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Accedet homo ad cor altum, et exaltabitur Deus (Sal 63, 7-8).
Una delle ultime trovate di curiali e “teologi” per derubricare i peccati gravi è quella che li dichiara, a determinate condizioni, non imputabili. A parte il caso della totale infermità mentale, in realtà, le circostanze che annullano la responsabilità individuale – come abbiamo già ricordato altre volte – si riducono a quattro: errore o ignoranza invincibili, violenza e timore grave. A prescindere dal grado di imputabilità soggettiva di un singolo atto, in ogni caso, gli atti intrinsecamente cattivi sono pur sempre offese oggettive a Dio e, quindi, vanno comunque evitati in tutti i modi, senza riguardo al motivo o alla situazione. Che dire, poi, se si tratta di un peccato mortale continuato, come quello di un divorziato che si è risposato civilmente, o se, anche senza porsi in stato di adulterio permanente, una persona viene deliberatamente meno, abbandonando il coniuge e la famiglia, agli obblighi che si è assunti con il matrimonio? La si giustificherà con un criterio imponderabile e totalmente alieno dalla fede nella grazia del sacramento, del tipo: «Il rapporto non funzionava»?
Di fronte a tale deriva apostatica di certa gerarchia cattolica, anche ai massimi livelli, tutti ci stiamo chiedendo come reagire, ma nell’urgenza dei tempi rischiamo di cadere in trappole ben nascoste. Da una carenza di visione soprannaturale, che si manifesta in uno sguardo essenzialmente secolarizzato sulla Chiesa, nasce o la tentazione di trovare illusorie soluzioni rapide che, risparmiandoci la fatica della lotta e dell’attesa, ci assicurino una salvezza a buon mercato in false spiritualità alienanti o, al contrario, quella di ergerci a “salvatori della patria” in aperta ribellione all’autorità costituita, anche a costo di finire scomunicati. Al di là dei gravissimi mali che affliggono la Chiesa militante, però, la sua origine divina e l’onnipotente volontà del Fondatore ne escludono a priori l’estinzione, pur senza impedirne un temporaneo oscuramento da Lui permesso; il Salvatore, d’altra parte, sollecita la nostra collaborazione attiva, purché sia umile, paziente e fiduciosa.
Una delle più insidiose tattiche del diavolo (oltre a quella di logorare la nostra fede nella completa signoria di Cristo sulla storia umana, portandoci allo scoraggiamento e alla confusione) è quella di farci concentrare su noi stessi e sulla nostra azione come se la salvezza dipendesse principalmente da essa, distogliendo così le nostre anime dal loro centro vitale, l’unione con Dio. A lungo andare, pur nella sincera convinzione di lavorare per Lui e per la Sua gloria, si può finire in questo caso col lasciarlo completamente fuori, fino al punto di non nominarlo nemmeno più o di inserirlo d’ufficio nel discorso come un concetto astratto o una presenza ingombrante. La conversione non può fissarsi a uno stadio imperfetto come se fosse quello definitivo, ma deve progredire sempre più verso la santità, che non è certo fatta di parole. Lo Spirito Santo – se lo ascoltiamo davvero – ci sospinge a penetrare nel cuore profondo, perché solo così Dio sarà veramente esaltato.
Questo non significa gettare la spugna e ritirarsi dall’agone per cercare un comodo rifugio in un alienante intimismo; bisogna invece procedere di pari passo su entrambe le coordinate: la profondità dell’unione con Dio, un’azione ispirata e sostenuta dalla Sua grazia. Pochi sanno che la spiritualità di santa Teresa d’Avila, che rappresenta una vetta della mistica cattolica, ha un’anima ardentemente apostolica: con la preghiera e il lavoro, le sue suore dovevano prender parte alla battaglia contro il flagello luterano per il trionfo della vera fede, di concerto con i guerrieri attivi sul campo, come gesuiti e cappuccini. La straordinaria rifioritura della Chiesa al tempo del Concilio di Trento fu dovuta, oltre all’attuazione dei suoi decreti, a uomini e donne che, come lei, avevano fatto una decisiva esperienza di Dio e vivevano in continua orazione: san Giovanni della Croce, sant’Ignazio di Loyola, san Filippo Neri, san Carlo Borromeo, san Francesco di Sales… per non parlare dei tanti altri santi vescovi e fondatori della medesima epoca.
Quando non se ne può proprio più, allora, bisogna anche esprimere, sia pure in modo controllato, la propria rabbia e il proprio dolore; ma poi occorre rientrare in sé stessi, per non ritrovarsi a fare il gioco del demonio lasciandosi da lui disperdere all’esterno con pretesti apparentemente buoni e dimenticando la propria missione primaria: quella di fare, con una costante offerta, riparazione e preghiera, da sbarramento alla bocca dell’Inferno. Questo deve avvenire nei due sensi: per impedire ai diavoli di uscirne, per trattenere le anime dal precipitarvi. A sguardo umano potrà sembrare una missione decisamente impossibile, ma se, con l’aiuto della grazia, la accettiamo con fede risoluta e in essa perseveriamo sino alla fine, un giorno ci sbigottiremo nel vedere i frutti che avrà portato e scoppieremo di gioia nell’incontrare quanti, anche grazie ad essa, si saranno salvati.
Già san Pietro, ai cristiani provati nella fede dall’apparente ritardo nell’adempimento delle promesse divine, doveva ricordare, tenendo desta la loro mente con le sue esortazioni, di rimanere aggrappati alle predizioni dei Profeti, alla dottrina degli Apostoli e ai precetti del Signore. Agli ingannatori che negli ultimi tempi avrebbero beffardamente rinfacciato ai credenti che dall’inizio della creazione nulla era cambiato, bisognava rammentare che il mondo già una volta era stato punito con il diluvio e che, quando meno se lo sarebbero aspettati, sarebbe stato purificato col fuoco. Dio non misura il tempo come gli uomini, ma usa pazienza per dare a tutti la possibilità di convertirsi. Quale non dev’essere allora, in questa prospettiva, la condotta e la pietà dei cristiani che attendono e affrettano la venuta del Signore? Se andiamo verso nuovi cieli e terra nuova in cui abiterà la giustizia, dobbiamo fare in modo di esser da Lui trovati integri e immacolati, considerando la Sua longanimità un’occasione di salvezza (cf. 2 Pt 3, 1-15).
Cinquant’anni di desistenza della Chiesa Cattolica e cinque di positiva cooperazione con le agenzie della rivoluzione hanno dato ai loro sgherri un’arroganza sfrontata che non ammette più limiti e non risparmia più nulla. Tra artisti, studiosi, attori, cantanti, giornalisti, conduttori, politici, attivisti, preti e pastori protestanti è una vera e propria gara di indecenze, bestemmie e dissacrazioni. Chi permette al diavolo di impadronirsi della sua mente per mezzo di idee sballate e della sua volontà con abitudini perverse è da lui trascinato sempre più lontano. Finché la Chiesa faceva da argine al dilagare di tale demenza sovvertitrice, tuttavia, gli agenti dell’Inferno sulla terra non osavano alzare il capo più di tanto e operavano nell’ombra. Se ora son venuti allo scoperto, è perché vedono che nessuno li sta più contrastando efficacemente e che la gente, inebetita dal circo mediatico, assuefatta a volgarità di ogni genere, è pronta a qualsiasi esperimento.
Per poter resistere al ributtante spettacolo che è appena all’inizio, dobbiamo compiere scelte ben precise. Tempo ed energie vanno spesi soprattutto a contemplare e assorbire ciò che è vero, buono e bello, piuttosto che a fissarsi sul marcio. Nel secondo caso rischiamo di fare, nostro malgrado, il gioco del nemico, consumandoci nella rabbia e nella frustrazione, dando rilievo e risonanza alle sue manovre ed esponendoci anzi al pericolo di essere da lui insensibilmente contagiati. La potenza e la perfidia della macchina infernale che ci troviamo a combattere è ben oltre la nostra immaginazione; di conseguenza è imperativo cercare guida in Dio e sostegno nella Sua grazia. Chi non è radicato nella vita dello Spirito, in questa battaglia, si farà bruciare senza neanche accorgersene. Questo – lo ribadisco ancora una volta – non significa andare a caccia di presunti veggenti, messaggi, segreti e apparizioni: tutto ciò, oltre a costituire un vero e proprio business, fa parte di una strategia mirante a fuorviare chi è sulla retta via e non si lascia sedurre con i mezzi ordinari.
Le nostre armi principali, oltre ai Sacramenti, devono essere la recita del Rosario, la meditazione della Sacra Scrittura, la lettura di vite e scritti dei Santi, senza dimenticare un umile, discreto e costante esercizio della carità, specie quando ci è più molesto. Esiste una virtù eroica che si pratica nel grigiore e nell’anonimato della quotidianità, ma che è tanto più fruttuosa e meritevole quanto più è solo Dio a vederla: è un dono esclusivo e nascosto che Gli facciamo per puro amore e che può esser visto da un altro unicamente se serve alla sua conversione ed edificazione. Se ne abbiamo la possibilità, rifugiamoci il più spesso possibile davanti al Tabernacolo o, i più fortunati, davanti al Santissimo esposto sull’altare (purché lo sia in modo degno, senza esser lasciato all’irriverenza o all’indifferenza). Nella misura delle nostre forze facciamo penitenza, offrendo in più tutto ciò che ci tocca sopportare, anche in chiesa e a Messa, con la compunta umiltà di chi sa bene che se Qualcuno, per pura grazia, non lo avesse scelto e tirato fuori dal marasma, ci starebbe dentro pure lui fino al collo.
«Chi mi condurrà nella città fortificata […]? Non forse tu, o Dio, che ci hai respinti […]? Portaci soccorso dalla tribolazione, perché vana è la salvezza dell’uomo. In Dio compiremo atti di potenza ed egli stesso ridurrà a nulla i nostri nemici» (Sal 107, 11-14). Vedete come la Parola divina ci descrive la sinergia tra natura e grazia? L’azione decisiva è quella del Signore, ma Egli si serve di noi – che da soli saremmo spacciati – e con immensa degnazione ci coinvolge nella Sua santa opera. Per questo dobbiamo essere continuamente connessi a Lui, più che alla Rete, così da poter ascoltare la voce di Gesù e captare il segnale dello Spirito Santo. Far da barriera all’Inferno è un compito arduo, ma inderogabile: se l’argine all’alluvione di fango è saltato, bisogna costruirne uno sul piano spirituale, in attesa che il Cielo si degni, se lo avremo meritato, di riedificare quello istituzionale, che pure è necessario.
Gesù, Maria, vi amo: salvate anime (Serva di Dio suor Maria Consolata Betrone).
Pubblicato da Elia
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