Conoscere la vita e l’opera del Beato John Henry Newman (Londra, 21 febbraio 1801 – Birmingham, 11 agosto 1890) significa disintossicarsi dal liberalismo e accedere alla Verità cattolica. Proprio in questi giorni dagli Stati Uniti è giunta notizia del riconoscimento della Chiesa di un secondo miracolo avvenuto per sua intercessione, con ciò si apre la possibilità della canonizzazione di uno dei convertiti più rilevanti della Storia della Chiesa.
La canonizzazione farebbe di Newman il primo inglese Santo vissuto nella Gran Bretagna divenuta anglicana nel XVI secolo. Nel 1958 venne aperta la procedura diocesana di beatificazione presso la diocesi di Birmingham. «Non tema, signore, Newman sarà un giorno dottore della Chiesa», disse Pio XII in un incontro confidenziale con Jean Guitton[1] e nonostante la volontà di Paolo VI di poterne celebrare la beatificazione nell’Anno Santo del 1975, solo nel gennaio 1991 Giovanni Paolo II ne decretò l’eroicità delle virtù, con cui gli venne dato il titolo di Venerabile.
Fu ancora Paolo VI a descrivere il viaggio di fede di Newman come «il più grande, il più significativo, il più decisivo che il pensiero umano abbia mai condotto nell’età moderna»[2]. Nell’Ottobre 2005 Paul Chavasse, Rettore dell’Oratorio di Birmingham, a quel tempo Postulatore responsabile per la causa, annunciò che Jack Sullivan, un diacono di Marshfield nel Massachusetts, attribuì la sua guarigione da una malattia del midollo spinale a Newman. Il miracolo avvenne nella giurisdizione dell’Arcidiocesi di Boston, la cui responsabilità era quella di determinare la sua validità. In virtù di questo miracolo venne beatificato il 19 settembre 2010 da Papa Benedetto XVI a Birmingham.
Diverse realtà, ecclesiali e laiche, sono intitolate al Cardinale inglese, in particolare citiamo The International Centre of Newman Friends con centri a Roma, Littlemore, Bregenz, Budapest, che ha lo scopo di far conoscere la vita, la spiritualità e il pensiero del grande convertito inglese, di mettere a disposizione quattro biblioteche specializzate, di organizzare conferenze e simposi, di curare pubblicazioni; inoltre l’Associazione John Hanry Newman, con sede a Rivarolo Canavese, il cui Presidente è il Dottor Andrea Peracchio, il cui scopo è quello di proporre periodici incontri su temi di fede e di ragione per un recupero continuo e costante del patrimonio cattolico; infine ricordiamo il Circolo culturale John Henry Newman, con sede a Seregno, in provincia di Monza e Brianza, presieduto dal Dottor Andrea Sandri.
Il migliore e più illuminante ritratto dell’età contemporanea, minata nel profondo da un pensiero antidivino e, dunque, antiumano lo ha offerto proprio lui, il superstizioso, poi calvinista, poi anglicano e infine cattolico, devoto di San Filippo e per questo entrato fra gli Oratoriani, John Henry Newman. A 44 anni, attraverso lo studio e la meditazione macinati per anni e anni, in uno sforzo intellettuale e spirituale che non ha eguali, abbracciò Santa Madre Chiesa: ostacolato, inviso, considerato traditore, venne completamente isolato. Le violente reazioni degli ambienti liberali e protestanti di Oxford indussero Newman ad abbandonare l’amata Università dove era docente, trovando riparo nell’eremitaggio di Littlemore. Lascia scritto nel capolavoro Apologia pro vita sua: «Dalla fine del 1841, come membro della Chiesa anglicana mi trovavo sul letto di morte, ma allora me ne rendevo conto solo a poco a poco». Il biennio 1843-1845 fu estremamente doloroso. Poi il grande passo. Era il 9 ottobre 1845 quando Padre Domenico della Madre di Dio (1792-1849), al secolo Domenico Bàrberi, Padre passionista, proclamato Beato da Paolo VI nel 1963, era di passaggio a Littlemore quando all’improvviso, mentre si stava riscaldando di fronte al camino, Newman gli chiese di confessarlo e poi di battezzarlo.
Il ritratto dell’età nostra, di cui abbiamo accennato poco fa, si trova nel cosiddetto Biglietto Speech, che risale al 1879. In questo documento, stilato, come atto di gratitudine al Sommo Pontefice, in occasione del conferimento della berretta cardinalizia da parte di Leone XIII, stanno scritti, letteralmente, cause ed effetti che noi oggi viviamo.
Newman giunse a Roma il 24 aprile di quell’anno e il 27 venne accolto, per la prima volta, in udienza da Leone XIII. La mattina di lunedì 12 maggio si recò al Palazzo della Pigna, residenza del Cardinale Howard, che gli aveva messo a disposizione il suo appartamento per ricevere il messo del Vaticano, latore del Biglietto Speech, con il quale il Cardinale Segretario di Stato lo informava che, nel Concistoro segreto da poco concluso, Sua Santità lo avrebbe elevato al rango di Cardinale. Alle congratulazioni di protocollo, Newman rispose con quello che è passato alla storia come il Biglietto Speech, una fotografia tanto lucida quanto realista degli accadimenti in Europa nel XIX secolo e nel XX secolo, di cui attualmente vediamo i drammatici risultati. Ed è per questa ragione che noi di Europa Cristiana riproponiamo questo testo, un documento che dovrebbe tappezzare tutta Casa Santa Marta, tutte le colonne di piazza San Pietro, tutti i portoni delle Curie diocesane e delle chiese, comprese quelle aniconiche, architettonicamente non cattoliche.
Siamo di fronte ad un sorprendente e plastico manifesto della “Civiltà” occidentale, una perfetta radiografia di mentalità e cultura laicizzate, di soggettivismo individualista inculcato e sfrenato, che hanno portato irrazionalità, contraddizioni e schizofrenia, penetrati fin dentro la stessa Chiesa.
Biglietto Speech
«La ringrazio, Monsignore, per la partecipazione dell’alto onore che il Santo Padre si è degnato di conferire sulla mia umile persona (parole pronunciate da Newman in italiano) e se Le chiedo il permesso di continuare il mio discorso non nella Sua lingua così musicale, ma nella mia cara lingua materna, è perché in questa posso esprimere meglio ciò che sento all’annuncio che Lei mi ha comunicato.
Vorrei anzitutto esprimere lo stupore e la profonda gratitudine che ho provato e che ancora provo per la magnanimità e l’amore del Santo Padre per avermi prescelto ad un onore così immenso. È stata davvero una grande sorpresa. Non mi era mai passato per la mente di esserne degno e mi è sembrato così in contrasto con le vicende della mia vita. Ho dovuto passare attraverso molte prove, ma avvicinandomi ormai alla fine di tutto, mi sentivo in pace. Tuttavia non è forse possibile che io sia vissuto tanti anni proprio per vedere questo giorno? Difficile anche pensare come avrei potuto affrontare una tale emozione se il Santo Padre non avesse compiuto un ulteriore gesto di magnanimità nei miei confronti, mostrando così un altro aspetto della sua natura piena di finezza e di bontà. Egli intuì il mio turbamento e volle spiegarmi le ragioni per cui mi aveva innalzato a tanto onore. Insieme a parole di incoraggiamento, mi disse che la sua decisione era un riconoscimento del mio zelo e del servizio che avevo reso per tanti anni alla Chiesa Cattolica; inoltre, egli era certo che i cattolici inglesi e perfino l’Inghilterra protestante si sarebbero rallegrati del fatto che io ricevessi un segno del suo favore. Dopo queste benevole parole di Sua Santità, sarei proprio stato insensibile e ingrato se avessi avuto ancora delle esitazioni.
Questo egli ebbe la premura di dirmi, e che cosa potevo desiderare di più? Nella mia lunga vita ho commesso molti sbagli. Non ho nulla di quella sublime perfezione che si trova negli scritti dei santi, cioè l’assoluta mancanza di errori. Ma ciò che credo di poter dire riguardo tutto ciò che ho scritto è questo: la mia retta intenzione, l’assenza di scopi personali, il senso dell’obbedienza, la disponibilità ad essere corretto, il timore di sbagliare, il desiderio di servire la santa Chiesa, e, solo per misericordia divina, un certo successo. E mi compiaccio di poter aggiungere che fin dall’inizio mi sono opposto ad una grande sciagura. Per trenta, quaranta, cinquant’anni ho cercato di contrastare con tutte le mie forze lo spirito del liberalismo nella religione. Mai la santa Chiesa ha avuto maggiore necessità di qualcuno che vi si opponesse più di oggi, quando, ahimé! si tratta ormai di un errore che si estende come trappola mortale su tutta la terra; e nella presente occasione, così grande per me, quando è naturale che io estenda lo sguardo a tutto il mondo, alla santa Chiesa e al suo futuro, non sarà spero ritenuto inopportuno che io rinnovi quella condanna che già così spesso ho pronunciato.
Il liberalismo in campo religioso è la dottrina secondo cui non c’è alcuna verità positiva nella religione, ma un credo vale quanto un altro, e questa è una convinzione che ogni giorno acquista più credito e forza. È contro qualunque riconoscimento di una religione come vera. Insegna che tutte devono essere tollerate, perché per tutte si tratta di una questione di opinioni. La religione rivelata non è una verità, ma un sentimento e una preferenza personale; non un fatto oggettivo o miracoloso; ed è un diritto di ciascun individuo farle dire tutto ciò che più colpisce la sua fantasia. La devozione non si fonda necessariamente sulla fede. Si possono frequentare le Chiese protestanti e le Chiese cattoliche, sedere alla mensa di entrambe e non appartenere a nessuna. Si può fraternizzare e avere pensieri e sentimenti spirituali in comune, senza nemmeno porsi il problema di una comune dottrina o sentirne l’esigenza. Poiché dunque la religione è una caratteristica così personale e una proprietà così privata, si deve assolutamente ignorarla nei rapporti tra le persone. Se anche uno cambiasse religione ogni mattina, a te che cosa dovrebbe importare? Indagare sulla religione di un altro non è meno indiscreto che indagare sulle sue risorse economiche o sulla sua vita familiare. La religione non è affatto un collante della società.
Finora il potere civile è stato cristiano. Anche in Nazioni separate dalla Chiesa, come nella mia, quand’ero giovane valeva ancora il detto: “Il cristianesimo è la legge del Paese”. Ora questa struttura civile della società, che è stata creazione del cristianesimo, sta rigettando il cristianesimo. Il detto, e tanti altri che ne conseguivano, è scomparso o sta scomparendo, e per la fine del secolo, se Dio non interviene, sarà del tutto dimenticato. Finora si pensava che bastasse la religione con le sue sanzioni soprannaturali ad assicurare alla nostra popolazione la legge e l’ordine; ora filosofi e politici tendono a risolvere questo problema senza l’aiuto del cristianesimo. Al posto dell’autorità e dell’insegnamento della Chiesa, essi sostengono innanzitutto un’educazione totalmente secolarizzata, intesa a far capire ad ogni individuo che essere ordinato, laborioso e sobrio torna a suo personale vantaggio. Poi si forniscono i grandi principi che devono sostituire la religione e che le masse così educate dovrebbero seguire, le verità etiche fondamentali nel loro senso più ampio, la giustizia, la benevolenza, l’onestà, ecc…; l’esperienza acquisita; e quelle leggi naturali che esistono e agiscono spontaneamente nella società e nelle cose sociali, sia fisiche che psicologiche, ad esempio, nel governo, nel commercio, nella finanza, nel campo sanitario e nei rapporti tra le Nazioni. Quanto alla religione, essa è un lusso privato, che uno può permettersi, se vuole, ma che ovviamente deve pagare, e che non può né imporre agli altri né infastidirli praticandola lui stesso.
Le caratteristiche generali di questa grande apostasia sono identiche dovunque; ma nei particolari variano a seconda dei Paesi. Parlerò del mio Paese perché lo conosco meglio. Temo che essa avrà qui un grande seguito, anche se non si può immaginare come finirà. A prima vista si potrebbe pensare che gli Inglesi siano troppo religiosi per un modo di pensare che nel resto del continente europeo appare fondato sull’ateismo; ma la nostra disgrazia è che, nonostante, come altrove, conduca all’ateismo, qui esso non nasce necessariamente dall’ateismo. Occorre ricordare che le sette religiose, comparse in Inghilterra tre secoli fa e oggi così forti, si sono ferocemente opposte all’unione della Chiesa e dello Stato e vorrebbero la scristianizzazione della monarchia e di tutto il suo apparato, sostenendo che tale catastrofe renderebbe il cristianesimo più puro e più forte. Il principio del liberalismo, poi, ci è imposto dalle circostanze stesse. Consideriamo le conseguenze di tutte queste sette. Con tutta probabilità esse rappresentano la religione della metà della popolazione; e non dimentichiamo che il nostro governo è una democrazia. È come se, in una dozzina di persone prese a caso per la strada e che certamente hanno la loro quota di potere, si trovassero fino a sette religioni diverse. Ora come possono trovare unanimità di azione in campo locale o nazionale quando ciascuna si batte per il riconoscimento della propria denominazione religiosa? Ogni decisione sarebbe bloccata, a meno che l’argomento religione non venga del tutto ignorato. Non c’è altro da fare. E in terzo luogo, non dimentichiamo che nel pensiero liberale c’è molto di buono e di vero; basta citare, ad esempio, i principi di giustizia, onestà, sobrietà, autocontrollo, benevolenza che, come ho già notato, sono tra i suoi principi più proclamati e costituiscono leggi naturali della società. È solo quando ci accorgiamo che questo bell’elenco di principi è inteso a mettere da parte e cancellare completamente la religione, che ci troviamo costretti a condannare il liberalismo. Invero, non c’è mai stato un piano del Nemico così abilmente architettato e con più grandi possibilità di riuscita. E, di fatto, esso sta ampiamente raggiungendo i suoi scopi, attirando nei propri ranghi moltissimi uomini capaci, seri ed onesti, anziani stimati, dotati di lunga esperienza, e giovani di belle speranze.
Ecco come stanno le cose in Inghilterra, ed è un bene che tutti ce ne rendiamo conto; ma non si pensi assolutamente che io ne sia spaventato. Certo ne sono dispiaciuto, perché penso possa nuocere a molte anime, ma non temo affatto che abbia la capacità di impedire la vittoria della Parola di Dio, della santa Chiesa, del nostro Re Onnipotente, il Leone della tribù di Giuda, il Fedele e il Verace, e del suo Vicario in terra. Troppe volte ormai il cristianesimo si è trovato in quello che sembrava essere un pericolo mortale; perché ora dobbiamo spaventarci di fronte a questa nuova prova. Questo è assolutamente certo; ciò che invece è incerto, e in queste grandi sfide solitamente lo è, e rappresenta solitamente una grande sorpresa per tutti, è il modo in cui di volta in volta la Provvidenza protegge e salva i suoi eletti. A volte il nemico si trasforma in amico, a volte viene spogliato della sua virulenza e aggressività, a volte cade a pezzi da solo, a volte infierisce quanto basta, a nostro vantaggio, poi scompare. Normalmente la Chiesa non deve far altro che continuare a fare ciò che deve fare, nella fiducia e nella pace, stare tranquilla e attendere la salvezza di Dio. “Gi umili erediteranno la terra e godranno di una gran pace” (Ps 37,11). Mansueti hereditabunt terram, Et delectabuntur in multitudine pacis».
Il Cardinale non si fece disegnare un proprio stemma, ma ne adottò uno, con pochi cambiamenti, risalente al XVII secolo, ereditato dal padre, dove sono raffigurati tre cuori rossi, che si riferiscono alla Santissima Trinità e per motto scelse «Cor ad cor loquitur» («Cuore parla al cuore»), frase che figura in una lettera di San Francesco di Sales ed era già stata citata dallo stesso Newman nel 1855 in una conferenza sulla pastorale universitaria.
A convertire Newman fu lo studio dei Padri della Chiesa, che avevano combattuto le eresie, furono le chiese che aveva visitato in Italia e le funzioni religiose, con la loro liturgia, a cui aveva assistito con grande ammirazione e trasporto. Determinante, come vigoroso stimolo intellettuale alla conversione, risultò il cammino che fece all’Università di Oxford, all’interno dell’Oxford Movement, nato nel 1833, nel quale confluirono i suoi grandi amici anglicani, Kelbe, Pusey, Ward, Faber, teso ad un’interpretazione della Chiesa d’Inghilterra come una «Via Media», tra gli errori del Protestantesimo da un lato e quelli di Roma dall’altro. Tuttavia, nel febbraio 1841, nel documento Tract 90, Newman scrisse che i 39 articoli della Fede anglicana (stilati nel 1571) non erano compatibili con l’essenza del Cristianesimo, fino a comprendere che Roma è «in verità le antiche Antiochia, Alessandria e Costantinopoli, così come una curva matematica ha la propria legge e la propria espressione».
La sua roccaforte era sempre stata l’antichità ed ora, nel mezzo del V secolo, vi trovò, proprio lì, la cristianità del XVI e XIX secolo. Fu così che «vidi il mio volto in quello specchio: era il volto di un monofisita. La Chiesa della Via Media occupava il posto della comunità orientale, Roma il suo posto di sempre e i protestanti erano gli eutichiani». La scoperta “copernicana” fu per Newman terrificante: lo specchio riflesse l’immagine di un eretico. Ne ebbe orrore:
«Era difficile capire in cosa consistesse l’eresia degli eutichiani o monofisiti, a meno di non considerare eretici anche i protestanti e gli anglicani; era difficile trovare contro i Padri tridentini degli argomenti che non reggessero anche contro i Padri di Calcedonia; difficile condannare i Papi del sedicesimo secolo senza condannare i Papi del quinto. Il dramma della religione, il combattimento della verità e dell’errore, erano sempre gli stessi. I principî e i procedimenti della Chiesa d’oggi erano identici a quelli della Chiesa d’allora; i principî e procedimenti degli eretici di allora erano quelli dei protestanti di oggi. Lo scopersi quasi con terrore; c’era una somiglianza spaventosa – tanto più spaventosa in quanto così silente e priva di passione – fra le morte reliquie del passato e la cronaca febbrile del presente. L’ombra del quinto secolo gravava sul sedicesimo. Era come se uno spirito sorgesse dalle torbide acque del vecchio mondo con la figura e i lineamenti del mondo nuovo. La Chiesa, allora come ora, poteva apparire dura e perentoria, risoluta, autoritaria e implacabile; e gli eretici erano sfuggenti, mutevoli, riservati ed infidi; sempre pronti a adulare il potere civile in accordo fra loro soltanto con l’aiuto di esso, e il potere civile mirava sempre nuove annessioni, cercando di togliere di mezzo l’invisibile e sostituendo l’opportunità alla fede. A che serviva che io continuassi la controversia o difendessi la mia posizione se, a conti fatti, ciò equivaleva a fabbricare argomenti a favore di Ario o di Eutiche, e a far l’avvocato del diavolo contro il paziente Atanasio ed il venerabile Leone?»[3].
Così tutto, piano piano – perché antepose sempre la ponderatezza della ragione alla passione dell’entusiasmo – rigettò, compreso il compromesso, che aveva accarezzato, della Via Media, quel sistema teologico dottrinale ed un rituale liturgico dalle caratteristiche peculiari che permettevano di distinguersi dall’eresia protestante e contemporaneamente di distanziarsi da Roma, considerata corrotta e latrice di abusi.
Quale la risposta, quale la soluzione al rebus?
«La mia anima sia con i santi! Proprio a me toccherebbe alzare la mano contro di loro? Che piuttosto la mia mano destra dimentichi ogni sua arte e si dissecchi come la mano di colui che una volta osò stenderla contro un profeta di Dio! Anatema all’intera schiatta dei Cranmer, Ridley, Latimer e Jewel! Periscano i nomi di Bramhall, Ussher, Taylor, Stillingfleet e Barrow154 dalla faccia della terra, prima che io mi rifiuti di prosternarmi con amore e venerazione ai piedi di coloro la cui immagine ebbi sempre davanti agli occhi e le cui armoniose parole risuonarono sempre al mio orecchio e sulle mie labbra!»[4].
La sua conversione è per noi, uomini del XXI secolo, possibilità della nostra conversione: riconoscere gli errori di un liberalismo che ha dilaniato l’Europa, ormai incapace di riconoscere la Verità cristiana sulla quale è stata fondata. «Vi è una verità; vi è una sola verità; l’errore religioso è per sua natura immorale; i seguaci dell’errore, a meno che non ne siano consapevoli, sono colpevoli di esserne i sostenitori; si deve temere l’errore… il nostro spirito è sottomesso alla verità, non le è quindi superiore ed è tenuto non tanto a dissertare su di essa, ma a venerarla»[5].
Il contrario del principio dogmatico è ciò che Newman chiama il principio liberale ed è questo principio soggettivo a sovvertire la realtà fra bene e male, fra giusto e ingiusto, ponendo il diritto individuale e opinabile contro il diritto naturale e il diritto divino. «Quanto alla coscienza morale, esistono due modalità per l’uomo di concepirla. Nella prima, la coscienza è soltanto una forma di intuito verso ciò che è opportuno, una tendenza che ci raccomanda l’una o l’altra cosa. Nella seconda è l’eco della voce di Dio. Ora tutto dipende da questa differenza. La prima via non è quella della fede; la seconda è quella della fede»[6]. Si può dire: la prima sottomette la verità all’opportunità; la seconda l’opportunità alla verità.
La natura più profonda della coscienza morale secondo Newman è il legame dell’uomo con Dio. È la via naturale ed originaria che ci conduce a riconoscerci quello che siamo: immagine e somiglianza di Dio, come è detto nella Genesi[7]. «We have by nature a conscience» («Noi abbiamo dalla natura una coscienza») e qui «coscienza» ha un significato preciso: è un atto mentale mediante il quale di fronte ad un atto da compiere o già compiuto, proviamo in noi approvazione o riprovazione e di conseguenza lo giudichiamo giusto o sbagliato, in base, quindi, all’idea di un Giudice divino. La coscienza è sovrana perché è suddita di Dio, come scrive Newman nella celebre lettera al Duca di Norfolk del 14 gennaio 1875[8]: «La coscienza ha dei diritti perché ha dei doveri». Inotre: «La coscienza è un ammonitore severo, ma in questo secolo è stata sostituita dalla sua contraffazione… E questa contraffazione si chiama col nome di diritto della caparbietà». Ed ancora: «Allorché gli uomini si ergono a difensori dei diritti della coscienza, con ciò non intendono affatto di ergersi a difensori dei diritti del Creatore, né dei doveri nostri a suo riguardo… per diritti della coscienza essi intendono il diritto di pensare, di parlare, di scrivere, di agire, come loro piace, senza darsi alcun pensiero di Dio». È questa contraffazione della coscienza.
Il referente della coscienza è la legge divina, ed il Papa esiste per aiutare e sostenere la coscienza ad essere illuminata dalla divina Verità. Ecco la centralità del celebre brindisi alla coscienza che Newman argomenta in questa mirabile lettera. Per il Papa e per la coscienza il referente deve essere lo stesso: la luce della divina Verità. La coscienza guarda alla stessa direzione a cui sono chiamati a guardare San Pietro e i suoi discendenti: «Se il Papa parlasse contro la coscienza, presa nel vero significato del termine, commetterebbe un vero suicidio. Si scaverebbe la fossa sotto i piedi»; perciò Newman dichiara: «brindo alla coscienza, poi al Papa», perché «senza coscienza non ci sarebbe nessun papato. Tutto il potere che egli ha è potere della coscienza: servizio al duplice ricordo, su cui si basa la fede, che deve essere continuamente purificata, ampliata e difesa contro le forme di distruzione della memoria, la quale è minacciata tanto da una soggettività dimentica del proprio fondamento, quanto dalle pressioni di un conformismo sociale e culturale»[9]. Il pensiero di Newman è fermo, stabile, determinato perché si rifà alla Tradizione della Chiesa e, quindi è servitore della coscienza rettamente formata: «se il papa ordinasse qualcosa contro la Sacra Scrittura, gli articoli di fede, la verità dei sacramenti, i comandamenti della legge naturale o divina, egli non deve essere obbedito e non bisogna curarsi dei suoi ordini”; per il secondo “per resistere e per difendere se stessi non è richiesta alcuna autorità… quindi come è lecito resistere al papa se assale una persona, è altrettanto lecito resistergli se assale le anime… e tanto più se tenta di distruggere la Chiesa. È lecito resistergli, affermo, col non fare quello che comanda e impedendo l’esecuzione dei suoi progetti».
«Ex umbris et imaginibus in Veritatem» («Dalle ombre e dalle immagini alla Verità»), è l’epitaffio che il Beato Cardinale John Henry Newman volle inciso sulla sua tomba, collocata a The Lickey Hills, a sudovest di Birmingham, e intarsiato anche sul nuovo altare costruito in suo onore nella chiesa dell’Oratorio filippino di Birmingham. Egli aveva utilizzato i geniali talenti ricevuti per avvertire il mondo e la stessa Chiesa dei pericoli incombenti sull’Europa nella perdita della Verità: vigilare e vegliare perché aveva osservato le premesse di un orizzonte carico di prove, di tempeste e, soprattutto, di apostasia, come annunciava nel 1877, invitando le gerarchie ecclesiastiche ad agire con saggezza e coraggio:
«In questi cinquant’anni ho pensato che si stiano avvicinando tempi di diffusa infedeltà, e durante questi anni le acque, infatti, sono salite come quelle di un diluvio. Prevedo un’epoca, dopo la mia morte, nella quale si potranno soltanto vedere le cime delle montagne, come isole in un vasto mare. Mi riferisco principalmente al mondo protestante; ma i leaders cattolici dovranno intraprendere grandi iniziative e raggiungere scopi importanti, e avranno bisogno di molta saggezza e di molto coraggio, se la Santa Chiesa deve liberarsi da questa terribile calamità, e, sebbene qualunque prova che cada su di lei sia solo temporanea, può essere straordinariamente dura nel suo decorso». La sua lungimiranza gli permise di profetare i tempi futuri, quelli che stiamo vivendo. E un giorno sarà proclamato, per il bene della Chiesa tutta, Dottore della Chiesa.
[1] A. Lippi c.p., Un incontro provvidenziale: Newman e i passionisti, in http://www.newmanfriendsinternational.org/26-agosto-festa-di-beato-domenico-barberi/#_ftn2
[2] Acta Apostolicae Sedis, vol. 55, 1963.
[3] J.H. Newman, Apologia pro vita sua, Jaca Book, Milano, 19952, pp. 144-145.
[4] J.H. Newman, Apologia pro vita sua, cit., pp. 145-146.
[5] J.H. Newman, Lo sviluppo della dottrina cristiana, cap. VIII; ed. Jaca Book, 2009, pag. 344-345
[6] J.H. Newman, Sermons notes; Notre Dame Un. Press, pag. 327
[7] Lo sviluppo di questa idea è esposto in J.H. Newman, Grammatica dell’Assenso, cap. V, n° 3.
[8] L’Inghilterra era attraversata da polemiche accese contro la pubblicazione del Sillabo e la definizione del Concilio Vaticano I circa l’infallibilità del Papa. Il grande statista inglese Gladstone aveva attaccato pubblicamente i cattolici ritenendo che la loro fedeltà al Papa li privasse della libertà intellettuale e morale e fosse incompatibile con la fedeltà allo Stato, dal momento che avrebbero dovuto vincolare la loro coscienza ad una potenza straniera.
[9] J. Ratzinger, La coscienza nel tempo, in Chiesa, ecumenismo e politica, Ed. Paoline, Torino 1987, p. 163.
Cristina Siccardi
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