarius è tra gli argomenti più discussi nell’attualità politica italiana ed europea. Come è noto l’Aquarius, nave della ONG SOS Méditerranée (italo-franco-tedesca), battente bandiera di Gibilterra, ha imbarcato 629 migranti (79 in più di quello che potrebbe ospitare), prevedendo di poterli sbarcare sulle coste italiane (ma il ‘caso’ potrebbe anche essere stato pianificato ad arte). Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha negato con coraggio e ragioni da vendere la possibilità dell’approdo, scoperchiando e impanicando i sepolcri imbiancati del politicamente corretto sia italico che europeo. La Spagna si è poi offerta di accogliere i migranti dell’Aquarius. E’ prevedibile che la situazione (ripetiamo: non si può certo escludere che sia stata progettata a tavolino) si ripeta in altri casi, dato il forte riposizionamento in materia del nuovo governo, in cui la Lega intende essere coerente con quanto annunciato in campagna elettorale e in consonanza con il suo elettorato -di cui fanno parte comprensibilmente anche molti cattolici - in continua crescita.
La presa di posizione di Salvini ha ulteriormente irritato la gioiosa macchina da guerra della sgangherata armata capeggiata da Repubblica (e comprendente anche le anime pie e concrete dei catto-fluidi di Avvenire e propaggini varie, tutte devote dell’8 per mille), nuovamente inceppatasi nelle elezioni comunali della scorsa domenica. Si sa che quanto più si viene bastonati, tanto più ci si incattivisce, dando sfogo a un vero e proprio odio non più represso. Ieri e stamattina abbiamo constatato perciò tutto un fiorire (per modo di dire) di titoli, articoli e dichiarazioni oggettivamente deliranti. Ripugnante il tentativo della sinistra congrega – compatta in difesa del redditizio business dell’invasione - di ricattare moralmente il governo (“Se non li accogliete, moriranno e voi sarete responsabili”). Da notare tra l’altro la truffa linguistica (una scorrettezza giornalistica molto grave) dell’uso della parola ‘profughi’ per indicare i passeggeri dell’ Aquarius.
L’apice del disonore (umano e giornalistico) tra i titoli è stato raggiunto da quello d’apertura, a tutta pagina, di Repubblica, ricattatorio e insultante : “629 persone ostaggio di Salvini”.
Tra gli articoli la palma della vergogna (oltre che dell’ipocrisia) va alle prefiche di Famiglia Cristiana online, in un pezzo in cui ci tocca leggere: “Tra l’altro abbiamo subito lo schiaffo della Spagna del neopremier Sanchez, che ha annunciato di aprire il porto di Valencia. Che umiliazione. Se c’era . un aspetto su cui l’Italia non prendeva lezioni da nessuno era quello umanitario”.
Tra le dichiarazioni indegne per arroganza e di una finezza inarrivabile segnaliamo almeno quella – all’indirizzo di Matteo Salvini - del noto, notissimo Leoluca Orlando (al suo quinto mandato, non consecutivo, come sindaco di Palermo, eletto almeno un paio di volte in terra sicula con maggioranze superiori al 70%): “Chi non capisce che esiste una sola razza è un criminale nazista. Salvini è un ministro scimunito che sta facendo arretrare tutto il Paese”.
Ma una menzione disonorevole deve essere attribuita al cardinale Gianfranco Ravasi (recente protagonista dello scandalo sorto attorno a una mostra di arredi sacri al Metropolitan di New York, con sfilata di moda non si sa se più volgare o blasfema). Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura non ha trovato di meglio che twittare una frase celebre del Vangelo di Matteo (25,43): “Ero straniero e non mi avete accolto” riservata nello stesso brano evangelico ai “maledetti”, che andranno “nel fuoco eterno”. Come dire che per Salvini e per chi ne condivide l’azione (larga parte d’Italia) il destino è segnato dal buonismo catto-fluido, dalla sublime misericordia fiorita elettronicamente dalle dita di Gianfranco Ravasi, ultimamente un vero artista nel suscitare indignazione contro la Chiesa cattolica. Lasciamo a chi ci legge di trarre le debite conclusioni.
Direte: ma Avvenire? Subito serviti. Nell’editoriale di questa mattina, martedì 12 giugno, il direttor Tarquinio vaneggia del “buon nome” dell’Italia “preso politicamente in ostaggio” da Salvini. Il quale, continua l’arrogante penna catto-fluida al servizio dell’armata Brancaleone, “ha inchiodato 629 persone sulla tolda di una nave, dicendosi convinto di agire in coerenza con l’insegnamento di Cristo”. Al leggere ciò il Tarquinio furioso è stato travolto da “un’indignazione grande”. Vada a frignare, per favore, dal card. Ravasi, che biblicamente lo consolerà.
AD ALEPPO LA SITUAZIONE RESTA MOLTO DIFFICILE: UNA CONFERENZA-STAMPA CON PADRE IBRAHIM ALSABAGH
“La scelta migliore per noi cristiani resta Assad, cioè quella di una dittatura moderata che rispetta i diritti umani. Quali sarebbero le alternative ad Assad? L’Isis, il fondamentalismo islamico. Oggi non si può mettere un altro al posto di Assad. Se noi vogliamo che le minoranze siano protette, dobbiamo avere qualche punto fermo; Assad è un presidente, non un mostro. Internazionalmente si continua a battere sul tasto del rispetto dei diritti umani da parte di Assad: perché non lo si chiede con altrettanta intensità a molti altri nel mondo?” Chiaro, chiarissimo. Così parlò a Roma il 31 maggio, nel corso di un incontro con la stampa, padre Ibrahim Alsabagh, francescano siriano, membro della Custodia di Terrasanta, da quattro anni ad Aleppo come parroco della comunità cattolica latina.
La conferenza-stampa era stata promossa, presso la sede della Delegazione della Custodia di Terrasanta, sia per aggiornare i presenti sulla situazione ad Aleppo che per pubblicizzare il secondo libro di padre Ibrahim sulle sue esperienze in quella che era la metropoli siriana più ricca di storia e di attività economiche, con la più alta presenza cristiana: “Viene il mattino. Aleppo. Siria. Riparare la casa, guarire il cuore”. Un libro questo che è l’ideale continuazione del primo: “Un istante prima dell’alba. Siria. Cronache di guerra e di speranza da Aleppo” e dunque prende in considerazione il periodo dal 22 dicembre 2016 in poi, quello della ricostruzione materiale e spirituale della città. Una differenza tra i due libri balza subito all’occhio: se il primo è sostanzialmente una cronaca dettagliata e ragionata di quanto accaduto fino alla tregua, il secondo evidenzia maggiormente i diversi aspetti di una complicatissimo ritorno alla ‘normalità’. Se il primo insomma con crudo realismo evidenzia il calvario di Aleppo, nel secondo si fa largo spazio a un’analisi della situazione, certo non di tipo intellettualistico, ma fondata su un’esperienza incisa nella carne viva degli aleppini.
I giorni dell’inizio della tregua, nel dicembre 2016 - ha osservato pare Ibrahim – sono stati pervasi da grande gioia e da altrettanta amarezza. Da una parte il fatto di poter celebrare di nuovo in pace il Natale ad Aleppo “era una cosa che non osavamo neanche sognare”. Una rinascita, meglio una resurrezione, che avvicinava il Natale alla Pasqua. Però, quanto più i giorni procedevano, tanto più “ci siamo resi conto della profondità della devastazione”. L’elettricità c’era solo a tratti, l’acqua potabile pure, i combattimenti non erano cessati del tutto; mancava il lavoro, si soffriva la fame. Due terzi della popolazione (e due terzi dei cristiani) se ne erano andati. Pochi tra loro sono tornati. E oggi si è sempre di nuovo alle prese con le domande fondamentali: come ricostruire? Chi ricostruisce? Con quali mezzi? Il governo è impedito nella ricostruzione dalla presenza dell’Isis. La Chiesa locale da parte sua ha fatto, fa e farà tutto il possibile per la ricostruzione materiale (fin qui ricostruite/riparate 1200 case) e spirituale, perché ogni persona possa ritrovare la dignità che le è propria. Tanti i feriti nel corpo e nella psiche. La Chiesa di Aleppo qui ha cercato di ‘recuperare’ i bambini, i giovani, in cui la guerra ha lasciato tracce profonde. Padre Ibrahim: “Abbiamo fatto tanto, ma, se consideriamo l’ampiezza della necessità, non possiamo dirci soddisfatti. Abbiamo bisogno dell’intervento solidale del mondo, anche perché siamo sfidati dalla piaga del fondamentalismo e dalla piaga della corruzione”. L’embargo internazionale, poi, causa nuove sofferenze al popolo e alle Chiese locali: “Quante difficoltà per le associazioni cristiane di aiuto… la Caritas ad esempio è stata bloccata per mesi!”. E già di per sé “la guerra ha indebolito le minoranze siriane, anche quelle cristiane: tanti giovani se ne sono andati, le nascite sono crollate, le prospettive sono allarmanti”. Si chiede in “Viene il mattino” padre Ibrahim (capitolo: “Ultime notizie da Aleppo”): “Ci sarà ancora la comunità cristiana? Non spetta a noi rispondere a questa domanda: la lasciamo alla sapienza divina, a Dio che è il Pastore supremo delle anime e sa come fare. Però, per quello che noi possiamo vedere, sappiamo che questa speranza minima è moltominacciata e lo sarà anche nel futuro”. Del resto gli avvenimenti recenti nella zona di Damasco non rendono ottimisti: “I gruppi che si definiscono ‘moderati’ dalla Ghouta hanno lanciato i missili in maniera sistematica su tutte le chiese di Damasco, una per una. Questo lascia l’impressione che non si tratti di ‘moderati’ o di una sana ribellione, ma di terroristi e fondamentalisti che prendono di mira in modo particolare le chiese”.
“Viene il mattino” (pubblicato dalle Edizioni di Terra Santa, come il precedente “Un istante prima dell’alba”) è introdotto in forma di domande e risposte da Elena Bolognesi, così che il lettore possa farsi subito un’idea generale di quanto è successo negli ultimi anni e sta succedendo ad Aleppo. Può essere utile citare la successione dei capitoli (in genere riflessioni sulle esperienze vissute): “Risveglio dopo la tempesta”, “L’emergenza continua”, “La ricostruzione materiale”, “Ricostruire la persona”, “Essere Chiesa”, “Le malattie sociali dei cristiani”, “L’ecumenismo della sofferenza”, “Incontro all’altro: i nostri fratelli musulmani”, “La mia vita ad Aleppo: un cammino di disponibilità”, “Memoria e speranza”, “Le sfide all’interno della società: segni di morte”, “Vivere da cristiani nel tempo del caos”, “Ultime notizie da Aleppo”. Ricca (e anche commovente) la galleria fotografica, nutrita la parte dei documenti in appendice.
ALEPPO: CASE DA RIPARARE, CUORI DA GUARIRE (CON PREMESSA D’ATTUALITA’)- di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 12 giugno 2018
IL CIMITERO DELL’INFORMAZIONE – Sebastiano Caputo
Sebastiano Caputo, giornalista e pubblicista dal 2013 e ideatore della rivista “L’Intellettuale Dissidente“, racconta davanti alle videocamere di Byoblu il suo nuovo libro “Alle porte di Damasco“, il diario del suo viaggio in Siria dove ricostruisce la cronistoria del conflitto siriano dal 2011 a oggi. Un conflitto che, tra le altre cose, ha portato allo scoperto anche… “il cimitero dell’informazione”.
https://www.byoblu.com/2018/06/09/il-cimitero-dellinformazione-sebastiano-caputo/
Chi gioca sulla pelle dei migranti
Matteo Salvini sta proseguendo la stessa "guerra asimmetrica" del suo precedessore Marco Minniti con altri mezzi
Chiudere i porti è un atto politico che mira a fermare questa orrenda tratta di essere umani, ma soprattutto lancia un messaggio forte all’Europa che dal 2011 ad oggi, oltre ad aver ordinato attraverso Francia e Inghilterra la destabilizzazione della Libia di Gheddafi, è rimasta a guardare la Guardia Costiera Italiana, sola nel Mediterraneo, tirare fuori dall’acqua un’infinità di vite umane. Il razzismo imputato al governo Conte è privo di senso, perché paradossalmente a orientarlo è proprio un buon senso mescolato ad un sano pragmatismo. Il portavoce della Guardia costiera libica Ayoub Qassem lo ha detto chiaramente: “la chiusura dei porti farà diminuire partenze”. E’ pura logica: se da un lato dunque si ostacolano i trafficanti, veri businessman della morte, dall’altro si lotta contro l’annegamento dei migranti.
Ma c’è chi non vuol vedere e continua ad attaccare sul piano ideologico-emotivo la decisione del ministro degli Interni Matteo Salvini – presa in accordo con il pentastellato Danilo Toninelli – che in realtà sta proseguendo la stessa “guerra asimmetrica” del suo precedessore Marco Minniti con altri mezzi (e toni). Perché di una “guerra asimmetrica” si tratta. A spiegare questa tesi è un libro dal titolo Armi di migrazione di massa. Deportazione, coercizione e politica estera (pagine 482, euro 20, LEG Edizioni, prefazione di Sergio Romano) scritto da Kelly M. Greenhill, studiosa e ricercatrice americana, in cui spiega perfettamente – con numeri, dati e fatti storici – come il fenomeno delle migrazioni si è trasformato in un’arma di coercizione per indebolire uno Stato o demonizzarne un governo. E che lo vogliano o meno, le ONG, dietro alle argomentazioni lacrimevoli, stanno combattendo in prima linea, anche loro, sulla pelle dei migranti. Il recente caso della nave Aquarius, rientra perfettamente nello schema tracciato dalla Greenhill che lei stessa definisce Coercive engineered migration (dall’inglese “migrazione coercitiva progettata”), proprio perché queste imbarcazioni private non svolgono solo attività di soccorso bensì si recano direttamente nelle acque libiche per prelevare i migranti e portarli in Europa. Nel libro questa sorta di organizzazioni non governative sembrano rientrare nella categoria degli “agenti provocatori” ovvero quei soggetti terzi rispetto agli Stati, che in qualche modo possono trasformare una crisi limitata in una crisi di ampie proporzioni, facendo pressione, orientando l’opinione pubblica e le azioni umanitarie, al punto di sovvertire un’intera struttura statuale.
La decisione del governo Conte di chiudere i porti dunque – che rafforza il Codice di Condotta sulle ONG approvato in passato – è l’atto politico più legittimo ed efficace per contrastare questa forma di coercizione asimmetrica. Oltre a mantenere questa linea di fronte alle critiche, occorre però andare fino in fondo e pronunciare la stessa identica fermezza quando i vertici della NATO chiederanno di utilizzare le nostre basi militari per bombardare Paesi sovrani e appoggiare nuove guerre “umanitarie” nel Mediterraneo che alimentano quella stessa orrenda tratta di essere umani. E a proposito di toni, lo slogan non deve essere “aiutiamoli a casa a loro” ma “aiutiamoli a casa loro, perché quella è casa loro”. Perché il futuro non è qui ma in quelle terre piene di fierezza, dignità, orgoglio, e con le quali è necessario avviare progetti di cooperazione – laddove i governi sono indesiderati o incapaci di agire – con rispetto, lealtà e profonda amicizia. Oltre ad essere giusta è l’unica via percorribile per resistere simbolicamente ai coercitori che ora sfruttano i migranti, una seconda volta, con fini politici. Sarà un’estate lunga, e non bisognerà fare nemmeno un passo indietro.
di Sebastiano Caputo - 12 giugno 2018
http://www.lintellettualedissidente.it/editoriale/chi-gioca-sulla-pelle-dei-migranti/
Nessuna morale da Francia e Spagna
Le critiche sono sempre ben accette se emesse con criterio e coerenza. In tal senso la Francia e la Spagna, in fatto di immigrazione, non hanno per nulla la coscienza pulita.
Matteo Salvini ha fatto della lotta all’immigrazione clandestina il principale tema della sua campagna elettorale, promettendo un nuovo corso politico basato sul ripristino dell’importanza dei confini nazionali, sul contrasto al traffico degli esseri umani e sulla linea dura contro le numerose organizzazioni non governative operanti nel Mediterraneo che dal 2014 hanno trasformato l’Italia, con il tacito assenso dei governi Renzi e Gentiloni, nel principale punto d’arrivo dei migranti in fuga da Medio Oriente e Africa.
L’Aquarius, una nave da ricerca e soccorso di proprietà dell’organizzazione non governativa SOS Méditerranée, battente bandiera di Gibilterra, ha lanciato la prima importante sfida al governo Conte. Una sfida che l’esecutivo ha raccolto e vinto, nonostante l’intensa campagna propagandistica messa in atto dall’intellighenzia pseudo-intellettuale anti-italiana rappresentata dal fronte Saviano-Tommasi-Strada e sostenuta all’unisono dal mondo mediatico e dello spettacolo e dall’opposizione a guida piddina.
L’equipaggio dell’Aquarius era intenzionato a scaricare in Italia le 629 persone a bordo, nonostante le concessioni dei porti pervenute da Malta e Spagna in seguito ad un delicato lavoro di pressione diplomatica, non aveva risposto alla richiesta avanzata da Salvini di poter trasferire soltanto le donne incinte e coloro dallo stato fisico più precario, e aveva sprecato un’intera giornata lungo il confine italo-maltese sostenendo di non aver ricevuto alcuna direttiva da parte italiana e spagnola inerente la possibilità d’attracco a Valencia, quindi paventando l’imminente fine delle scorte di acqua e viveri e le pessime condizioni meteo-marine. I rischi di uno spaccamento tra Lega e Movimento 5 Stelle ci sono stati, alla luce della campagna d’odio lanciata contro l’esecutivo, ma infine hanno prevalso il buonsenso e la solidarietà ai fini dell’unità nazionale.
Il governo Sanchez ha annunciato che si prenderà la responsabilità del carico dell’Aquarius, ribadendo allo stesso tempo che forse farà ricorso in sede internazionale per sanzionare l’Italia di quanto avvenuto. Gabriel Attal, il portavoce di En Marche!, il partito del presidente Emmanuel Macron, ha dichiarato che la posizione del governo Conte è stata vomitevole.
La Spagna è lo stesso paese che mantiene in territorio marocchino due realtà coloniali quali Ceuta e Melilla, difese attraverso una barriera di separazione sorvegliata e l’utilizzo della forza da parte della autorità di confine.
La Francia è invece quel paese in cui i cittadini delle ex colonie sono stati stipati in quartieri-dormitorio lontani anni luce dai centri cittadini, privi dei servizi di base essenziali e aiutati soltanto nell’apprendimento della lingua francese. Sotto l’egida di Macron ci sono stati respingimenti violenti dei rifugiati lungo il confine con la Liguria e con il Piemonte, culminati lo scorso marzo nella morte di una donna nigeriana, incinta, respinta mentre tentava di attraversare le Alpi, deceduta per gli stenti e per la mancata assistenza medica, ma non prima di dare alla luce una nuova vita all’ospedale sant’Anna di Torino.
L’intera galassia gialloverde si è schierata a difesa della linea dura di Salvini, soprattutto dopo i commenti provenienti da parte francese: Luigi di Maio, Alessandro di Battista, il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Danilo Toninelli, ed anche alcuni commentatori e giornalisti non considerabili come dei simpatizzanti del nuovo governo, ad esempio Enrico Mentana, hanno rispedito le offese al mittente.
Le offese provenienti da En Marche! avrebbero spinto il primo ministro Conte a valutare l’annullamento del vertice previsto per venerdì con Macron. Non si tratta di semplici indiscrezioni, dal momento che sono state anche commentate dal ministro Toninelli, che su Radio 105 si è detto contrario ad un annullamento, ma anche contrario a dialogare con chi lancia accuse infondate.
Mentre la Germania ha manifestato una posizione più cauta rispetto a quelle di Francia e Spagna, i premier di Ungheria, Slovacchia e Austria hanno dichiarato d’appoggiare la linea dura sull’immigrazione clandestina seguita dal nuovo governo; un segno che l’Unione Europea è sempre più divisa e che la rivoluzione del buonsenso del governo del cambiamento sta racimolando più consensi di quanto il mondo mediatico, gli intellettuali e l’opposizione a guida piddina non vogliano ammettere.
La sfida dell’Aquarius è stata indubbiamente il primo, importante banco di prova per il nuovo esecutivo che, pur condensando posizioni diverse al proprio interno, si è rivelato molto più unito e solidale di quanto la propaganda antigovernativa si aspettasse.
Un governo che concretizza le promesse elettorali nel giro di una settimana e la solidarietà tra forze politiche unitesi per il conseguimento del bene comune, due eventi ai quali l’Italia non era più abituata dai tempi della Prima Repubblica, assefuattta dalla spettacolarizzazione della politica, dal trasformismo e dal personalismo dell’era berlusconiana.
Dopo la prova di forza contro le organizzazioni non governative adesso serve l’abilità di difendere l’interesse nazionale internazionale, ossia l’abbandono della folle retorica antirussa e dell’appiattimento alle direttive franco-tedesche, la difesa dei confini e il ripristino dell’ordine pubblico ma, soprattutto, scegliere da che parte stare nella guerra fredda tra Stati Uniti e Germania.
Intanto, la prima partita è stata vinta con tenacia e gioco di squadra, avanti i prossimi e palla al centro.
di Emanuel Pietrobon - 13 giugno 2018
http://www.lintellettualedissidente.it/cartucce/aquarius-governo-conte-immigrazione-macron/
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