Molte persone si soffermano su un brano del Vangelo e ci chiedono: “Ad un certo punto Matteo,5.21-37, dice Gesù ha detto: Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.”
E allora: “Ma Gesù con chi ce l’ha? Chi intende per “pazzo”? E se uno è pazzo e dice cose da pazzo, perché non dovremmo dargli del pazzo? Che c’è di male a dire “pazzo” a uno? Ma perché mai Gesù se la prende tanto con questa parola, e lo fa indignare tanto? Del resto, è lo stesso Gesù che non lesina termini quantomeno ingiuriosi a chi lo fa indignare “stolti”, “razza di vipere”, “ipocriti”, a Pietro addirittura dice “vattene via figlio del demonio”. Ma allora?
Queste dunque, le domande incalzanti che ci propongono. Vediamo allora di schiarirci le idee, spiegando il vero senso di quelle parole in Matteo, perché tanto alterano il Cristo.
Non esiste un trattato patristico, specifico, sull’argomento, tuttavia la dinamica interpretativa ruota attorno a tutto il contesto della cosiddetta “nuova legge” che Gesù venne a sigillare col proprio sacrificio della Croce.
Ci faremo aiutare dal famoso sacerdote Ricciotti ( 1890-1964) presbitero, biblista e archeologo italiano, studioso di storia del Cristianesimo e medaglia d’oro al valor militare (come cappellano) nella prima guerra mondiale, che scrisse “La vita di Gesù Cristo” e si prese cura delle relative note riportate nella Bibbia degli anni Quaranta.
Il Discorso del Signore non vuole assolutizzare i termini, piuttosto risponde ad una serie di domande provocatorie dei farisei, le tre mancanze citate in questo contesto vanno inserite nel lungo contesto che parte dalla legge e i profeti, poco prima infatti Gesù aveva detto: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt.5,17).
In definitiva, spiega il Ricciotti, in questi passi si distinguono tre mancanze contro la carità verso il prossimo, a cui corrispondono tre specie di tribunali che dovranno giudicarle ed eventualmente punirle o purificarle. La semplice ira contro il prossimo è già degna d’essere giudicata dall’ordinario tribunale locale. Se l’ira è accompagnata da un insulto, quale chiamare Raca (-sciocco) una persona, è degna di essere deferita al tribunale supremo della nazione ch’era, all’epoca, il Sinedrio stabilito a Gerusalemme. Se infine si giungerà a chiamare il prossimo “Stolto”, che equivaleva a “empio” e poi ad “ateo”, il colpevole è meritevole del fuoco della Geenna.
In un sermone così la spiega sant’Antonio di Padova: “Chi non si adira, non uccide; la libertà di adirarsi può essere causa di omicidio. Elimina l’ira e non ci sarà più omicidio. L’ira consiste in ogni cattivo impulso a far del male; l’impulso improvviso, al quale non si acconsente, è una pre-passione, cioè, una malattia interiore. Se vi si aggiunge il consenso, diventa passione, ed è la morte in casa. In questi peccati c’è una gradazione. Il primo stadio consiste nell’arrabbiarsi e nel conservare questo impulso dell’animo, Il secondo quando questo impulso fa alzare la voce e dire cose che feriscono colui con il quale si è arrabbiati. Il terzo quando si arriva a veri e propri insulti e ingiurie, a volte fino all’estremo, con l’omicidio. Parimenti c’è una gradazione anche nella pena.” (Sermoni – Domenica VI dopo Pentecoste). Naturalmente da non confondere con la biblica “ira divina” che nulla ha che vedere con la nostra.
Ma Gesù con chi ce l’ha? Chi e cosa intende per “pazzo”?
Come abbiamo già compreso da queste brevi esposizioni, in Matteo ci viene insegnato come Gesù interpretava e spiegava la Legge di Dio. Cinque volte ripete la frase: “Avete inteso che fu detto agli antichi, ma io vi dico che…!” (Mt 5,21.27.33.38.43). Gesù non assolutizza i termini, non sta parlando di chi, in modo folle, lo combatte o remando contro Dio lo si definirebbe “stolto, pazzo”, la Bibbia stessa usa questo termine in tredici occasioni diverse. Il problema è più a monte. Un esempio chiaro lo troviamo anche in Matteo 19,1-12 sulla questione del divorzio: Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova… il discorso è eloquente: Gli obiettarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via?». Rispose loro Gesù: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio».
Secondo la mentalità dei farisei, Gesù stava eliminando la legge. Ma era esattamente il contrario. Lui diceva: “Non pensate che sono venuto ad abolire la Legge ed i Profeti. Non sono venuto ad abolire, ma a completare”. Dinanzi alla Legge di Mosè, Gesù ha un atteggiamento di rottura e di continuità: rottura con delle aggiunte alla Legge a causa “della durezza del loro cuore” e di continuità “ma dal principio non fu così” in quel ripristinare la vera Legge di Dio. Rompe, in sostanza, con le interpretazioni sbagliate che si rinchiudevano nella prigione della lettera, ma riafferma in modo categorico l’obiettivo ultimo della legge: raggiungere la giustizia maggiore, che è l’Amore, l’Amore di Dio per l’uomo. Gesù stesso definisce i due discepoli di Emmaus con queste parole: “Sciocchi (stolti) e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!” (Lc.24,24-27), non intendeva le persone, ma quella “durezza di cuore” che impediva loro di capire il vero senso delle Scritture.
E’ ovvio che Gesù non parla di chi da del pazzo a un pazzo clinicamente vero! O meglio, non è di questo genere di pazzia che il Signore sta parlando.
Ma è importante capire chi è il vero “pazzo” descritto nella Bibbia.
“Sono venuti i giorni del castigo, sono giunti i giorni del rendiconto, – Israele lo sappia: un pazzo è il profeta, l’uomo ispirato vaneggia – a causa delle tue molte iniquità, per la gravità del tuo affronto” (Osea 9,7); “Per qualunque via lo stolto cammini è privo di senno e di ognuno dice: «È un pazzo»” (Eccl.10.3). In tal senso “pazzo o stolto” è colui che rema contro Dio, che uccide i profeti, che li prende in giro come nel caso di Davide (1Sam.21,1-15). La rivoluzione del Cristo sta alla radice: “Le parole calme dei saggi si ascoltano più delle grida di chi domina fra i pazzi” (Eccl.9,17).
Nel momento in cui Gesù è venuto a formare un “nuovo popolo”, una folta comunità di figli redenti e che, tramite il Battesimo ha acquisito una nuova ed autentica figliolanza, ed ha ricevuto una eredità divina, il “pazzo” o la scusa per definire pazzo qualcuno, viene meno, lo spiegano gli Apostoli stessi: “non rendete male per male, od oltraggio per oltraggio, ma, al contrario, benedite; poiché a questo siete stati chiamati affinché ereditiate la benedizione” (1Pietro 3,9); così come c’è un “adirarsi” giusto, ma che non deve prevalere: “Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sopra la vostra ira e non fate posto al diavolo” (Efesini 4,26-27). E’ ovvio poi che non tutte le singole frasi di Gesù vanno prese letteralmente, ma piuttosto bisogna scavare dentro (teologia-apologetica) e nel contesto, per comprenderne il vero senso.
E’ improbabile infatti che Matteo abbia voluto mettere i cristiani sotto la giurisdizione del Sinedrio, il famoso tribunale che per altro non esisteva già più dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. o come quando Gesù dirà: “Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna ” (Mt.5,29-30), è ovvio che Gesù non vuole che ci mutiliamo gli arti, così come invece è letterale il passo precedente: ” Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt.5,27-28) e questo perchè è dal cuore che nascono i sentimenti buoni o cattivi, giusti o ingiusti, santi o perversi e le azioni non sono altro che il frutto di ciò che il cuore ha elaborato nel pensiero.
In definitiva la nuova Legge portata da Gesù invita certo ad OPPORSI a chi fa il male, ma non ripagando con la stessa moneta, cioè, riguardo alla PERSONA a non rispondere con violenza alla violenza per evitare essi stessi ogni forma di rappresaglia e per sancire il diritto di Dio sulla vera giustizia. L’opposizione vera al male, al peccato, è LA PREDICAZIONE DELLA VERITA’ la quale, come ha fatto Gesù, non comporta mai una violenza alle persone, ma la giusta condanna dell’errore, fino a pagare semmai con la propria vita.
In sostanza è l’uomo nuovo, battezzato e perciò redento, che non deve dare adito ad essere definito “pazzo”: “Se, per esempio, quando si raduna tutta la comunità, tutti parlassero con il dono delle lingue e sopraggiungessero dei non iniziati o non credenti, non direbbero forse che siete pazzi?” (1Corinzi 14,23). Se dunque, tal figlio redento, verrà definito pazzo o stolto solo perchè predica il giusto, benedice, ammonisce, allora riceverà la vera ricompensa da Dio, e sarà Dio stesso a difenderlo.
“La vostra giustizia deve superare quella dei farisei“, questo primo verso dà la chiave generale di tutto ciò che segue in Mt 5,20-48. L’evangelista indica alle comunità come devono praticare la giustizia più grande che supera la giustizia degli scribi e dei farisei e che porterà all’osservanza piena della legge, perciò, dice il Signore: Voi avete udito che fu detto…. Io invece dico a voi….
Per questo aggiunge subito dopo dal vv.23 “Se dunque tu, nel fare la tua offerta sull’altare, ti rammenti che il tuo fratello ha qualcosa contro di te (ti ha dato dello Stolto, ti ha detto che sei uno sciocco), lascia lì la tua offerta davanti all’altare e và prima a riconciliarti col tuo fratello; poi ritorna a fare l’offerta….” E il discorso continua al vv.25 Gesù consiglia quanto sia più saggio trovare un accordo con l’avversario, prima che lui “ti consegni al giudice e questi alle guardie e tu venga gettato nel carcere, dal quale (e qui Nostro Signore ci ricorda anche il purgatorio) non ne uscirai fino a quando non avrai pagato fino all’ultimo centesimo….”
Seguono infatti ulteriori consigli, la cosiddetta “nuova legge” basata sulle azioni: Il perdono delle offese; l’elemosina; la preghiera; il digiuno; tesori in cielo; occhio e cuori puri; le vane preoccupazioni e la fede nella Provvidenza.
Ma che c’è di male a dire “pazzo” a uno? Ma perché mai Gesù se la prende tanto con questa parola, e lo fa indignare tanto?
Riconciliare e vera giustizia. Questi i due punti su cui maggiormente insiste il vangelo di Matteo: la riconciliazione, poiché nelle comunità di quell’epoca c’erano molte tensioni tra i gruppi con tendenze diverse, senza dialogo. Nessuno voleva cedere dinanzi all’altro, l’arroganza e la superbia primeggiavano usando la Legge di Dio in modo sbagliato. Matteo illumina questa situazione con parole di Gesù sulla riconciliazione che richiedono accoglienza e comprensione. Poiché l’unico peccato che Dio non riesce a perdonare è la nostra mancanza di perdono agli altri (cfr Mt 6,14), del resto è quello che chiediamo nel Padre Nostro… Per questo: cerca la riconciliazione, prima che sia troppo tardi!
L’ideale della giustizia più grande e più vera, la ritroviamo in tutti e quattro i Vangeli. Per cinque volte, Gesù cita un comandamento o un’usanza dell’antica legge: Non uccidere (Mt 5,21), Non commettere adulterio (Mt 5,27), Non giurare il falso (Mt 5,33), Occhio per occhio, dente per dente (Mt 5,38), Amare il prossimo e odiare il nemico (Mt 5,43), e così via. E per cinque volte, critica il modo antico – detto poi fariseismo – di osservare questi comandamenti ed indica un cammino nuovo per raggiungere la giustizia, l’obiettivo della legge (Mt 5,22-26; 5, 28-32; 5,34-37; 5,39-42; 5,44-48). La parola Giustizia è presente sette volte nel Vangelo di Matteo (Mt 3,15; 5,6.10.20; 6,1.33; 21,32). L’ideale religioso dei giudei dell’epoca era “essere giusti davanti a Dio”. I farisei insegnavano: “La persona raggiunge la giustizia davanti a Dio quando osserva tutte le norme della legge in tutti i suoi dettagli!”.
Ma questo insegnamento generava un’oppressione legalistica e produceva molte angosce alle persone di buona volontà, poiché era molto difficile che una persona potesse osservare tutte le norme (Rm. 7,21-24), specialmente perchè non esisteva la “predicazione” la quale nasce proprio per spiegare la Legge, soprattutto poi con l’esempio di una vita concreta, e aiutare l’uomo a comprenderla. Così, lo stesso concetto DELL’AMORE DI DIO non è affatto quello umano, profano, sentimentale o del misericordismo tanto in voga oggi…. I Comandamenti, predicati con l’esempio di Gesù, allora diventa quel vero AMORE a cui l’uomo naturale tende. Vivere i Comandamenti per Amore e non per costrizione, questo insegna Gesù che però, d’altra parte, quel “non costringere” come facevano i farisei, non significa che poi si è liberi di compiere il MALE, in questo senso, come abbiamo specificato, è Gesù stesso che definisce “stolto” chi non RIFIUTA la Legge di Dio.
Infatti, l’esempio portato da Gesù non considera il caso che si abbia qualcosa contro l’altro, e per giunta qualcosa di contrario e giusto a riguardo, per esempio, delle dispute sulla sana dottrina , si legga anche qui, o per un risentimento più o meno giustificato, egli stesso reagì pesantemente contro i “mercanti nel tempio” (Mt.21.12-13/ Gv 6,4).
Piuttosto, Gesù viene a portare una rivoluzione anche nei rapporti fra le persone, è sufficiente sapere che “un altro ha qualcosa contro di me”, affinchè io stesso faccia quel primo passo verso la riconciliazione o per ristabilire la vera pace, se l’altro rifiuta la pace allora non è più un problema “mio”. Imitare Gesù è proprio questo agire come Lui ha agito verso di noi. Non ci ha definiti pazzi, ma ci dice certamente stolti se rifiutiamo il suo Amore che ci preclude il Paradiso, la beatitudine eterna; ci ha detto che noi siamo “malati” e Lui è il nostro medico: chi è allora quel “pazzo” che riconoscendosi malato non va dal medico per farsi curare? E al contrario il “pazzo” è considerato colui che segue il Cristo.
Per Gesù, la giustizia non viene da ciò che faccio io per il Signore osservando la legge, ma da ciò che Dio fa per me, accogliendomi con amore, come un figlio, una figlia. Il nuovo ideale che Gesù propone è questo: “Essere perfetto come il Padre del cielo è perfetto!” (Mt 5,48). Ciò vuol dire: io sarò giusto davanti a Dio, se cerco di accogliere e perdonare le persone come Dio mi accoglie e mi perdona gratuitamente, malgrado i miei molti difetti e peccati. In definitiva è anche il caso di chi non sa trattenere l’ira, ma la sfoga con parole ingiuriose e soprattutto scagliandosi ingiustamente contro chi “pazzo-stolto” non lo è affatto. Gesù sottolinea queste parole che all’epoca (ma anche oggi) sono vituperio e disprezzo. Il vero discepolo del Cristo deve guardarsi da questi atteggiamenti (cfr. 2Pt.2,1-20) perchè se l’ira è lasciata allo sfogo, questa sarà sufficiente a rendere l’uomo reo di giudizio. Chi nell’ira offende e vilipende il proprio fratello, si rende come un reo dell’inferno. Si legga anche qui.
Chi dunque sono questi nostri “fratelli”?
Come abbiamo letto sopra, fratello è principalmente colui che è stato battezzato come noi e che è entrato nella comunità della Chiesa, dirà infatti san Paolo: “Non date motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio” (1Corinzi 10,32), e ancora: “E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito” (1Corinzi 12,13). Essere “perfetti come Dio” è, nella sostanza, la meta a cui deve tendere il vero discepolo di Cristo; la meta è certamente difficile, ma dovere del cristiano è questo avvicinarsi il più possibile.
Il nostro modello è allora il Cristo stesso, immagine del Dio invisibile, che davanti all’offesa più grave, non ha risposto o reagito come avrebbero meritato i suoi persecutori: “Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente” (1Pt.2,23). Mantenersi attenti a non venire meno alle tre mancanze contro la carità conduce, allora, alla via della perfezione ed evita che l’avversario possa trovare un qualche appiglio per trascinarti in tribunale, soprattutto davanti al tribunale di Dio.
Laudetur Jesus Christus
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