(di Claudio Pierantoni) Nella varietà delle esternazioni sulla Testimonianza di Mons. Viganò, che si sono susseguite nel corso di queste tre settimane dallo scoppio della “bomba”, vogliamo segnalare quanto affermato dal Card. Rodríguez Maradiaga, in un’intervista del 12 settembre scorso: (https://www.periodistadigital.com/religion/america/2018/09/12/cardenal-maradiaga-el-monsenor-vigano-iglesia-religion-dios-papa-roma-mccarrick-francisco.shtml).
In queste poche righe, riflettendoci un poco, si trovano informazioni ben più importanti di quanto non appaia a prima vista. In primo luogo, vi si trova una implicita ma chiarissima ammissione della verità dei fatti enunciati da Viganò. Già qualsiasi lettore spassionato che avesse letto il documento di Viganò difficilmente potrebbe dubitare di quanto esso afferma.
Questo a causa, da una parte, della posizione privilegiata da lui ricoperta come Nunzio; dall’altra, a causa della quantità di testimoni altolocati, sia nella Curia Romana sia nell’episcopato Americano, da lui direttamente nominati come complici, che potrebbero facilmente smentirlo se dicesse il falso.
Poi il principale interessato, cioè il Papa, ha confermato eloquentemente con il suo perfetto silenzio, per quanto lo riguarda, che Viganò dice la verità. (Lasceremo ad altra occasione i commenti sulla autocelebrazione del proprio silenzio, che il papa ha realizzato in questi giorni, strumentalizzando un’omelia sul Vangelo di Luca).
Anche da parte di Benedetto XVI, per la parte che riguarda le sanzioni da lui inflitte a McCarrick, non sono giunte sostanziali smentite, salvo la precisazione che si sarebbe trattato di sanzioni “private”, più che “canoniche” nel senso vero e proprio della parola (altrimenti sarebbero state pubbliche).
Ma il fatto è che sanzioni ci furono, che McCarrick le rispettò ben poco, con la complicità di vescovi americani e prelati di Curia, e che poi furono misteriosamente del tutto lasciate da parte sotto Francesco. Ora, questa risposta di Rodríguez Maradiaga ci dà un’ulteriore e definitiva conferma che si trattava di fatti ben conosciuti dal papa e dal suo “circolo di amici”, di cui egli stesso è membro di spicco.
Ma ancora più istruttivo è il modo in cui Rodríguez Maradiaga qualifica la condotta di McCarrick, precisamente con queste due espressioni: «qualcosa di ordine privato», e: «una faccenda amministrativa».
Secondo il Cardinale honduregno (membro di spicco del C9 e uno dei capi, ricordiamo, del tanto ventilato programma di “riforme” di Francesco), il comportamento di McCarrick, che include l’adescamento e la sodomizzazione di generazioni intere di seminaristi mediante l’abuso continuato e notorio del suo potere come Vescovo e Cardinale della Chiesa Cattolica, nonché la continua celebrazione sacrilega della S. Messa, sarebbero «qualcosa di ordine privato», «una faccenda amministrativa».
C’è senza dubbio da rimanere un poco perplessi. Un comportamento che ha traumatizzato decine di giovani, distrutto vocazioni, scandalizzato migliaia di fedeli fino a diventare un “segreto di Pulcinella”, eppure protetto dai più alti vertici della Curia Romana e dal Papa in persona, è, per l’ineffabile cardinale centroamericano, «qualcosa di ordine privato», «una faccenda amministrativa».
Qui non ci sarebbe neppure bisogno di scomodare la Teologia morale (pare che Rodríguez Maradiaga ne sia un cultore) per spiegare al Cardinale che qualsiasi peccato grave, anche il più segreto, non è certo mai, per la Chiesa, una cosa meramente “privata”, ancor meno una mera “faccenda amministrativa”, ma è sempre un’infezione che si estende e contamina tutto il corpo ecclesiale.
Ma non è necessario richiamare questo, perché nel discorso del cardinale ogni riferimento a qualcosa chiamato “peccato” è del tutto assente: si tratta semplicemente di un “qualcosa di privato”.
Tuttavia, anche dando l’interpretazione più benevola possibile delle incredibili parole di Rodríguez Maradiaga, concediamo pure che, se si fosse trattato di una vicenda puntuale e limitata (per esempio una relazione segreta, supponiamo, con un singolo seminarista), si sarebbe potuta correggere in modo anche severo e deciso, ma pure discreto, senza necessità di informarne tutto l’orbe cattolico e il mondo intero.
Purtroppo però il nostro Cardinale dimentica troppo facilmente che il memoriale Viganò nasce proprio da un’osservazione sofferta, durata vari decenni, in cui il Nunzio, osservando dalla sua posizione privilegiata il crescere continuo e il ramificarsi di questi abusi, dopo avere continuamente sperato e confidato che qualcuno nella gerarchia reagisse, che finalmente si desse corso a delle sanzioni, a delle correzioni di rotta, deve finalmente arrendersi all’evidenza che, se qualcuno con vera cognizione di causa non parla in pubblico, nulla cambierà.
E la situazione ha raggiunto il punto culminante quando il Nunzio ha avuto la certezza, dai suoi incontri con Papa Francesco, che non solo Bergoglio era al corrente delle nefandezze di McCarrick, ma lo aveva di fatto dispensato da ogni sanzione, e perfino che lo aveva trasformato in uno dei suoi consiglieri nelle nomine dei vescovi americani; e tutto questo in un panorama generale che vede il Papa stesso non solo accettare, ma favorire e promuovere l’agenda pro-gay all’interno della Chiesa, dai Sinodi per la famiglia fino al recente incontro in Irlanda.
E qui veniamo al seguente punto che vorremmo sottolineare. Quando il nostro cardinale derubrica la sodomia (e l’abuso di potere a questo fine), a mero “fatto privato”, a una “faccenda amministrativa”, ci sta chiaramente rivelando qual è il suo standard morale sull’argomento.
Quanti gradini sulla scala della depravazione morale deve avere già sceso un uomo di Chiesa, per derubricare la corruzione sessuale con abuso di potere di generazioni di seminaristi come un “fatto privato”, da risolvere in via “amministrativa”? Certo egli sa che, sulla carta, ancora esistono leggi canoniche che proibiscono certi comportamenti, e che questi, oltre ad essere gravi peccati, sono anche, secondo tali leggi, dei veri e propri delitti.
Ma le sue parole indicano appunto che queste norme, nella pratica, devono considerarsi, se non proprio lettera morta, comunque una mera «faccenda di natura amministrativa», che «dovrebbe essere affrontata con criteri più sereni e oggettivi».
Come vediamo, il quadro tracciato da Viganò, che è orrendamente disgustoso per qualsiasi cattolico che abbia conservato un minimo di pudore e di sensus fidei, non viene affatto smentito dal nostro cardinale honduregno: soltanto, si tratta per lui di un fatto “amministrativo”, da valutarsi con criteri “sereni e oggettivi” (del resto, anche nel piccolo del suo Honduras, ordinaria amministrazione sono gli scandali tanto sessuali come finanziari da lui “serenamente valutati” e adeguatamente coperti).
Erra quindi Viganò a voler qualificare tale situazione «con una carica negativa di espressioni molto amare». Erra il Nunzio ad amareggiarsi per simili inezie; questo gli accade, evidentemente, perché è rimasto indietro: ha la colpa di “essere conservatore”, come gli hanno ripetuto in coro, quale supremo insulto, tutti coloro che, non potendo smentire i fatti, hanno cercato di difendere il Papa minimizzando la situazione. Essere conservatore, per i paladini della nuova misericordia, è infatti il peccato più rigorosamente imperdonabile.
L’ex Nunzio non è più, dice Rodríguez Maradiaga, «il Viganò che io avevo conosciuto», cioè, si intende, il corretto diplomatico che (ovviamente per i doveri del suo ufficio) manteneva il silenzio su quanto vedeva, e sembrava forse al Cardinale che dovesse approvare e sorridere a qualsiasi cosa.
Tuttavia, pur dimostrando con queste sue parole l’indurimento veramente impressionante del suo senso morale, il card. Rodríguez Maradiaga, da consumato politico qual è, sa bene che non potrebbe mai permettersi una valutazione di questo genere, se a proteggerlo non ci fosse il sicuro ombrello del suo Capo, che si è implicitamente ma inequivocabilmente autopromosso da semplice Vicario di Cristo a Leader assoluto della Chiesa. Questo ci porta all’ultimo punto che vorremmo sottolineare, a proposito del fatto che Viganò, nella sua Testimonianza, qualifica la copertura di questi delitti come «omertà», «non dissimile da quella che vige nella mafia».
E in effetti questa copertura ha in comune con l’omertà mafiosa un punto importante: essa non dissimula dei delitti semplicemente per il timore che siano scoperti. Li copre, invece, perché in realtà obbedisce ad un diverso sistema di valori, che non coincide con la legge vigente nella comunità in cui vive (in questo caso la Chiesa Cattolica).
In altre parole, la lobby gay copre questi delitti perché in realtà li giustifica in nome di una diversa moralità, che una certa élite di illuminati al potere pretende di sostituire alla Scrittura e alla Tradizione della Chiesa. E questa, fuori da ogni dubbio, è la forma più grave e letteralmente diabolica di abuso clericale.
Ora questo, cioè che è il Papa stesso a calpestare la Scrittura e la Tradizione cattolica, non lo dicono più, si noti bene, i soliti tradizionalisti, né i soliti ultra-conservatori (i cosiddetti “rigoristi” tanto anatematizzati), e neppure solo i molto più numerosi conservatori moderati che si sono andati gradualmente disilludendo di lui.
Ormai lo dicono apertamente i suoi stessi collaboratori, come appare evidente dalle recenti parole di uno di essi: «Papa Francesco rompe le tradizioni cattoliche quando vuole, perché è ‘libero da attaccamenti disordinati’. La nostra Chiesa è effettivamente entrata in una nuova fase: con l’avvento di questo primo papa gesuita, è apertamente governata da un individuo piuttosto che dall’autorità della Scrittura da sola o anche della Tradizione più la Scrittura» (https://rorate-caeli.blogspot.com/2018/08/member-of-francis-inner-circle-in.html?m=1. Citato a sua volta dal sito Zenit, che ha poi rimosso – ma non smentito – l’incredibile frase).
Sono parole di Padre Thomas Rosica, pubblicate lo scorso 31 luglio, come meditazione in occasione della celebrazione della festa di S. Ignazio di Loyola, dove l’autore vuole illustrarci «le qualità ignaziane del ministero petrino di Papa Francesco». Neanche a farlo apposta, pronunciate neanche un mese prima del dossier Viganò, lo commentano egregiamente in anticipo, illuminando perfettamente tanto l’atmosfera dottrinale di questo pontificato quanto le esternazioni degli altri “amici” del circolo degli illuminati sul memoriale dell’ex Nunzio.
Sono parole che certo non hanno bisogno di commento alcuno. Esse bastano da sole per farci scorgere in tutta la sua crudezza, quasi momentaneamente scorrendo il tenue velo della mistificazione retorica e mediatica, la vera e sinistra natura di questo pontificato. Tuttavia, anche in un panorama tanto desolante, noi speriamo e crediamo che il coraggio di un uomo e della sua Testimonianza sarà un punto di svolta che non potrà essere dimenticato e, con l’aiuto di Dio, comincerà a fare breccia in questo muro di corruzione e di omertà. (Claudio Pierantoni)
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.