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Qualche nota sull’ultima ‘striscia’ del vignettista Staino, pubblicata tra l’altro nel giorno della canonizzazione di Paolo VI, ‘padre’ di ‘Avvenire’. Le responsabilità del direttor Tarquinio. Le responsabilità dei vertici della Cei e del presidente del consiglio d’amministrazione del giornale, il vescovo Marcello Semeraro. Su ‘Avvenire’ di oggi niente scuse.
Avvenire del 14 ottobre 2018: è la domenica della canonizzazione di Paolo VI, che nel 1968 ha concepito e voluto Avvenire. Lo ricorda il direttor Tarquinio in un editoriale alato dal titolo celeste “Come pura libertà’. Vi offriamo uno scampolo della sua prosa pensosa ed eterea nel contempo (il neretto è nostro): “Paolo VI ricevette in udienza i nostri predecessori in questa redazione. Le parole che consegnò loro ci sono ancora di guida. Avvenire, spiegò, in quanto giornale, è, e deve saper essere, ‘centro di dialogo’. Ma è, e deve saper essere, anche uno strumento ‘capace di rendere i cattolici uomini veramente buoni, uomini saggi, uomini liberi, uomini sereni e forti’. Parole da leggere, scandire e assaporare piano (…). Il primo aggettivo da lui usato è ‘buoni’, e noi sappiamo quanto oggi la bontà sia denigrate e liquidata come ‘buonismo’ ossia come debolezza. L’ultimo aggettivo, alla fine della progressione, è invece proprio ‘forti’. E’ la bontà – disse allora e continua a dirci oggi Paolo Vi – che conduce alla saggezza della vera forza, quella che costruisce e non distrugge, che accomuna e non contrappone, che unisce e non divide… E tra quei due aggettivi troviamo il terzo e quarto: ‘liberi’ e ‘sereni’. Lavorare per Avvenire (…) è un impegno a servire la consapevolezza degli uomini e delle donne che si fidano di noi, perché tutti insieme siamo capaci di essere nel mondo una forza buona e serena, che liberi. Non è semplice, ma è necessario in ogni condizione, e di più in tempi di parole dure, di amare delusioni e di aspri sospetti come il nostro. E ne vale la pena, ogni giorno”.
Dopo tali parole – frutto indubbio di nobiltà d’animo e certo divinamente ispirate - non resterebbe che preparare per il Turiferario direttore striscioni, cartelli, incenso per acclamarlo, quando sarà il caso, “santo subito”.
UNA ‘STRISCIA’ INDEGNA
Però, a pagina 2 dello stesso Avvenire di domenica scorsa, ci cade l’occhio sulla consueta striscia di Staino, roba per stomaci forti, dissacrante e strumentalizzante della figura di Gesù. Già questo basta per chiedersi se tale ‘striscia’ sia al suo posto sull’organo della Conferenza episcopale italiana. Stavolta però bisogna tenersi anche un fazzoletto sulla bocca. Infatti, attorno al Gesù di Staino è tutto un acclamare: “E’ guarita! E’ guarita!!!”, “Grazie, Jesus, grazie!”, “Era indemoniata e Jesus l’ha salvata!”, “Miracolo!Miracolo!”. Stupito, il Gesù di Staino, osserva: “Ma quale miracolo? Io ho solo spento la tv”. Chiedono: “La tv? C’era la tv accesa?”. Annota il Gesù di Staino: “Sì, con il comizio in diretta di Salvini”. Gli astanti: “Davvero?!? Non ce n’eravamo accorti”. Un apostolo: “Capito, Jesus?”. E il Gesù di Staino: “Capito sì. Mezza ora di Salvini in diretta…renderebbero indemoniato anche un bove!”. (NdR 1/: notare lo strafalcione finale; NdR/2: notare il pessimo gusto di farsi beffe dei miracoli nel giorno della canonizzazione tra l’altro proprio di Paolo VI)
Andiamo a rileggere a sinistra della ‘striscia’… il manifesto programmatico del Turiferario direttore:”Avvenire è, e deve sapere essere, anche uno strumento ‘capace di rendere i cattolici uomini veramente buoni, uomini saggi, uomini liberi, uomini sereni e forti’ (…). Lavorare per Avvenire (…) è un impegno a servire la consapevolezza degli uomini e delle donne che si fidano di noi, perché tutti insieme siamo capaci di essere nel mondo una forza buona e serena, che liberi”. La ‘striscia’ di Staino è certo un esempio preclaro di come Avvenire concretizzi tali sereni propositi: con la strumentalizzazione di Gesù Cristo, con intolleranza, con il disprezzo verso il ‘demonio’ Salvini (in buona compagnia di Faniglia cosiddetta cristiana e di altre protuberanze catto-fluide) e conseguentemente con il disprezzo di chi lo sostiene.. Tradendo così proprio Paolo VI, colui che lo creò (ma non crediamo che avrebbe mai immaginato tale degenerazione della ‘sua’ creatura…).
LE SCUSE? NADA DE NADA
Abbiamo atteso l’uscita odierna di Avvenire (come è noto il lunedì non appare) per trovarvi le doverose scuse del Turiferario direttore non solo a Salvini, ma ai milioni di suoi elettori cattolici, oltre che a Gesù Cristo, alla dottrina sociale della Chiesa e alla decenza giornalistica. Perché, in un giornale in cui ogni parola è soppesata (esempio: provate a scrivere sull’Ungheria in modo diverso da quello prescritto dai catto-fluidi….), è evidente che una ‘striscia’ come quella di Staino non può essere sfuggita agli occhiuti controllori. In ogni caso la responsabilità del direttore è chiara e per l’occasione molto pesante: lui ha permesso la pubblicazione della ‘striscia’ di Staino e delle offese plurime in essa contenute. Diremmo anzi: più di quella di Staino. Poiché Staino si sa quel che è… ma non è colpa del vignettista se il quotidiano catto-fluido continua a pubblicarne le miserie in veste di presunta satira.
Ma stamattina non abbiamo trovato nulla che richiamasse alla ‘striscia’ vergognosa. Anzi: Tarquinio il Superbo si è permesso un’altra spiritosaggine di dubbio gusto sul Ministro dell’Interno, augurandosi che raggiunga la Libia e poi torni in gommone (“Un’ottima cura”). E allora procediamo.
Scriveva Tarquinio il Superbo l’11 giugno del 2017, a pagina 2 nella rubrica delle lettere al direttore: “Ho sperimentato di persona che da certi pulpiti, purtroppo, non si sa mai chiedere scusa (magari si rimuovono forzature ed errori, ma senza ammettere di avere sbagliato). E io ormai da anni divido un po’ tutti, a cominciare da coloro che fanno il mio mestiere, in quelli che sanno riconoscere gli sbagli e quelli che rifiutano di farlo e li confermano persino con malizia. Solo per i primi ho stima, per gli altri ho pena.”. Hai pena, Marco Tarquinio, per chi rifiuta di riconoscere gli errori? Ben detto… togliti la stima e flagella anche te stesso.
A questo punto, care eminenze e care eccellenze che abitate i pieni alti della Cei (il cardinal Bassetti), presiedendo magari il Consiglio di amministrazione di Avvenire (il vescovo Semeraro, che è anche segretario del C9 di papa Francesco), uno legittimamente si chiede: come può l’odierno Avvenire in versione Tarquinio fungere da voce autorevole del mondo cattolico italiano? Come si può continuare a sostenere l’odierno indirizzo politico di un foglio la cui credibilità è ormai in picchiata, cattedra com’è di intolleranza, di odio, di disprezzo, maestro di fake news (ricordate i video sui migranti, il delirio per il sasso che colpì la giovane atleta, ecc….)? E’ un indirizzo politico che purtroppo oscura quasi completamente anche quelle pagine pur presenti di impegno civile su temi come la droga, l’usura, il gioco d’azzardo, le porcherie ambientali. Il Turiferario direttore continua a godere della vostra fiducia? Allora, care eminenze ed eccellenze, conviene almeno cambiare il nome della testata: ad esempio si potrebbe pensare a “L’incenso de laRepubblica”, “Nuova Unità”, “Cipria e rossetti”, “Misericordia leoncavallina”, “Avanti Brigate ecclesiali” o, se proprio si vuol andare sul concreto: “Appendiamolo a testa in giù!”.
L’AVVENIRE RICONOSCE CHE MOLTI CATTOLICI, OCCASIONALI O PRATICANTI, SIMPATIZZANO PER LA POLITICA DI SALVINI SULL’IMMIGRAZIONE
Ma c’è di più. Su Avvenire di venerdì 12 ottobre (pag. 19) è apparso un articolo dal titolo: “Perché non ‘passa’ lo straniero”. Sommario: “Sui ‘no’ all’accoglienza incidono bassa istruzione e sfiducia nello Stato” (è un sommario fazioso sia perché i ‘no’ non sono all’accoglienza in genere, ma a questo tipo di ‘accoglienza’ sia perché, ça va sans dire, gli oppositori sono etichettati perlopiù come degli ignoranti). L’intertitolo è: “Indagine Caritas-‘Il Regno’: in Italia lo ‘spread’ (NdR: la differenza) tra percezione e realtà sui migranti è massimo, ma (???) la paura resta alta. E non risparmia chi va a messa”. Approfondiamo il riferimento a “chi va a messa” e leggiamo (il neretto è nostro): “La ricerca di Caritas e ‘Regno’ ha misurato anche la propensione all’accoglienza (NdR: in realtà a questo tipo di accoglienza) dei cattolici, stimando l’orientamento religioso sulla base della frequenza alla celebrazione eucaristica. Ebbene, coloro che non si recano mai in chiesa, sono anche quelli che, tra gli intervistati, hanno la minore propensione a considerare l’immigrazione una minaccia (NdR: l’articolista si contorce per dire che quelli che non vanno mai in chiesa sono i più favorevoli all’accoglienza). All’opposto chi frequenta la Messa sporadicamente ne percepisce di più il rischio. I cattolici praticanti si trovano più o meno nel mezzo, più vicini ai praticanti occasionali per quanto riguarda la percezione di minaccia culturale e della sicurezza e più simili ai non praticanti per la minaccia economica”. Sono “dati che colpiscono don Francesco Soddu, direttore della Caritas nazionale: (…) Forse c’è stato un deficit di comprensione di quanto stava avvenendo”.
Conclusione: secondo l’ indagine di Caritas-Il Regno una parte significativa dei cattolici praticanti occasionali e dei cattolici praticanti regolari teme l’accoglienza (l’odierno tipo di accoglienza), che considera una ‘minaccia’ in primo luogo culturale e per la sicurezza. Chissà se venerdì Tarquinio il Superbo ha letto il giornale di cui è direttore. In ogni caso domenica – attraverso lo spazio gentilmente offerto alla ‘satira’ di Staino, una decisione di cui lui porta la responsabilità più grave - ha pensato bene di dileggiare Matteo Salvini, di paragonarlo a un demonio da esorcizzare, e anche di offendere milioni di cattolici praticanti occasionali o regolari che hanno votato per la Lega. Qualche migliaio tra loro sarà (sarà stato) lettore di Avvenire, organo della Cei. E delle vignette di Avvenire (oltre che dei titoli e degli editoriali) si ricorderà magari anche al momento di mettere la crocetta sull’8 per mille.
IL CARDINALE BASSETTI, IL VESCOVO SEMERARO: ESISTONO O SONO DEI FANTASMI?
Care eminenze, care eccellenze, se i soldini dovessero venire a mancare, come potreste proseguire a pieno ritmo certe vostre attività sociali di servizio prezioso al Paese? Vale la pena di provocare e irritare larghe fasce di cattolici appoggiando de facto gli sbandamenti odierni del vostro giornale, in chiaro contrasto con le indicazioni del fondatore Paolo VI, sbandamenti gratuitamente e volutamente offensivi di persone e cittadini, oltre che perlomeno di pessimo gusto nei confronti di Gesù Cristo? Al posto vostro qualche domanda molto pragmatica in tal senso ce la porremmo, non avendo la vocazione al masochismo. Non volete cambiare la testata? E allora qualche aggiustamento di linea – per rispetto e di Paolo VI e della storia di Avvenire e del cristianesimo e della decenza cui sono tenuti anche i direttori dei media che si dicono cattolici – pragmaticamente lo si potrebbe e dovrebbe fare. Suvvia, eminenze ed eccellenze… un piccolo sforzo!
P.S. Chi vuole approfondire l’argomento ha la possibilità di leggere in questo sito www.rossoporpora.org due articoli in particolare: “Solidarietà a Matteo Salvini – Perché Avvenire ancora nelle chiese?” (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/804-solidarieta-a-matteo-salvini-perche-avvenire-ancora-nelle-chiese.html oppure rubrica: Italia) e “4 marzo/Matteo Salvini: Lega e cattolici” (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/761-4-marzo-matteo-salvini-lega-e-cattolici.html oppure rubrica: Italia).
L’AVVENIRE E LA 'STRISCIA' ANTI-SALVINI: TRADITE LE PAROLE DI PAOLO VI - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 16 ottobre 2018
https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/816-l-avvenire-e-la-striscia-anti-salvini-tradite-le-parole-di-paolo-vi.html
Perché non abbiamo bisogno (e non dovremmo) di chiamare Paolo VI "Santo"
Molti di coloro che hanno studiato la vita e il pontificato di Papa Paolo VI sono convinti che non siano stati esemplari nella sua condotta di pastore; che non solo non possedeva virtù eroiche, ma mancava di certe virtù chiave; che la sua promulgazione di una titanica riforma liturgica era incompatibile con il suo ufficio papale di consegnare ciò che aveva ricevuto; che ci offre un ritratto del governo fallito e della tradizione tradito. In breve, per noi, è impossibile accettare che un Papa come questo possa mai essere canonizzato. Non sorprendentemente, quindi, siamo irritati per la "canonizzazione" di Papa Francesco di Giovanni Battista Montini domenica, 14 ottobre 2018 e abbiamo seri dubbi in coscienza sulla sua validità o credibilità.
Ma siamo autorizzati ad avere tali dubbi? Sicuramente (si dirà la gente), la canonizzazione è un esercizio infallibile del magistero papale e quindi vincolante per tutti - anzi, proprio lo stesso linguaggio usato nella cerimonia lo indica! - quindi dobbiamo accettare che Paolo VI è un santo in Paradiso, onorarlo e imitarlo, e abbracciare tutto ciò che ha fatto e insegnato come papa.
Non così in fretta. In realtà, la situazione è più complicata. In questo tempestoso periodo, è altrettanto vero che conosciamo la complessità di questo, piuttosto che cercare rifugio in ingenue semplificazioni. In questo articolo, tratterò sette argomenti: (1) Lo stato delle canonizzazioni, (2) Lo scopo delle canonizzazioni, (3) Il processo di canonizzazione, (4) Cosa è discutibile in Paolo VI ?, (5) Cosa è ammirevole in Paolo VI ?, (6) I limiti del significato della canonizzazione, e (7) conseguenze pratiche.
- Lo stato delle canonizzazioni
Mentre storicamente la maggioranza dei teologi ha difeso la visione dell'infallibilità delle canonizzazioni - in particolare i teologi neoscholastici che tendono ad essere estremisti ultramontanisti [1] - la Chiesa stessa, di fatto, non ha mai insegnato questa dottrina vincolante [2] . Lo stato esatto delle canonizzazioni rimane un argomento legittimo del dibattito teologico, ed è tanto più discutibile date le mutevoli aspettative, procedure e motivazioni per l'atto di canonizzazione stesso (punti a cui tornerò).
L'infallibilità delle canonizzazioni non è insegnata dalla Chiesa, né è necessariamente implicita da alcuna deontuosa dottrina della Fede. I cattolici non sono quindi tenuti a crederlo come una questione di fede e possono persino, per gravi motivi, dubitare o mettere in discussione la veridicità di una certa canonizzazione. Questa conclusione è rigorosamente stabilita e difesa in " The Authority of Canonisations " di John Lamont (Rorate Caeli, 24 agosto 2018), che, a mio avviso, nella migliore trattazione della materia ancora pubblicata e vale la pena leggerla per intero, specialmente da coloro che sono preoccupati di coscienza riguardo a questa domanda [3] .
- Lo scopo delle canonizzazioni
Tradizionalmente, la canonizzazione non è semplicemente un riconoscimento che un certo individuo è in Paradiso; è il riconoscimento che quest'uomo ha vissuto una vita di tale virtù eroica (soprattutto, le virtù teologali della fede, della speranza e della carità), ha adempiuto in modo così esemplare i doveri del suo stato nella vita (e questo includerebbe, per un chierico, i doveri del suo ufficio), e aveva praticato così l'ascetismo come si addice a un soldato di Cristo che la venerazione pubblica (compresa la liturgia) dovrebbe essere offerta a lui dalla Chiesa universale , e il suo esempio merita di essere seguito come modello per imitare (cfr 1 Cor 11: 1) [4] . Possiamo vedere tutte queste caratteristiche brillanti nei santi "classici", ai quali c'è molta devozione popolare.
Nei recenti pontificati, abbiamo assistito a un cambiamento nel motivo per cui gli individui, almeno alcuni individui, sono canonizzati. Donald Prudlo osserva:
Come storico della santità, la mia più grande esitazione con il processo attuale deriva dalle canonizzazioni fatte dallo stesso Giovanni Paolo II. Mentre la sua lodevole intenzione era quella di fornire modelli di santità tratti da tutte le culture e gli stati della vita, egli tendeva a separare la canonizzazione dal suo scopo originale e fondamentale. Questo doveva avere un riconoscimento ufficiale, pubblico e formale di un culto esistente dei fedeli cristiani, confermato dalla divina testimonianza dei miracoli. Cult precede la canonizzazione; non era pensato per essere il contrario. Siamo quindi in pericolo di utilizzare la canonizzazione come strumento per promuovere interessi e movimenti, piuttosto che essere un riconoscimento e l'approvazione di un culto esistente . [5]
Prudlo sta facendo l'ovvio punto che la beatificazione e la canonizzazione dovrebbero essere risposte della Chiesa a una forte devozione popolare mostrata a un particolare individuo, la cui intercessione celeste Dio ha sostenuto, per così dire, facendo molti miracoli dimostrabili. Non si suppone che sia il timbro di gomma del Vaticano a particolari individui che il Vaticano vuole promuovere. Non c'è un serio culto di Paolo VI, né mai esistito, ed è dubbio che il fiat papale possa creare un cultus ex nihilo .
In realtà, vediamo che Papa Francesco ha portato all'estremo la "politicizzazione" del processo, in base al quale l'individuo da beatificare o canonizzato viene strumentalizzato per un ordine del giorno. Come p. Hunwicke sottolinea:
C'è stato, in alcuni ambienti, un sospetto inquieto da qualche tempo che le canonizzazioni si sono trasformate in un modo per fissare un sigillo sulle "politiche" di alcuni papi. Se queste "politiche" sono esse stesse oggetto di discussioni e dibattiti divergenti, allora la promozione dell'idea che le canonizzazioni sono infallibili diventa essa stessa un elemento aggiuntivo nel conflitto. La canonizzazione, mi ricorderai, non implica teologicamente l'approvazione di tutto ciò che un Santo ha fatto o detto. Non formalmente, anzi. Ma il sospetto tra alcuni è che, di fatto e umanamente, tale può sembrare il suo scopo. Ciò è confermato da un'ipotesi prevalente su tutti i fronti che le canonizzazioni dei "Papi Conciliari" rechino una sorta di significato o messaggio.
Allo stesso modo, p. "Pio Pace" scrive:
Dobbiamo osare dirlo: canonizzando tutti i papi del Vaticano II, è il Vaticano II che è canonizzato. Ma, allo stesso modo, la canonizzazione stessa viene svalutata quando diventa una sorta di medaglia gettata in cima a una bara. Forse un consiglio che fosse "pastorale" e non dogmatico merita canonizzazioni "pastorali" e non dogmatiche. [6]
Soprattutto, il Prof. Roberto de Mattei osserva:
Per il papolater, il papa non è il vicario di Cristo sulla terra, che ha il dovere di trasmettere la dottrina che ha ricevuto, ma è un successore di Cristo che perfeziona la dottrina dei suoi predecessori, adattandolo al cambiamento dei tempi . La dottrina del Vangelo è in perpetua evoluzione, perché coincide con il magistero del pontefice regnante. Il magistero "vivente" sostituisce [per] il Magistero perenne, espresso dall'insegnamento pastorale che cambia ogni giorno, e ha la sua regula fidei (regola della fede) nel soggetto dell'autorità e non nell'oggetto della verità trasmessa.Una conseguenza della papolatria è il pretesto di canonizzare tutti e tutti i papi del passato, così che retroattivamente, ogni loro parola, ogni atto di governo è "infallibilizzato". Tuttavia, ciò riguarda solo i papi che seguono il Vaticano II e non quelli chi ha preceduto quel Consiglio.A questo punto sorge la domanda: l'epoca d'oro della storia della Chiesa è il Medioevo, eppure gli unici papi medievali canonizzati dalla Chiesa sono Gregorio VII e Celestino V [dovremmo anche includere Leone IX - PK ]. Nel dodicesimo e tredicesimo secolo, c'erano grandi papi, ma nessuno di questi era canonizzato. Per settecento anni, tra il XIV e il XX secolo, furono canonizzati solo San Pio V e San Pio X. Erano tutti gli altri papi e peccatori indegni? Certamente no. Ma l'eroismo nel governo della Chiesa è un'eccezione, non la regola , e se tutti i papi erano santi, allora nessuno è un santo. La santità è una tale eccezione che perde significato quando diventa la regola. [7]
Questo ultimo paragrafo è particolarmente degno di rilievo: dovrebbe suscitare il più profondo stupore e scetticismo notare che mentre la Chiesa aveva canonizzato esattamente due papi da un periodo di 700 anni [8] , negli ultimi anni, ha "canonizzato" tre papi da un periodo di poco più di 50 anni - un mezzo secolo che magicamente coincide con la preparazione, l'esecuzione e le conseguenze del Consiglio più magico di tutti, il Vaticano II. Deve essere quell'effetto " nuova Pentecoste ". Se questo non è abbastanza per diventare un cinico di qualcuno, non sono sicuro di cosa si tratterebbe [9] .
- Il processo di canonizzazione
Per accelerare la formazione dei santi, Giovanni Paolo II introdusse molti cambiamenti significativi nel processo di canonizzazione che era stato stabilmente in vigore dopo l'opera di Prosper Lambertini (1734-1738), che in seguito divenne Papa Benedetto XIV (1740-1758). Questo processo si basava, a sua volta, su norme risalenti a papa Urbano VIII (1623-1644). Non era altro che Paolo VI che, in questo settore come in tanti altri, ha avviato una semplificazione delle procedure nel 1969, un processo che Giovanni Paolo II ha completato nel 1983.
Studiare un confronto tra il vecchio processo e il nuovo processo è illuminante. Una tabella comparativa è stata fornita nel sito Unam Sanctam Catholicam. Dopo aver notato il fatto ovvio che il vecchio processo è notevolmente più coinvolto e approfondito, Unam Sanctam offre questa valutazione:
La differenza tra le vecchie e le nuove procedure non è nella loro lunghezza, ma nel loro carattere. Nella procedura precedente al 1969, noterete la cura con cui è salvaguardata l'integrità del processo stesso. La Sacra Congregazione deve attestare la validità della metodologia utilizzata dai tribunali diocesani. Il Promotore Fidei deve sottoscrivere la forma canonica di ogni atto del Postulatore e della Congregazione. La validità delle indagini sui miracoli del candidato [è] esaminata. C'è un'attenzione molto severa alla forma e alla metodologia nella procedura precedente al 1969, che semplicemente manca nel sistema post-1983.... Essenzialmente, mentre la moderna procedura di canonizzazione mantiene i dadi-n'-bulloni del sistema pre-1969, l'aspetto dei "pesi e contrappesi" che ha caratterizzato la procedura precedente al 1969 si è indebolito. La rigida sorveglianza non è presente nel sistema [moderno]. [10]
Il ruolo del promotore fidei , il cosiddetto "avvocato del diavolo", fu enormemente ridotto. Nel vecchio sistema, il ruolo cruciale di questa persona era:
... per prevenire decisioni avventate riguardanti miracoli o virtù dei candidati agli onori dell'altare. Tutti i documenti di processi di beatificazione e di canonizzazione devono essere sottoposti al suo esame, e le difficoltà e i dubbi che solleva sulle virtù e sui miracoli sono posti davanti alla congregazione e devono essere risolti in modo soddisfacente prima di poter intraprendere ulteriori passi nei processi. È suo dovere suggerire spiegazioni naturali per presunti miracoli, e perfino di portare avanti motivazioni umane ed egoistiche per azioni che sono state considerate virtù eroiche [.] ... Il suo dovere richiede che egli prepari a scrivere tutti gli argomenti possibili, anche a volte apparentemente lievi , contro l'innalzamento di qualcuno agli onori dell'altare.[11]
Questo paragrafo reca una lettura ripetuta. Decisioni avventate su miracoli o virtù ... tutti i documenti devono essere presentati ... le virtù apparenti devono essere discusse contro ... l'interesse e l'onore della Chiesa devono essere difesi a tutti i costi ...
L'allentamento del processo, insieme con il caos che spesso sembra regnare in Vaticano nei suoi anni postconciliare liberi, ha fatto sì che nulla di simile al severo ruolo di "devil's advocate" sia stato visto dal 1983 (e, probabilmente, , dal 1969, quando l'instabilità fu introdotta per la prima volta nel processo).
Tra le altre cose, era dato per scontato che tutti gli archivi documentari associati a un beato o santo proposto dovessero essere esaminati attentamente per questioni dottrinali, morali e psicologiche che potrebbero essere bandiere rosse.
Qui devo condividere alcune informazioni inquietanti. Una persona che lavora in Vaticano nella Congregazione per le Cause dei Santi mi ha detto personalmente che gli ordini sono stati ricevuti da "in alto" che il processo di canonizzazione per Paolo VI dovrebbe essere accelerato il più rapidamente possibile - e che, di conseguenza, la Congregazione non ha esaminato tutti i documenti di o di Paolo VI alloggiati negli archivi vaticani. Questa lacuna lampante è tanto più grave quando ricordiamo che Paolo VI fu accusato di essere un omosessuale attivo, un'accusa che fu presa sul serio abbastanza da essere negata [12] . È anche grave a causa del suo coinvolgimento in negoziati segreti con i comunisti e del suo sostegno a "Ostpolitik", sotto il quale sono state commesse molte ingiustizie [13]. Si potrebbe pensare che un desiderio di verità trasparente su ogni aspetto di Montini avrebbe portato ad un esame esaustivo dei documenti pertinenti. Tuttavia, questo è stato volutamente escluso. Va da sé che questa mancanza di dovuta diligenza, tutto da sola, è sufficiente a mettere in dubbio la legittimità della canonizzazione.
Probabilmente il peggior cambiamento nel processo è il numero di miracoli richiesti. Nel vecchio sistema erano necessari due miracoli sia per la beatificazione che per la canonizzazione - cioè un totale di quattro miracoli investigati e certificati. Il punto di questa esigenza è di dare alla Chiesa sufficiente certezza morale dell'approvazione di Dio del beato o santo proposto dall'evidenza del Suo esercizio di potere per l'intercessione di questo individuo. Inoltre, i miracoli dovevano essere tradizionalmente eccezionalinella loro chiarezza - cioè, non ammettere nessuna spiegazione naturale o scientifica possibile.
Il nuovo sistema taglia a metà il numero di miracoli, il che, si potrebbe dire, riduce anche la certezza morale a metà - e, come molti hanno osservato, i miracoli proposti sembrano spesso leggeri, lasciando uno a grattarsi la testa: era quello davvero un miracolo, o era solo un evento estremamente improbabile? I due miracoli per Paolo VI (si può leggere su di loro qui ) sono, per essere sinceri, deludenti. Voglio dire, è adorabile che due bambini siano stati "guariti" o "protetti" nel modo descritto, ma che abbiamo a che fare con un intervento soprannaturale naturalmente inspiegabile dalla forza delle preghiere di Paolo VI che non è palesemente ovvio. Quattro miracoli che erano tutti robusticome il ripristino della vista per i ciechi o l'innalzamento dei morti, porterebbe molto più convinzione.
Con il numero sempre maggiore di canonizzazioni; la rimozione della metà del numero di miracoli richiesti (che a volte vengono addirittura annullati [14]); la mancanza di un robusto ruolo di advolo diaboli ; e, a volte, il modo affrettato in cui la documentazione viene esaminata o a volte passata (come, apparentemente, è stato il caso di Paolo VI), mi sembra non solo che sia diventato impossibile affermare che le canonizzazioni di oggi richiedono sempre il nostro consenso, ma anche che potrebbero esserci canonizzazioni su cui si avrebbe l'obbligo di rifiutare l'assenso.
- Cosa è discutibile in Paolo VI?
Al di là della considerazione generale dello stato delle canonizzazioni, dello scopo che dovrebbe animarle e delle procedure con le quali sono condotte in modo sicuro o incerto, dobbiamo anche considerare i meriti particolari del caso in questione. Perché, in particolare, i cattolici tradizionali si oppongono alla canonizzazione di Paolo VI?
Durante il suo pontificato, Montini ha presentato una mancanzadi virtù eroica nel assumere le sue solenni responsabilità come pastore del gregge universale. Mostrò invece un'incapacità abituale per una disciplina efficace, mentre ondeggiava tra estrema indulgenza e estrema acutezza (ad esempio, raramente punendo i teologhi più odiosamente eretici ma trattando l'arcivescovo Lefebvre come se fosse peggio di Martin Lutero o conferendo ad Annibale Bugnini il potere di continuare ad accedere papale e sostenere durante il corso della riforma liturgica, poi improvvisamente bandendolo in Iran). I segnali contraddittori che ha dato - incoraggiando il modernismo, poi limitandolo; intervenire in questioni controverse e poi ritirarsi, avanti e indietro, come Amleto (un personaggio a cui si è confrontato in una nota privata del 1978), ha solo aggravato la confusione e l'anarchia del periodo.
Le aree problematiche particolarmente evidenti includono la riforma liturgica, in cui Paolo VI ha dato ampie prove di operare sotto principi razionalisti pistoiesi incompatibili con il cattolicesimo e di grave negligenza nella revisione dei materiali. (Sembra che ci sia stato un certo numero di cose che ha firmato senza aver familiarizzato con i loro dettagli.) I suoi rapporti con Ostpolik con i comunisti, inclusa la sua disobbedienza a Pio XII, sono ben noti. Sebbene Paolo VI abbia raggiunto la giusta conclusione sul controllo delle nascite, il modo in cui non ha risposto alla diga mediatica connessa con la Pontificia Commissione per il controllo delle nascite, non è riuscito a disciplinare i dissenzienti da Humanae Vitaee anche permesso di essere emarginato coloro che sostenevano l'insegnamento pontificio tutti cospirarono per minare l'efficacia di quell'insegnamento. L'irrazionale durezza dei suoi rapporti con i cattolici tradizionali fu vergognosa, come quando rifiutò la petizione di un grande gruppo di oltre 6.000 preti spagnoli [15] che desideravano continuare a celebrare l'immemorabile rito romano di San Gregorio e San Pio V ( mentre in seguito concede questo permesso ai sacerdoti in Inghilterra e Galles - ancora una volta mostra le cose di cui Hamlet è fatto). Abusava della sua autorità papale scartando ciò che avrebbe dovuto essere riverito e trattando come proibito ciò che non poteva mai essere proibito.
Il Papa ha il solenne obbligo di sostenere e difendere le tradizioni e i riti della Chiesa; non ha l'autorità morale di modificarli dopo il riconoscimento. Nessun papa nei duemila anni di storia della Chiesa cattolica si è mai avvicinato a modificare più tradizioni e riti, e più estesamente, di quanto non avesse fatto Paolo VI. Questo da solo dovrebbe renderlo per sempre sospettoso agli occhi di ogni credente ortodosso. O questo Papa è stato il grande liberatore che ha liberato la Chiesa da secoli, forse oltre un millennio,
Paolo VI non guardò impotente la "autodemolizione" della Chiesa (il suo stesso termine per il crollo dopo il Concilio); non si limitò a presiedere il singolo più grande esodo dei laici, del clero e dei religiosi cattolici dopo la rivolta protestante. Ha aiutato e spalleggiato questa devastazione interna dalle sue stesse azioni. Spingendo a tutta velocità una radicale "riforma" liturgica e istituzionale che non ha lasciato nulla di intatto, moltiplicò il centuplo delle forze destabilizzanti all'opera negli anni '60. Chiunque avesse apprezzato la funzionalità della ragione sarebbe stato in grado di vedere che era pericoloso, per non dire empio, cambiare così tanto, così in fretta. Ma no: Paolo VI era un volenteroso elettore dell'ideologia della modernizzazione, un alto sacerdote del progresso, che andava coraggiosamente dove nessuno dei suoi predecessori era mai giunto prima.
Ironia della sorte, non è altro che papa Francesco, il canonizzatore volontario di Paolo VI, che ha dimostrato al di là di ogni dubbio la traiettoria autodistruttiva del cattolicesimo postconciliare, quando le sue stesse tendenze sono agite senza ritegno (piuttosto come Theodore McCarrick ha agito da solo tendenze senza moderazione).
Molti cattolici sono giustamente preoccupati per Papa Francesco. Ma quello che ha fatto negli ultimi cinque anni è probabilmente una piccola patata rispetto a quello che Paolo VI ha avuto l'audacia di fare: sostituire una nuova liturgia per l'antica messa romana e i riti sacramentali, causando la più grande rottura interna che la Chiesa cattolica abbia mai sofferto. Questo era l'equivalente del lancio di una bomba atomica sul Popolo di Dio, che cancellava la loro fede o provocava cancri per la sua radiazione. Era la negazione stessa della paternità, della paterna funzione del papato di conservare e tramandare l'eredità di famiglia. Tutto ciò che è successo dopo Paolo VI non è altro che un'eco di questa violazione del sacro tempio. Una volta che la cosa più santa viene profanata, nient'altro è al sicuro; nient'altro è stabile.
A questo punto, qualcuno potrebbe obiettare: "Okay, e se Paolo VI non fosse molto bravo a essere papa? Sicuramente poteva ancora essere un santo uomo al suo interno. Stava vivendo in un periodo tempestoso, quando tutti erano confusi, e stava facendo del suo meglio. Dovremmo ammirare le sue intenzioni e i suoi grandi desideri, anche se potremmo criticare in retrospettiva determinate decisioni e azioni. Sanctity non è un'approvazione generale di tutto ciò che una persona dice o fa ".
Il problema con questa obiezione è che non riesce a riconoscere che il modo in cui un cattolico vive la sua vocazione primaria nella vita è parte integrante della sua santità. Come un vescovo della Chiesa - e tanto più un papa - esercita il suo ufficio ecclesiastico non è un caso, ma è essenziale alla sua santità (o alla sua mancanza). Immaginalo in questo modo: potremmo canonizzare un uomo che, nonostante abbia picchiato sua moglie e trascurato i suoi figli, sia stato doveroso nel frequentare la Messa quotidiana, pregare il Rosario e fare l'elemosina ai poveri? Sarebbe assurdo, perché diremmo giustamente: "Un uomo sposato con figli deve essere santo come marito e padre, non a dispetto diessere un marito e un padre. "Non è meno assurdo dire:" Tale e quel tale papa era negligente, irresponsabile, indeciso, avventato e rivoluzionario nelle sue decisioni papali, ma il suo cuore era nel posto giusto, e lui cercava sempre la gloria di Dio e la salvezza degli uomini ". Un papa è un santo perché" ha popolato "bene. Mostrò eroica fede, speranza, carità, prudenza, giustizia, fortezza, temperanza ecc. Nella sua stessa attività di governo della Chiesa . questo non può essere ragionevolmente mantenuto per Paolo VI.
Se dovessimo venerare Paolo VI, allora l'incoerenza, l'ambiguità, la pusillanimità, l'ingiustizia, il cambiamento imprudente, la negligenza, l'indecisione, la falsa segnalazione, lo sconforto, il desiderio di pensare, l'irritabilità, il disprezzo e il disprezzo per la tradizione non sono solo virtù, ma le virtù si possono esercitare a tal punto eroico che sono in realtà fonti di grazia santificante, meritevoli di ammirazione generale, venerazione ed emulazione. Scusa, non ne ho nessuna. Queste cose sono sempre state e saranno sempre vizi. Montini era un terribile sovrano della Chiesa, e se l'adempimento virtuoso delle proprie responsabilità nello stato di una persona nella vita è costitutivo di santità, possiamo concludere che è impossibile immaginare un modello di ruolo peggiore per qualsiasi sovrano di Montini.
Per saperne di più sui difetti di Paolo VI come papa, si raccomanda quanto segue:
- "L'enigma di papa Paolo VI" di John Knox [mons. FD Cohalan]
- "Il Papato di Paolo VI" di Henry Sire
- "50 anni fa: Dietrich von Hildebrand affronta papa Paolo VI"
- "Liturgia, abuso e Humanae vitae : alcuni collegamenti?"
- "Arcivescovo Lefebvre, Papa Paolo VI e Tradizione cattolica" di Neil McCaffrey
- Cosa è ammirevole in Paolo VI?
I cattolici tradizionalisti ammirano Paolo VI per qualcosa? Sì, naturalmente. Saremmo sciocchi a non riconoscere il bene che ha fatto. Ma quel bene non è sufficiente per cancellare i molti e seri problemi discussi nella sezione precedente. In effetti, la storia del pontificato di Montini è una dimostrazione tanto vivida quanto si potrebbe desiderare di avere la differenza tra la persona e l'ufficio. Nel caso dei santi papi, la grazia del compito sembra prendere e avvolgere la persona e trasformarla in un'icona luminosa di San Pietro e di Cristo. Nel caso di papi cattivi o papi mediocri, la grazia dell'ufficio è qualcosa che a volte divampa, che esce dal nascondersi in situazioni di emergenza, ma non trasforma l'incumbent nello stesso modo. Quest'ultimo è ciò che vediamo con Paolo VI, comeun editoriale di Rorate Caeliespressamente lo ha espresso (con la mia enfasi):
Papa Paolo VI è descritto dalla maggior parte degli storici come una sorta di figura tragica, cercando di controllare il vortice di eventi che lo circondano, ma incapace di fare molto. Probabilmente è per questo, perché sembrava che Montini si piegasse spesso alle opinioni del mondo, perché sembrava che accettasse spesso le nozioni e i testi fabbricati che i comitati di falsi saggi gli consegnavano (con piccole modifiche), che il momenti in cui non si piegava risplendevano così chiaramente con la semplice luminosità di Peter. La Nota Prævia a Lumen Gentium, la vigorosa difesa delle tradizionali dottrine eucaristiche (nel Mysterium Fidei ) e degli insegnamenti sulle Indulgenze (in Indulgentiarum Doctrina), il Credo del Popolo di Dio sono pilastri che rimangono in piedi in un edificio fatiscente, segni di protezione soprannaturale. In mezzo al collasso morale degli anni '60, e contro la commissione istituita dal suo predecessore per riesaminare la questione, Peter parlò anche se [Papa] Paul in Humanæ Vitae : "non è mai lecito, anche per i motivi più gravi, fare il male che è buono potrebbe venire da esso. "
Se tali buone azioni e insegnamenti fossero stati abituali, normali e caratteristici di Paolo VI, e fossero stati imbevuti della panoplia delle virtù cristiane di cui parla San Tommaso nella seconda parte della Summa, e in aggiunta a ciò, un culto popolare ebbe sorto intorno a un amato pontefice, culminato in molti miracoli indiscutibili, allora - e solo allora - avremmo avuto motivo di elevare Paolo VI agli altari.
Vale la pena sottolineare che il tempo mostrerà, come abbiamo già cominciato a vedere, che il bene per il quale Paolo VI era responsabile non è affatto il punto della sua canonizzazione. In effetti, tutte le cose sopra elencate come "bei momenti" sono contrarie alle tendenze prevalenti del partito Bergoglio. Siamo quindi testimoni in prima fila del caso più cinico di " promoveatur ut amoveatur " mai visto nella storia della Chiesa - cioè, promuovendo qualcuno a un altro, di solito una posizione più distante per rimuoverli dalla loro attuale posizione più influente. Ho discusso questo punto qui .
- I limiti del significato della canonizzazione
C'è, come al solito, un'ironia divina in tutto questo. Anche se la canonizzazione di Paolo VI risulta essere stata legittima - si possono avere seri dubbi, ovviamente, ma non si può escludere del tutto questa possibilità - non sarebbe, in senso stretto, realizzato ciò che i suoi sostenitori politici intendono da essa. Essi intendono che canonizzando Paolo VI, essi effettivamente canonizzano il suo intero programma del Vaticano II e, soprattutto, la riforma liturgica. Ma, come ha osservato Shawn Tribe del Liturgical Arts Journal:
Chiunque tenterebbe di usare la canonizzazione di Paolo VI per proporre seriamente che quindi tutte le riforme ecclesiali e liturgiche che hanno avuto luogo attorno al suo pontificato siano quindi canonizzate e non possano essere messe in discussione (per non dire riformate / abrogate) sia intenzionalmente che ingannevolmente manipolative o è tristemente disinformato e non trattato. La santità personale non equivale all'infallibilità; i santi si trovano spesso a scopi incrociati con altri santi; non ogni enunciazione / politica / decisione / opinione di un santo resiste alla prova del tempo né al giudizio finale della Chiesa, né è dogmatica - per non parlare del fatto che le riforme conciliari e liturgiche non sono il possesso personale di Paolo VI, ma piuttosto di tutta una serie di persone e figure.
La canonizzazione di un santo non cambia i fatti della sua vita terrena. Non rettifica gli errori che potrebbe aver fatto, consapevolmente o inconsapevolmente. Non cambia i suoi fallimenti in successi, sia che siano avvenuti per colpa sua o di altri. ...[I] meriti intrinseci o demeriti della riforma postconciliare, e il suo status di successo o fallimento, non cambieranno in alcun modo, forma o forma se il Papa Paolo VI è effettivamente canonizzato. Nessuno può dire onestamente il contrario, e nessuno ha il diritto di criticare, attaccare, tacere o chiedere il silenzio di altri cattolici se contestano quella riforma. Se quella riforma andasse oltre lo spirito e la lettera di ciò che il Vaticano II chiedeva nel Sacrosanctum Concilium,come i suoi stessi creatori si vantano apertamente di averlo fatto; se si basava su una cattiva borsa di studio e su un grado significativo di incompetenza di base, portando ai molti cambiamenti che ora si sa essere errori; se non fosse riuscito a realizzare il fiorire della pietà liturgica che i Padri del Vaticano II desideravano, nessuna di queste cose cambierebbe se Paolo VI fosse canonizzato. Proprio come le canonizzazioni di Pio V e X, e la futura canonizzazione di XII, non hanno posto le loro riforme liturgiche fuori discussione o dibattito, la canonizzazione di Paolo VI non metterà nulla sulla sua riforma oltre il dibattito, e nessuno ha il diritto di dì altrimenti.
- Conseguenze pratiche
Alla luce di quanto precede, quali sono le conseguenze pratiche per clero, religiosi e laici che dubitano della validità di questa canonizzazione?
Questo argomento potrebbe meritare un trattamento più completo, ma in breve, direi che chiunque abbia un tale dubbio o difficoltà non dovrebbe pregare Paolo VI, non dovrebbe invocarlo pubblicamente in preghiera, non dovrebbe rispondere a tale invocazione, non dovrebbe offrire una Messa in suo onore o partecipare a una messa in suo onore, e non dovrebbe rispettare o sostenere finanziariamente gli sforzi per promuovere il suo "culto" artificiale. Al contrario, sarebbe opportuno rimanere in silenzio e, se le circostanze lo consentono e la prudenza impone, di aiutare altri cattolici per vedere i problemi reali che questa canonizzazione solleva, così come altre beatificazioni e canonizzazioni che potrebbero essere entrate in conflitto con i principi cattolici.
Siamo tutti obbligati a pregare per la salvezza del Santo Padre e per la libertà e l'esaltazione della nostra Santa Madre Chiesa sulla Terra. Questa intenzione implicherebbe implicitamente una petizione che il papato, la Curia romana, la Congregazione per le cause dei santi e lo stesso processo di beatificazione e canonizzazione siano tutti riformati nella giusta stagione, in modo che possano servire meglio i bisogni dei fedeli di Cristo e dare gloria a Dio Onnipotente, che è "meraviglioso nei suoi santi" (Sal 67:36).
GLI APPUNTI
[1] Ad esempio, sostenendo che tutti gli atti disciplinari papali che riguardano l'intera chiesa devono essere inerranti e certamente favorevoli al bene comune, una posizione che si sarebbe potuta difendere in precedenza nella storia, ma che, al momento, non è niente di meno che grossolanamente risibili.
[2] È quindi dannoso quando i divulgatori scrivono cose come queste: "La beatificazione richiede un miracolo attestato e permette alla persona beatificata di essere venerata dalla sua chiesa locale. La canonizzazione richiede due miracoli attestati e consente la venerazione del santo da parte della Chiesa universale. La canonizzazione è una dichiarazione infallibile della Chiesa secondo cui il santo è nei cieli "( https://www.catholic.com/qa/what-is-the-difference-between-saints-and-blesseds ). Questo è dire troppo, a meno che non vengano aggiunte alcune qualifiche.
[3] Per non rendere il mio articolo indebitamente lungo, non riassumerò qui la sua argomentazione, ma osserverò semplicemente che risponde pienamente e ampiamente alle obiezioni solitamente sollevate dai fautori dell'infallibilità delle canonizzazioni. Tra l'altro, Lamont respinge l'affermazione secondo cui l'uso di alcuni termini latini nel rito della canonizzazione stabilisce adeguatamente la sua natura infallibile. Ulteriori trattamenti utili del soggetto includono questo e questo .
[4] Ad esempio: "Una canonizzazione ... è un decreto papale formale che il candidato era santo ed è ora in cielo con Dio; il decreto consente il ricordo pubblico del santo durante le liturgie in tutta la chiesa. Significa anche che le chiese possono essere dedicate alla persona senza permesso speciale del Vaticano. ... 'Oltre a rassicurarci sul fatto che il servo di Dio vive in cielo in comunione con Dio, i miracoli sono la conferma divina del giudizio espresso dalle autorità ecclesiastiche sulla vita virtuosa vissuta dal candidato, ha detto Papa Benedetto XVI in un discorso ai membri della Congregazione per le Cause dei Santi nel 2006 "(http://www.catholicnews.com/services/englishnews/2011/holy-confusion-beatification-canonization-are-different.cfm , enfasi aggiunta).
[6] https://rorate-caeli.blogspot.com/2018/02/guest-note-paul-vi-pastoral.html . Fr. Lo stesso Hunwicke ha notatoprima dell'evento: "Come se non avesse ancora creato abbastanza divisioni all'interno della Chiesa militante, Papa Francesco intende questo mese compiere l'atto altamente divisivo del beato canonico Paolo VI. Persino lui, a giudicare da ciò che ha detto nel dare queste informazioni al Clero della Città, può vedere che questa attività di canonizzazione è diventata una sciocca risatina: "E io e Benedict siamo in lista d'attesa", ha scherzato. Deliziosamente umoristico. Uno scherzo molto arguto. Very drole, Sovereign Pontiff. Condivido le opinioni di molti, tuttavia, che la battuta è cattiva, nella misura in cui questa canonizzazione prevista è fondamentalmente un'azione politica da collegare con l'apparente convinzione di Papa Francesco che lui stesso è il paladino e il beneficiario di Bl Paul lavoro al Vaticano II e in seguito. "
[7] http://www.robertodemattei.it/en/2018/04/11/tu-es-petrus-true-devotion-to-the-chair-of-saint-peter/ ; enfasi aggiunta. De Mattei sta evidentemente restringendo il termine "Medioevo" al periodo successivo all'anno 1000. Inoltre, Vittorio III e Urbano II, i due papi dopo Gregorio, sono benedetti.
[8] Questo non è certo per mancanza di molti eroici individui in quel periodo di 700 anni - ma, come abbiamo detto, se non ci fosse un culto popolare che producesse miracoli indiscutibili, la Chiesa non avrebbe cercato di rovistare tra gli archivi per trovare a prescindere dai candidati agli onori, potrebbe trovare e spingere le loro cause.
[9] Potrei aggiungere che il nostro scetticismo dovrebbe estendersi anche alla canonizzazione di Giovanni Paolo II, poiché il suo governo della Chiesa era molto problematico in molti modi. Ho notato alcuni di questi nel mio recente articolo " RIP Vatican II Catholicism (1962-2018) ." Vedi anche " The Pennsylvania Truth: Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II non erano santi. ”
[11] Dall'articolo " Promotore Fidei " nella vecchia Enciclopedia cattolica. Per saperne di più sul "avvocato del diavolo", leggi questo articolo informativo .
[12] Wikipedia riassume abilmente le informazioni di base : "Roger Peyrefitte, che aveva già scritto in due dei suoi libri che Paul VI aveva una relazione omosessuale di lunga data, ha ripetuto le sue accuse in un'intervista a una rivista gay francese che, ristampata in italiano , ha portato le voci ad un pubblico più ampio e ha causato un putiferio. Ha detto che il papa era un ipocrita che aveva una relazione sessuale di lunga data con un attore cinematografico. Voci diffuse hanno identificato l'attore come Paolo Carlini, che ha avuto una piccola parte nel film di Audrey Hepburn Vacanze Romane(1953). In un breve discorso ad una folla di circa 20.000 persone in Piazza San Pietro, il 18 aprile, Paolo VI chiamò le accuse "orribili e diffamatorie insinuazioni" e fece appello per pregare a suo nome. ... Le accuse sono riemerse periodicamente. Nel 1994, Franco Bellegrandi, ex ciambellano d'onore vaticano e corrispondente per il quotidiano vaticano L'Osservatore Romano, sosteneva che Paolo VI era stato ricattato e aveva promosso altri gay a posizioni di potere all'interno del Vaticano. Nel 2006, il quotidiano L'Espressoha confermato la storia del ricatto basandosi sui documenti privati del comandante della polizia generale Giorgio Manes. Ha riferito che il primo ministro italiano Aldo Moro era stato invitato ad aiutare. "Per quanto incredibile possa sembrare una storia, siamo più inclini a crederci oggi a causa delle prove indiscutibili che abbiamo di Papa Francesco che promuove gli omosessuali a posizioni di potere all'interno del Vaticano.
[13] Vedi George Weigel in Ostpolitik . Ancora una volta, vediamo che Bergoglio sta semplicemente seguendo le orme di Montini con i suoi negoziati e compromessi con la Cina comunista.
[14] O ridefinito: vedi questo articolo rivelatore di John Thavis. Papa Francesco ha rinunciato al requisito di un secondo miracolo per la "canonizzazione" di Giovanni XXIII. Quindi, incredibilmente, un papa che non si distingue per una santità notevole e il cui culto non è mai stato particolarmente forte o diffuso è stato elevato agli onori dell'altare sulla base di un miracolo. Possiamo vedere in questo un bell'esempio del grossolano abuso del potere pontificio di cui Francesco dipende per il suo consolidamento ideologico.
[15] Ovvero, l '"Hermandad Sacerdotal Española de San Antonio Mª Claret y San Juan de Ávila", che era formato dall'Hermandad Sacerdotal Espanola, fondato nel 1969 dai sacerdoti spagnoli per difendere la Tradizione di fronte ai cambiamenti nel Chiesa e un altro gruppo simile, con sede in Catalogna, chiamato "Asociación de Sacerdotes y Religiosos de San Antonio Maria Claret". Nel 1969 mandarono una lettera in Vaticano chiedendo l'uso continuato del vecchio messale romano - e Paolo VI li rifiutò categoricamente . Sfortunatamente, poiché il tradizionalismo spagnolo e italiano era caratterizzato dall'assoluta obbedienza a Roma, il Novus Ordo fu in seguito accettato senza cavillo, e fino ad oggi la tradizione ha difficoltà a penetrare in ognuna di queste sfere culturali.
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