L'ormai consueta indignazione del web per l'ormai immancabile vignetta dissacrante in chiave anti Salvini di Staino su Avvenire. Che sfotte i miracoli di Gesù proprio nel giorno in cui la Chiesa, canonizzando Paolo VI, riconosce il Miracolo su Amanda. Almeno avesse fatto ridere...
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Almeno facesse ridere potremmo consolarci. Invece la vignetta che Staino ha pubblicato ieri su Avvenire non fa ridere e forse questo è il problema principale dato che, dovendo di mestiere fare il comico, se questi perde il sale dell’ironia, non si vede per quale motivo deve continuare a occupare pagina 2 di un giornale prestigioso come Avvenire. E per giunta la domenica.
Della rubrica Hello, Jesus curata dal dissacratore vignettista toscano abbiamo già scritto. Ma bisogna tornarci perché all’insipienza di Staino questa volta si unisce la coincidenza del tema scelto della striscia domenicale, che anche un lettore non attento non può non collegare ad una scelta redazionale. Il tema del giorno era infatti la canonizzazione di Papa Paolo VI, dettagliatamente raccontata in apertura di giornale anche in riferimento al miracolo di Amanda che ha portato Paolo VI agli altari.
E l’accoppiata Avvenire-Staino cosa ti fa? Ironizza sui miracoli con la scusa di attaccare, guarda un po’, il ministro Salvini. Beninteso, saremmo disposti a passare sopra l’antico adagio scherza coi fanti, ma lascia stare i santi, se solo la striscia domenicale ci avesse strappato una risata. Ma purtroppo di risate non ne sono uscite. Non solo a noi, ma neppure ai tanti che ieri sui social hanno ricoperto di ogni contumelia il quotidiano dei vescovi, che, nel giorno in cui la Chiesa canonizza a suon di miracoli un Papa, non perde occasione per ironizzare proprio su quella meravigliosa irruzione del soprannaturale che è appunto il prodigio.
Nella striscia, peraltro ormai stantia, si vede Gesù che viene osannato perché guarisce una bambina indemoniata. Schema classico, ma il Nazareno non si scompone più di tanto e minimizza: “Ma che miracolo, ho soltanto spento la tv. Stava guardando un comizio di Salvini. Mezz’ora di Salvini renderebbero indemoniato anche un bove”. Tralasciamo l’italiano e la consecutio perché è il minore dei problemi.
Alla fine della lettura ci si aspetta che il lettore dovrebbe ridere. Invece si rimane lì come quando alla cena di classe il nerd di turno provava a raccontare una barzelletta della quale non ricordava il finale. Agghiacciante.
Se ci trovassimo di fronte a un comico incapace, si farebbe prima a sostituirlo. Ma Avvenire non cerca comici per far sorridere i suoi lettori. Cerca solo, con la scelta di Staino, personaggio dalle virtù comiche sopravvalutate e inesistenti, la dissacrazione tout court. Che ieri si è compiuta proprio con la felice coincidenza del miracolo elevato agli altari. Di qua il miracolo di Paolo VI, di là il comico che prende per i fondelli i miracoli che faceva Gesù e ne approfitta per fare un po’ di campagna antigovernativa, che non guasta mai. Il tutto senza strappare una sola risata neanche al più rincoglionito dei lettori.
Ricercare il “satiro” dissacratore comunista che fece la sua fortuna negli anni ’80 e ’90 sull’Unità: fatto; affidargli una rubrica dissacrante per far sembrare il proprio stile editoriale giovanilista e sbararazzino: fatto; infine, non accorgersi di quanto il tutto sia non solo incoerente con la propria missione, ma persino offensivo dal punto di vista della proposta culturale e dello stile ecclesiale: fatto anche questo.
E’ vero che sarà una risata a seppellirci tutti, ma anche la vergogna in quanto a badilate non scherza.
Andrea Zambrano
http://www.lanuovabq.it/it/avvenire-sfotte-i-miracoli-nel-giorno-del-miracolo
Immigrazione, venti laici scrivono al cardinale Bassetti
Sul tema immigrazione la Chiesa, lanciando allarmi sul razzismo, si sta mostrando subalterna alle ideologie oggi in voga, mentre non si preoccupa minimamente di evangelizzare né di affrontare gli aspetti più preoccupanti del fenomeno migratorio. È quanto si legge in una lettera che venti laici hanno inviato al presidente dei vescovi italiani, card. Bassetti, invitandolo a prendere coscienza di tutti i fattori in gioco.
Il cardinale Bassetti
Sul tema immigrazione la Chiesa, lanciando allarmi sul razzismo, si sta mostrando subalterna alle ideologie oggi in voga, mentre non si preoccupa minimamente di evangelizzare né di affrontare gli aspetti più preoccupanti del fenomeno migratorio, “invasione” islamica in testa. Sono questi i temi principali contenuti nella lettera che venti laici hanno inviato al presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti, e per suo tramite a tutti i vescovi italiani.
La lettera dei venti fa da contrappeso alla lettera di tenore opposto che lo scorso luglio fu inviata al cardinale Bassetti da un gruppo di preti e laici, e proprio da questa prende lo spunto per contestare un approccio evidentemente mondano.
Lo stesso concetto di razza, si spiega nella lettera, risente dell’uso pretestuoso che ne viene fatto oggi ma non coincide con quanto su questo punto la Chiesa ha già autorevolmente detto e praticato nel corso dei secoli. Soprattutto, una delle conseguenze dell’approccio odierno al tema del razzismo è quella di mettere in ombra «la chiamata universale alla fede cattolica»: «Quante volte la Chiesa, negli ultimi anni, - si chiedono i firmatari -ha parlato di conversione a proposito dei migranti? Le “razze” esistono – come esistono le Nazioni, le Patrie, le Identità - e rappresentano una distinzione, non un motivo di prevaricazione o di odio.
La lettera prosegue mettendo in evidenza che «le paure della gente hanno poco a che fare con il colore della pelle o con la chiusura verso il diverso». «Ciò che oggi spaventa – prosegue la lettera - è una immigrazione irregolare fuori controllo, quella legata agli sbarchi tanto per intenderci, foraggiata con i soldi dei contribuenti italiani e che sta ponendo gravi problemi di sicurezza come può constatare chiunque non abbia gli occhi accecati dall’ideologia».
Né si può chiudere gli occhi – dicono i Venti al cardinale Bassetti – davanti al problema dell’islam: «I numeri ci dicono che su poco meno di 6 milioni di immigrati, 2,5 milioni sono islamici, e questo pone un problema oggettivo visto che si tratta di una comunità che nel suo insieme non è disposta a integrarsi e, non da oggi, è invece animata da un certo “spirito di conquista”». Gli estensori della lettera propongono perciò san Francesco come modello da seguire, prendendo spunto dal racconto del suo incontro con il Sultano, dove la preoccupazione del santo di Assisi è quella di rendere ragione della propria fede e di desiderare la conversione dell’interlocutore.
Gli autori della lettera ricordano poi al cardinale Bassetti che un altro punto viene sempre ignorato negli interventi dei vescovi, ovvero l’esistenza di una lobby internazionale pro-migranti, in cui spicca il nome del finanziere George Soros, la cui Open Society Foundation ha nel board anche l’italiana Emma Bonino. Non è certo una coincidenza che i più noti propugnatori della necessità di avere sempre più immigrati per pagare le pensioni, siano gli stessi che poi hanno sostenuto e sostengono il “diritto all’aborto”. È anche per questo che alcuni osservatori parlano di un “progetto di sostituzione” della popolazione con relativa islamizzazione.
Ma allora, si chiedono i firmatari sottintendo ad esempio gli inviti fatti alla Bonino, «può la Conferenza Episcopale Italiana permettere che queste posizioni vengano espresse addirittura nei dibattiti che si svolgono nelle chiese del nostro Paese?»
Riccardo Cascioli
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CRITICHE NEGLI USA
Abusi, la stampa liberal "abbandona" Bergoglio
La lettera di complimenti ed elogi del Papa al cardinale Donald Wuerl non è stata presa bene negli Stati Uniti. Durissimi il progressista New York Times, il Washington Post, che non può far parte del complotto conservatore e The Spectator: per tutti i Papa manca il punto, i cattolici sono sconcertati da Wuerl.
La lettera di complimenti ed elogi al cardinale Donald Wuerl, con tutto il resto – dimissioni accettate, dopo tre anni ma resta comunque, come Amministratore della diocesi, e continua a far parte della Congregazione per i Vescovi – non è stata presa bene, negli Stati Uniti. Anche se difficilmente l’eco di questo scontento raggiungerà mai il pubblico italiano, ieri è accaduto un fatto significativo. Il New York Times, uno dei giornali più progressisti, filo-Clinton, filo-Obama, anti-Trump e filo-Bergoglio del panorama internazionale, ha dedicato un commento dell’Editorial Board alla vicenda Wuerl. Ora l’Editorial Board rappresenta le opinioni del giornale, del suo direttore e dell’editore. “È separato dalle notizie e dalla sezione delle opinioni”, spiega il NYT.
“Il Papa manca il punto”, è scritto nel commento”. Cita il Grand Jury Report della Pennsylvania per dire che Wuerl a Pittsburgh “era immerso in una cultura clericale che nascondeva crimini di pedofilia sotto eufemismi”, conduceva indagini in maniera scandente, nascondeva i casi di abuso alle comunità parrocchiali e non li segnalava alla polizia. E poi c’è stato il caso McCarrick: “la posizione di Wuerl era indebolita dalla sua associazione con il suo predecessore, anche se insisteva di non sapere nulla delle accuse”.
Alla fine le dimissioni, e la lettera di elogi del Pontefice. Ma, scrive il NYT, “indicando che considera le azioni passate di Wuerl semplicemente come ‘errori’, e permettendogli di restare membro della potente Congregazione per i Vescovi, il papa rinforza l’idea che non capisce il danno straordinario fatto dai chierici che hanno abusato crudelmente e senza vergogna del loro potere su bambini e adulti fiduciosi”.
Il New York Times non è il solo. Anche il Washington Post, un altro importante quotidiano che certamente non fa parte del “complotto” conservatore e di destra sventolato dai propagandisti filo-Bergoglio quando Viganò ha reso pubblica la sua testimonianza si fa eco del disagio, e riporta le dichiarazioni di Josh Shapiro, il Procuratore Generale della Pennsylvania che ha condotto l’inchiesta e firmato il famoso rapporto. Shapiro ha detto che è “inaccettabile” che il card. Wuerl se ne vada in pensione senza nessuna conseguenza apparente. Secondo Shapiro sia il rapporto che i documenti diocesani dimostrano che Wuerl ha gestito e partecipato a una copertura sistematica degli abusi perpetrati dai sacerdoti della sua diocesi.
Su “The Spectator” invece Damian Thompson fa un’analisi più dettagliata della situazione. ”Molti cattolici – scrive – sono sconcertati, per dirla lievemente, dalla lettera del Papa a Wuerl in cui elogia il discusso cardinale in un linguaggio più appropriato a una canonizzazione che a un pensionamento sotto una nuvola”.
Nella lettera il Pontefice parla di nobiltà. “Questo parlare di nobiltà è un esempio classico della sua (del Papa, n.d.r.) determinazione nel difendere i suoi alleati, senza tener conto di quello che hanno fatto o di cui sono accusati”. Ma quello che lo ha condannato è stato lo scandalo McCarrick, “il che rende così stranamente stonata la lettera di papa Francesco”.
Thompson ricorda l’analisi di uno specialista, padre Raymond de Souza, direttore della rivista “Convivium”, secondo cui “Wuerl è dovuto andare perché i suoi stessi preti a Washington ‘pensavano che mentisse’ su ciò che sapeva di McCarrick”. Il che non prova che sapese, anche se Viganò ne è convinto, e lo dice ripetutamente. Ma i suoi preti non gli credevano “Pensavano che mentisse pubblicamente e mentisse anche con loro. Quando l’arcivescovo Viganò scrive che ‘il card. Wuerl mente senza vergogna’…conferma le conclusioni a cui molti preti a Washington sono già giunti”. Commenta Thompson: “Semplicemente non è possibile che il nunzio a Washington, comunicando le restrizioni della Santa Sede sull’arcivescovo McCarrick per condotta sessuale non appropriata non abbia detto al card. Wuerl quello che si stava facendo al suo predecessore, che risiedeva nell’arcidiocesi”.
Inoltre, accettando le dimissioni di Wuerl, ma tenendolo come Amministratore Apostolico, il Papa dimostra, secondo Thompson, che opera in un modus operandi (che abbiamo già visto, per esempio, in Cile, e nel caso di Dario Edoardo Viganò) siffatto: “1) ignorare le critiche e impugnare le ragioni dei critici; 2) quando questo diventa impossibile, fare una grande show, senza però in realtà fare molto; 3) se necessario, rimuovere una figura di alto profilo, ma non rimuoverla realmente”. De Souza parla di una “cultura clericale della menzogna”, e si chiede quanto possa essere profonda. “Buona domanda – commenta Thompson – ma si può chiedere anche quanto in alto arriva. Donald Wuerl non è il solo vescovo accusato di nascondere ciò ceh sapeva di McCarrick. Lo è anche il Papa”.
E anche il Catholic Herald, pubblicato in Gran Bretagna, nella sua versione cartacea in un editoriale intitolato “Una strana risposta”, e riferito alla lettera aperta del card. Ouellet si chiede chi sapeva, e da quando, e sottolinea che le domande dell’arcivescovo Viganò per ora non hanno avuto una reale risposta. Per Ouellet, il dramma McCarrick era causato dalla mancanza di prove e dall’abilità di McCarrick nel difendersi, scrive il Catholic Herald. Per vIganò, dalle complicità. “Per decidere quale delle due narrazioni sia vera, abbiamo bisogno di un pieno resoconto di chi sapeva, che cosa e quando”. Ma in questo campo, finora ci sono solo vaghe promesse (l’indagine “a tempo debito” del comunicato vaticano) mentre il Pontefice ha negato – sembra – la visita apostolica chiesta dai vertici della Chiesa americana. Le uniche speranze dunque sembrano riposte nelle indagini dei vescovi Usa e nell’iniziativa di un’inchiesta condotta e finanziata dai laici americani, il “Red Hat Report”. Certamente la lettera e le decisioni relative a Wuerl mostrano più riluttanza che volontà pontificia di fare chiarezza.
Marco Tosatti
http://www.lanuovabq.it/it/abusi-la-stampa-liberal-abbandona-bergoglio
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