ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 7 luglio 2018

Rossi di vergogna

Gad, il Rolex e San Francesco



DI ROSANNA SPADINI
comedonchisciotte.org
L’appello di Gad Lerner per i migranti dal suo terrazzo assolato e col Rolex al polso, ha destato una serie di critiche sulla sua pagina Twitter. Il giornalista ha postato una foto con la camicia rossa in adesione all’appello «Maglietta rossa», un’iniziativa lanciata da Libera e altre associazioni che chiede alle persone di indossare – oggi – una maglietta rossa che è diventato il simbolo dei migranti morti in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa.  «È solo un piccolo gesto di attenzione, ma facciamolo #magliettarossa #7luglio per fermare l’emorragia di umanità», rappresentato naturalmente dal governo Salvimaio, e soprattutto da Salvini.

Gad ha inizialmente risposto con ironia alle critiche: «Se guarda bene, caro il mio proletario, ho anche il Rolex al polso», dice infatti a un commentatore che aveva commentato «bel terrazzo». «Il suo problema non è il Rolex ma l’assenza di senso del ridicolo», scrive qualcun altro.
Giusto commento per l’ambiguità di Gad (vera o interessata?), mettere in evidenza proprio la mancanza del senso del ridicolo e la cattiva fede di un giornalista, che dovrebbe diffondere le vere cause del fenomeno immigrazione e invece si piega ai diktat del capitale globalizzato.
Grandissimo Gad, ancora immerso nei vecchi schemi di un falso giornalismo politico, che ha rinunciato all’indagine profonda dei fenomeni, quindi relegato alla superficialità dell’indagine sociale e dei giudizi politico valoriali. La prassi per altro è ovvia, il dibattito pubblico gaddiano si deve necessariamente svolgere secondo principi stereotipati, discutere per concetti a grana grossa quando la realtà postmoderna è fatta di grana sottilissima, seguire ossessivamente la bussola ontologica del pensiero unico piddino, senza sentire la necessità di decidere caso per caso, odiare il nemico fascista, razzista, populista e adorare l’amico nero che arriva martoriato sulle navi delle santificate Ong.
Non importa se tutti noi siamo costretti a vivere in una bolla mediatica dove i network rappresentano il braccio armato del potere globalizzato, riprodotto magistralmente proprio dai volti insipidi e scialbi di Lerner, Boldrini, Renzi, Bersani, Cuperlo, D’Alema, Boeri… e tutta la ditta della cosiddetta sinistra.
Fascismo e razzismo esistono solo nelle loro denunce anacronistiche, per altro sostenute da persone che hanno ricalcato negli ultimi anni un razzismo al contrario, contro i milioni di giovani precari italiani, costretti ad espatriare all’estero per trovare un lavoro decente, contro i milioni di poveri italiani in continuo aumento, contro i numerosi imprenditori che si sono tolti la vita per il dissesto finanziario delle loro attività.
Peccato che il grande Gad non sia stato in grado di percepire la vera essenza del populismo di governo, che così rozzo e così brutale, ha però percepito nel profondo la realtà, quindi si è fatto carico di denunciare il verbo crudele delle politiche globalizzate, che negli ultimi trent’anni hanno fissato le coordinate per lo sgretolarsi del tessuto sociale, l’esaltazione della libertà dell’individuo a scapito della dimensione sociale, la volgarità di una libertà fasulla, che produce l’aumento dell’impotenza collettiva e la paralisi della politica, diventata sempre più insignificante.
Il vecchio Gad attinge al gigantesco cantiere del pensiero unico globalizzato, di cui lui fa  parte a pieno titolo, con i suoi profeti e architetti, pronti a celebrare prevedibili comportamenti sociali e a demonizzarne altri. Il pensiero obbligato, politically correct della falsa sinistra, che criminalizza e scomunica le idee divergenti, e anche la stessa libera indagine documentata dei fatti.
Su questi diktat sono state costruite fedeltà obbligate, che continuano ad oscurare il vero conflitto esistente, quello dell’eurocrazia mondialista contro il nazionalismo sovranista.
Il radical chic porta un rolex al polso e se ne fotte dei proletari che hanno perso il lavoro o che sono destinati ad un precariato a vita. Perché invece non dice che questo meccanismo di accoglienza, gestito da Ong e Cooperative varie, rappresenta una nuova tratta degli schiavi, su cui lucrano molti soggetti privi di scrupoli? Perché si mette alle dipendenze dell’affarismo mondialista, e cerca di colpire emotivamente l’elettorato, per permettere alle Ong di vendere il loro carico prezioso a qualche agenzia filantropica, mentre in realtà sono proprio loro gli aguzzini negrieri?
Perché non dice nulla dei sindacati liberisti, che stringono accordi con il capitale, destinando i proletari senza rolex a precarizzazione selvaggia o disoccupazione sistemica, e riducendo l’Italia ad economia da terzo mondo e a terra di sfruttamento, mentre i metalmeccanici tedeschi hanno raggiunto le 28 ore settimanali con aumento dei salari? Perché non dice che CgilCislUil  e Confindustria hanno osteggiato contratti decorosi per i lavoratori, e stanno già progettando privatizzazioni di fondi pensione, sanità privata, formazione sul lavoro, perché questo sembra essere diventato il loro primo interesse?
Dei «fascisti» al governo denuncia nei suoi tweet gli errori: il razzismo, l’inciviltà, la superficialità, l’astuta propaganda populista. Nulla di nuovo sotto il sole del resto, nel tempo liquido e selvaggio del fenomeno immigrazione, nessuno si sarebbe aspettato che Gad potesse capire.
Ma non dovrebbe sfuggire all’attenzione nemmeno che esiste un razzismo anche verso gli italiani, da parte di quelle forze politiche che hanno negato loro il lavoro, il welfare e un reddito minimo garantito che consenta di sopravvivere con dignità a questa crisi devastante, che arricchisce i pochi (proprio quel George Soros che finanzia le Ong) e affama i tanti.
Il neoliberismo mondialista del capitale domina ancora la propaganda mediatica, attraverso tv, network e talk show, quindi grazie alla sua posizione egemone, diffonde propaganda istituzionale pro-immigrazione e pro-eurocrazia, servendosi per altro di una pseudo «sinistra», censoria e mercenaria, che occupa storicamente tutti gli spazi «culturali» al fine di oscurare, delegittimare, criminalizzare e attaccare, i critici del modello economico proposto.
Li vediamo tutti i giorni a Omnibus, L’aria che tira, Tagadà, Otto e mezzo, In onda, Di Martedì, Porta a Porta…
Il metodo tipicamente fascista è il loro, perché impone quotidianamente la propria visione del mondo, senza ammettere alcuna replica, tacciata sempre e comunque d’immoralità, estremismo, populismo, irrazionalismo, nonché di fake news.
Basterebbe affermare che la sinistra è in profonda crisi da anni semplicemente perché ha smesso di fare la «sinistra», cioè di occuparsi dei problemi delle classi medie e di quelle meno abbienti. Si è fatta stordire dalle sirene del neoliberismo, dimenticando le proprie radici, ha abdicato al proprio ruolo di tutela dei più deboli, non ha combattuto contro la distruzione dei diritti sociali (libertà, sicurezza, lavoro, rapporti sociali, welfare), sostituiti talvolta solo da diritti detti civili (unioni civili, ius soli) e dal diritto di collaborare a portare guerra e distruzione al comando dei padroni del vapore (Nato, Usa), contro chi si sarebbe macchiato di violazione dei diritti umani (Afghanistan, Iraq, Libia, Siria).
Nel frattempo si è consolidata un’élite finanziaria sovranazionale, eurocratica, eminentemente atlantista, che attraverso l’accumulo di ricchezze, impensabili nel quadro della vecchia lotta di classe e con gli strumenti tecnologici di cui mantiene il monopolio, si assicura una concentrazione di potere senza precedenti nella storia. Processo che ha potuto avanzare senza incontrare grandi ostacoli grazie soprattutto alla complicità esplicita, di giornali, intellettuali e programmi, che si qualificano di sinistra. Una complicità a volte pienamente consapevole, e quindi colpevole, dovuta alla definitiva incomprensione dei nuovi rapporti di forza, alla mancata comprensione dei mutamenti radicali avvenuti nella società e nell’economia, alla sudditanza nei confronti dei dominanti.
Perché il vecchio Gad non racconta di come i vari soggetti della commedia hanno affrontato il fenomeno della fuga dei cervelli, giovani generazioni destinate a cercare lavoro all’estero, costretti dalla violenza di una globalizzazione che ha prodotto chiusura di fabbriche, perdita di posti di lavoro, migrazioni selvagge promotrici di dumping salariale e di ulteriori trasferimenti di ricchezza dal basso verso l’alto. La sinistra ha dimenticato le proprie origini, ha tradito i propri elettori e giustamente è destinata all’estinzione. Poco male, il fantasioso segretario del PD ha già in mente di dare vita ad un nuovo partito neoliberista, che segnerà definitivamente la fine della sinistra storica in Italia. E la cosa gli riuscirà perfettamente, perché è esperto nel mestiere di tagliare fondi al welfare, alla ridistribuzione della ricchezza e di fornirli invece al default bancario.
Le grandi inchieste giornalistiche degne di Gad potrebbero essere: i gatti neri sono fascisti o profughi? Gli italiani prima dell’euro vivevano nel mesozoico? L’Italia presto arriverà su Marte grazie agli immigrati? Ma Salvini è uno dei figli illegittimi di Adolf Hitler sparsi per il mondo?
Insomma, appare sempre più chiaro come Gad, Renzi, Martina, Boldrini &com si siano dati al  filantropismo francescano, sembra vogliano recuperate l’umiltà, la carità e l’ascolto del poverello di Assisi. Si dessero almeno alla vita ascetica e come Francesco, parlassero a frate sole e sorella luna, che magari solo i cardellini li potrebbero ascoltare.
Rosanna Spadini
Fonte: www.comedonchisciotte.org 07.07.2018


                          Rossi di vergogna

La risposta umanitaria delle anime belle alla noia borghese del sabato pomeriggio.

Inseguire le alzate di testa del variegato mondo del progressismo italiano costituisce un esercizio realmente complesso, di titanica pazienza e di ancor più dura sopportazione. Chi legge indossi i nostri panni: vorremmo discutere di storia e politica, classe e nazione, economia e Stato; contribuire alla crescita di un dibattito che nel tempo risulta sempre più articolato e perciò degno di attenzione e considerazione. A vent’anni (e rotti, ahinoi) vorremmo gettare ponti, costruire strade, rialzare il logoro e glorioso labaro della civiltà italiana e riportarlo dove merita, sostituendo alla viltà degli ultimi trent’anni il genio di trenta secoli.

Così però non è, e pertanto ci scusiamo in anticipo con il nostro unico padrone, il lettore. Dalle alte vette della teoria scendiamo a rotta di collo verso l’afa della pianura, nel grigio meriggio di un fine settimana di luglio. Cosa troviamo? L’ennesima iniziativa “umanitaria”, con hashtag e foto su Twitter d’ordinanza. L’inziativa de #magliettarossa andrebbe bellamente ignorata, visto che il promotore (quel don Ciotti che, secondo Vangelo, dovrebbe religiosamente valutare prima di scagliare per primo le pietre del j’accuse moraleggiante) e i vari aderenti costituiscono il meglio del nulla sinistrorso, l’intellighenzia senza intelligenza di un’area borghese e liberale che semplicemente schifa le masse e da esse (e da noi) è gentilmente ricambiata. D’altro canto, chi passa da Gramsci a Sua Santità Saviano I da Nuova York, chi ogni giorno dall’alto del pied-a-terre a Capalbio ruggisce contro i proletari lazzaroni, non merita altro che lo scherno e il silenzio. Oggi preferiamo il primo dei due rimedi.

Ci soffermiamo con la mano ferma del chirurgo che incide il bubbone soltanto per cogliere, ancora una volta, come si possa discendere senza problemi verso un abisso sempre più profondo e spaventoso, che inorridisce pensando a quanto tale schiatta abbia governato e saccheggiato l’Italia in ogni suo ramo per tre decenni. A maggior ragione, se si pensa che- seppur a eoni di distanza- le legioni del bene affondino le loro radici in un terreno “marxista” (ci perdoni la bonanima di Karl) e “operaio”, sintetizzato nel santino da portafoglio di Berlinguer (eh, quando c’era il piccì…).
Andiamo ai fatti. Ci informa Repubblica che

il 7 luglio è il giorno della magliette rosse, dunque, da portare sulla pelle per non dimenticare la tragedia dei migranti. Sono quelle che indossavano i bambini morti in mare, quelli riportati cadavere e fotografati sulle spiagge della Libia; quella del piccolo Alan recuperato morto poco dopo che il gommone sul quale viaggiava affondò nel settembre nel 2015; di rosso le mamme vestono i loro bambini prima della partenza sperando che, in caso di naufragio, quel colore richiami l’attenzione dei soccorritori.

Ora, ferma restando la decisa condanna alla tratta di esseri umani– che a costoro sfugge, in quanto il migrante per costoro è un simbolo e non un Uomo- quello che traspare è il classico minestrone di buonismo borghese, carità un tanto al chilo e retorica da parrocchia alla moda. Ci si aspetterebbe una forte presa di posizione sui meccanismi che portano alle tragedie nel Mediterraneo; un’analisi degli effetti dei fenomeni migratori sulle popolazioni di partenza e su quelle di destinazione; un ragionamento coraggioso in merito a chi profitta di tali orrori.

                        Rolex al polso e villa proletaria: sintesi perfetta.

Invece nulla. L’uso ossessivo dell’infanzia morta come cardine propagandistico dovrebbe già dare il segno della bassezza dell’iniziativa. Ancora una volta, la manfrina pietosa svela la truffa pecoreccia di simili iniziative, antipolitiche e perciò liberaliorganiche alla narrazione delle classi dominanti reazionarie. I meccanismi di indignazione che pensavamo ormai appartenessero soltanto all’Inghilterra vittoriana e allo schifoso sistema sociale statunitense costituiscono invece l’unica forma di presenza nella scena nazionale di una legione di idioti e burattini, esponenti di una borghesia miserabile ancora in grado di annaspare con il suo tanfo di morte gli italiani. Vuoti a perdere, essi devono riempire con un impegno da sabato pomeriggio l’inutilità della loro esistenza, seguendo per convenzione da gregge i buoni maestri del moralismo più meschino.

Siamo pertanto soddisfatti che il colore scelto sia il rosso, lo stesso di due secoli di battaglie operaie, vessillo dell’orgoglio e delle lotte di generazioni di lavoratori. Indosso ai loro petti rachitici e alle panze strabordanti, in terrazzi altoborghesi e su fisionomie lombrosiane, il vermiglio accesso segnala meglio di mille articoli il pastello della loro infinita vergogna.

di Andrea Romani 

Meloni sfotte i buonisti "La maglia rossa ce l'ho, ma mi manca il Rolex..."

La leader di Fratelli d'Italia posta su Facebook una foto con la maglia rossa. Ma ironizza: "Mi mancano il rolex e l'attico a New York"

All'appello col Rolex di Gad Lerner a indossare una maglietta rossa per fermare "l'emorragia di umanitià" e in solidarietà con i migranti che muoiono in mare, ha risposto anche Giorgia Meloni.
A modo suo.
La leader di Fratelli d'Italia, infatti, ha postato sulla sua pagina Facebook una foto che la ritrae sorridente e con una maglia rossa mentre con le dita fa il segno della "V" di vittoria. Ironica la didascalia, che irride proprio ai tanti intellettuali che in queste ore se la prendono soprattutto con Salvini. E in particolare proprio con Lerner e Roberto Saviano.
"La maglia rossa ce l'ho!", scrive la Meloni nel suo post, "Ora mi mancano solo un Rolex e un attico a New York e posso pontificare anch'io sull'imigrazione come i radical chic".
La maglia rossa ce l’ho! Ora mi mancano solo un Rolex e un attico a New York e posso pontificare anche io sull’immigrazione come i radical chic ✌🏻
Chiara Sarra 

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