Il Cardinale Ciappi, il teologo di papi, da Pio XII a Giovanni Paolo II (all’inizio del suo pontificato): “Il Terzo Segreto dice che la grande apostasia nella Chiesa inizia dal suo vertice. La conferma ufficiale del segreto de La Salette (1846): “La Chiesa subirà una terribile crisi. Essa sarà eclissata. Roma (il Vaticano) perderà la fede e diventare la sede dell’Anticristo “.
ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...
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giovedì 15 novembre 2018
Le pene turiferarie
La vicenda dei fratelli Viganò. Tra verità da chiarire e facili strumentalizzazioni
Un milione e 824 mila euro: è quanto monsignor Carlo Maria Viganò, arcivescovo ex nunzio apostolico negli Usa, deve pagare al fratello. Lo ha deciso un giudice monocratico civile di Milano il 9 ottobre scorso, sostenendo che il monsignore avrebbe sottratto al fratello l’eredità paterna.
Monsignor Viganò dovrà risarcire il fratello Lorenzo, anche lui prete, per aver gestito autonomamente l’eredità avuta dal padre che, nel 2010, ammontava a 7 milioni in contanti e quasi 20 milioni e mezzo in beni immobili. Nel corso della causa civile, è emerso che monsignor Viganò “ha beneficiato di operazioni per un importo netto di 3 milioni e 649 mila euro” e “di fondi pagati a suo favore per 4 milioni e 800 mila euro, mentre al fratello sono arrivati complessivamente un milione e 700 mila euro”. Da qui la sentenza emessa dal giudice Susanna Terni per bilanciare tra i due fratelli i proventi dell’eredità del padre.
Questi sono, in sintesi, i fatti al momento. Che hanno provocato un’offensiva da parte di chi sostiene che monsignor Viganò sarebbe una sorta di lupo travestito da agnello, uno che mentre fa di tutto per passare come martire della verità e moralizzatore sottrae l’eredità di famiglia al suo fratello disabile.
Noi non siamo gli avvocati difensori di monsignor Viganò e quindi non aggiungiamo nulla alle cronache delle ultime ore. Eventualmente sarà lo stesso Viganò, anche attraverso i suoi legali, a illustrare la sua versione. Ci limitiamo a notare che le cronache ostili a Viganò parlano di restituzione di beni sottratti dal monsignore, mentre si tratta di una causa di divisione di un patrimonio in comunione di beni. Se si fosse trattato di sottrazione, ci sarebbe stato un procedimento penale, invece la sentenza riguarda una causa civile. Inoltre Viganò ha già versato al fratello la somma decisa dal tribunale.
Chi in queste ore sta utilizzando la vicenda familiare nella quale è coinvolto Viganò per gettare discredito sulle sue testimonianze a proposito del caso McCarrick compie un’operazione facile, ma non per questo meno disonesta. Perché si tratta di vicende completamente diverse e perché, comunque, quella familiare non è ancora conclusa. E va chiarita sotto molti aspetti.
Già nel 2013 gli altri quattro fratelli del monsignore avevano smentito le accuse nei confronti di Carlo Maria formulate da Lorenzo. In ogni caso, per avere un quadro più completo aspettiamo di conoscere la versione di Viganò e le sue eventuali iniziative legali.
Giornalisti bergogliani usano disputa della famiglia Viganò per distrarre dagli scandali
Il giornalista di corte vaticano Andrea Tornielli ha ravvivato di nuovo una disputa tra il denunciante arcivescovo Carlo Maria e suo fratello, don Lorenzo Viganò.
Il fine di Tornielli è di gettar fango sulle denunce e di distrarre dalla testimonianza di Viganò, sul fatto che papa Francesco è personalmente coinvolto nell'aver messo a tacere delle molestie omosessuali.
La disputa tra i Viganó, che toccava una cospicua eredità di famiglia stimata sui 26 milioni di Euro, è stata risolta in ottobre da un tribunale di Milano. L'arcivescovo Viganò, che ha ricevuto 3,6 milioni di Euro come pagamento per i beni di famiglia, deve pagarne la metà, 1,8 milioni di Euro, a suo fratello Lorenzo.
Tornielli fa notare che Viganó ha cercato di evitare di essere nominato Nunzio a Washington nel 2011, motivando col fatto di doversi prender cura del fratello, nonostante il conflitto tra i due fosse al tempo già acceso.
I fratelli di don Lorenzo Viganò smentiscono le assurde accuse nei confronti di monsignor Carlo Maria
A pochi giorni dall’elezione del nuovo Pontefice, il Corriere della Sera, Il Giornale e La Stampa hanno
pubblicato interviste a nostro fratello don Lorenzo Viganò (tra l'altro farcite di errori fattuali banali: come
potrebbe un gesuita, con un voto di povertà totale, possedere un patrimonio immobiliare?) contenenti
dichiarazioni diffamatorie e totalmente infondate sulla persona di monsignor Carlo Maria Viganò.
Agli insulti e alle calunnie di cui è stato oggetto da parte del fratello Lorenzo, e a quelli diffusi in tutto il
mondo contro di lui dai responsabili dei c.d. Vatileaks, monsignor Carlo Maria, per amore alla Chiesa, non
ha mai voluto rispondere. Noi fratelli ci sentiamo in obbligo di farlo a difesa del suo buon nome, sapendo
che Carlo Maria avrebbe continuato a restare in silenzio, lascandosi diffamare senza difendersi piuttosto
che recare danno alla Chiesa.
Chi sia davvero nostro fratello Carlo Maria, quanto abbia fatto per aiutare Lorenzo, quanto si sia sacrificato
per il bene della Chiesa, chiunque lo abbia conosciuto davvero lo potrà testimoniare!
Ma noi tre fratelli dei due sacerdoti, con la sorella maggiore, profondamente addolorati e feriti dal
comportamento aberrante di nostro fratello Lorenzo, al quale continuiamo a voler bene, smentiamo
quanto da lui asserito, ben sapendo che Lorenzo nel 1996 fu colpito da un grave ictus cerebrale che lo ha
segnato profondamente.
Desideriamo perciò che quanti hanno letto le sue sconcertanti affermazioni si chiedano: quali sono le
motivazioni di queste esternazioni? Chi lo ha spinto ad agire in modo così sconsiderato, e proprio ora, dato
che i nostri fratelli Lorenzo e Carlo Maria sono stati per tutta la vita sempre in perfetta armonia,
condividendo l’ideale del sacerdozio ed ogni loro avere ed essendo d'accordo di continuare come avevano
fatto fino ad allora a destinare i beni comuni per opere della Chiesa e per beneficenza?
Tutto iniziò con un fatto improvviso e imprevedibile, nel novembre 2008. Essendo ambedue di età ormai
avanzata, nel settembre 2008 avevano concordato, alla presenza di uno di noi fratelli, in un clima di grande
serenità ed intesa, di dividere le loro sostanze per poter attuare ulteriori opere di carità e per la Chiesa. Fra
l'altro, seguendo l’esempio dei nostri genitori e in conformità con la loro vocazione, avevano deciso di
donare buona parte dei loro beni in particolare per costruire un monastero carmelitano in Burundi, a
Gitega, ed un noviziato per una congregazione missionaria in Burkina Faso.
Quando tutto era già stato predisposto per realizzare questo programma, improvvisamente e senza alcuna
comprensibile motivazione, nel novembre 2008 don Lorenzo, con l’aiuto di nostra sorella Rosanna, fuggì
letteralmente terrorizzato dalla casa di Milano per Chicago, all’insaputa di tutti noi, affermando poi di
averlo fatto per evitare di essere «sequestrato» da Carlo Maria, in connivenza con altri complici amici della
nostra famiglia. Si noti che don Lorenzo ha ribadito questa assurda motivazione nel corso di un’udienza
civile al Tribunale di Milano: richiesto di spiegare per quale motivo, nell’autunno del 2008, era fuggito
improvvisamente dall’Italia, interrompendo bruscamente ogni rapporto con la sua famiglia, è arrivato
addirittura ad affermare con tono alterato che era fuggito dall’Italia «per non essere incatenato».
Chi lo ha spinto a tali comportamenti irragionevoli, per non dire irrazionali? Basti pensare che a distanza di
solo poche settimane dalla sua fuga, don Lorenzo, il quale è sempre stato tenuto al corrente da noi fratelli
dell’amministrazione dei suoi beni e ha sempre avuto piena possibilità di azione sui beni comuni con Carlo
Maria, ha trasferito unilateralmente, senza avvertire Carlo Maria, su un conto di Rosanna un’ingente
somma, che mentendo aveva detto di voler prendere per il suo sostentamento e per la propria vecchiaia. Il
versamento di questa ingente somma a Rosanna dimostra che don Lorenzo aveva la piena disponibilità sui
beni in comunione con Carlo Maria, contrariamente a quanto da lui affermato, e che il suo tenore di vita,
viste le sue condizioni di disabilità, necessitava un notevole dispendio di denaro.
Per oltre quarant’anni don Lorenzo ha gestito in prima persona i propri averi, impartendo istruzioni orali e
scritte ben precise ai consulenti storici della famiglia e ricevendone puntuale informativa, firmando assegni,
disponendo donazioni, sottoscrivendo atti di disposizione dei beni immobili, potendo godere dei medesimi
poteri di rappresentanza di Carlo Maria. Si tratta di circostanze che trovano tutte puntuale ed
incontestabile riscontro in pacchi di documentazione già prodotta nelle cause civili introdotte da Lorenzo
contro Carlo Maria.
Basti pensare poi che detta ingente somma è servita a Rosanna per acquistare una seconda farmacia a
Como, per l’ultima delle sue figlie, Anna Maria Buzzi in Giancola, la quale è sposata in regime di comunione
di beni con l’avvocato Francesco Giancola, figlio del titolare dello Studio legale Giancola di Como. Tali fatti
sono stati accertati nel corso delle indagini giudiziarie.
Basti pensare ancora che in concomitanza don Lorenzo rilasciava una procura generale omnicomprensiva a
favore proprio del suddetto giovane avvocato, il quale immediatamente spodestava dell’amministrazione lo
storico e fedele amministratore dei beni di famiglia per la parte di competenza di don Lorenzo.
Dall’autunno 2008 don Lorenzo ha rifiutato di avere qualsiasi rapporto con i suoi fratelli, in particolare con
Carlo Maria, negandosi ad ogni tipo di contatti con familiari ed amici e persino con il Cardinale di Chicago.
Egli da anni vive in quella Arcidiocesi americana senza permesso ecclesiastico e si rifiuta di presentarsi e
persino di aprire la porta alle autorità dell'Arcidiocesi statunitense contravvenendo alle disposizioni del
diritto canonico.
Ogni tentativo di contatto o di mediazione per cercare di capire quanto gli era successo, anche con i suoi
pochi amici a Chicago, è stato da lui respinto o respinto da qualcuno in suo nome. Si è persino rifiutato di
ricevere il fratello maggiore che già si trovava in visita negli Stati Uniti. Da quell’autunno 2008, quindi, don
Lorenzo è rimasto completamente isolato da noi fratelli, non è dato sapere se per sua esclusiva volontà,
restando comunque alla mercé per ogni informazione della sorella Rosanna e del suddetto Studio legale di
Como.
L’avvocato Francesco Giancola, dopo aver respinto ogni tentativo di dialogo persino con i legali di Carlo
Maria, in violazione del codice deontologico professionale, con il supporto dell’intero studio legale del
padre, a distanza di soli pochi mesi, servendosi della procura di don Lorenzo, faceva causa a Carlo Maria per
la divisione dei beni, producendo dati sul valore del patrimonio comune ai due fratelli assolutamente
gonfiati ben aldilà della realtà, in contraddizione con quanto dichiarato da don Lorenzo presso l'Internal
Revenue Service, e quindi esponendo irresponsabilmente il suo cliente a gravi conseguenze legali.
Chi ha spinto Lorenzo alla fuga ha forse fatto leva su suggestioni ed approfittato della sua situazione? Chi
aveva interesse ad evitare che si addivenisse alla divisione nei termini già ipotizzati di comune accordo? Chi
aveva tutto da guadagnare ad impedire che fossero disposti lasciti per opere di bene?
Forse chi ha alimentato le personali ossessioni di Lorenzo lo ha anche spinto a proporre ben due denunce
aberranti nei confronti di Carlo Maria (nella seconda delle quali si è ipotizzato addirittura lo stalking e
l’estorsione): tali querele sono state puntualmente archiviate e non certo con provvedimenti di favore o
compiacenti. Per non parlare poi della ignominiosa denuncia per appropriazione indebita (anche questa
archiviata), fatta da Lorenzo sapendo di mentire, proprio contro quello di noi che con il suo tempestivo
intervento gli aveva salvato la vita al momento dell’ictus e che ha continuato ad assisterlo amorevolmente
durante la sua lunga malattia.
Secondo Lorenzo la polizia giudiziaria, i pubblici ministeri, i giudici italiani, i medici, i sacerdoti, le persone
amiche di una vita e noi fratelli stessi staremmo tramando, insieme a Carlo Maria, contro di lui. Qualcuno
poi, è ovvio, aveva un concreto interesse a fomentare in Lorenzo l’idea di un complotto per “rapirlo”.
Ben due diversi PM ed un GIP si sono già pronunciati su questa vicenda: oltre a rilevare la tardività ed
improcedibilità delle querele e nell’evidenziare gravi contraddizioni nelle dichiarazioni rese da Lorenzo nel
corso delle indagini, essi hanno chiaramente motivato anche nel merito, affermando che non sussiste
alcuna appropriazione indebita, alcuna pressione, alcun complotto da parte di noi fratelli né di Carlo Maria.
Chi sia l’aggressore e chi sia l’aggredito, in questa vicenda, appare chiaro: Carlo Maria non ha mai avviato
alcun procedimento civile o penale nei confronti di Lorenzo, continuando invece a subire attacchi di ogni
tipo senza reagire (cause civili, in corso; denunce penali e cause amministrative, regolarmente perse da
Lorenzo). Carlo Maria è stato moralmente obbligato a sporgere una denuncia nei confronti di ignoti,
agendo non contro, ma a tutela del fratello, turbato anche dal fatto che i legali di Lorenzo risultano
direttamente imparentati con Rosanna e la di lei figlia Anna Maria, cioè coloro in favore dei quali Lorenzo,
tanto diffidente con il resto del mondo, ha erogato occultamente un ingente quantitativo di denaro,
sottraendolo così al patrimonio comune e quindi alla finalità a cui era già destinato per opere di
beneficenza e per la Chiesa.
Ma c’è di più: l’avvocato Francesco Giancola, genero di Rosanna, non si è accontentato di svolgere le sue
spavalde imprese nel foro di Milano. Allettato dalle prime notizie della vicenda dei Vatileaks, si sarebbe
recato in Vaticano per collegare la sua azione con quella di coloro che hanno osteggiato il lavoro di pulizia
che monsignor Carlo Maria aveva intrapreso a nome di Papa Benedetto. Sarebbe stato ricevuto con
compiacenza e soddisfazione dal segretario generale del Governatorato monsignor Sciacca, consegnando
anche una memoria di parte, stravolgendo la verità dei fatti rappresentandoli così come poi sono stati
ripresi dai media.
Nella speranza che questa notizia venga smentita, la sua conferma aprirebbe scenari inquietanti. Infatti non
farebbe forse comodo a quanti si fossero macchiati in episodi di mala gestio ed affarismo all’interno delle
istituzioni della Chiesa, far credere che “il moralizzatore” della Curia avrebbe a sua volta un passato torbido
da nascondere? E, in tale caso, quale migliore alleato che un fratello provato dalla malattia, in preda ad un
vero e proprio delirio di persecuzione, che ha rifiutato qualsiasi incontro pacificatore non solo con il fratello
sacerdote ma anche con noi fratelli, amici comuni, uomini di chiesa, e persino il suo padre spirituale, don
Giulio Giacometti?
L’entourage di nostro fratello Lorenzo vuole dipingere Lorenzo come una vittima impaurita dal potente
fratello Carlo Maria: ma è un quadro assolutamente distorto. Tale campagna è stata chiaramente utilizzata
per sfruttare facilmente l’eco delle inconsulte iniziative e dichiarazioni di Lorenzo per distruggere
l’immagine pubblica di monsignor Carlo Maria, nell’ambito della vicenda ormai tristemente nota con il
nome di Vatileaks.
Lorenzo appare tutt’altro che intimorito. Con le sue ultime dichiarazioni alla stampa ha letteralmente
distrutto il nome della nostra famiglia. Ma nonostante tutto noi continuiamo, e siamo sicuri anche Carlo
Maria continua, ad amarlo come fratello: Lorenzo è una vittima di chi lo circonda.
Questa vicenda costituisce per la nostra famiglia una vera tragedia, fonte di dolore e preoccupazione: ma
noi continuiamo a sperare che un giorno nostro fratello Lorenzo possa tornare a parlare con i suoi fratelli
rendendosi conto che coloro che ne hanno favorito le ultime dichiarazioni lo stanno utilizzando come una
mera pedina per distruggere la reputazione di nostro fratello Carlo Maria. E soprattutto continuiamo a
pregare affinché alla fine di questa vicenda i beni dei nostri fratelli sacerdoti possano avere la destinazione
voluta dai nostri genitori e cioè siano devoluti per opere di carità della Chiesa, affinché specialmente nei
paesi più poveri si possa diffondere il Vangelo e aiutare le persone più bisognose, come nostro fratello
Carlo Maria ha sempre fatto anche nel servizio alla Santa Sede nei paesi di missione.
Ben sapendo che questa era anche la volontà di nostro fratello Lorenzo, la controparte ha intrapreso le vie
legali per impedire, a proprio vantaggio, che ciò abbia a realizzarsi a scapito di quanto era già stato deciso
dai due fratelli sacerdoti a favore della Chiesa.
Anna Maria, Leonardo, Emilio e Alberto Viganò
20 marzo 2013
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